di Alfredo Giuliani

 

[E’ appena uscito per Interlinea, a cura di Noemi Nagy, il Quaderno di traduzioni di Alfredo Giuliani. Pubblichiamo un estratto dell’introduzione e alcune traduzioni di Giuliani].

Introduzione

di Noemi Nagy

mi porto dietro la tradizione

in ogni direzione[1]

 

Nella seconda metà del Novecento si assiste in Italia a un generale rinnovamento nell’approccio alla definizione del canone letterario, a cui si accompagna – e da cui è inscindibile – una trasversale attrazione verso quegli autori stranieri contemporanei o di poco maggiori che hanno contribuito alla definizione della «tradizione poetica della modernità».[2] Adottando un criterio generazionale, secondo Daniela La Penna, un «nuovo disporsi di valori lirici»[3] è osservabile attraverso le opere tradotte dai poeti nati tra gli anni dieci e trenta. Soprattutto, il rivolgersi al contesto estero si inserisce con evidenza all’interno di una polemica nei confronti del panorama letterario nazionale nel caso degli autori appartenenti alla neoavanguardia, la cui nascita determina un netto rimodellamento dell’orizzonte stilistico ed estetico degli anni sessanta.[4] La poetica rivoluzionaria del gruppo può infatti essere seguita anche attraverso le scelte traduttive compiute dai suoi singoli componenti e, nel caso specifico di Alfredo Giuliani, l’«ibrida scrittura»[5] – come da lui definita – riveste un ruolo di particolare importanza.

 

Risulta innanzitutto indicativo, sul piano cronologico, quanto si legge in un’intervista condotta da Antonio Schiavulli e confluita nel volume L’avventura dentro i segni (Gedit, Bologna 2008), in cui il curatore dell’antologia dei Novissimi (Rusconi e Paolazzi, Milano 1961) lamenta l’«ingombro del linguaggio filosofico» di cui tentava di liberarsi mediante «autoanalisi» nello scrivere le sue prime poesie, «tra il 1947 e i primi del 1950».[6] Sono anni che corrispondono – come si vedrà più avanti – anche a quelli delle prime prove traduttive: il periodo della formazione dell’autore si configura dunque come un «periodo di calcolate identificazioni e imitazioni», al pari – significativamente – del Leopardi da lui raccontato nel contributo L’immensa nullità e le sovrumane finzioni.[7]

 

Gli orizzonti dell’opera di Giuliani risultano così, sin dagli esordi, aggiornati ed eclettici. Il suo incontro con i classici internazionali è precoce: risale agli anni dell’adolescenza, quando riceve in regalo la collana completa UTET dei Grandi Scrittori Stranieri. «Fu allora» – si chiede – «tra i quattordici e i quindici anni, che l’interesse per la poesia prese un certo sopravvento? Può essere, ma non ne sono affatto sicuro».[8] È invece certo che prende qui avvio un esteso percorso da lettore onnivoro, ramificato nel tempo e nello spazio, la cui vastità ed eterogeneità sono testimoniate dal fitto catalogo della biblioteca dell’autore, conservata presso il Centro manoscritti dell’Università di Pavia. Uno dei fulcri dell’imponente raccolta libraria – la cui estensione supera i sedicimila volumi – è individuabile in un nucleo di antologie, concentrato fra la seconda metà degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta e dedicato alle letterature francese, inglese e americana. A partire da questo nucleo, Federico Milone ha ricostruito in maniera puntuale l’anarchica geografia di letture dell’autore in apertura del suo recente volume Un eclettico del Novecento. Indagini sulla scrittura di Alfredo Giuliani (Mimesis, Milano-Udine 2023).[9] Con l’intento di adottare una prospettiva panoramica sull’opera dello scrittore, Milone avvia il proprio percorso critico mettendo innanzitutto in evidenza l’abbondanza dei segni di lettura presenti sui volumi della biblioteca. Un’abbondanza che risulta preziosa, non solo in quanto permette al lettore odierno di individuare tra le pagine i luoghi di maggiore interesse per l’autore, ma anche perché apre nuovi spiragli sulla sua produzione, considerando la sempre marcata permeabilità tra postille e scrittura. I marginalia trapassano infatti facilmente nell’opera in proprio, ma ugualmente breve – nel caso di Giuliani – è il passo che muove dalla pratica della lettura a quella traduttiva. Le pagine dei volumi posseduti, in lingua o con testo a fronte, riportano fitte prove di traduzione, in interlinea o a margine, quasi volte a correggere le versioni italiane altrui. Ampiamente postillato risulta, ad esempio, il volume dei Canti pisani di Ezra Pound, che mostra un vero e proprio «corpo a corpo serrato con il testo a fronte».[10] Così come sono densi gli interventi autografi sulla versione di Renato Poggioli del Mattino domenicale di Wallace Stevens,[11] mai tradotto se non nella forma dell’«imitazione».[12] La traduzione – anche parziale o frammentaria – sembra così configurarsi come uno strumento di comprensione (e di critica)[13] del testo, impiegato nel corso della lettura, indipendentemente da un suo eventuale sbocco editoriale.

