di Sergio Benvenuto

 

1.

 

Parlando con qualcuno che verrebbe chiamato “persona comune” – ovvero con livelli non elevati di intelligenza e verve, di titolo di studio e di reddito – questo qualcuno lascia cadere nella conversazione qualcosa che sembra del peso di una nocciolina: “perché secondo lei i cinesi non fanno mai funerali?”

Cosa lo autorizzava a dirlo? Ormai da tempo non si vedono più funerali nemmeno di italiani doc, oggi si officiano i morti in chiesa. È lontana l’epoca quando a Napoli – la città dove ho trascorso la gioventù – il traffico veniva spesso paralizzato da un nero e lentissimo corteo funebre, indifferente al furioso impazzare dei clacson. E poi né io né la persona comune viviamo nel quartiere etnico di Roma dove si addensano i cinesi. Chi gli dice che i cinesi non fanno funerali?

Forse certe cerimonie non sono state riconosciute come funerali perché il colore cinese del lutto non è il nero, ma il bianco?

 

Dopo un po’, ricade la stessa nocciolina da parte di un’altra persona comune, ma allora il rumore che fanno due e poi più noccioline assume la sagoma di un frastuono: “Secondo lei, perché i cinesi non fanno mai funerali?” Perché questa strana diceria? Vuole essa insinuare qualcosa? E che cosa? Avendo studiato per anni le dicerie, i rumors (Dicerie e pettegolezzi, Il Mulino) so che queste schegge di notizie false possono essere ciò che affiora di gorghi e terremoti sotterranei.

Finalmente una mia amica contadina dice: “Ma lo sapete che i cinesi mettono i loro morti nel cibo? Anche in quello che mangiamo noi… Per questa ragione non si vedono mai funerali cinesi”. Finalmente, dietro l’aneddoto singolare spunta ciò che ogni fake news, o falsa diceria che dir si voglia, esprime e diffonde, quasi sempre: paura e odio. Qui, paura e odio per i cinesi. Insomma, una forma ancora larvata, a sé stessa ignota, di cinofobia.

 

In Italia la Cina e in genere l’Estremo Oriente sono investiti da sentimenti polari e contraddittori. Da una parte persiste una vecchia idealizzazione orientalista – direbbe Edward Said – dell’Asia estrema, nota di solito attraverso film americani. Un’ammirazione che si estende, da parte dei maschi d’Occidente, alla femminilità orientale, a un erotismo sublime di cui la Tailandia sarebbe il santuario.  Dall’altra invece ho sentito sempre, sin dalla mia gioventù, zaffate di cinofobia (non di nipponofobia). Alla scuola media, quando studiammo la Cina come capitolo del programma di geografia, la nostra insegnante, persona comune laureata in Lettere, disse che la Cina aveva immensi allevamenti di porci, e “i cinesi stessi sono porci”. Eravamo agli albori degli anni 1960, la Cina era ancora quella poverissima di Mao. In cosa consisteva la maialità dei cinesi? Evidentemente nel fatto che fossero tanti (allora 600 milioni) e che, quindi, sfornassero figli a più non posso come effetto collaterale di una sessualità sfrenata. Poi per decenni il Partito Comunista ha imposto ai cinesi la norma del figlio unico, non si può più dire che i cinesi siano particolarmente prolifici.

Ma perché, tra le tante infamie che si possono fantasticare sui cinesi, oggi prospera proprio questa del cannibalismo funerario? Insomma, perché serpeggia la credenza che la Cina ci fa mangiare i propri morti?

 

È difficile rispondere per ora. Suppongo che questa diceria esprima la nostra angoscia per l’esplosione demografica, l’idea diffusa che siamo troppi esseri umani e sempre di più su questo pianeta. Questa esplosione è imputata soprattutto alla Cina, dato che – è noto – un essere umano su cinque è cinese. Quando il cibo a causa di tanta gente finirà, non ci resterà altro che mangiare i nostri morti. E i cinesi cominciano a darci il buon esempio.

In un articolo (“Costruire il nemico”) Umberto Eco racconta della sua conversazione con un taxista pachistano, il quale a un certo punto gli chiese “Ma chi sono i nemici di voi italiani?” Domanda niente affatto peregrina, dato che molti popoli del mondo sono convinti di avere un nemico mortale, una sorta di nazione negativa la cui esistenza marca l’essenza della propria nazione positiva, un avverso atavico e irriducibile. Per secoli questo nemico ubiquo e fin troppo vicino a noi per gli europei erano gli ebrei. Eco rispose in modo prelatizio che noi italiani viviamo in pace con tutti i nostri vicini, che non abbiamo nemici ancestrali… Ma poi ci ripensò, e riconobbe che in realtà gran parte della vita politica e sociale, anche in Italia, consiste nel costruire nemici. Abbiamo bisogno di nemici come del fiele senza il quale non è possibile nemmeno gustare il nostro pane. Come ha ben visto Peter Sloterdijk (Ira e tempo), le nostre società sono allo stesso tempo fabbriche e immense banche di paura e di odio. Perché si odia sempre chi ci fa paura, e viceversa.

