di Damiano Abeni
Nel giugno del 2013 Giorgio Bertelli pubblicò per le Edizioni l’Obliquo Caos, Pendole, Cocomeri – 40 anni di collaborazioni, che raccoglieva un piccolo catalogo di brevi traduzioni da 40 dei miei autori preferiti.
Ora è iniziato il mio 51esimo anno di traduzioni, e quindi qui ce ne sono Altri 10 (+1).
NEL DESERTO
Nel deserto
ho visto una creatura nuda, una bestia
che, accovacciata,
reggeva tra le zampe il proprio cuore
e lo sbranava.
Domandai: “Amico, è buono?”
“È amaro – amarissimo”, rispose.
“Ma mi piace
perché è amaro
e perché è il mio cuore”.
[da Stephen Crane (1871-1900), In the Desert– inedita
https://www.poetryfoundation.org/poems/46457/in-the-desert-56d2265793693]
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DANSE RUSSE
Se io quando mia moglie dorme
e la piccola e Kathleen
dormono
e il sole è un disco bianco fiamma
fra sericee brume
su alberi splendenti –
se io nella mia stanza a nord
ballo nudo, grottescamente
davanti allo specchio
sventolando la camicia sulla testa,
cantando sottovoce tra me e me:
“Sono solo, solo.
Sono nato per essere solo,
per me è il massimo così!”
Se ammiro le mie braccia, la faccia,
le spalle, i fianchi, il sedere,
sullo sfondo delle tende gialle, chiuse –
Chi potrà mai dire che non sono
il genio felice della mia casa?
[da William Carlos Williams (1883-1963), Danse Russe – in A un discepolo solitario, Bompiani, 2023
https://www.poetryfoundation.org/poems/46483/danse-russe]
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FALLIRE E VOLARE
Tutti si dimenticano che Icaro ha volato.
È lo stesso quando un amore si chiude,
o il matrimonio fallisce e la gente dice
che lo sapevano che era uno sbaglio, che tutti
dicevano che non avrebbe mai funzionato. Che lei era
adulta abbastanza da scegliere meglio. Ma tutto ciò
che vale la pena vale la pena farlo, anche male.
Come starsene lì su quell’oceano estivo
all’altro capo dell’isola mentre
l’amore sfumava via da lei, le stelle
che ardevano in modo tanto inusitato quelle sere che
chiunque ti avrebbe detto che non sarebbero durate.
Ogni mattina lei stava addormentata nel mio letto
come un’apparizione divina, la mitezza in lei
come un’antilope immobile nella bruma dell’alba.
Ogni pomeriggio la guardavo rientrare
per i torridi campi petrosi dopo la nuotata,
la luce del mare alle sue spalle e il cielo immenso
sul lato opposto. La ascoltavo
quando pranzavamo insieme. Come possono dire
che il matrimonio è fallito? Come quelli che
tornano dalla Provenza (quand’era la Provenza)
e dicevano che era bella ma che il cibo era pesante.
Credo che Icaro non abbia fallito nel precipitare,
ma stesse giungendo al colmo del suo trionfo.
[da Jack Gilbert (1925-2012), Failing and Flying–inedita
https://www.poetryfoundation.org/poems/48132/failing-and-flying]
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UN’ALTRA NOTTE TRA LE ROVINE
Quante notti ci vogliono
a uno come me per imparare
che non siamo dopo tutto creati
dall’uccello che s’alza in volo dalle proprie ceneri,
che per noi
mentre andiamo in fiamme, l’unico compito
è
aprire noi stessi, essere
quelle fiamme?
[da Galway Kinnell (1927-2014), Another Night in the Ruins, 7– inedita
https://www.poetryfoundation.org/poems/42677/another-night-in-the-ruins]
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TARTARUGA
Potendolo evitare, chi vorrebbe esser tartaruga?
Una rosetta dura semovente, un elmo a quattro remi,
poco attrezzato ai rischi cui si espone
vogando verso i vegetali che si pappa.
L’andatura è sgraziata, come portasse sul groppone
un baule, e praticamente ogni pendio
le frustra ogni desio. In modo tangibile
s’impantana fino all’assale nel corso verso
un che di commestibile. Quando tutto fila liscio
evita il solco che le convertirebbe il guscio
in piatto di portata. Campa ben al di sotto
di ogni fortuna, né sogna che un terno al lotto
trasformi il suo carico di terraglie in ali.
