di Laura Pugno

 

Tavola dei nomi e delle materie è un nuovo ciclo di interviste a scrittori e scrittrici, su un loro libro.

A ognuno di loro assegnerò una materia reale o immaginaria – sappiamo che è la stessa cosa –, visibile o invisibile, astratta o concreta, che il loro libro mi evoca, e chiederò di commentare questa scelta.

A ogni scrittore o scrittrice, poi, chiederò di scegliere un nome, alias di parlare di qualcuno, qualcosa, reale o immaginario – anche qui –: luogo o persona, soggetto umano animale vegetale minerale o all’incrocio di tutti questi mondi, del presente o del passato, o addirittura del futuro, che fa parte della materia del libro o che è stato determinante nell’innescare o nel far compiere il processo creativo che ha portato al libro stesso.


Laura Pugno





Ecco la tua materia

 

Sara Gamberini, in Infinito Moonlit (NN), la tua materia è la connessione sottile. Come hai lavorato per intessere la forma di questo libro e come hai trovato la sua lingua e il suo punto di vista che apre continue dislocazioni, finestre, su un altrove?

 

C’è un luogo, e c’è un tempo, che io cerco per scrivere e che ha molto a che fare con la connessione sottile di cui parli. Per potervi accedere devo chiudere gli altri contatti con l’esterno e lasciare aperta solo la possibilità, come fosse una speranza, di un incontro tra tutto ciò che si nasconde tra le pieghe del reale e una sorta di sincerità radicale, infantile (nel senso più bello del termine) che rintraccio in me quando posso stare in silenzio e i pensieri non sovrastano questa connessione, che è poi il punto da cui guardo alle cose davvero, ho scoperto, lo sguardo innato che custodisce la mia versione dei fatti, buona o meno buona che sia. Avvicino così l’altrove a cui accenni, l’invisibile. Per invisibile intendo tutto ciò che è inafferrabile e soprattutto indicibile, ma di cui l’uomo fa esperienza continuamente. Una sorta di incanto, una piccola estasi, qualcosa colto poco prima che diventi religioso o divino. Provo a rimanere disarmata di fronte agli accadimenti e a scrivere da questa posizione di resa per accogliere quello che c’è, se mi riuscirà. Credo che la mia scrittura abbia molto a che fare con il desiderio di rinominare il mondo, di togliere il nome a tutte le cose e rinominarle. Cerco di rimanere lontana il più possibile dalle interpretazioni, da un certo tipo di ragionamento, dalla psicologia, e lascio la parola al destino, all’ordine segreto, al mistero che ci abita, meraviglioso.

 

A volte l’imprevedibilità e l’insensatezza del mondo ci spaventano e ci sopraffanno e così cerchiamo mille ragioni e teorie che ci possano garantire un senso lineare dell’esistenza, ma non sempre il senso di un accadimento è l’aspetto più importante di quell’accadimento, lo sappiamo bene. Mi piace immaginare che nei mondi sottili questa sia una delle prime formule che si imparano. Esiste per ognuno di noi, e quindi anche per ogni scrittrice e ogni scrittore, un motivo ricorrente, un’attrazione, un modo di rinominare il mondo che è solo suo e di nessun altro, personalissimo. Lo abbiamo in dote quando nasciamo, ed è come se ci chiamasse, se chiedesse dedizione per una misteriosa ragione che penso abbia a che vedere ancora con il destino. Il poeta che ad ogni singola cosa, del visibile e dell’invisibile, prestasse l’identica misura di attenzione, così come l’entomologo s’industria a esprimere con precisione l’inesprimibile azzurro di un’ala di libellula, questi sarebbe il poeta assoluto, scrive Cristina Campo. E ancora, sempre Cristina Campo: Percepire è riconoscere ciò che soltanto ha valore, ciò che soltanto esiste veramente. E che altro veramente esiste in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo? Io concordo molto con queste parole.

 

 

Scegli il nome

 

Chi, o cosa, è stato determinante, per te, per dare forma alla connessione interiore di Infinito Moonlit o per innescare, o far compiere, il percorso che ti ha portato a scrivere questo libro?

 

I miei libri sono tutti dedicati a mia figlia. Nulla di inconsueto, è un gesto tra i più naturali. Ma andando nel particolare, mia figlia è stata determinante per dare forma alla connessione interiore di Infinito Moonlit perché è la persona più misteriosa che io abbia mai conosciuto. Aleggia, è eterea e al contempo è determinata come un saggio di mille anni. Somiglia molto a un albero, chi la conosce potrà confermarlo, e somiglia anche a una lumachina che si ritrae non appena avverte una nota stonare. Lei mi ha condotto a un incontro che è stato determinante per me e quindi anche per i miei libri, è stata un tramite sorprendente. Devo il mio avvicinamento all’invisibile a una persona che è stata molto importante nella mia vita, non si tratta di un maestro, né di un guaritore, di un guru, o di un grande amore, ma di una persona che inaspettatamente, e forse senza saperlo, mi ha fatto un dono, insieme a mia figlia. Mi ha introdotto a un mondo nuovo e lo ha fatto in modo delicato, spensierato, graduale, inconsapevole, con molta gentilezza, come fosse un fatto usuale. Credo si sia trattato di una sorta di iniziazione gentile, ma non ne sono sicura. Non capivo in quale luogo fossimo arrivati, cosa mi stesse mostrando, cosa stesse accadendo, però so per certo che all’improvviso tutto è diventato molto facile, inequivocabile. Fa bene, fa male, sembrava non servire molto altro. Ho avvertito una serenità inusuale per me che sono sempre stata di natura inquieta, fin da bambina, una calma di un’altra specie. E poi lentamente i pensieri prendevano un’altra forma, più semplice, più immediata e però cristallina. Io che di cristallino mi riconoscevo poco, dedita com’ero ai pensieri e alle speculazioni. Ma certo di cristallino conservavo molto invece, come tutti, e questa chiarezza, questo fuoco, erano depositati proprio nel luogo che io cerco di avvicinare per scrivere, come raccontavo prima, un luogo sconosciuto fino ad allora, ma che era lì da prima di tutti i secoli. Altrettanto importante è stato un bosco spampanato e meraviglioso che si trova dietro la vecchia casa di mio padre, ora diventata mia. Un bosco molto amato che offre protezione alla mia famiglia e custodisce qualcosa che io non so. Sono piccola al suo cospetto, anche se siamo alla pari quando ci incontriamo, quando lo attraverso, e accade da molti anni ormai, ogni volta vedere le bacche rosse dei pungitopo o i funghi, le violette, i ciclamini, mi meraviglia, mi sembra di essere fortunatissima. Non riesco ad abituarmi, ho decine di foto per ogni stagione, decine di bacche rosse fotografate vicino alle foglie arancioni cadute a terra e a quelle verdi che stanno spuntando, poco distante un fungo, un normalissimo fungo incredibile. Anche questa volta, è sorprendente, ci sono le bacche rosse del pungitopo, mi dico ogni anno, e le ghiande cadute a terra sono diventate piccole querce, la capanna costruita da mia figlia resiste al tempo. Come se avessi avuto la fortuna di conoscere una persona rara, davvero molto interessante, è così quel bosco per me, è come una persona che si ha l’onore di aver incontrato.

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