di Pier Paolo Di Mino

 

[Il romanzo di Pier Paolo Di Mino Lo splendore racconta la vita di Hans Doré, che nasce nel 1911 in un sobborgo di Berlino ed è destinato, forse, a diventare un «vero re» – uno tzadik, secondo la tradizione ebraica, ovvero un essere capace di mettere gli umani in contatto con la presenza divina nel mondo. Il primo volume, in uscita il 5 aprile 2024 per Laurana, si intitola L’infanzia di Hans, e incastona nei primi cinque anni di vita di Hans la sua genealogia, ovvero la storia di tutti i personaggi che, ciascuno a suo modo, hanno contribuito sia alla nascita di Hans sia alla nascita di colui che sarà il suo maestro, Joseph Idel. Joseph è figlio della piissima Clea Schurman e di Gustav Idel: un uomo perfettamente cattivo, un diavolo, un assassino, che tuttavia, a un certo punto della sua vita sceglie, per amore, non il partito della macchina della necessità e della distruzione ma quello dello splendore. In questo estratto vediamo Gustav Idel, ancora poco più che bambino – lui nasce nel 1853 –, nel momento in cui comincia a visitarlo Sara, la moglie di Abramo, che lo dominerà per tutto il tempo dell’adolescenza e della prima gioventù.]

 

 

Com’è cominciato tutto?, si chiedeva spesso Gustav. Com’è entrata Sara nella mia vita? Senza Sara il resto non sarebbe venuto. Com’è entrata? Gustav se lo era chiesto fin dall’inizio, ma la domanda, nella pena dei suoi ultimi giorni, era diventata incessante. C’è qualcosa che ti predispone dalla nascita a essere uno che dovrà vedere?, si chiedeva. Era un fatto che lui già da piccolo era stato diverso dagli altri. Per via di Dio. Erano così religiosi a casa sua, e lui, invece, ma di nascosto, Dio lo aveva sempre odiato di cuore. Forse fu con questa scusa che Sara, attraverso un mostruoso gioco di camuffamenti, era entrata nella sua vita.

Le prime volte, magari, era stata solo una fantasia. Una fantasia che gli era entrata in testa fin da bambino, e che lo turbava, ma insieme gli dava uno strano piacere. La sera, tutte le sere che Dio aveva fatto, suo padre, un uomo enorme con una lunga barba da patriarca, diceva le preghiere di ringraziamento. All’inizio della cena si facevano quelle perché si sarebbe mangiato, e, alla fine, quelle perché si era mangiato. Quindi suo padre si alzava e andava a prendere nella credenza la Bibbia, e si metteva a leggere, mentre tutti, la madre, Gustav, e i tre fratelli più piccoli, rimanevano in silenzio. Leggeva brani scelti non si capiva mai con quale criterio, ma erano sempre racconti che intendevano dire qualcosa di fondamentale. La storia di Adamo, e quella di Giacobbe, e quella di Giuseppe e i suoi fratelli, e quella di Mosè, tutte le grandi storie tratte dal Genesi e dall’Esodo, e poi c’erano i profeti. Al papà gli piaceva Ezechiele, gli piaceva Daniele, gli piaceva Giona; ma soprattutto gli piaceva Giobbe, e lo leggeva spessissimo. Una storia che faceva tremare. A Giobbe succedevano le cose più tremende, malgrado fosse tanto devoto, anzi proprio perché era tanto devoto, troppo devoto, così devoto che a ragione della sua devozione si era creduto felice, e perciò Dio si era detto: ma cosa si crede quest’uomo?, e gli aveva tolto tutte le ricchezze, gli aveva ucciso mogli e figli, lo aveva ammalato gravemente, lo aveva ridotto a un grumo umido e infetto di dolore; e solo allora Dio gli era apparso e gli aveva detto: ma cosa credevi di essere e fare, piccolo Giobbe? Forse eri con me il giorno della creazione? Sei convinto di essere me, che sono il tuo Dio e padrone? E Giobbe, ormai piegato dal dolore, rispose a Dio: certo che non sono Dio. E Dio disse: allora soffri, e fallo in silenzio. Dio faceva tremare. Dio era cattivo. E Gustav lo odiava.

