di Giulio Mozzi
[E’ uscito da poco per Tetra Edizioni Vite parallele e fantastiche di Pellegra Bongiovanni e Teresa Bandettini, di Giulio Mozzi. Ne presentiamo un estratto].
L’opera maggiore di Pellegra Bongiovanni, Risposte a nome di Madonna Laura alle Rime di messer Francesco Petrarca, fu pubblicata nel 1762 – l’anno prima della nascita di Teresa Bandettini – e secondo il Dizionario biografico degli italiani già citato, voce scritta da Luciano Marziano, costituisce «una irrilevante testimonianza della fortuna del Petrarca nel Settecento»; al massimo, insiste il Dizionario, può destare un po’ di curiosità l’«impegno [con cui] la rimatrice riesce a costruire le “risposte” attenendosi fedelmente agli schemi metrici e alle stesse parole-rima del modello». Nell’Enciclopedia Treccani la voce dedicata a Teresa Bandettini è stringatissima ma molto più generosa: la definisce «commossa improvvisatrice» e ricorda che «riscosse le lodi del Parini, del Monti, dell’Alfieri, del Bettinelli, del Pindemonte». Le mazzate vere arrivano, anche per lei, dal Dizionario biografico, voce di Arianna Scolari Sellerio: «Fu poetessa di nessuna profondità e sentimento; le sue conoscenze furono assai vaste, ma altrettanto superficiali. Sicura del proprio talento e della propria indiscussa superiorità, la B. non dette mai eccessivo peso alle critiche»; e poi: «Benché molto le giovasse il costante aiuto di molti letterati dell’epoca, primo tra tutti il Bettinelli [«Tu al difficil sentier di Gloria il varco / mi apristi, e tu la man tremante in pria / ferma rendesti ad incurvar grand’arco. / Padre in amor tu mi eri, era a te figlia / in amor io»: così Teresa nell’elegia Quando di lagrimare a me si offerse, scritta in morte dell’amico, leggibile in Prose e Poesie in morte del Cavaliere Saverio Bettinelli fra gli Arcadi Diodoro Delfico recitate dai soci della R. Accademia di Mantova e dai Pastori arcadi della Colonia virgiliana, stampato appunto a Mantova nel 1808], che le furono sinceramente amici ed estimatori, essa non ha nulla che la distingua dai numerosi improvvisatori suoi contemporanei»; e proprio sul «costante aiuto» ricevuto da Saverio Bettinelli – che peraltro nel suo trattato Dell’entusiasmo delle belle arti, stampato a Napoli nel 1799 come terzo volume delle sue Opere edite e inedite, proprio nelle prime pagine delinea, e si può immaginare che l’amicizia con la Bandettini lo avesse aiutato a penetrare i misteri di quell’arte, una sorta di fisiologia del «poetare estemporaneo», e descrive l’improvvisazione come un processo che, in sei distinti gradi, giunge fino a coinvolgere il pubblico nel «fremito e fuoco» che agita il poeta: «Gli uditori gridan per gioia tratto tratto, e s’alzan dal luogo, e applaudono, e paiono in lui [nel poeta improvvisatore] assorti, e trasformati, e trasportati con lui, ripercotendosi come palla da lui a loro, da loro a lui l’entusiasmo, ed a vicenda crescendosi insieme le scosse della immaginazione, e della sensibilità» – e da altri la voce insiste, come a dire: non era mica capace di fare da sola, quella là; e parimenti insiste sull’inesausto brigare della Bandettini per avere, da questo o da quel potente, una pensione di cui vivere (la ebbe, nel 1805, dal duca di Modena: cento zecchini all’anno; ne approfittò per dedicarsi anima e corpo a concludere il poema epico in ottave La Teseide, che pubblicò quello stesso anno in due corposi volumi – va ricordato che all’epoca, nella società letteraria e specialmente poetica, se non scrivevi un poema epico in ottave, o almeno qualche poemetto didascalico in endecasillabi sciolti, non