di Gianfranco Pellegrino
Alcune autrici hanno proposto una definizione sociale delle donne. Per loro, essere donna significa occupare una specifica posizione sociale, e essere trattate in certi modi, subire certe reazioni, e così via. Nello specifico, essere donne significa essere socialmente svantaggiate in maniere peculiari: per esempio, significa subire svantaggi (materiali, sociali, simbolici, politici) in virtù del proprio sesso biologico. La versione più nota di queste teorie l’ha data Sally Haslanger, in vari saggi[1]. Per Haslanger, una persona è una donna se e solo se
1. Nella maggior parte dei casi, s’immagina o si osserva che questa persona ha certe caratteristiche fisiche che, si presume, sono un’evidenza tipica del ruolo biologico degli esseri di sesso femminile nella riproduzione;
2. Che questa persona abbia queste caratteristiche la qualifica, nell’ideologia dominante della società di cui è parte, come qualcuno che abbia il dovere morale di occupare certi tipi di posizione sociale di fatto subordinate (e questo motiva e giustifica che questa persona occupi tali posizioni);
e
3. Il fatto che questa persona soddisfi le condizioni 1. e 2. sopra svolge un ruolo nella sua subordinazione sistematica in certi contesti.
Invece, una persona è un uomo se e solo se
1. Nella maggior parte dei casi, s’immagina o si osserva che questa persona ha certe caratteristiche fisiche che, si presume, sono un’evidenza tipica del ruolo biologico degli esseri di sesso maschile nella riproduzione;
2. Che questa persona abbia queste caratteristiche la qualifica, nell’ideologia dominante della società di cui è parte, come qualcuno che abbia il dovere morale di occupare certi tipi di posizione sociale di fatto privilegiate (e questo motiva e giustifica che questa persona occupi tali posizioni);
e
3. Il fatto che questa persona soddisfi le condizioni 1. e 2. sopra svolge un ruolo nel suo privilegio sistematico in certi contesti.
Semplificando, in questo tipo di visioni, essere una donna o un uomo è un fatto di potere. Sei donna se subisci un certo tipo di potere, quello patriarcale, sei uomo se non lo subisci e lo eserciti. L’obiezione che viene subito in mente, e che è stata fatta più volte, è: ma allora la regina Elisabetta I non è una donna? Perché certamente la regina Elisabetta I non è stata posta in posizione subordinata in quanto donna – non ha avuto figli, la sua ascesa al trono non fu priva di controversie.
Indipendentemente da questo tipo di obiezioni, molto discusse, la definizione sociale di ‘donna’ può illuminare aspetti nascosti di quanto accade in Italia. Immediatamente dopo la plateale messa alla porta di Andrea Giambruno da parte di Giorgia Meloni, Giorgia Serughetti su Twitter, ricordando che la politica italiana vedeva due donne alla ribalta (Meloni, appunto, e Schein), di cui una così decisa e l’altra lesbica, concludeva, con quello che immagino fosse un sorriso: “Ciao, maschio!”. Ci ho pensato a lungo, e secondo me Meloni ci ha messo nel sacco un’altra volta. Il maschio tossico è ancora con noi, e forse non era (solo) Andrea Giambruno. Lo si capisce se si applica a questa vicenda la teoria di Haslanger.
Chiarisco un punto, prima di proseguire. Giambruno non è difendibile. È evidentemente quello che oggi si chiama un ‘maschio tossico’. Dovrebbe essere allontanato dal posto che occupa. E non c’è altro da dire. Ma la domanda che mi pongo è: la natura morale del comportamento di Giambruno emenda i comportamenti di Meloni? Messa ancora più chiaramente: Meloni che lascia Giambruno sui social ha veramente il rigurgito di dignità che molti e molte le hanno attribuito ed è veramente, come molti e molte hanno sostenuto, un possibile modello, pur nelle incoerenze?
