di Valeria Flamini
[La prima puntata di questa guida a Succession si può leggere qui].
1.
«Io sono dello Scorpione. Chi di voi è dello Scorpione può alzare la mano, per favore? Uuuh, guarda quanti! Dostoevskij era uno di noi, eh!». Sono parole di Kurt Vonnegut, che in un discorso del 1994 sembra ironizzare su chi dà valore a corrispondenze casuali. Ma Vonnegut, come abbiamo visto nella prima parte di questa “guida” a Succession, aveva già scritto in Mattatoio n.5 che tutto quello che c’è da sapere sulla vita si può trovare nei Fratelli Karamazov. Nell’articolo precedente ho analizzato alcune delle analogie strutturali tra Succession e l’opera di Dostoevskij soffermandomi sul suo ultimo romanzo, scritto a partire dal 1878 e pubblicato a puntate sulla rivista Russkij vestnik (‘Messaggero russo’) dal gennaio 1879 al novembre 1880. Dostoevskij e Vonnegut non sono infatti legati solo dalla data di nascita (11 novembre), ma soprattutto da una città che ha cambiato le loro vite: Dresda. Se la letteratura può essere tradotta in immagini, è certamente vero anche il contrario. Nei suoi viaggi in Europa Dostoevskij viene fortemente colpito da opere d’arte che ricorrono nei romanzi e che mostra ai suoi personaggi, i quali a seconda del proprio carattere ne vengono irrimediabilmente impressionati. La più importante tra queste opere, la Madonna Sistina di Raffaello, che Dostoevskij considerava il più grande capolavoro creato dal genio umano, è custodita nella pinacoteca di Dresda, dove tra il 1862 e il 1871 lo scrittore soggiornò a lungo.
Ma perché parlare di arte e di Dostoevskij in una “guida” a Succession? Prima di tutto, perché sono molte le opere presenti nella serie, in scena o anche solo menzionate, e nel materiale promozionale: per esempio un Gauguin senza nome nella cassaforte di Logan a Ginevra e La caccia alla tigre di Rubens (1615-16) che si staglia alle spalle di Logan e dei suoi figli nel poster della prima stagione dello show. Nel corso delle quattro stagioni l’inclusione di opere d’arte ha avuto varie funzioni, dal ruolo di ritratto di personaggi specifici a quello di prefigurazione di colpi di scena. Spesso le opere che si vedono nelle case e negli uffici dei personaggi sono di artisti meno noti. «Ci piace lasciare che la gente si interroghi sulle opere d’arte nell’appartamento di Logan Roy», dice Stephen Carter, scenografo di Succession. «Abbiamo mantenuto [l’arte] meno riconoscibile per non attirare l’attenzione in modo ripetitivo nel corso delle numerose scene e stagioni». E aggiunge: «Senza dubbio ci sono alcuni Picasso minori, uno o due Matisse, ecc. E un po’ di pezzi scelti dal rivenditore di Marcia [la moglie di Logan]». A volte, il team di progettazione ha optato per tipi di opere attualmente di tendenza tra i “decoratori commerciali”, dice Carter. Altre volte, invece, «hanno abbracciato una serie di pezzi, come ad esempio i Warhol, che sono allo stesso tempo riconoscibili e possono invitare all’interpretazione». Ed è sempre Carter a notare come gli autori si siano divertiti a collegare l’allusione alle opere di Gauguin nel caveau di Logan alle polemiche sui rapporti di sfruttamento con le adolescenti polinesiane da lui ritratte, creando così un paragone con Logan e il suo branco di lupi a capo della divisione crociere.
2.
