di Alessandro Catà

 

[E’ uscito da poco per Moretti & Vitali Alla fine del giorno, il nuovo libro di poesia di Alessandro Catà. Ne pubblichiamo alcuni testi, tratti dalle quattro sezioni in cui si compone il volume].

 

Alla finestra

 

 

L’albero oscilla senza vento

e bianca e nera con un frutto

nel becco

la gazza è volata via.

 

Sei alla finestra, stamattina.

Sei dentro la visione piena, adesso.

Una striscia di luce

bionda e stretta.

 

Un raggio di sole

che ha consumato milioni

di chilometri

per attraversare un vetro.

 

*

 

Giorni segreti

 

 

Un tempo, quando era sempre mattino

e immenso, crudele e magnifico

l’amore sbocciava nella primavera

della vita ‒ improvviso rossore

dipinto sul viso da un altro viso.

 

L’aria. Come stasera l’aria odora

d’adolescenza e non è vero ‒

era soltanto una malia di voci

il cerchio in cui sei perduto.

Tu che hai ascoltato il canto delle

finestre di lei

 

dei suoi giorni segreti.

 

*

 

La prova

 

 

Dirò ciò che so, lo giuro.

Non era semichiusa, la porta

era semiaperta,

e dava su un’aula deserta

dove vibravano due

diapason identici

che modellavano intorno

un paesaggio sonoro.

 

Vi si notavano qua e là grumi

di silenzio piccole isole

di stupore.

 

I nodi d’aria immobile

non erano dunque

conseguenza del tacere ‒

erano silenzio disegnato

con due suoni puri.

 

*

 

Newton

 

 

Luce. Maree. Rapporto ultimo

delle quantità evanescenti.

 

«Qual è la stanza più bella

del Palazzo?» chiesero.

 

«La stanza più bella è quella

dove si trova Newton».

 

*

 

È stato quando

 

 

Come un latino copiato in chiesa

da un libro fissato a una

catenella.

 

Come in un compito a casa dove

a metà di un riassunto

il punto che più mi ha colpito

è stato quando.

 

*

 

Zona fredda

 

 

Bianco su bianco. Come se fosse

il vuoto, il colore di una lingua

estinta, la neve di quest’anno

sopra la neve dell’anno passato,

per sempre, lassù, nel grande cerchio,

alla foce della Lena.

 

Devi esserci stato. Devi aver visto

l’acciaio delle navi spezzate dal

morso del ghiaccio, la forma

della purezza estrema. Occhi senza

lusso, fermi, che ti fissavano

dal cuore di una tempesta magnetica.

 

Occhi di una fanciulla siberiana.

 

*

 

Deriva

 

 

Indaghi, chiedi conto alla bussola

e alla sua malattia. Almanacchi

sulla rotta sbagliata, sulla deriva

lungo le coste di quella terra

incognita.

Rimuovi l’ago e il quadrante;

smonti… cerchi, pezzo per pezzo,

la pazzia.

Ma nella bussola non trovi

niente, solo nodi stretti. Soltanto

lampi della tua frenesia.

 

*

 

Alla fine del giorno

 

 

È tardi. Ormai ridotta a un punto

la forma di ciò che si allontana.

Parlami, dimmi cos’è quello

sguardo, perduto sul fondo,

rigato dalla pioggia,

mentre le luci si accendono

alla fine del giorno.

 

*

 

Ti vedo

 

 

Ti vedo. È un giorno imprecisato

e tu sei sceso alla stazione di ferro

della città incomprensibile ‒

sei sulla scala mobile che

ti conduce nella corrente

del molteplice.

 

Guarda bene. Pensa a un volto

in mezzo alla folla. Come a ogni cosa

mentre si sporge tu per vederla

devi darle un nome.

 

*

 

Nell’indistinto

 

 

Niente per giorni, per miglia,

come dentro a una cenere,

nell’indistinto.

 

Pensa come a un giallo nel buio.

A un’immagine del limbo ‒ cos’era?

 

Pensa a un colore che riemerge

o scompare

nella tenebrescenza

di una pietra ornamentale.

 

*

 

Il dolore

 

Matilde

 

 

 

La penna preme sul foglio

ed esce sangue nero

del colore

del giorno della tua morte.

 

Ho cercato scampo tra

questi monti, aguzzi come il mio

dolore.

 

La neve mi appare nell’unica

luce che conosco; la luce che i tuoi

occhi, amore, non vedranno più.

 

 

Carisolo, inizi di aprile 2022

 

 

[Immagine: Abelardo Morell, Tent-Camera Image on Ground: View of Monet’s Gardens with Gardener, Giverny, France2015].

 

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