di Francesca Fiorentin e Paolo Lago

 

[E’ appena uscito per Giorgio Pozzi Editore Salvatrici del mondo. Personaggi femminili nella fantascienza italiana contemporanea, di Francesca Fiorentin e Paolo Lago. Ne proponiamo alcuni estratti].

 

Introduzione al capitolo 1: Sognatrici e visionarie

 

Il primo gruppo di «salvatrici del mondo» che incontriamo nel nostro viaggio letterario e cinematografico sono le «sognatrici e visionarie». Sognando un universo alternativo, diverso dai futuri distopici in cui si trovano costrette a vivere, lottano e portano avanti il loro ideale di società in simbiosi con la natura che, in molte di queste narrazioni, è stata ormai irrimediabilmente devastata. Le società del futuro delineate nei romanzi in questione sono caratterizzate da scenari brulli e desolati o racchiusi entro paesaggi gelidi dai tratti metafisici in cui gli alberi, l’erba e gli animali sono ormai un lontano ricordo. In Bambini bonsai[1] (2010) di Paolo Zanotti, è Petronella a guidare l’io narrante Pepe e gli altri bambini, fuggiti dalla baraccopoli di Staglieno, verso un universo dai tratti magici e incantati che possa fungere da spazio alternativo ai devastanti cambiamenti climatici che stanno distruggendo il pianeta. Anche la Tess di 2119. La disfatta dei sapiens[2] (2021) di Sabina Guzzanti è un personaggio vicino alla natura poiché ha trasformato i gatti – divenuti una specie animale rarissima in un mondo devastato da cambiamenti climatici e pandemie e governato da una dittatura – nel simbolo di un’umanità perduta. Tess è una giornalista e attivista del giornale Holly e lotterà senza risparmio di forze per migliorare le condizioni di vita dell’intera umanità, assoggettata al terribile controllo mentale instaurato dalla dittatura. Olivia e «la prof» sono invece due personaggi creati da Nicoletta Vallorani rispettivamente in Avrai i miei occhi[3] (2020) e Noi siamo campo di battaglia[4] (2022): entrambe si muovono in una grigia e spettrale Milano del futuro dalle connotazioni oniriche e metafisiche ed entrambe, nonostante l’angoscia che le avvolge, si battono quotidianamente per far sì che la situazione possa cambiare. Se Olivia appare come la quasi invisibile salvatrice di Nigredo, un investigatore che indaga su omicidi seriali di donne, «la prof» custodisce e guida un gruppo di ragazzi, appartenenti a una comunità, fino a renderli capaci di trasformarsi in piante, in «creature compost».

 

Le salvatrici e visionarie, in alcuni casi sono segnate dallo stigma della diversità e tale caratteristica emerge soprattutto nel personaggio di Denni, l’aliena che percorre la Russia post-rivoluzione in Proletkult[5] (2017) di Wu Ming. Figura dalle connotazioni androgine, Denni è diversa non solo fisicamente: dispiega infatti sulle dinamiche sociali ed economiche uno sguardo totalmente ‘alieno’, del tutto estraneo a un’ottica massificata e conformista, fino a chiedersi perché, dopo la rivoluzione, l’orso dello zoo continua ad essere prigioniero in gabbia. ‘Diversa’ è anche Alessia, il personaggio femminile del film Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti, interpretata da Ilenia Pastorelli in una vicenda che si svolge nella Roma contemporanea. Grazie ai suoi problemi psichici, la ragazza riesce a possedere uno sguardo ‘magico’ e incantato sulla realtà ed è convinta che il borgataro Enzo (Claudio Santamaria), entrato in possesso di superpoteri dopo essere venuto a contatto con delle scorie tossiche abbandonate nel Tevere, sia Hiroshi Shiba, l’eroe dell’anime giapponese Jeeg Robot d’acciaio.

 

Anche Stella (interpretata da Clémence Poésy), un personaggio che incontriamo nel film Tito e gli alieni (2018) di Paola Randi, è, in qualche modo, ‘diversa’ perché, disillusa dalla vita e dall’amore, vive da sola in una sperduta località desertica adiacente all’Area 51, nel Nevada, organizzando matrimoni ‘alieni’ per i turisti. Vicina a una natura selvaggia e ostile, riuscirà ad aiutare e a risollevare uno scienziato napoletano, il Professore (Valerio Mastandrea), depresso e solitario, ritiratosi nel Nevada per seguire un progetto segreto che fa capo al governo degli Stati Uniti.