 

Suo padre però diceva sempre che, a loro, Dio non faceva mancare niente. La loro, diceva, era una famiglia modesta, ma non gli mancava nulla. Per prima cosa Dio li aveva fatti nascere a Konnersreuth, che era un villaggio felice e ricco, dove tutti erano buoni cristiani e vivevano del proprio lavoro, senza che gli mancasse mai nulla. E alla loro famiglia in particolare non mancava davvero nulla. Ce n’era quasi d’avanzo. Campavano con la terra, l’orto, le patate e le galline; la madre di Gustav era una maestra, e così entravano un altro po’ di soldi. Avevano una bella casa grande, pranzo e cena sempre buoni e abbondanti, vestiti sempre puliti, e avevano perfino i libri. I libri della mamma erano i manuali di grammatica tedesca, di aritmetica e di storia che usava a scuola, e in più possedeva un libro di catechismo cattolico che si chiamava Libro di perfezione per la famiglia, e aveva le illustrazioni: scene di bambini perfetti, scene di genitori perfetti, orgogliosi dei loro figli perfetti, scene con grandi riunioni familiari piene di perfezione, scene nelle quali c’era Dio che osservava tutto dall’alto, sorridendo, un vecchio perfettamente canuto, ma pure dal basso, in mezzo alla famiglia, camuffato da colomba, per esempio, o da prete che sorrideva anche lui. E c’erano i libri del padre, ovvero un grosso libro dove erano spiegate le novità in fatto di agricoltura, e che si intitolava Agrimensura moderna, scritto dal dottor Hesse. E soprattutto c’era la Bibbia, una Bibbia che era il lusso e il vanto della famiglia, un grosso volume rilegato in pelle con il titolo impresso a caratteri dorati, e i fregi dorati in ogni pagina: era la Bibbia che il padre di Gustav leggeva tutte le sere in maniera tanto solenne, in una maniera che aumentava il suo aspetto da patriarca. Lo era sempre sembrato un patriarca, sempre, fin da giovanissimo. Alto e imponente, aveva la barba nera che gli arrivava quasi al petto, e quando leggeva, ecco, non c’erano più dubbi che era come Abramo, o che era Abramo tornato in terra. Forse, però, era una cosa che pensava soltanto Gustav, il quale ovviamente sapeva benissimo che suo padre non era Abramo, era solo un contadino, era solo il contadino Andreas Idel e non Abramo. Ma, se pensava a suo padre, lui ci pensava come se fosse davvero Abramo. E pure sua madre, che in realtà era solo una maestra di scuola e si chiamava Karin, lui la vedeva come Sara. Del resto la mamma era bella come Sara. Questo non lo pensava solo Gustav, ma anche i ragazzi di Konnersreuth, che erano stati tutti suoi scolari. La madre era davvero bella. Può darsi sia stato così che Sara entrò nella vita di Gustav, e cioè con queste fantasie qui, che suo padre era Abramo, e sua madre era Sara. Si immaginava, allora, di essere come Isacco? Gli era sempre parso di ricordare di no. Magari la parte della storia che parlava di Isacco lo aveva impressionato. In fondo si trattava di fare quasi morire un povero ragazzo come lui, tanto per capriccio. Però, di tutta la storia di Abramo e Sara, quella era la parte che lo impressionava di meno. Dio, qui, aveva fatto solo un piccolo capriccio, che non si era nemmeno rivelato troppo pericoloso. Quella storia, avrebbe riflettuto un giorno Gustav, molto più avanti, quando aveva già saputo tutto sulla macchina della necessità, è più che altro una specie di piccolo indizio. Nella storia di Isacco, infatti, Dio pare una persona capricciosa, ma capricciosa come può esserlo, tanto per dire, una donna gelosa, una donna abituata a farsi adorare, che si ingelosisce del suo amante e prende un’impuntatura. Comunque, il finto assassinio di Isacco era una cosa da niente rispetto a tutta la tragedia insensata, a tutto il dolore e l’umiliazione, a tutti i giochi scabrosi e terribili che Dio si era inventato contro Abramo e, soprattutto, contro Sara.

