di Stefano Modeo
[E’ uscito da qualche giorno per Interno Poesia Partire da qui, il nuovo libro di poesia di Stefano Modeo. Ne proponiamo alcuni testi].
Periferie
I pescatori ignorano la città
trascinano sacchi di molluschi
sulle spalle, succhiano gusci interi
di acqua, iodio, muschi, licheni.
Montano su un ponte di barche,
come piccoli grilli, uomini neri.
Usano limoni contro il dolore
del fegato, disinfettano il sapore.
Bevono e dopo aver preso il mare
corrono nelle camere da letto.
Vivono come il plancton in seno
alle acque – alle donne – al veleno.
Finché dura l’inganno della fame
fuori da ogni casa si spegneranno
i grandi sogni, i canti, le praterie
nel vuoto ostile delle periferie.
Portineria D
Persi tra le cime degli ulivi
gli uomini alle portinerie
a polmoni pieni, per tutto
quello che poteva venire,
dovevano restare muti
dentro un’idea pura,
una vita dietro l’altra.
Pensavano di sentire
dentro la notte il mare
mugghiare nei magazzini
il nero mare limpido
sognato dai ragazzini.
Genitori
Come un albero tiene sepolto
il suo tempo perduto
e non conta più gli anelli
cresciuti nel tronco,
così insieme vivono in agguato,
pronti a coglierli in fallo
dopo anni di fatica.
Lo confessano con invidia agli amici:
«Ai figli importa solo esser felici».
Un posto
Datemi un acero dalle radici profonde
per i figli di Alfredo venuti a cercare
lavoro in questi giardini, sulle colline
fra statue di gesso e limpide fontane.
Che possano qui seppellire suo padre
che possano portargli dei fiori. Datemi
un acero dalle radici profonde nei giorni
di sole, lontani dal mare, quando si muore.
Preghiera per il figlio
Proteggi lui che annega
e sospendi ogni giudizio
adesso che perde ogni cosa,
viaggio dopo viaggio.
Chi incontrerà lì fuori
se dopo ogni curva estraneo
ai mandorli, ai ciliegi, ai vigneti
in una città tanto triste, lo vedi
restare indietro in un corteo
come il fischio di un treno.
Proteggi lui che incespica
e sospendi ogni giudizio
ora che guadagna il silenzio,
viaggio dopo viaggio.
Formicai
La montagna vedi ha smesso di fumare
si specchia alta e bruna nel golfo, a mare
in città, nei vicoli, si straziano le formiche
si stroncano, un popolo di briciole, di molliche.
Da qui io invece ora me ne vado, non resto
vedi come bruciano i formicai, io le detesto.
Le agavi
Un uomo osserva i corpi
delle agavi bruciare al sole.
È in cerca di un reperto
che lo faccia risalire a quando
è apparso sulla terra,
una vecchia lanterna o un corridoio
nel tempo che ora possa aiutarlo
a chiudere il cerchio.
Riconosce il capo abbattuto
delle gru nel porto, i distributori
di carburante nel mare o la prua
delle navi petroliere.
Il mondo che muta ha l’aspetto di
ciò che è andato perduto. Le agavi,
lasciano che lo scirocco le frusti,
che le imbianchi la salsedine.
[Immagine: Debra Achen, Shoring Up, particolare].
un paesaggio umano forte e periferico