 

*

Alcune traduzioni da Verlaine

di Alfredo Giuliani

 

Après trois ans

 

Ayant poussé la porte étroite qui chancelle,

Je me suis promené dans le petit jardin

Qu’éclairait doucement le soleil du matin,

Pailletant chaque fleur d’une humide étincelle.

 

Rien n’a changé. J’ai tout revu: l’humble tonnelle

De vigne folle avec les chaises de rotin…

Le jet d’eau fait toujours son murmure argentin

Et le vieux tremble sa plainte sempiternelle.

 

Les roses comme avant palpitent; comme avant,

Les grands lys orgueilleux se balancent au vent.

Chaque alouette qui va et vient m’est connue.

 

Même j’ai retrouvé debout la Velléda

Dont le plâtre s’écaille au bout de l’avenue,

– Grêle, parmi l’odeur fade du réséda.

 

Tre anni dopo

 

Spinta la porta stretta che vacilla,

ho passeggiato nel piccolo giardino

che il sole del mattino mollemente rischiara,

un umore lucente allieta ogni fiore.

 

Niente è mutato. Tutto ho rivissuto: la povera pergola

di vite selvatica con le sedie di giunchi…

Sempre lo zampillo murmura argentino,

mio padre tremola il suo eterno lamento.

 

Come allora palpita la rosa; come allora

il giglio orgoglioso si dondola alto nel vento.

Riconosco ogni lodola che va e viene.

 

Ritta sui piedi ho ritrovato perfino la Velleda,

il cui gesso si sfalda in fondo al viale,

gracile, tra l’insulso odore di reseda.

 

Lassitude

 

A batallas de amor campo de pluma.

(Góngora)

De la douceur, de la douceur, de la douceur!

Calme un peu ces transports fébriles, ma charmante.

Même au fort du déduit parfois, vois-tu, l’amante

Doit avoir l’abandon paisible de la sœur.

 

Sois langoureuse, fais ta caresse endormante,

Bien égaux tes soupirs et ton regard berceur.

Va, l’étreinte jalouse et le spasme obsesseur

Ne valent pas un long baiser, même qui mente!

 

Mais dans ton cher cœur d’or, me dis-tu, mon enfant,

La fauve passion va sonnant l’olifant!…

Laisse-la trompetter à son aise, la gueuse!

 

Mets ton front sur mon front et ta main dans ma main,

Et fais-moi des serments que tu rompras demain,

Et pleurons jusqu’au jour, ô petite fougueuse!

 

Lassitude

 

O dolcezza, soave dolcezza! O cara dolcezza seducente

calma un poco questa febbre che ti fa bella.

Anche nella piena del gioco, vedi, l’amante

deve, a volte, abbandonarsi quieta, da sorella.

 

Sii languida, fa che la tua carezza mi assopisca

con il ritmo eguale dei sospiri e lo sguardo cullante.

Via, l’amplesso affannoso e lo spasmo ossesso

non valgono un lungo bacio, anche mentito.

 

Ma nel tuo cuore d’oro, piccola, tu dici, mia carina,

la passione selvaggia suona l’olifante…

Lascia che suoni a suo scorno, la sgualdrina!

