di Maria Borio e Tom Schulz

 

[“Briefgedicht”, lettera in versi, un genere antico, in cui i due poeti riflettono e raccontano, si riflettono e si raccontano. Ma è ancora possibile scrivere Briefgedichte? Che lirica si esprime, con che lirica si descrive e si dialoga? Questo sembrano chiedersi Maria Borio e Tom Schulz, che in poesie-dialogo, ciascuna di 15 righe, sintetizzano immagini e meta-immagini, luoghi, respiro. La maggior parte delle poesie sono nate durante il Covid, ma l’esperienza della crisi è poeticamente rielaborata per superare il confinamento del tempo e spingere a riflettere sul vissuto di chiusura e solitudine come preparazione a un incontro con l’altro, che possa essere esperito come un’autentica rivelazione di sé. Il volume bilingue tedesco-italiano è costruito da Michael Wegener, editore di Gutleut Verlag, una casa editrice di poesia di ricerca di Francoforte: www.gutleut-verlag.com. La traduzione dal tedesco all’italiano è di Paola Del Zoppo e quella dall’italiano al tedesco di Pia-Elizabeth Leuschner. Presentiamo un estratto dalla IV sezione.]

 

»Da quanto tempo sei qui?«

chiede l’uomo che sulla strada vende cotoni

bianchi e neri, piegati come foglie nell’acqua –

sembra dire »da quale tempo?« – la lingua

muove le radici degli alberi sotto Trastevere.

Da quanto tempo, da quale: cosa dicono

le radici, cosa siamo nel ritmo della voce,

cuciti nel nostro inglese, lingua franca irreale.

Veniamo da un tempo senza custodi –

l’uno dell’altra each other custodi guardians,

forse così gli sembriamo: un ghetto leggero

senza paesi né parole come l’inizio della civiltà.

Abbiamo comprato due cose bianche, nere, soffici:

mi dà il resto, schiaccio i centesimi ai centesimi

nella tua mano. Andiamo in un tempo senza custodi.

 

»Da quanto tempo sei qui?«, / fragt der Mann, der auf der Straße Baumwoll – zeug / verkauft, schwarz und weiß, gefaltet wie Blätter im Wasser – / es klingt wie »da quale tempo«, aus welcher Zeit – die Zunge / bewegt die Wurzeln der Bäume unter Trastevere. / Da quanto tempo, da quale: Was sagen uns / die Wurzeln, was sind wir im Rhythmus der Stimme, / gekettet an unser Englisch, unwirkliche Lingua franca. / Wir kommen aus einer Zeit ohne Wächter – / einander each other Wächter guardians, / vielleicht sieht er uns so: als schwereloses Ghetto ohne Herkunft / oder Worte – wie der Ursprung der Zivilisation. / Wir haben zwei weiße, schwarze, weiche Sachen gekauft, / er gibt mir heraus, ich drücke die Cent zu den Cent / in deiner Hand. Wir gehen in eine Zeit ohne Wächter.

 

*

 

Spricht man in dieser alten Stadt, die ewig heißt

in jeder zweiten Sprache fremd? Die Haut ist näher

als das Hemd. Wenn ein Wort einen Mund hat, eine

Zunge, Lippen – lass es zu dir kommen. Hier gibt es

keinen Luftschacht für das Schweigen. In einem kurzen

Satz queren wir den Markt, den Spielplatz, die Park-

Bucht bis zum Sonnen-Hospital. Der Mann mit Sieben-

Sachen, reist wie wir, mit einem ablaufenden Pass.

Wann kamst Du an? Als das Land eine Nussschale war.

Als das Gras gepflanzt wurde, als in den Bäumen jemand

saß und rief? Wir sitzen auf dem Trottoir, auf Stühlen.

Vom Gewitter bleiben heruntergefallene Äste liegen.

Was vom Tiber fortgerissen wird, schreibst du

auf die Serviette. Das Land, zerfallen in zwei Hälften

geplatzt wie die Kastanienschale, stachlig, schön.

 

In questa città antica che si chiama eterna è / straniera ogni seconda lingua? La pelle è più vicina / della camicia. Se una parola ha una bocca, una / lingua, labbra: lascia che vengano a te. Qui non c’è / presa d’aria per il silenzio. Una breve frase basta / a passare il mercato, il parco giochi, la fossa verde / fino all’Ospedale del sole. L’uomo con quattro cose / viaggia come noi, ha il passaporto in scadenza. / Quando sei arrivato? Quando il paese era un guscio di noce. / Quando fu piantata l’erba, quando sugli alberi qualcuno / si sedette e chiamò? Sediamo sul marciapiede, sulle sedie. / I rami caduti dal temporale vengono lasciati indietro. / Ciò che il Tevere porta via lo scrivi sul tovagliolo. / Il paese diviso in due a metà scoppia / come un guscio di castagna, spinoso, bello.