Se questi collegamenti sono rivelati da chi ha lavorato alla serie, anche altri saranno consentiti. Io ne ho scelto uno con un’altra delle opere che Dostoevskij ammira a Dresda, il Paesaggio marino con Aci e Galatea di Claude Lorrain (1657), dipinto che compare nei sogni di due importanti personaggi dei romanzi che precedono I Fratelli Karamazov, oltre che nel Sogno di un uomo ridicolo: Stavrogin ne I Demoni e Versilov ne L’adolescente. A causa di uno scrupolo di coscienza di Michail Katkov, il direttore del «Messaggero Russo», il capitolo dei Demoni in cui Stavrogin racconta il suo sogno (dal titolo Da Tichon, noto anche come La confessione di Stavrògin) venne censurato. Eppure, quelle pagine sono tra le più importanti del romanzo. In questo capitolo, forse il più oscuro, Stavrogin fa leggere all’ex vescovo Tichon una lettera in cui racconta di come ha abusato di una bambina e di come in seguito abbia assistito e non mosso un dito, senza nessun pentimento, mentre lei si toglieva la vita. Qui arriva la descrizione del sogno: «Nella Pinacoteca di Dresda c’è un quadro di Claude Lorrain che, secondo il catalogo, mi pare si chiami Aci e Galatea, ma io l’ho sempre chiamato, non so perché, L’età dell’oro. […] Questo quadro mi apparve in sogno, non come quadro, ma come qualcosa di vivo. Era un angolo dell’arcipelago greco; tenere onde azzurrine, isole e rocce, rive fiorite, un incantato panorama in lontananza, un sole invitante al tramonto; con le parole non si può rendere […]: non so cosa precisamente sognassi, ma gli scogli, il mare e i raggi obliqui del sole morente mi pareva ancora di vederli quando mi svegliai e aprii gli occhi, per la prima volta in vita mia letteralmente bagnati dalle lacrime». Nonostante l’efferatezza di quei crimini, Tichon, per evitare lo scandalo, convince Stavrogin a non divulgare il documento. E il capitolo fu pubblicato integralmente per la prima volta solo nel 1922, ma in appendice al romanzo.
Ma perché collegare a Succession la confessione e la censura di una violenza sessuale e il sogno di una età dell’oro? Innanzitutto, perché è molto forte l’impressione che una scena importante del finale della seconda stagione, intitolato This Is Not for Tears (2×10: ‘Non è il caso di piangere’), sia stata modellata proprio sull’Aci e Galatea.
Ma non c’è solo un legame iconografico. In questo episodio, la famiglia Roy, con il fidato team della Waystar Royco, si riunisce a bordo dell’enorme yacht di famiglia nell’arcipelago greco. Nell’episodio precedente, un grave scandalo di molestie sessuali e corruzione minacciava di far deragliare la società alla vigilia di una cruciale assemblea degli azionisti. I dirigenti chiave, tra cui Logan, Kendall e Shiv, nonché il suo sfortunato marito Tom ora a capo dell’incriminata divisione crociere, sono chiamati a Washington per testimoniare al Congresso sulle malefatte dell’azienda. La famiglia Roy scopre in tempo che i politici hanno trovato una testimone (Kira) disposta a parlare delle sue esperienze di lavoro alla Waystar Royco; e così Logan affida a Shiv il compito di convincerla a non testimoniare. Shiv è l’unica figlia di Logan e anche l’unica Roy che si è affermata professionalmente al di fuori dell’azienda come consulente politico. Nella seconda stagione, tuttavia, ha assunto un ruolo più attivo nella compagnia dopo che il padre le ha fatto credere di poter meritare la successione. A differenza dei suoi ingombranti fratelli, la sua ambizione è radicata nell’indipendenza e nella spiccata intelligenza piuttosto che in un orgoglio mal riposto. Si vuole amare Shiv perché, tra tutti, è la migliore. In teoria. E poi accade questo: una donna convince un’altra donna a tacere. «La cosa buona è che hai molte persone dalla tua parte. Gente che scandirà il tuo nome e ti sosterrà», dice Shiv a Kira. «Ma le altre persone? Chi non ti starà a fianco? Alcune persone normali… dubiteranno di te. Diranno cose terribili. Ti chiameranno sgualdrina, puttana e arraffatrice di soldi. La tua vita verrà fatta a pezzi. La tua casa… vorrai trasferirti».
Spietatamente razionale, Shiv convince Kira a tacere non per salvarla dal destino che prevede per lei, ma perché non vuole che trovi voce una verità che affonderà l’azienda e le proprie ambizioni. Tuttavia, scampato il pericolo, la famiglia ha ancora bisogno di un capro espiatorio. E così ci ritroviamo insieme a loro su quello yatch in mezzo al Mediterraneo. Tom appare ora la scelta più logica, visto il coinvolgimento nella divisione crociere. È qui che il sogno di Tom si infrange, come quello dell’età dell’oro di Stavrogin, su una spiaggia greca. Ma che senso ha questo collegamento? L’opera di Lorrain rappresenta per Dostoevskij il sogno di un tempo ideale che si scontra con la realtà, un luogo paradisiaco che l’uomo (come l’autore scrive chiaramente nel Sogno di un uomo ridicolo) non può non corrompere. Ebbene, anche per Tom, come per i personaggi di Dostoevskij che sognano l’Aci e Galatea, su quell’isola greca si spezza l’illusione di poter accedere al mondo dei Logan senza sporcarsi, senza corrompersi e senza corrompere. Qui Tom comprende di essere anche lui, come tutti gli altri, solo e corrotto, vittima e carnefice. Il suo destino sembra segnato come quello di Stavrogin al quale Tichon predice il suicidio. Ma Shiv convince il padre a scegliere suo fratello Kendall come vittima sacrificale. E Kendall sembra accettare remissivo la volontà del padre, salvo poi accusarlo pubblicamente di aver sempre saputo degli illeciti, mostrando dei documenti scampati al rogo delle prove che Tom aveva affidato al doppiogiochista nipote di Logan, Greg. I manoscritti non bruciano, direbbe qualcuno.
