di Franco Buffoni
[Esce oggi per FVE Editori Il Gesuita, il nuovo romanzo biofiction di Franco Buffoni. Ne proponiamo il concept, un capitolo e l’indice].
Concept di “Il Gesuita”
La prima parte di questo Bildungsroman è dedicata all’amore assoluto e non corrisposto del protagonista sedicenne per il coetaneo Alberto.
Nella seconda parte il protagonista ormai diciassettenne si rende conto che – pur non soffrendo di alcuna disforia di genere – il suo orientamento, in un contesto ipocrita come quello lombardo dei primi anni sessanta, non sarà mai tollerato. Alla pulsione erotica della prima parte subentra così la tensione verso il mondo greco-latino, che – solo – riesce a dargli ragione di ciò che è.
Qui entra in scena il ventinovenne studente gesuita altoatesino Klaus, e Franco si convince che, così come – per essere libero – lui dovrà affrancarsi dall’autoritarismo paterno, per essere suo Klaus dovrà liberarsi della Compagnia di Gesù.
Franco si immerge allora in uno studio forsennato – superiore alle sue forze – per dimostrare al gesuita che la sua fede è basata su fraintendimenti storici: Marsilio da Padova, Cecco d’Ascoli, Lorenzo Valla…
Il forzato trasferimento di Klaus dall’Aloisianum di Gallarate alla Gregoriana a Roma, ottenuto dal padre di Franco, imprime una straordinaria svolta alla trama, permettendo al protagonista di incontrare a Roma, oltre a Klaus, lo statunitense Jason, coetaneo ed ex roommate di Klaus a Berkeley. Jason che avrà un ruolo essenziale nel permettere a Franco diciottenne di scoprire nel 1966 l’università americana e l’impegno per i diritti civili.
*
Cap 56. Suo padre teme
Percorriamo buona parte della Via Sacra, io sempre in mezzo a loro, leggermente più alto di entrambi.
“Sei cresciuto ancora in questi mesi…
“Mi hanno innaffiato…
Jason ride, adesso è lui che spiega. Intanto io penso che non c’è confronto, è vero che sono cresciuto ancora, ma loro sono ben piantati, sono uomini, io al confronto sono un fuscellino, un ragazzo…
“Oggi abbiamo proprio la luce giusta per salire al Palatino… vedrai Franco, sarà un’esperienza indimenticabile.
Penso ossessivamente ormai da mesi a ben altro tipo di esperienza indimenticabile, ma sto al gioco. In effetti è tutto molto bello, e certo dei tre sono quello che sale più agilmente la lunghissima scalinata. La vista poi è davvero stupenda, sulla città e sui palazzi imperiali.
“Il colle del Palatino, spiega Jason, ospita i più importanti palazzi imperiali, da quello di Augusto, la Domus Augustea, che si trova sul versante meridionale del colle, a quello di Tiberio, fino a quello di Nerone. E laggiù il Circo Massimo. Mentre qui sotto è il nucleo più antico, risalente al X secolo, all’età del Ferro. Precede quindi la fondazione ufficiale della città. Qui e sull’isola tiberina ebbe inizio la storia di Roma. Ma erano villaggi, erano tante piccole Rome… tra cui il lembo di terra scelto, secondo la leggenda, da Romolo per fondare l’Urbe.
Mentre Jason parla, mi accorgo che Klaus mi sta osservando, allungo il braccio attorno al suo collo, non si scosta, mi stringe alla vita come e più di prima. Restiamo così…
“Va sottolineata anche una trasformazione di tipo sociale della funzione del Palatino. Tra il II e il I secolo a.C. questo fu uno spazio comunitario, dove si riunivano i cittadini, a prescindere dalla ricchezza e dalla nobiltà, per celebrare riti religiosi e civili, commerciare e persino pranzare insieme ritualmente: vivere, diremmo noi oggi, vita associativa. Solo in seguito il colle si trasforma in una zona residenziale esclusiva, elitaria, con case decorate a mosaici e pitture, come qui nella Casa dei Grifi.
“Ti sarebbe piaciuto vivere qui, Franco?
“Se qualcuno mi avesse amato davvero sì, ma senza farmi evirare.
“È rimasto impressionato ieri dalla storia di Sporo, sposato da Nerone.
“Ma no, saresti stato amato così come sei, bellissimo e impaziente…
“Allora sì, l’importante per me è essere libero dalle grinfie di mio padre.
“È così severo?
“Direi proprio di sì, taglia corto Klaus, ne ho fatto le spese anch’io. Suo padre teme…
“Teme che qualcuno mi faccia la festa. E naturalmente questa è la cosa che io proprio desidero che accada.
“Interessante, molto interessante, anche sul piano psicologico, conclude Jason.
Ridiscendiamo passando per il tempio di Cibele o della Magna Mater, poi il Tugurium Romuli e la Domus Tiberiana, ma io comincio a rognare che ho fame. Mi piace essere al centro della loro attenzione.