 

Certo in un paese complesso e multiforme come l’Italia amori e odi sono socialmente stratificati. Ogni ceto sociale, ogni indirizzo politico, ogni etnia regionale, ogni corporazione ha i suoi odiati preferiti. Per esempio, c’è una lunga e variegata tradizione anti-americana che unisce molti sia di sinistra che di destra, sia Ezra Pound che Noam Chomsky (entrambi americani), sia Julius Evola che Umberto Galimberti. Ragion per cui chiunque si opponga all’America, anche se per le peggiori ragioni, diventa subito per costoro simpatico, un alleato. Questo spiega il grande favore di cui godono figure così diverse come Putin, Nicolás Maduro, Hamas, Ali Khamenei…

 

2.

 

Le inchieste su come gli italiani percepiscono gli stranieri non immigrati sono scarse e parziali. In Italia si è molto più interessati a come gli stranieri vedono gli italiani anziché l’inverso. Forse perché si rivelerebbero varie italiche xenofobie. Così, per capire gli umori xenofobi e xenofili dei miei concittadini, devo arrangiarmi da solo, chiacchierando alla buona con gente casuale al bar o alla posta, oppure – fonte preziosa – con camerieri e cameriere dei ristoranti romani, che hanno a che fare con tanti avventori stranieri. La mia impressione – che una qualsiasi inchiesta rigorosa potrebbe smentire – è che gli italiani sono per lo più germanofili e francofobici.

 

Per tedeschi intendo i popoli di lingua germanica in generale, anche scandinavi e olandesi. I germanici sono simpatici perché sono i non-italiani – dicono – che maggiormente conoscono e apprezzano la cultura italiana. In particolare quella culinaria: gustano i nostri piatti proprio come gli italiani. Contrariamente a vecchi cliché, secondo cui tedeschi e italiani sono opposti, i tedeschi e i germanici in generale vengono percepiti come estranei pienamente convertiti all’italianità.  In effetti, da decenni l’Italia è il giardino estivo dei germanici, la loro propaggine mediterranea[1]. Si sentono a casa loro, e noi li percepiamo come parenti che hanno più soldi di noi, magari un po’ troppo seriosi, ma tutto sommato fratelli di adozione.

 

I francesi invece sono oggetto di una tremenda ambivalenza. C’è tutta una cultura sofisticata, di sinistra, radical-chic, post-strutturalista, che è molto francofila, anche se gli intellettuali più giovani mi sembrano sfilarsi da questa tradizione. Fino alla generazione di quelli nati negli anni 1960, il francese era la lingua straniera più nota tra gli intellettuali (tra i filosofi anche il tedesco), ma non è più così. Quanto alle persone comuni che abbiamo già definito più sopra, il loro astio per i francesi e la Francia è debordante e misterioso.

 

Lo si vede dal tifo sportivo – sono convinto che i veri sentimenti profondi di una persona nei confronti di un paese si rivelano soprattutto attraverso le preferenze sportive, il tifo è uno straordinario rivelatore psichico. Quando negli ultimi campionati del mondo di calcio, del 2022, la finale fu giocata da Francia versus Argentina, gli italiani tifavano Argentina in percentuali bulgare. Io ero tra le poche eccezioni. E quando mi si chiedeva perché tifassi Francia, rispondevo: “Perché sono europeo. Parteggio sempre per le squadre europee”. Questa mia risposta suscitava occhiate perplesse, come se fossi un marziano. “Un tifo europeo?” Nessuno pensava che potesse esistere una cosa del genere. Il che la dice lunga sull’assoluta mancanza di spirito europeista tra gli italiani.

 

Per i ristoratori i francesi sono i peggiori clienti. Perché? “Perché se la tirano” è la risposta. Un tempo – ma ora molto meno – erano irritati se nel menù non c’era anche la versione francese. Hanno sempre un po’ la puzza sotto al naso, e pensano di essere migliori gourmets degli italiani.  L’arroganza dei francesi è un cliché in tutto il mondo, ma mi chiedo se le tante amiche e amici francesi che ho avuto e ho siano davvero arroganti. Alcuni intellettuali parigini sicuramente sì, ma la crème degli intellectuels è abbastanza ristretta. Si danne le arie anche i francesi di provincia, le massaie o gli impiegati francesi che vengono a fare turismo in Italia? Non mi pare. Ma anche dietro questa francofobia sospetto qualche ragione mitica di fondo, che affonda nelle narrazioni infantili più arcaiche.