Prima dei fatti recenti, e a partire dal suo insediamento al governo, Andrea Giambruno è stato usato da Meloni per costruire la sua narrazione, esattamente come la figlia, esattamente come la madre e il padre di Meloni. Meloni non si attornia solo di membri della sua famiglia e di famigli. Ma fa un uso persuasivo e propagandistico della famiglia. Questo è inevitabile, come si vede dalle nostre reazioni: siamo interessati a chi è il compagno o la compagna delle persone di potere, alla loro vita intima. Non possiamo che andare oltre la funzione, e cercare l’essere umano, anche quando la funzione è tutto, e l’essere umano sarà da qualche parte, ma non importa.
Ma soprattutto: Meloni ha esercitato il suo potere su Giambruno sempre, sin dal momento, abbondantemente narrato, in cui i due si sono incontrati negli studi di Mediaset – lui autore, lei ospite politica. Da lì sino a quando Giambruno è entrato a pieno titolo, con le sue fattezze esteticamente conformi, nella narrazione della famiglia felice della prima donna premier. Meloni racconta di una storia decennale felice. Può darsi e non rileva. Ma questa storia Meloni l’ha presa e l’ha usata per la sua carriera politica, esattamente come altre sue storie private. Ed è plausibile pensare che i protagonisti di questa storia non avessero molta scelta. O meglio: costoro potrebbero pure essere stati d’accordo, ma è lecito dubitare dell’autenticità del loro accordo, ed è plausibile pensare a forme di subalternità. Meloni ha esercitato su Giambruno un potere che di solito viene esercitato dagli uomini sulle donne, che è tipico e centrale nel modello patriarcale. E Giambruno a quel potere è stato subalterno, soprattutto quando ha accettato la soggezione cercando di usarla a suo vantaggio, pavoneggiandosi e, poi, perdendo la testa. Giambruno è un maschio tossico. Ma Meloni ha usato Giambruno come figurina del suo presepe, con gesto tipicamente patriarcale. In questo suo ruolo, Giambruno è la vera donna, la valletta esornativa, l’appendice che completa la narrazione dell’uomo vero, che è il presidente del Consiglio, come d’altra parte Meloni voleva che la si chiamasse. No, mi spiace. Il maschio tossico è ancora qui, anche se s’incarna nella prima donna premier d’Italia. Giambruno è tossico, ma Meloni lo è al quadrato.
[1] Qui uso “Gender and Race: (What) Are They? (What) Do We Want Them to Be?”, in Resisting Reality, Oxford University Press, Oxford, pp. 221-47.
Mi è sfuggito dove e quando Meloni abbia usato Gianbruno “per costruire la sua narrazione” ma anche come e quando “questa storia Meloni l’ha presa e l’ha usata per la sua carriera politica, esattamente come altre sue storie private”. Dev’essere perché non la ho votata (né la voterò) quindi non seguivo le sue vicende amorose e familiari su giornali e siti di gossip.
Perciò la conclusione che “Meloni ha usato Giambruno come figurina del suo presepe, con gesto tipicamente patriarcale” mi infastidisce: l’inversione di ruoli tra la femmina e il maschio si limita a mettere davanti il solito immutabile teatrino.
Il FATTO è che Meloni è presidente del consiglio e lui un maschio leggero di testa e vanitoso. Perciò lei ha preso pubblicamente le distanze (ha fatto capire che la rottura del rapporto era precedente) e lo ha richiamato al suo dovere di padre.
Non c’è altro.
p.s. Gianbruno è composto da due nomi, Gian(ni) e Bruno, come Rosa Maria e tanti altri. Perché trasformarlo in Giambruno? Non è un nome comune ma un nome proprio.
Usando Giambruno, Meloni ha saputo giocare su più presepi, compreso quello femminista; e ha dato prova di essere non un maschio tossico, ma una donna furba che quindi miete il consenso dagli italiani, che per i furbi e le furbe hanno un’ammirazione sconfinata, oltre il masochismo. Vero: la tossicità non sarebbe solo maschile, ma la narrazione femminista, sostenuta dai maschi democratici dalla lunga, lunga coda di paglia, non prevede donne che non siano vittime del sistema e uomini che non siano carnefici (mediaticamente, Elly Schlein non è lesbica a caso). Meloni ha usato Giambruno e ha usato anche i democratici, che non se la toglieranno dai piedi per molto, molto tempo.