 

*

 

Sono bocche, lingue, labbra i resti sul fiume,

li scriviamo con la mente e nella bocca,

sulla lingua, all’argine bagnato delle labbra –

tutto è il tempo di un mondo liquefatto …

Le spine dei ricci di castagna si sciolgono,

l’autunno non inverte più la primavera,

il caldo e il freddo si depositano sul Tevere,

lettere mobili, pericolose, semi senza alveo,

clima senza guscio – innestano tensioni nuove.

Nelle nostre voci le spine diventano cristalli,

dalla tua lingua alla mia trasparenti, dalla mia alla tua

l’azzurro più nascosto del fondale, presente nel futuro.

Il fiume è sopra, lo vediamo correre da una riva all’altra.

Nella bocca i denti sono pesci, le onde sono labbra?

Dove un mondo è nella bocca tutti uniti cadono.

 

Die Reste auf dem Fluss sind Münder, Zungen, Lippen, / wir schreiben sie mit Kopf und Mund, / auf der Zunge, am feuchten Lippenrand – / alles Zeit einer verflüssigten Welt: / die Stacheln der Kastanien-Igel lösen sich auf, / der Herbst kehrt den Frühling nicht mehr um, / Wärme und Kälte lagern sich über dem Tiber / wie bewegliche, gefährliche Lettern, Samen ohne Schoß, / Klima ohne Schale – entspinnen neue Spannungen. / In unseren Stimmen werden die Stacheln Kristalle, / durchscheinend von deiner zu meiner Zunge, von meiner zu deiner / geheimeres Blau am Wassergrund, Gegenwart in der Zukunft. / Der Fluss ist oben, wir sehen ihn fließen von einem Ufer zum anderen. / Im Mund sind die Zähne Fische, die Wellen Lippen. / Wo Welt im Mund ist, fallen sie alle gemeinsam.

 

*

 

Ich singe dir die Wolken, sehr weit oben.

Sind sie weiß? Und was heißt blau oder

das Blaue vom Himmel; die Bänke, Kumulus-

Wolken, wie eine Herde Schafe ziehen sie

vorüber. Halte den Augenblick fest.

An der Brücke Ponte della Malvasia wartet

angeleint ein Hund, bellt um die Wette.

Bellt ein Gedicht: von Wolken, von der Pracht.

Ich singe dir ein grünes Blatt, es fällt herab.

Wer tritt es in den Lokus, wer trägt die fremde

Huthälfte auf dem Kopf? Geh ich, seh ich

das Haus, zu weit, weit weg.

Ich singe dir ein anderes Blau, ich singe dir

die Spitze des Eises und der Berge, stehe ich

vor der Traufe, singe, singe für dich.

 

Ti canto le nuvole, in alto – / sono bianche? E cosa significa blu o cosa / l’azzurro del cielo; i banchi, cumulo- / nembi passano come un gregge di pecore. / Tieni stretto il momento. Al ponte / di Malvasia in attesa al guinzaglio / un cane abbaia al suo padrone, abbaia con furia. / Abbaia una poesia: di nuvole, di splendore. / Ti canto una foglia verde, che cade. / Chi lo spinge nel locus, chi indossa la / metà estranea del cappello in testa? Vado, vedo / la casa, troppo lontana, lontana. / Ti canto un blu diverso, ti canto / la cima del ghiaccio e delle montagne, sto / davanti alla grondaia, canto, canto per te.

 

*

 

Sotto il ponte della Malvasia scivolava una storia

come chi muore passa una parte di sé a chi vive.

Noi impariamo a stringerci, a scaldare le mani

e la condensa sul ferro, trasformiamo il freddo

che evapora dal canale in un mondo vergine.

Qualcuno alle nostre spalle: la voce di uno saggio

diluita nell’odore di corteccia e mosto. Il saggio

muore nell’esperienza ed è il maestro – di questo

la Malvasia ha raccolto l’assetto. Ci stringiamo,

assorbiamo le voci, legandoci le restituiamo …

Voi ascoltate, in ogni storia, come si nasce

e si invecchia. Abbracciandoci invecchiamo,

ci restituiamo all’acqua. Con una carezza

diventiamo esperienza? Ascoltateci –

ogni volta che la Malvasia torna e compone.

 

Unter dem Ponte della Malvasia rann eine Geschichte, / wie ein Sterbender den Lebenden einen Teil von sich weitergibt. / Wir lernen uns zu umklammern, die Hände zu wärmen / und das Kondenswasser am Eisen, wir ver-wandeln die Kälte, / die vom Kanal aufsteigt, in eine jungfräuliche Welt. / Jemand hinter unserem Rücken: Die Stimme des Professors, / flüchtig im Geruch von Rinde und Maische. Der Professor / stirbt in der Erfahrung und ist der Meister – daher / die Trimmung des Malvasia. Wir umarmen uns, / trinken die Stimmen und geben sie, aus unserer Umarmung, zurück … / In jeder Geschichte hört ihr, wie man geboren wird / und altert. Uns umarmend altern wir, / geben wir uns dem Wasser zurück. Mit inem Kuss / warden wir Erfahrung? Hört uns zu – / wann immer der Malvasia wiederkehrt und diesen Kreislauf fügt.

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