 

La storia di Abramo era più spaventosa di quella di Giobbe. Giobbe aveva perso tutto, mogli e figli e bestiame, ma almeno alla fine aveva ritrovato la salute, che è già qualcosa. Perfino Giona non era niente a paragone con Abramo, per quanto essere mangiati da una balena a Gustav, da piccolo, pareva una cosa molto paurosa. Ma tutti quanti i patriarchi e i profeti impallidivano al cospetto di Abramo. Per Abramo non c’era scampo. Ma Sara gli faceva ancora più pena. Il succo della storia di Abramo, per come l’aveva capita Gustav, era questo: che Abramo all’improvviso crede in Dio.

 

A fare paura a Gustav nella storia di Abramo, però, forse non era qualcosa che era dentro la storia, ma qualcosa che succedeva a lui quando suo padre la leggeva. Era che non poteva fare a meno di vedere certe cose. Come se lui, chissà in che modo, le ricordasse. Come se lui fosse stato là, ai tempi di Abramo e Sara, e quelle cose tremende le avesse viste di persona. Appena suo padre si metteva a leggere, a lui sembrava di ricordare tutto: la terra rossa, e le città magnifiche costruite col fango, e l’aria gialla che avvolgeva ogni cosa. Gli sembrava di ricordare Abramo. Abramo che, come impazzito, di colpo crede in Dio. Prima era uno normale. Lavorava con il padre e i fratelli in maniera onesta. Ed ecco che sente un dolore nel petto, e uno strazio nella mente. E segue Dio. Nella Bibbia non c’era scritto proprio così. C’era scritto che Dio era andato da Abramo, e gli aveva detto: vattene dal tuo paese, dalla tua patria, e dalla casa di tuo padre. Però, Gustav, quando suo padre gli leggeva questa frase, non poteva fare a meno di pensare, o di vedere, Abramo che prima se ne stava con suo padre e con i suoi fratelli, e lavorava, e faceva le sue cose, ed era felice, e poi arrivava Dio, e lo prendeva con violenza, e lo obbligava a disonorare il nome di suo padre e di sua madre, ad abbandonarli, ad andarsene e a rinunciare alla vita onesta e felice che faceva. Gustav non avrebbe voluto vedere e pensare queste cose, ma le vedeva e le pensava. Prima, si diceva, e gli veniva un dolore al petto come se la storia di Abramo lo riguardasse di persona, prima Abramo fa una vita normale, ma ecco che si mette a credere in Dio e rompe gli idoli e profana le chiese del posto dove è nato. Si rivolta contro la sua famiglia, senza rispetto per il padre e la madre. Era Dio a costringerlo.

 

Un giorno, però, Abramo si innamora di Sara, per via della sua bellezza. A Dio la cosa non piace, perché Sara odia Dio. Anche questo nella Bibbia non c’era scritto; ma Gustav lo sapeva. Sapeva che Sara odiava Dio perché costringeva il marito a fare quelle cose. In primo luogo a prostituirla. Questo perfino nella Bibbia c’era scritto. Gustav pensava: qualcuno ha visto com’è andata e ha voluto dire la verità. Abramo raccontava a tutti che Sara era sua sorella, e le faceva fare la puttana per diventare ric­co. Era così che Abramo era diventato ricco e potente, e aveva messo su terre e greggi ed eserciti, e aveva ucciso tantissime persone. Sara odiava Dio, e Dio la ricambiava. Nemmeno questo c’era scritto nella Bibbia. Dio la odiava perché era bella. Dio, sapeva infatti Gustav, odia la bellezza perché ne è invidioso. Odia la bellezza, e le donne, che sono belle, e chiunque ami la bellezza.

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