L’ AMLETICA “QUESTION” DI ELISABETTA I (REGINA D’INGHILTERRA E PAPA DELLA CHIESA ANGLICANA), LA LEZIONE SULLA “VISIBILITA” (“VISIBILITY”) DI ITALO CALVINO, E IL PROBLEMA DEL “MODELLO PATRIARCALE”. Una nota in memoria di “Sigismondo di Vendobona” (1856-1939) e di Italo Calvino (1923 -1985).:
+
“C’è un verso di Dante nel Purgatorio (XVII, 25) che dice: «poi piovve dentro a l’alta fantasia»”: una nota in memoria di “Sigismondo di Vendobona” (1856-1939) e di Italo Calvino (1923 -1985). *
+
A MARGINE E A PROPOSITO DELL’ “USO PERSUASIVO E PROPAGANDISTICO DELLA FAMIGLIA” (DEL “PRESEPE”) E DEGLI ANTROPOMORFISMI MESSI IN LUCE NELLA NOTA SUL “BENTORNATO MASCHIO”, FORSE, non sarebbe male se la sollecitazione a riflettere venisse accolta soprattutto dalle antropologhe, dalle filosofe, dalle psicoanaliste, e dalle teologhe:
+
“Alcune autrici hanno proposto una definizione sociale delle donne. Per loro, essere donna significa occupare una specifica posizione sociale, e essere trattate in certi modi, subire certe reazioni, e così via. […] Semplificando, in questo tipo di visioni, essere una donna o un uomo è un fatto di potere. Sei donna se subisci un certo tipo di potere, quello patriarcale, sei uomo se non lo subisci e lo eserciti. L’obiezione che viene subito in mente, e che è stata fatta più volte, è: ma allora la regina Elisabetta I non è una donna? […] la narrazione femminista, sostenuta dai maschi democratici dalla lunga, lunga coda di paglia, non prevede donne che non siano vittime del sistema e uomini che non siano carnefici […] Il maschio tossico è ancora qui, anche se s’incarna nella prima donna premier d’Italia.” (G. Pellegrino, “Bentornato maschio”, cit. sopra).
+
*
+
VISTO CHE il “modello patriarcale” come strumento di analisi fa acqua da tutte le parti, almeno dal tempo della “dialettica” di Hegel, e, ancor di più, dopo Freud e la sua indicazione a muoversi ad usare il “modello edipico completo”, è più che augurabile fare qualche passo avanti teorico e pensare a un modello “patriarcale-matriarcale” (padrone-serva e padrona-servo), alla luce delle “Lezioni americane” ( non solo la quarta, la “Visibilità” ) e del “Castello dei destini incrociati” ( in particolare, del capitolo della seconda parte, “La taverna dei destini incrociati”, col titolo “Anch’io cerco di dire la mia”).
+
Federico La Sala
P. S. – LETTERATURA E PSICOANALISI: “IL CASTELLO DEI #DESTINI INCROCIATI” (ITALO CALVINO).
L’INCONTRO CON “SIGISMONDO DI VINDOBONA” [VIENNA] NELLA “TAVERNA DEI DESTINI INCROCIATI”. Una “presentazione” del mito di Edipo con le carte dei Tarocchi… *
+
“ANCH’IO CERCO DI DIRE LA MIA. […] Tutto questo è come un sogno che la parola porta in sé e che passando attraverso chi scrive si libera e lo libera. Nella scrittura ciò che parla è il represso. E allora Il Papa dalla barba bianca potrebbe essere il gran pastore d’anime e interprete di sogni Sigismondo di Vindobona, e per averne conferma non c’è che verificare se da qualche parte del quadrato dei tarocchi si riesce a leggere la storia che, a quanto insegna la sua dottrina, si nasconde nell’ordito di tutte le storie. […]” ( (cfr. I. Calvino, “Anch’io cerco di dire la mia”, “Romanzi e racconti” II, Meridiani, Mondadori, 1992, pp. 592-595). ).