“Adesso vi porto in un posto che conosco vicino piazza Argentina, dice Jason.
Trattoria romana, profumo di buona cucina, noi tre al tavolo d’angolo, arriva subito il vino bianco, ne bevo un bicchiere mangiando grissini e mi sento felice. Klaus a destra, Jason a sinistra, per un attimo sotto la tovaglia poso le mani sulle loro ginocchia. Ridono anche loro, Klaus finge di picchiarmi sulla mano subito riportata sulla tovaglia.
“Quanti anni hai, Franco?
“Compirò diciotto anni il 3 marzo 1966, tra due mesi e tre giorni.
“Negli Stati Uniti non potresti ancora bere vino.
“Proibizionismo, pronuncio seriamente. E voi vi conoscete dal…
“1958: due anni insieme a Berkeley come roommates, e ci siamo anche divertiti tanto…
Jason ride anche lui col bicchiere in mano.
Klaus resta serio, si vede che è in imbarazzo.
Jason continua:
“Poi alla fine del ‘60 c’è stato l’intervento di Sant’Ambrogio e Klaus non è più rientrato a Berkeley.
“Lo dici come se fosse stato un tradimento, osserva Klaus.
“Sapessi quante cose stanno cambiando là, ma non perché allora ero studente e adesso ho la teaching assistentship. Stanno cambiando nel costume, proprio come sul Palatino, quando lo spazio comunitario divenne la Casa dei Grifi… ma al contrario.
Intanto arrivano le fettuccine ai funghi porcini: io ascolto. Più che rievocare il loro passato di studenti, Jason racconta le cose di oggi.
Racconta del Free Speech Movement “un movimento di protesta studentesco che da più di un anno è esploso a Berkeley.
Jason è uno dei – stava per dire capi, ma si corregge:
“Sono una delle guide, dei punti riferimento, insieme, tra gli altri, a Brian Turner, Bettina Aptheker, Mario Savio, Steve Weissman, Art e Jackie Goldberg…
Sarà perché le fettuccine hanno placato il mio appetito, ma il racconto di Jason non solo mi interessa, ma mi sconvolge, e comincio a prendere appunti.
Voglio andare lì la prossima estate. Tanto l’ho già detto che al mare non ci torno: però avevo parlato di Inghilterra, adesso si tratterà solo di spostare il tiro sulla California.
“Ma in buona sostanza, chiede Klaus, gli studenti che cosa vogliono?
“In primis vogliono assoluta libertà di espressione, e dunque che si abroghi il divieto di praticare attività politica nel campus.
“A ciò aggiungo, continua Jason, che noi del phd vogliamo libertà assoluta anche di ricerca accademica. Si parla molto di counterculture, controcultura, di movimento dei diritti civili e soprattutto si protesta contro il governo per la guerra nel Vietnam, con conseguente sviluppo di un movimento anti-militarista.
A me viene in mente la faccia di mio padre.
“Ci sono anche stati molti arresti in un clima incandescente.
E a me viene in mente la faccia dell’Alberto davanti all’edicola di piazza san Babila con le sue preoccupazioni per l’Inter.
Ci alziamo da tavola e mi restano ancora un paio d’ore di libertà. Klaus vorrebbe rientrare ma io ho ancora tante domande per Jason e convinco entrambi a seguirmi in un bar, dove finalmente mi lasciano offrire almeno il caffè.
Domani Jason è impegnato e l’appuntamento sarà alle dodici davanti al Pantheon solo con Klaus. Mentre il giorno di Capodanno sarà Klaus a essere impegnato. Essendo rimasto in sede alla Gregoriana, è stato designato dal Rettore a concelebrare la messa solenne delle 11 e poi dovrà fermarsi lì a pranzo. Mi salva Jason dandomi appuntamento per il primo gennaio alle 11 a piazzale Flaminio: dice che ha in programma la visita all’atelier, solitamente chiuso al pubblico, di un famoso scultore amico di Henry James. Saremo accompagnati dall’addetto culturale dell’ambasciata americana.
Mentre sto per salire sull’autobus ci baciamo in tre, sento contemporaneamente le loro labbra sulle guance. Velocissimo li bacio entrambi sulle labbra. È la prima volta che bacio Klaus sulle labbra. Rimane come impietrito, mentre Jason sorride e mi accarezza. Lisci e sottili i suoi capelli.
Sull’autobus non riesco a distogliere il pensiero dal racconto di Jason, che ha parlato anche di Women’s Rights Movement e di un movimento che si sta organizzando contro le discriminazioni razziali che dovrebbe chiamarsi Black Panther Party for Self-Defense. Ma soprattutto mi ha impressionato il fatto che all’interno del Civil Rights Movement è stata istituita una commissione per i contatti con la Vancouver’s Association for Social Knowledge (ASK), e con i periodici «ASK Newsletter» e «Gay» della Gay Publishing Company di Toronto. Jason ha detto anche che il termine gay si sta enormemente diffondendo come sinonimo sciolto e disinibito di homosexual. E che presto uscirà l’edizione statunitense del periodico intitolata “Gay International”.
