di John Taylor (trad. dall’inglese di Stefania Zampiga)

 

[Questo brano è tratto da Corot’s Walk [La passeggiata di Corot], un saggio inedito di John Taylor. Un altro estratto in inglese si può leggere su The Fortnightly Review, 19 marzo 2023].

 

Ti sei imbattuto in questo dipinto di Camille Corot, La bambina curiosa (New York, Metropolitan Museum, 1860-1864). La ragazzina è in piedi accanto al muro di un giardino, con le mani sopra di esso. Cos’ha intenzione di fare? Vuol guardare oltre il muro? O, più arditamente, scavalcarlo? Sta guardando indietro verso qualcuno che è allo stesso tempo il ritrattista, lo spettatore e, probabilmente, una persona intimamente associata a lei (com’è sottolineato dagli occhi trepidanti, ansiosi). Spera, ad esempio, nel permesso di un genitore o di un adulto per sbirciare oltre il muro e vedere cosa c’è dall’altra parte o addirittura per scavalcarlo e uscire dal piccolo giardino recintato? O, più probabilmente, la ragazzina si volta indietro per verificare che nessuno la stia guardando perché intende agire per conto suo? Ha già messo il piede destro su una lunga pietra orizzontale come a darsi una spinta. In piedi al muro, immobile ma tesa, la ragazzina incarna un potenziale aneddoto, del tipo che Corot crea in modo così sottile nei suoi dipinti. L’attesa implica l’anticipazione di una probabile conseguenza, come forse qui metaforicamente, la trasformazione dall’infanzia all’adolescenza.

 

 

I dettagli sono evocativi anche nella loro relativa oscurità: gli abiti neri e blu scuro della ragazzina, gli alberi scuri (querce?) dall’altra parte del muro – alberi che sembrano formare un bosco confinante su un campo aperto, come lasciano intendere le dimensioni in proporzione piccole di questi alberi in lontananza – così come l’ombra del braccio destro della ragazzina sul muro bruno-giallastro. Tutti questi dettagli più oscuri suggeriscono una possibile trasgressione. Allo stesso tempo, il muro, relativamente chiaro in contrasto con questi dettagli, si presenta come un ostacolo quasi invitante, che può essere scavalcato.

In contrasto sono anche i tre fiori di campo gialli (forse ranuncoli?) a sinistra dei piedi della bambina e rappresentati da tre semplici tocchi di pittura. Questi tre punti gialli forniscono ancora un altro esempio di uno dei tipici punti luminosi di Corot di un valore cromatico che non si trova altrove sulla tela. («In ogni quadro», consigliava l’artista, «ci dovrebbe essere un punto luminoso; ma deve rimanere unico. Puoi collocarlo dove vuoi: in una nuvola, in un riflesso sull’acqua, o in un cappello; ma deve esserci solo un tono di questo specifica qualità di colore.») Questa volta i punti luminosi sono tre. Offrono un discreto contrappunto positivo, una sorta di innocenza simbolica, alla cupa tensione del ritratto.

 

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Mentre studio questo dipinto e rifletto sulla trasformazione dall’infanzia all’adolescenza, è impossibile per me non ricordare il racconto di Franca Mancinelli La bambina che imparò a volare, incluso nel suo libro Il cimitero delle farfalle, che ho tradotto. Sebbene l’ambientazione sia diversa, intuisco che le aspirazioni della bambina del racconto di Mancinelli sono simili a quelle della «bambina curiosa». Interrogandosi sul riflesso di un uccellino in una pozzanghera, il personaggio di Mancinelli scopre che la peluria bionda sulle sue braccia cresce, diventando bianca poi grigia e infine marrone. Questo “piumaggio” fiorisce rapidamente. La bambina si sta trasformando. Compie una metamorfosi in passero e pratica i suoi primi voli di prova: «correre e poi, raggiunta la velocità massima, saltare». Alla fine i suoi salti «la staccano dal prato, la portano sui rami più bassi degli alberi». «Quando arrivò al tiglio», conclude Mancinelli, «continuò a compiere brevi voli dentro la sua chioma. A un tratto, si ritrovò in cima. Si fermò a guardare il giardino, la casa dove aveva vissuto, e puntò dritta verso l’azzurro». Allo stesso modo, si può immaginare la ragazzina nel dipinto di Corot che guarda indietro alla sua casa, alla sua infanzia, dal campo aperto e il bosco dall’altra parte del muro.

 

Inoltre, se nel racconto di Mancinelli questo movimento – questa metamorfosi – viene descritto, la bambina curiosa e immobile di Corot incarna in sè il movimento, un movimento potenziale che potrebbe presto avere luogo. È in modo simile ispirata dalla promessa di una futura trasmutazione. Nel dipinto, non si tratta di un movimento implicito di ciò che ha avuto luogo – la “presenza di cose passate” che vibra dentro l’apparente immobilità e calma di tanti dipinti di Corot – ma piuttosto di un atto futuro implicito. La “presenza delle cose future”, come diceva anche sant’Agostino. Corot vuole farci percepire il movimento nei suoi dipinti, come spiegò all’ amico e primo biografo, Alfred Robaut, nel 1873: «Mi sforzo costantemente di catturare tutte le sfumature e, attraverso questo, di dare l’illusione della vita. Voglio che lo spettatore, guardando la mia tela immobile, abbia un’impressione di movimento.» Questa tela ne offre un esempio particolarmente sottile.

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