+
Federico La Sala
A me la cosa che fa più ridere è che un certo maschio sia definito “tossico”. Se è tossico, vuol dire che piace, e che tale piacere crea dipendenza, tossicità.
Insomma il problema è tutto femminile, e risolvibile solo attraverso un autoanlisi da parte delle donne medesime.
Certo la dipendenza in questione non è maschile e di conseguenza non risolvibile dai maschi
P. S. 2 – ARCHEOLOGIA FILOSOFICA, MATEMATICA, E FILOLOGIA…
+
“Bentornato maschio”( v. sopra) non è solo una chiamata in causa di intellettuali di ogni genere e di ogni specie, ma anche, e prima di tutto, è un segnavia “storico” per ogni cittadino e ogni cittadina per dare alla amletica “question” teologico-politica posta da Shakespeare, in stretto collegamento alla presenza sul trono d’Inghilterra di Elisabetta I, regina e papessa della Chiesa anglicana, una propria risposta all’altezza dell’attuale “presente storico” – è una chiamata ad uscire dall’epocale “stato di minorità”, personale e politico (Immanuel Kant, 1784 – Michel Foucault, 1984) !
+
“DUE SOLI” (DANTE ALIGHIERI). Re-interrogarsi alla Kantorowicz sulla “regalità antropocentrica: Dante” ( ), sui “due corpi del re” e, ovviamente, anche sui “due corpi della regina”, forse, può essere una buona occasione per svegliarsi dal sonno dogmatico e portarsi fuori dalla cosmoteandria, atea e devota! Se non ora, quando?!
+
QUESTIONE MATEMATICA E ANTROPOLOGICA. Per approfondimenti, volendo accogliere alcune indicazioni sul tema, si potrebbe ricominciare a contare da almeno da due o, meglio da “Quattro”, dal poema di Italo Testa (cfr. “Le parole e le cose” del 3 Settembre 2021: https://www.leparoleelecose.it/?p=41951#comment-443082 ).
+
Federico La Sala
Filou, i maschi non tossici non vengono quasi mai riconosciuti come maschi.
Cris: “sono una donna, sono una madre, sono cristiana” e poi tutta il pippone sulla famiglia tradizionale attaccata dalle lobby lgbt e dal femminismo.
Gian Bruno: Insomma lo fanno tutti quindi sono ipocriti quindi ti piace la Meloni e però pensi che lei sarà tra i piedi ancora a lungo,
Filou:
Capisco, le donne sono causa della loro stessa oppressione, il maschio tossico lo vogliono loro. Il solito discorso. In pratica si sostiene da una parte che lo vogliono ora che sono libere di scegliere e quando non erano libere avevano un incentivo a scegliere il bravo lavoratore e al tempo stesso che il patriarcato l’abbiano generato loro e che quindi avessero scelta da sempre. mah.
Non le donne, una parte, ovviamente il femminismo dovrebbe focalizzarsi anche e un po’ di più su quelle che portano avanti le norme di genere e le incentivano. Per quanto il fenomeno delle donne maschiliste lo riconosca. ma non è vero che se non è tossico l’uomo non è maschio.
Anto: Si può inchiodare un politico (sia mai poi, una che fa politica!) ad alcune dichiarazioni piuttosto che ad altre?
Ciao: perdona non ho capito bene a cosa ti riferisci bene a cosa ti riferisca o a chi. Nel caso vale anche per Salvini o altri, maschi o femmine, che dicono di essere per la famiglia tradizionale e ne hanno più di una. Vale non solo per la famiglia, anche dichiarare guerra ai politici per le accise e poi rimetterle dopo che addirittura Draghi le aveva ridotte “per cause di forza maggiore”, ok proprio come tutti.
In che senso piuttosto che ad altre