 

Metti la tua sulla mia fronte e la tua mano nella mia,

fa’ giuramenti che domani potrai rompere,

e insieme piangiamo fino all’alba, o focosella!

 

Spleen

 

Les roses étaient toutes rouges,

Et les lierres étaient tout noirs.

 

Chère, pour peu que tu te bouges,

Renaissent tous mes désespoirs.

 

Le ciel était trop bleu, trop tendre,

La mer trop verte et l’air trop doux.

 

Je crains toujours, – ce qu’est d’attendre! –

Quelque fuite atroce de vous.

 

Du houx à la feuille vernie

Et du luisant buis je suis las,

 

Et de la campagne infinie

Et de tout, fors de vous, hélas!

 

Spleen

 

Tutte rosse eran le rose

le ellere tutte brune.

 

Cara, per poco che ti muova,

mi tornano tutte le pene.

 

Nel cielo troppo blu c’era troppa tenerezza,

il mare troppo verde, nell’aria troppa dolcezza.

 

Io sempre temo (che cos’è l’attendere!)

l’atroce tuo fuggire.

 

Dell’alloro con le foglie laccate

e del bosso lucente sono stanco

 

e dell’infinita campagna,

e di tutto, ahi, ma non di te.

 

Note

 

[1] Il frammento è parte di una poesia mai pubblicata e conservata nell’archivio di Alfredo Giuliani con segnatura GIU-01-0193.

[2] Daniela La Penna, Traduzioni e traduttori, in Gli anni ’60 e ’70 in Italia. Due decenni di ricerca poetica, a cura di Stefano Giovannuzzi, Edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova 2003, p. 303.

[3] Ibidem.

[4] Antonio Schiavulli, L’avventura dentro i segni. La poesia novissima di Alfredo Giuliani, Gedit, Bologna 2008, p. 43.

[5] Alfredo Giuliani, La biblioteca di Trimalcione, Adelphi, Milano 2023, p. 160.

[6] A. Schiavulli, L’avventura dentro i segni, p. 182.

[7] A. Giuliani, La biblioteca di Trimalcione, p. 251.

[8] Id., La poesia è una cosa in più, in “il verri”, 11-12 (1989), pp. 13-19.

[9] Di seguito gli estremi bibliografici dei principali volumi: Poeti americani (1662-1945), a cura di Gabriele Baldini, Francesco De Silva, Torino 1949; Poesia americana contemporanea e poesia negra, introduzione, versione e note di Carlo Izzo, Guanda, Parma 1949; The new American poetry. 1945-1960, edited by Donald M. Allen, Grove Press, New York 1960; Poeti inglesi dell’Ottocento, a cura di Mario Praz, con 18 xilografie di Pietro Parigi, Bemporad, Firenze 1925; Twelve modern poets, an anthology edited by Artur Lundkvist, The Continental Book Company, Stockholm 1946; Poesia inglese contemporanea da Thomas Hardy agli apocalittici, introduzione, versione e note di Carlo Izzo, Guanda, Parma 1950; Florilège des troubadours, publié avec une préface, une traduction et des notes par André Berry, Librairie Firmin-Didot, Paris 1930; Antichi poeti provenzali, tradotti da Diego Valeri, all’Insegna del Pesce d’Oro, Milano 1954; Venticinque poesie dei primi trovatori, a cura di Aurelio Roncaglia, Società tipografica modenese, Modena 1949; Nuova poesia francese, a cura di Carlo Bo, Guanda, Parma 1952; Antologia del surrealismo, a cura di Maurice Nadeau, Macchia, Roma 1948.

[10] Federico Milone, Intersezioni fra traduzioni e versi di Alfredo Giuliani, in “Moderna”, 1-2 (2017), pp. 207-217: 213.

[11] Wallace Stevens, Mattino domenicale ed altre poesie, a cura di Renato Poggioli, Einaudi, Torino 1954.

[12] Si fa riferimento al testo Cuore leone, inserito in Ebbrezza di placamenti (Manni, Lecce 1993)

[13] Per la traduzione come «forma di critica in atto» cfr. Pietro Benzoni, Versioni d’autore, in prosa e in versi. Lingua e stile delle traduzioni novecentesche, Cesati, Firenze 2018.

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