Ma Dostoevskij si può trovare nelle immagini di Succession anche senza raffronti con le arti figurative. Bastano un fermo immagine e una ricerca sul web per accorgersi che il personaggio interpretato da Adrien Brody, ebreo e maggior azionista della società, legge Delitto e castigo (nell’edizione Penguin Vintage Classics) prima di un incontro decisivo con Logan e Kendall. E qui è divertente notare il modo in cui Jesse Armstrong gioca con la figura di Rupert Murdoch, il modello reale di Logan, trasformando un fervente sionista in un antisemita come Dostoevskij.
3.
Vonnegut non ironizza nella frase citata in apertura, perché appena prima scrive: «Al momento della nascita, diamo a ciascuno un totem. Chi mi dice che anche le persone molto istruite non abbiano bisogno di simboli insensati e arbitrati che li colleghino ad altri individui, nonché alla Terra e all’Universo? Io sono dello Scorpione…». Conclude il discorso invitandoci a «trovare un modo di formare, sia noi che gli altri, delle famiglie allargate». E spiega che «un marito, una moglie e qualche figlio non fanno una famiglia», come Tom impara sulla spiaggia greca.
Benché sia convinta che tra Succession e Dostoevskij ci siano dei legami forti almeno quanto quelli con Shakespeare, confesso che anch’io, come voi, ho pensato che alcune di queste corrispondenze esistano solo nella mia mente. Vedo ciò che amo, mi fabbrico delle prove. Ma forse poiché anch’io sono uno Scorpione e poiché amo Dostoevskij ho imparato una cosa: bisogna credere nelle coincidenze. Per questo credo che lo scorpione («A scary rough-tail scorpion in amber or resin», secondo la sceneggiatura) che Tom regala a Shiv alla vigilia delle elezioni, che in America si tengono sempre a novembre, il mese dello Scorpione, sia un simbolo – forse insensato e arbitrario – che mi connette a chiunque voglia far parte della mia famiglia.
E credo inoltre che anche l’opera più cara a Dostoevskij sia presente in Succession: un’immagine sacra che in un mondo senza Dio si nasconde, distorta, in una scena terrificante. Siamo in Toscana, dove la famiglia è riunita per un matrimonio. Logan e Kendall sono in rotta dopo le pubbliche accuse del figlio e si preparano per cenare e discutere. Logan sembra però sospettare che Kendall voglia avvelenarlo e chiama il nipote Iverson, il figlio di Kendall, per fargli assaggiare il cibo che gli è stato appena servito.
La Madonna scompare, restano il bambino da sacrificare e il rosso e il blu delle vesti della Vergine indossati da Logan e dal nipote. Ma è così importante che ci sia realmente una connessione? Per me è più importante credere che queste opere mi abbiano inseguito fino a farmi immaginare le loro trasfigurazioni nel mio tempo, come è successo ad altri prima di me. A Mosca, nel 1955, Vasilij Grossman ammira la Madonna Sistina, che era stata requisita dall’Armata Rossa dopo la Seconda Guerra mondiale e stava per essere restituita alla Germania. Ispirato dal capolavoro di Raffaello, come Dostoevskij a Dresda, scrive La Madonna a Treblinka, un breve saggio che a causa della censura sovietica verrà pubblicato solo nel 1989, più di vent’anni dopo la sua morte. Per Grossman la Madonna di Raffaello, sacra e immortale, si trasforma in ogni donna che tenendo in braccio un figlio ha udito l’ululato della folla che inneggia ad Adolf Hitler e che con il figlio muore nelle camere a gas di Treblinka. Tuttavia, per Grossman, «la forza della loro umanità trionfava» sul furore del nazismo. Questa forza è ciò che per lui rende immortale l’opera d’arte: «Contemplando la Madonna Sistina manteniamo la nostra fede nel fatto che vita e libertà siano inscindibili e non vi sia nulla di più alto dell’umanità dell’uomo. Questa umanità sopravviverà in eterno, e vincerà». È necessario credere.