La sua unica levità è la pazienza,
lo sport delle vere creature penitenziali.
[da Kay Ryan (1945-), Turtle– in Nuova Poesia Americana #2, Edizioni Black Coffee, 2020
https://www.poetryfoundation.org/poems/50611/turtle-56d22dd3f31c2]
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LA MIA FACCIA È UNA CARTA GEOGRAFICA
Sono nata con una mappa dell’Australia sulla faccia;
era stupenda, mi ha detto mia madre,
nessuno al mondo era come me,
in grado di tracciare i confini del continente australe
sulle ispessite, trasposte vie dei canti della propria faccia.
Ero legata alle genti che vivono a testa in giù,
a quelli che ammirano il bush e i canguri.
Non potevo assolutamente ridere, piangere, aggrottare la fronte
per non far cadere dalla mia faccia la mappa straordinaria.
La mia faccia era ben stirata così che nessuno ci si perdesse.
Tenevo la testa salda e tenevo la testa alta.
Quando la gente spalancava la bocca, gli occhi, sghignazzava,
pensavo che stessero cercando di trovare Alice Springs,
di capire dove volevano andare, dove erano stati.
E quando qualcuno mi fissava a lungo, molto a lungo,
io chiedevo soltanto se c’erano stati davvero laggiù:
il più duro di cuore si scioglie quando vede un koala.
Le mie parole erano più lente di quelle degli altri bambini,
perché la mia mappa era cucita sulla bocca:
ogni volta che riuscivo a dire una frase intera
mi immaginavo una barchetta che salpava dal porto di Sidney.
Ieri si è parlato di scollarmi via quella mappa,
per cambiarmi la faccia in modo che assomigli alle altre;
mamma ha detto che dovrei pensarci bene,
che forse la mia vita sarebbe più facile …
Adesso ci penso, guardo duro nello specchio.
Seguo i duri confini del mondo sulla mia faccia.
Conosco gli sguardi duri di certe persone.
Senza la mia carta geografica, sarò la stessa persona?
Saprò dove sono, dove sono stata?
[da Jakie Kay (1961-), My Face Is a Map– in Dermatology Reports, edizione italiana, 2022
https://clpe.org.uk/poetry/poems/my-face-map]
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UN PICCOLO FATTO INDISPENSABILE
È che Eric Garner ha lavorato
per qualche tempo nel Servizio Parchi
e Giardini, il che vuol dire,
forse, che con quelle sue mani enormi,
forse, con ogni probabilità,
ha messo con delicatezza a dimora
alcune piante che, probabilmente,
alcune di queste, con ogni probabilità,
continuano a crescere, continuano
a fare quello che fanno le piante, come ospitare
e nutrire creature piccole ed essenziali,
come essere piacevoli al tatto e all’odorato,
come convertire la luce del sole
in cibo, come aiutarci un poco
a respirare.
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N.d.t.“Non riesco a respirare” è l’ultima frase, ripetuta undici volte, da Eric Garner, il 45enne afroamericano morto soffocato da un agente della polizia di New York il 17 luglio 2014 durante un controllo per vendita illegale di sigarette.
[da Ross Gay (1974-), A Small Needful Fact – con Moira Egan, in Le parole e le cose,13 luglio 2016].
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PREGHIERA DEL MANROVESCIO
Non il palmo, non la verga
di pero né il manico di scopa,
non il cavo di prolunga più a portata
di mano, né la cinta intrecciata, ma Dio,
benedici il dorso della mano di mio papà
che, senza stringere forte niente
contro di me e non avvolta
nel cuoio, cancellava l’aria
tra sé e la mia guancia.
Questa guancia a fossette rendila del tutto
indegna del suo marchio a pugno aperto
e assolvi il mio scordare
l’amore di una mano
affamata di un riflesso, una mano che non s’è data
il minimo pensiero del proprio bersaglio
come grandine da un cielo cieco,
involontaria, fulminea, ma brutale
nel suo lasciare lividi. Padre, io reggo il ponte
di quello che poteva essere
un naso rotto. Innalzo a te
ciò che fu un labbro spaccato. Benedici
il bambino che crede
che le più egregie percosse subite mancassero
di volontà, del marchio della bestia.