Penso che per me, fino ad oggi, gay stava solo in The Rape of the Lock, Il ricciolo rapito di Alexander Pope, filone eroicomico tipo La secchia rapita del Tassoni:
Belinda smiled and all the world was gay
e mi viene proprio da ridere.
Con questi pensieri in mente rientro a casa e trovo zia Giulia, al solito affettuosa, intenta a cucinare animali per domani in compagnia della figlia incinta che prepara le verdure. Saluto la cugina, che mi ricorda bambino, e siedo al tavolo anch’io.
“Riccetto e cresciutello, niente male il cuginetto… e mi passa una mano tra i capelli.
Però deve subito rientrare a casa, ci vedremo domani sera.
Doccia mentre penso che a quei periodici mi voglio proprio abbonare; che senz’altro prenderò una casella postale a Milano Centrale per poter ricevere la posta che mi aggrada; e che cercherò di stare il più possibile in Nord America e in Nord Europa per studiare…
Mentre mi rivesto penso anche a quello che intendo dire a Klaus domani sulla sua perversa vocazione alla rinuncia.
IL GESUITA
I PARTE
- La Michela
- L’Alberto
- Telefono a muro
- Porta Garibaldi
- Non ha capito niente
- La Patrizia
- Guinizelli
- So che tu vinceresti
- Vacanze di carnevale
- Il gesuita
- Vita con Klaus
- Il compleanno
- Che terribile che sei!
- Forse dovrei
- Il tennis
- Troncare sopire
- In tempi remoti
- E scrivo
- KGB
- L’odio
- L’incubo
- Mare
- Tandem
- La rondine
- La fonovaligia
- La sdraio
- La tortura
- L’amichevole
- Una lama
- La perdita
II PARTE
- Eromeni ed erastès
- Affinità elettive
- La sorte
- Via Giulia
- Tempi remoti?
- Stanare Klaus
- Il difensore della pace
- Freddo cristallo
- Cervellino
- Sisifo
- Cecco d’Ascoli
- Inalienabile interesse
- Bene visse chi bene si nascose
- Vedi che ti vengo incontro?
- Sono pronto a servirti
- Ogni virtù barcolla
- La ricerca della verità
- Soggetto e oggetto di amore
- I Saturnali
- Mi sento come una diga
- Prima di partire
- Lui
- Sporo
- Tranne me
- Legatemi alla colonna
- Suo padre teme…
- Counterculture
- Gay International
- La finestrella del Pantheon
- Henry e Hendrik
III PARTE
- Annammo bbene!
- Esperienze di baci
- Puer furbo
- Non sollevare il velo dipinto
- Non tolgo la mano
- Quattro strati
- Dovrei andare a Berkeley
- Bar boy
- Sant’Eliogabalo martire
- Occhi ben aperti
- Alle spalle Klaus
- Via Marcantonio Colonna
- Because my love is here
- L’iniziazione
- Ασκληπιωι Σωτηρι
IV PARTE
- La pedana del diavolo
- Alla luce del sole
- Voglio abbonarmi
- Nessuno mi può giudicare
- Non sarò il tuo erastès
- Il tesoro seguita a brillare
- Il giorno dopo il compleanno
- L’ultima lettera di Klaus
- Nuove istituzioni
Una situazione dialogica riporta il “parlato” tra due o più locutori. Ebbene, come si fa a credere possibili situazioni dialogiche del tipo: “qui sotto è il nucleo più antico, risalente al X secolo”; “tra il II e il I secolo a. C. questo fu…”?
Quella situazione dialogica è verosimile perché chi parla è un archeologo.
D’accordo, ma io non mi riferivo alla veridicità o meno del contenuto della conversazione, ma al suo modo di rappresentarla (o “riportarla”, dando credito al verosimile). In sostanza, dalla bocca del locutore non escono simboli numerici né abbreviazioni, bensì parole (in veste di lettere alfabetiche). Perché affidare al lettore l’incombenza di trasformare mentalmente quei numeri in parole? Questo è compito dell’autore.
Se l’oggetto dialogico fa riferimento a tecnicismi e convenzioni acquisite, l’interlocutore traduce
istantaneamente in immagini quell’oggetto. Decidere di esplicitare simboli convenzionali per velocizzare acquisizione delle informazioni anche nel lettore è per me una scelta vincente utile anche ai DSA.
Non mi soffermerei su formalismi che possono essere scelte dell’autore, quando si è davanti ad argomentazione molto più interessanti.
Ho trovato in “Il Gesuita” un Franco Buffoni inaspettato e imprevedibile per un romanzo che parla di amore, di amicizia, di fede e di ricerca di sé. Un libro che non lascia indifferenti, che tocca le corde del cuore ma che stuzzica anche il corpo.