di Stefano Dal Bianco
[E’ uscito da qualche giorno per Garzanti Paradiso, il nuovo libro di poesia di Stefano Dal Bianco. Ne anticipiamo quattro testi].
Sempre la sofferenza si trasforma
in qualcosa di sacro
sempre che siamo in grado di domarla
o assottigliarla come fa la terra
quando si chiama fuori
solo distribuendo i suoi tormenti
a ogni filo d’erba
perché restituisca inavvertitamente
la sua penosa pena al vento
che la libra sul prato e la trascende
come ogni cosa quando si affida al vento.
*
Trasfórmati in parole luna piena rossa di gennaio
e includi nel racconto il rombo della superstrada
così che tutto sia completo
ma non risponda dei significati
così che quando uno arriva
a congiungere i punti delle luci nella valle
la figura sia libera
di assomigliare a chi la traccia
e il silenzio di dentro sia tale
da sovrastare ogni mania del mondo.
*
Il cielo è completamente vuoto questa notte
perché la luna di febbraio è abbagliante
e cancella le stelle
mentre qui sulla terra
gli alberi e le siepi e l’asfalto della strada
si stagliano potenti
e ci chiedono di stare
a occupare lo spazio che incombe
come se fosse un’orbita possibile
questo girare e camminare senza firmamento.
*
Un certo raggio della luna bianca di stanotte
ha attraversato il cielo e ha raggiunto me
il cane Tito e poi l’asfalto.
Io in ritardo me ne sono accorto, il cane Tito
credo era distratto
e l’asfalto ha luccicato per un attimo
sostituendosi con garbo alla
inadempienza di Tito
e alla mia.
Penso inevitabilmente a Lepardi.
Qui la luna illumina l’asfalto non solo la natura. Si rappresenta un’esistenza che si muove in un’orizzonte immanente ma che respira cercando un senso.