Riporta in vita il figlio
che si bea nel peccato
del qui e ora, e lo chiama amore.
Dio, salva l’uomo il cui braccio
come ala invisibile di un angelo
può comunque volare rovesciato in furore
che il figlio gli sia accanto oppure no.
Aiutami a tenere salda la mascella ardente
mentre penso di dire: scusami.
[da Jericho Brown (1976-), Prayer of the Backhanded– in Nuova Poesia Americana #3, Edizioni Black Coffee, 2021
https://poets.org/poem/prayer-backhanded]
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ISTRUZIONI SUL NON ARRENDERSI
Più degli imbuti fucsia che esplodono
dal melo selvatico, più che lo sfoggio
quasi osceno del ciliegio del vicino che getta
boccioli di zucchero filato contro il cielo
di ardesia delle piogge primaverili, è il verde degli alberi
che davvero mi commuove. Quando lo shock del bianco
spumoso, i giochi e gli sproloqui del mondo, lasciano
l’asfalto cosparso dei coriandoli del dopo,
arrivano le foglie. Pazienti, lente, una pelle verde
che cresce su tutto quello che l’inverno ci ha inflitto, un ritorno
alla strana idea del continuare a vivere nonostante
il caos che siamo, il dolore, il vuoto. Tutto bene allora,
lo accetto, sembrano dire gli alberi, una nuova foglia lustra
che si schiude da pugno a palmo aperto, accetto tutto.
[da Ada Limón (1976-), Instructions on Not Giving Up – in Nuova Poesia Americana #4, Edizioni Black Coffee, 2022
https://poets.org/poem/instructions-not-giving]
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ANAMNESI
Sono stata incinta. Ho fatto sesso con uomini
che avevano fatto sesso con uomini. Non dormo.
Mia madre ha, la madre di mia madre ha avuto,
l’asma. Mio padre ha avuto un ictus. La madre
di mio padre ha la pressione alta.
Entrambi i nonni sono morti di diabete.
Bevo. Non fumo. Xanax quando volo.
Propranololo per l’ansia. Ci vedo male.
Il vento mi spaventa. Mia cugina Lilly è morta
di un aneurisma. Sia Hilda, infarto.
Zio Ken, saggio com’era, è stato messo sotto
da un’auto, come per confutare qualsiasi teoria
verso la quale tendo con lo scrivere. E, lo so,
le stelle in cielo sono già morte.
[da Nicole Sealey (1979-), Medical History – per Ritratti di Poesia,2020
https://www.nytimes.com/2021/08/19/magazine/poem-medical-history.html]
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INDICE
A volte, caro mio, sembra proprio la mia voce:
Autoritratto come Seconda delle Tre Grazie.
Che stava facendo la donna con la tavoletta?
Difficile scrivere poesia con la febbre
e sì, chiaro, dobbiamo rivendicare i nomi.
Ho trovato un’ape morta sul pavimento di camera mia,
la testa sbatte sulla porta. Mai abbastanza,
la torta nuziale di Persefone e Ade.
Le donne in cortile giocano con l’argilla:
nessuno finora ha creato in questo modo,
non mi aveva mai interessato l’ironia.
Raperonzolo, Campanula, terrore.
Un altro poeta morde la polvere, vivono il lutto,
una vergine vestale nel proprio elemento.
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N.d.t. Index è il Mastersonnet della corona eroica The Furies, dal manoscritto omonimo, ed è composto dai 14 primi versi dei 14 sonetti che compongono la corona stessa.
Nell’originale i versi sono ordinati non secondo “l’ordine di apparizione” nel componimento ma in ordine alfabetico, e l’autrice ha voluto che anche i versi italiani venissero ordinati secondo l’alfabeto, senza considerare affatto la loro posizione nel componimento originale. Diversi interventi sulla punteggiatura si sono rivelati indispensabili.
[da Moira Egan (1962-), Index – inedita, da The Furies, inedito]
[Immagine: Foto di Sarah Hobbs].
Grazie!