Dal 31 maggio sono disponibili i primi due titoli della neonata collana di poesia italiana e straniera Adamàs, a cura di Tommaso Di Dio, Vincenzo Frungillo, Ivan Schiavone, per l’editore La Vita Felice: Acrobeati di Vito M. Bonito e Materia osservabile di Florinda Fusco. Pubblichiamo una presentazione della collana e una scelta di poesie dai due volumi.
Adamàs
È ver che grezzo è l’adamante, e in quella
Ruvida spoglia è prezïoso, e pure
Alla fervida ruota ei più s’abbella
Benedetto Menzini
Adamàs, parola tratta da una verso – com’adamàs del ferro in la minera – di una celebre poesia del Guinizelli, è per noi l’emblema di una scrittura che non ponga l’alternativa oziosa fra pensiero e poesia, fra conoscenza, filosofia e arti del linguaggio, di una scrittura che tenti la sintesi tra questi apparenti opposti, rendendoli in sé coesi, indistinguibili. Abbiamo deciso, ironicamente, di aprire con una citazione tratta dall’opera dell’arcade Benedetto Menzini: È ver che grezzo è l’adamante, e in quella/ Ruvida spoglia è prezïoso, e pure/ Alla fervida ruota ei più s’abbella. Riteniamo infatti che il lavoro sul linguaggio e la costruzione dell’opera non siano in contraddizione con la dissipazione più ispirata e intensa: in una dimensione spregiudicata dell’atto poetico, crediamo nella poesia come esperimento e travaglio, come abbandono regolato, sempre inchiodato alla croce di una severa intelligenza che sprigioni le potenzialità più immaginifiche, creatrici di mondi e di sensi a venire. E insieme duplice e individuata è la medesima parola adamàs, traducibile sia con diamante che con calamita, perché si attribuiva a questo minerale tanto la qualità di risplendere e farsi trasparente rilanciando la luce che lo penetrava, quanto quella di attrarre a sé, per una forza invisibile e stupefacente, il metallo ferroso, opaco, denso, pesante. Così pensiamo debba essere la poesia: da un lato deve portare il ricordo e saper trarre alla superficie il rimosso geologico di noi e del nostro vivere sul pianeta terra, dall’altro raccogliere intorno alla propria luce una densità metallica e metamorfica di significati e di atmosfere, di visioni e cosmologie che possano sfuggire all’ipocrita semplicità della più trita comunicazione. E ancora adamàs come spettro, nel senso della fisica moderna, un materiale trasparente, preciso e sfaccettato, che accolga la luce dell’esperienza per restituirla prismaticamente, un raggio primario che si faccia luogo in cui sostare e abitare.
Adamàs sarà proposta di mondi che non giungano unicamente dal nostro panorama linguistico attuale, apertura alla poesia straniera e a quella italiana obliterata, rimossa malgrado la sua significanza, per le cause più disparate. Un brulichio di lingue, di linguaggi, di tecniche e di immaginari fissano le identità instabili dell’ambiente-mondo in cui viviamo. Cumuli di narrazioni e visioni, di pratiche e tradizioni s’affastellano confondendosi con il sentore di apocalissi incipienti o palingenesi tecnologiche, sullo sfondo, incombenti, ecosistemi al collasso, pandemie, scenari di guerra permanente. Stagliate su questo paesaggio le vite, le nostre biografie precarie e ostinate, le piccole narrazioni di un quotidiano deprivato dell’esperienza, sublimato in sentimento, storicità fatta corpo. Miriadi di poetiche intente a ritrarre questa contemporaneità proliferante, irriducibile ad una, e l’assoluta fiducia nella poesia quale strumento conoscitivo ci hanno spinto a intraprendere questa nuova collana: Adamàs, adamantino, diamante sul vetro.
Tommaso Di Dio
Vincenzo Frungillo
Ivan Schiavone
*
[Da Acrobeati, di Vito M. Bonito]
1
è come sui papaveri esausti
le zanzare
un deliquìo di morte
un iperìo senza più porte
una festa di sangui
di cirrose protervie
banalmente impervie
come a volte
quando scendi da le stelle
o mi del cielo
nel sì del mio sfacelo
tra li papavera belle
oh! perché perché
allor ti lingui?
oh! perché?
ti esangui?