eri nessuno; più o meno come, oggi, in Italia, puoi anche scrivere racconti meravigliosi, ma finché non metti al mondo un romanzo sei sempre un minore): cosa che peraltro, all’epoca, facevano tutti; e intendo anche tutti gli scrittori maschi; così come, nei secoli precedenti, per aver di che vivere pur dedicandosi ad attività minimamente remunerative come gli studi, entravano negli ordini religiosi e tentavano di procacciarsi una prelatura con buone decime o un qualche incarico sine cura. Le Risposte di Pellegra Bongiovanni, della cui prima edizione si trova in maremagnum.com, oggi, dicembre 2022, mentre scrivo, un unico esemplare al prezzo mediocre di 220 euro – segno certo di assai scarso interesse –, hanno però goduto, nel 2014, di un’edizione critica ampiamente commentata, a cura di Roberto Fedi e della già citata Tatiana Crivelli, pubblicata dalla prestigiosa, in ambito filologico, casa editrice Antenore di Padova, oggi assorbita da Salerno Editrice di Roma – della mia città il troiano Antenore, fuggiasco dopo l’inganno di Ulisse e la vittoria dei Greci, fu, secondo la leggenda, nata combinando frammenti di Virgilio e di Tito Livio, il fondatore. Di Teresa Bandettini si trovano, in maremagnum.com, numerose edizioni originali, numerosissime riproduzioni anastatiche print on demand – perlopiù stampate, per ragioni a me ignote, in India; la loro esistenza è sintomo di un diffuso interesse, almeno da parte degli studiosi – delle stesse edizioni originali, nonché una quantità di raccolte di versi composti in sua lode, di orazioni pronunciate in suo onore, di saggi biografici a lei dedicati anche già in vita: ma, per quanto abbia cercato bene, consultando l’opac.sbn.it, cioè il Servizio bibliografico nazionale, nessuna edizione a noi contemporanea; e assai flebile è, mi pare, ma questo vale ancor più per Pellegra, la presenza nelle antologie. Anche l’archivio telematico «Donne in Arcadia», ospitato nel sito dell’Università di Zurigo e promosso dalla stessa Tatiana Crivelli allo scopo di «rileggere l’esperienza di un secolo di poesia da una prospettiva più complessa» e «non soltanto recuperare alla memoria storica singoli casi di eccellenti e coraggiose poetesse che i pregiudizi critici del secolo successivo hanno durevolmente escluso dal canone letterario, ma anche fare posto a un altro sguardo d’insieme sulla tradizione letteraria italiana» (così nell’articolo «Archiviare in rete per non archiviare il caso: note sulle poetesse d’Arcadia», pubblicato nella rivista «Dimensioni e problemi della ricerca storica», numero 1 del 2010), esibisce la disparità di fama tra le due donne: ventitré testimonianze d’epoca per Pellegra, settantaquattro per Teresa, quattordici pubblicazioni accademiche per Pellegra, ottantasette per Teresa – ma l’archivio, mi pare, è fermo a qualche anno fa. La Bongiovanni, palermitana trasferitasi giovinetta a Roma, ebbe, da quel che sono riuscito a capire, una vita tranquilla, salottiera al punto giusto, ma sostanzialmente schiva; fu in Arcadia, come all’epoca praticamente chiunque scrivesse, col nome di Ersilia Gortinia – all’atto dell’ammissione nell’Accademia era obbligatorio trovarsi un nom de plume adeguato, per il quale esistevano regole precise –, e ricevette lodi per i suoi componimenti, ma non si diede molto da fare per essere in vista; Teresa Bandettini, in Arcadia Amarilli Etrusca, fu una vera diva, invitata di qua e di là, chiamata a comporre versi all’improvviso su questo o su quel tema, con forme e schemi rimici liberi o obbligati, eventualmente in risposta per le rime a componimenti altrui.