di Giulia Martini

 

[E’ appena uscito per InternoPoesia Tresor, il nuovo libro di Giulia Martini. Ne pubblichiamo alcuni testi].

 

So soltanto che quelle terre

per quei confini che ti mostrai

se le contesero per anni.

 

Questo tesoro volevo darti.

 

*

 

Glossario di Monza

 

Rina, non ci sento dalle auricola,

la glosa non rintocca sugli odonta,

non alzo digito, non ho più voglia

de bevere, de mandegare…

 

*

 

Mi chiami e la madre diventa un problema

che devo risolvere io, durante i pasti

i fieri pasti, gli splendenti pasti,

che non mi lasci di mangiarli in pace.

 

Mi dici che la madre ha l’oro in bocca,

ma che non parla mai, non le si vede.

 

*

 

Catacomba di Commodilla

 

Ti vesti in un baleno ed è un mistero

il modo di vestire, il rouge à levres

messo preciso sulle labbra al buio.

 

Così ti alzi ancora calda e rosa

e fai di te una ruota nelle fiamme,

sempre bruciante nelle fiamme note.

 

Non dicere ille secrita a bboce,

non dire quei segreti a voce alta.

 

*

 

Conto navale pisano

 

Pensate a qualcosa che non conoscete per niente,

come la confezione delle vele.

Allora sono io che chiamo il restaiolo,

perché mi detti quello che è già vostro

e sono soldi. Timoni soldi.

 

Allora aguti ispannali, perché mi piace

la serratura della materia, come ai palomari,

e dannomi per voi legname da colonne

e per chiodi denari. Per trasporto di remi denari.

Per vino denari.

 

E mi danno denari per il trasporto dei denari su navi,

da mettere in mundum, nell’atto giuridico,

e ai manovali denari soldi, per custodia di tavole.

Anche amico la dovrà pagare

la dolatura, la lucidatura…

 

*

 

Certo che parlo io, e questo è latino

e questa farina è del mio sacco,

ma il mulino appartiene a un altro.

 

Dove altro tempo c’era lo molino

sul guado che separa piana e bosco,

ci vado io, perché mi porta il cuore.

 

*

 

Carta arborense

 

«Ascolta bene chi nota,

chi serba nella memoria,

non chi conserva, chi suona,

non la prima, la seconda volta.»

 

E dedimi in suberiu terra aprobia,

dedimi su donnu terra aratoria,

dedimilu ante sa de patre meu

e mi diede anche una peschiera.

 

(E mi diede anche un’altra peschiera, davanti a quella di San Giorgio, con Gunnari Nigellu, ognuno la parte sua, e poi un’altra da solo, adiacente al sughereto. E era un patrimonio, non un matrimonio.)

 

*

 

Dichiarazione della vedova savonese Paxia

 

Quando portai mio marito da Genova

in un lenzuolo non di tela, soffice

perché ci stesse come vivo, comodo

spesi tre soldi e un denaro.

 

Noi siamo stanchi di girarci intorno

come se non sapessimo da sempre

che non c’è stato niente che non fosse

questo tresoro ovunque.

 

(Mi dai un cuscino, due coperte e un mantello di pelle d’agnello, e un’altra pelle d’agnello, mentre si alza la vedova savonese Paxia, dopo aver lungamente dettato un elenco di oggetti della vita quotidiana e di spese pagate e da pagare al notaio Cumano, che le trascrive nel cartularo.)

 

*

 

Frammento di Re Enzo

 

Allegro cuore, batti pienamente

di tutta beninanza, lei verrà.

 

Da questo spiffero alla porta, magra

ci passa che è un piacere aprile e maggio.

 

Su con la gioia dunque, batti, batti,

preparati a fare fistinanza.

 

*

 

Chiaro che me ne faccio una ragione,

però che ogne tempo è un cominciare

e io mi sono posta in attesa talmente tanto che non dormo, né di notte né di giorno

 

ma fo clamore, parlo esmesurato.

 

*

 

A questa vita audire spello?

O gloriose stelle o lume spento

oppure lume spento giallo oro

non compro, vendo tutto, non c’è modo

 

non c’è verso di tenerla ferma, la tua faccia geocentrica.

 

*

 

Datemi tutto, senza niente in cambio,

non perché lo chiedo, per entusiasmo,

in uno slancio spontaneo.

 

Certo che è pacato il viso, certo

che danzo su uno stelo, non mangio con le mani.

Guardatemi come spendo la parte meglio, come la spando.

 

 

[Immagine: Dichiarazione della vedova Paxia, Archivio di Stato di Savona].

 

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