 

Credo che nell’antipatia per i francesi giochi un processo inverso rispetto alla simpatia per i germanici: mentre questi secondi sono persone in apparenza abissalmente diverse da noi che poi si rivelano molto affini a noi, i primi invece sono persone che dovrebbero essere molto affini a noi, “i nostri cugini”, ma che si rivelano molto diversi da noi. I tedeschi sono fratelli adottivi, mentre i francesi sono fratelli che ci hanno tradito, che stanno meglio di noi pur venendo dai nostri stessi stracci. Sono fratelli o cugini che nella vita se la cavano meglio di noi, insomma i perfetti odiosi fratelli.

 

I francesi eccellono proprio nelle stesse cose in cui eccelliamo noi: nel cibo, nella moda, nell’arte, nei vini e formaggi, nel Latin love, nel calcio… Proprio perché così simili, non possiamo sopportarli. Ma non ho mai sentito affiorare un sentimento anti-italiano da parte di qualche francese. L’antipatia non è ricambiata, del resto i francesi non sanno di essere antipatici agli italiani, e quando lo dico a qualcuno di loro, non ci credono. Tutti i francesi conoscono la battuta di Cocteau, “i francesi sono degli italiani di cattivo umore”. L’invidia per il nostro mitico buon umore non sfocia però mai nel rancore. Gli italiani sono dei francesi che i francesi veri mettono di pessimo umore.

 

Tornando alla cinofobia, la gente comune è convinta che nel futuro i cinesi domineranno il mondo, una ottima ragione quindi per odiarli in anticipo. Un dominio soprattutto demografico, si pensa: i cinesi ci toglieranno il cibo dalla bocca. Per poter così smettere di mangiarsi i morti.

 Questi pregiudizi comunque non sono effetto della nostra ignoranza degli altri popoli, tutt’altro. Come diceva Flaiano, “se i popoli si conoscessero meglio, si odierebbero di più”.

 

[1] I tedeschi, con circa 59 milioni di presenze turistiche nel 2019, rappresentano il 27% del turismo totale in Italia.

1 thought on “Perché i cinesi non fanno mai i funerali? La xenofobia italiana

  1. Dunque concludi però con la frase a effetto di Flaiano, sia pure arguta magari da prendere più come riflessione che seriamente, o solamente cinica come a volte possono essere le frasi a effetto. Il moto di spirito dove quando ci si aspetta una conclusione alta ti riporta in basso. Anche perchè hai argomentato il contrario per gran parte dell’articolo, visto che prolifera con le fake news. Ma allora l’odio se non basato sull’ignoranza è giustificato? Non dici questo, è chiaro, ma è perchè vorrei che mi rimanga qualcosa da un articolo, magari di positivo, sia pure parlando di fenomeni negativi, e secondo me spunti di riflessione ce ne sono, ma la frase finale, citata perchè di un grande scrittore, la fa leggermente rovinare a mio modesto parere, la mia è una critica costruttiva.
    Su
    ” Putin, Nicolás Maduro, Hamas, Ali Khamenei…” si tratta di soggetti molto diversi, capisco perchè li metta insieme in “contro gli Usa per le peggiori ragioni”, condivido che l’ammirazione acritica per tutte queste figure è da evitare, sono tutte da criticare, ma in modo diverso. Sono visti come resistenza all’imperialismo e alle politiche di regime change, anche se non sono modelli politici. Maduro in particolare non è nemmeno una potenza che vuole la distruzione degli stati uniti e va detto che vale anche il contrario, gli stati diventano canaglia se sono non tanto nemici ma financo non allineati agli USA e solo in tal caso difetti su cui si soprassiede come per l’Arabia Saudita in quanto alleata, diventano motivo di condanna, talvolta veri e talvolta presunti comportamente autoritari e antidemocratici. Possiamo condannare Putin perchè anti Lgbt, contro la libertà di espressione, l’invasione similmente Khamenei per come il regime teocratico opprime le donne. A molti dà solo fastidio gli standard alterni per essere considerati un problema da condannare se non allineati agli occidentali, visto che gli Usa non hanno avuto problemi a far salire al potere fascisti in Cile, ad usare anche I mujaheddin purchè li liberassero dai russi. Non so se con Azov sia il risultato di una simile volontà politica in Ucraina, cosa che ripeto non giustifica l’azione di Putin minimamente. Quelli che sbagliano però sono quelli che non supportano la ribellione delle donne iraniane vedendole come funzionali all’imperialismo Usa, qui condivido. Però l’estremismo è stato il risultato di come Trump ha rialzato la tensione con l’Iran nel 2018, e purtroppo i centristi di Rohani non sono stati rieletti nel 2020, in favore di un estremista continuazione dell’era Ahmadinejad, molto più funzionale alla contrapposizione e narrazione da scontro di civiltà da una parte e dall’altra. Stesso motivo per cui Netanyahu ha preferito per anni Hamas pur di non trattare con Fatah e Abu Mazen.

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