 

Sia che agiscano in scenari post-apocalittici e distopici, sia che si trovino inserite in situazioni che rimandano a scenari reali (come la Russia della Rivoluzione d’ottobre, la Roma contemporanea o il deserto del Nevada), le «sognatrici e visionarie» sono le portatrici di un punto di vista di rottura con l’universo sociale che le circonda. E se alcune volte l’eroe di turno possiede sembianze maschili, le «salvatrici del mondo» sono sempre lì, vicine a lui, e lo caricano di senso e di significato. Senza di loro, molti eroi maschi non possiederebbero la loro principale e significativa connotazione; pensiamo soltanto al personaggio di Enzo del film di Mainetti: senza la presenza e la vicinanza di Alessia non sarebbe Jeeg Robot, nessuno lo chiamerebbe così e un segnale profilmico estremamente importante come il titolo non avrebbe più alcun significato.

 

Introduzione al capitolo 3, Nomadi e viaggiatrici

 

 In questo capitolo analizzeremo i personaggi femminili che, a differenza delle migranti, si caratterizzano per il loro nomadismo e per la loro innata propensione al viaggio. Per utilizzare un’espressione di Rosi Braidotti, possiamo affermare che i personaggi che incontreremo adesso sono dei veri e propri «soggetti nomadi». Come scrive la studiosa, «il soggetto nomade è un insieme di esperienze molteplici, complesse e potenzialmente contraddittorie, un posizionamento definito dalla sovrapposizione di tante variabili come la classe sociale, la razza, l’età, lo stile di vita, le preferenze sessuali e così via»[6]. Se le migranti una meta ce l’hanno, un luogo più o meno utopistico dove sperare di poter condurre una vita migliore, le nomadi e viaggiatrici sono inserite all’interno di un movimento continuo che le ferisce e le segna nel profondo: come sempre scrive Braidotti, «essere nomadi significa abitare una diversità incarnata e in movimento»[7]. Nella contemporaneità Il concetto di nomadismo ha trovato le sue fondamenta filosofiche in un testo chiave di Gilles Deleuze e Félix Guattari, Mille Piani, uscito in Francia nel 1980, in cui i due studiosi tracciano le principali caratteristiche della figura del «nomade» che «si distribuisce in uno spazio liscio, occupa, abita, tiene tale spazio, ed è questo il suo principio territoriale»[8]. Il suo rapporto con la terra è tale che egli «si riterritorializza sulla deterritorializzazione stessa»[9]. D’altra parte, il nomadismo e l’erranza non sono per forza associati al movimento[10]: lo stesso pensiero e la stessa scrittura possono divenire nomadi e condurre verso viaggi inesplorati, verso la creazione di inedite connessioni[11].

 

In Anna[12] (2015) di Niccolò Ammaniti, la protagonista si muove senza meta nello spazio distopico e post-apocalittico di una Sicilia devastata da un’epidemia. La giovane Anna non si dà mai per vinta ed è sempre alla costante ricerca, appunto di nuove ed inedite interconnessioni per mezzo delle quali poter riscoprire un’umanità perduta. È una ‘salvatrice’ che vorrebbe far rinascere il mondo e la sua erranza nomade sembra non finire mai perché non finisce mai la possibilità di attivare sconosciuti e resistenti momenti di incontro. Come vedremo, nella serie tv che lo stesso autore ha tratto nel 2021 dal suo romanzo, la possibilità di rinascita sembra concretizzarsi in un finale in cui la protagonista femminile rivestirà un ruolo di primo piano per la rinascita della vita sul pianeta.

 

Un personaggio nomade è anche Ali, la narratrice di La festa nera[13] (2018) di Violetta Bellocchio, la quale si sposta in una erranza dai tratti quasi picareschi all’interno di un’Italia del Nord del futuro devastata da una crisi economica e sociale. Insieme a Misha, un altro importante personaggio femminile del romanzo, e a un gruppo di reporter, Ali si muove fra le nuove comunità autarchiche che cercano di sopravvivere in questo universo di devastazione, realizzando una video-testimonianza di nuovi e spontanei tentativi di resistenza. Nel racconto di Ali, come vedremo, la stessa voce narrante autobiografica si riversa in un flusso di coscienza rapido e nomade esso stesso, che erompe come un fiume in piena.