2
posso io avere iddio
se iddio non ha io?
e nonìo è noniddìo?
come un disio senza disio?
può darsi
come può darsi
che ogni mal di pancia
non sia poi veramente tale
ma solo morte cerebrale
e che ogni luce verticale
sia solo una candela
accesa male
io guardo scendere la neve
in sogno come fosse già
natale
guardo il fumo salire
come nenia a un funerale
mai finire
oh neon del neon
dove senza dove
bianco virginale
ancora ti commuove
il nostro esser frale?
il nostro a ragli
morir fetale?
oh
s’avessi io l’ale
[…]
chi ti parla – caro lettore –
è il salvavita beghelli
ovvero l’oblio
la dimenticanza
l’estrema infanzia
di beato-allùi
fui donato alla tua nascita
sono il rosario
l’angelo tuo
obituario
il falso allarme
il pulsante rosso
l’apocalisse il calvario
di chi visse
tra le stelle fisse
et un sudario
il niente forcluso
l’opacità
il monouso
che mai vide l’aldilà
3
ti senti diruto? affannato?
o forse con licenza parlando
misticamente ti avvisi
come parte esclusa del creato?
cosa vedi in fondo al tuo dirupo?
vàgoli
mupo come un anzitempo
deceduto
ma niente
è accaduto né accadrà
nell’orror cupo
della fallita tua empietà
ti senti iperacuto? e la
Vergänglichkeit?
prurito vago di caducità?
se non sai
perché dici
ti addìci ti indìci?
addìati che è meglio
non c’è nessun risveglio né barbaglio
non vedi più le stelle?
qual è qual è
l’ora che non ha
più fratelle?
*
[da Materia osservabile, di Florinda Fusco]
Capelli bianchi. Una gonna nera a rose rosse. Simmetria sferica. Witten capì che le cinque versioni della teoria delle stringhe erano diverse traduzioni della stessa. Sono 10 le dimensioni spaziali dell’universo e una temporale. C’è una dimensione verticale molto più piccola delle altre. Sette sono invisibili. Ora alla luce muovi piano la gonna a rose rosse: appaiono oggetti multidimensionali: in tutto il loro splendore matematico.
Guarda. La nebulosa Orione emette un fotone adesso. E una stella a nord-ovest si trasforma in supernova. Borsa gialla a tracolla. Braccia gonfie. Jeans stretti sulle cosce robuste. Pancia pesante. Capelli corti e crespi. Volto androgino indurito. Controlli che siano cresciuti i fiori alla pianta di maggiorana. Non sai che ogni oggetto emana luce. La tua mano ad esempio.
Materia incandescente sta esaurendo il suo combustibile. Voce roca. Braccia robuste. Capelli a caschetto bianco. Accanto alla tua testa, fotoni continuano a muoversi verso l’alto. Hai sfregato per trent’anni pavimenti borghesi. Gonna e maglia nera. Le forze ora si cancellano a vicenda: bilanciamento. Mani stanche. Dici: «mio figlio ha sempre vissuto con il padre, solo la domenica non lavora nei campi e può bere alcool». Questa massa non luminosa tiene insieme galassie in rotazione e moti stellari. Eppure lo spazio fluttua e la luce lontana di quella stella è deviata da una curvatura nascosta. Dici che vorresti volare. Ecco un universo fatto di particelle estremamente leggere: informazioni di luce. Guarda, anche il tuo corpo irradia ogni punto dello spazio e ogni direzione. Sino alla regione più remota. Chiudi gli occhi. Ora puoi vedere regioni del cosmo allontanarsi.
Che belli i tardi anni ‘90, mancano giusto Ferrara e Montero in difesa… o no, stanno tornando anche loro!?
possibile avere qualche informazione in più su questa sollecitante, a quanto pare, operazione editoriale? anch’io mi affanno con fervore nella mia Raccolta Differenziata…
a.t.