 

Un altro romanzo che affrontiamo in questo terzo capitolo è Quando nascesti tu, stella lucente[14] (2017) di Nadia Tarantini, dove incontriamo il personaggio di Marcela, una giovane che si ribella alle leggi del mondo in cui vive, una Terra del 2346 in cui i sopravvissuti al «Grande Disastro» vivono rinchiusi sotto la «Calotta». Marcela è, per certi aspetti, una nomade del pensiero in quanto, come Tess nel romanzo di Sabina Guzzanti, non riesce ad accettare la logica di un universo dittatoriale che vuole ridurre gli esseri umani a delle macchine. I giovani come Marcela, infatti, attendono di essere innestati nei «Cubi cerebrali» che li consegneranno all’eternità ma anche alla definitiva rinuncia ai ricordi e alle emozioni. Il personaggio affronterà anche un vero e proprio viaggio che si srotola verso una dimensione più ‘antica’ e autentica e che la aiuterà a scoprire le verità nascoste dietro le ferree leggi e ingiunzioni del Potere.

 

Come personaggio nomadico, detentore di una capacità immaginativa e resistente che va al di là degli orizzonti ristretti in cui si è costretti a vivere in un’Italia del futuro devastata da inondazioni e dal surriscaldamento globale, si configura anche la piccola Miriam del racconto La fiaba di Miriam che costituisce l’«ultimo atto» della raccolta Quando qui sarà tornato il mare[15] (2020) del collettivo di scrittura Moira Dal Sito. Miriam compie una fuga notturna sfuggendo alle imposizioni della famiglia: si recherà nel basso ferrarese per riscoprire le sue origini e per darsi a un nomadismo costruttivo nel tentativo di creare corrispondenze e connessioni con altri esseri umani, membri di una comunità che non si è arresa alla catastrofe.

 

Le nomadi e le viaggiatrici di cui leggeremo le storie sono perciò anch’esse delle salvatrici del mondo: il loro viaggio è contemporaneamente scoperta e resistenza, trasgressione e interconnessione continua perché «la politica nomade è una questione di legami, di coalizioni, di interconnessioni»[16].

 

Note

 

[1] Paolo Zanotti, Bambini bonsai, Milano, Ponte alle Grazie, 2010.

[2] Sabina Guzzanti, 2119. La disfatta dei sapiens, Milano, HarperCollins, 2021.

[3] Nicoletta Vallorani, Avrai i miei occhi, Modena, Zona42, 2020.

[4] Nicoletta Vallorani, Noi siamo campo di battaglia, Modena, Zona42, 2022.

[5] Wu Ming, Proletkult, Torino, Einaudi, 2017.

[6] Rosi Braidotti, Soggetti nomadi. Corpo e differenza sessuale, trad. it. di A.M. Crispino e C. Fioravanti, Roma, Castelvecchi, 2023, pp. 31-32.

[7] Ivi, p. 31.

[8] Gilles Deleuze e Félix Guattari, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, trad. it. di M. Carboni, Roma, Castelvecchi, 2010, p. 452.

[9] Ivi, p. 453.

[10] Cfr. ivi, p. 452.

[11] Cfr. Rosi Braidotti, Soggetti nomadi, cit., p. 53: «Il nomade è un’entità trasgressiva, la cui natura transitoria è il vero motivo per cui può fare connessioni. La politica nomade è una questione di legami, di coalizioni, di interconnessioni».

[12] Niccolò Ammaniti, Anna, Torino, Einaudi, 2015.

[13] Violetta Bellocchio, La festa nera, Milano, Chiarelettere, 2018.

[14] Nadia Tarantini, Quando nascesti tu, stella lucente, Verona, L’Iguana Editrice, 2017.

[15] Moira Dal Sito, Quando qui sarà tornato il mare, Roma, Alegre, 2020.

[16] Rosi Braidotti, Soggetti nomadi, cit., p. 53.

 

[Immagine: Clémence Poésy, Stella, nel film Tito e gli alieni].

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