di Pascal D’Angelo
[Sono uscite da poco per Radici Edizioni le Poesie di Pascal D’Angelo (poeta nato in Abruzzo e emigrato nel 1910 negli Stati Uniti), a cura di Massimo Tardio e con la traduzione di Mariagiorgia Ulbar. Proponiamo alcune poesie di D’Angelo e la nota di Ulbar].
Incidente al deposito di carbone
Come uno splendido sogno che muore schiacciato sotto il peso del risveglio
giace, membra gettate all’abbandono, sul fondo liscio di una buca di carbone scintillante.
Appoggiàti ai badili, sudati,
facce rosse alla luce della lanterna,
ancora caldi per la foga dello scavo sentivamo appena il vento freddo di
mezzanotte.
Era un tipo bello e tranquillo, un padre di famiglia con cui parlavo spesso
di gioie futili e pene del nostro piccolo mondo scuro
all’osteria il sabato sera.
E ora eccolo là, uomo enorme, un sole spento seguito ancora da fedeli invisibili
pianeti,
sorge su mondi estinti in un’eclisse attraverso una miriade di stelle – svanito
come una bolla nella corrente dell’eternità,
andato in pezzi incautamente sulle cascate maestose di lidi ignoti.
E tornavamo lenti verso casa, tremanti, smarriti, cupi –
tranne un ragazzo che tentava di ingannare sé stesso e i suoi pensieri assillanti
con una barzelletta sciocca sul morto –
Iniziò a cadere la neve come un sogno bianco nel duro sonno della notte
d’inverno
e una donna con gli occhi impazziti emerse correndo dall’oscurità.
*
Alba
Un diluvio di splendore allaga le pianure del vento
e sbatte contro il fianco della collina lontana
madre premurosa
che nutre tutti gli alberi che si stringono al suo seno.
Il silenzio si spezza,
silenzio, impotente, come un mastodontico albero divelto
da cui sciamano nugoli di visioni bianche inespresse
che da tutta la notte dormivano scintillanti sui rami –
Silenzio capovolto che sprofonda e radici che si sollevano tremanti tutt’intorno.
E un pensiero di sonno
strattonato dai sogni
si dibatte furioso,
tirando colpi nel sonno
per giungere a un risveglio libero, vasto.
*
Gemme di pensieri
La luna un gigantesco lume pallido che brucia nella moschea della notte,
inonda i tuoi i capelli di calmo splendore dorato:
il vento adorante intreccia i suoi morbidi capelli di seta coi tuoi.
“Tu non mi senti, ma come posso dimenticare le tue mani
che hanno tessuto un soffice lino di carezze nel telaio della mia giovinezza”.
“Lascia che la marea crescente dei tuoi sorrisi inondi la riva assetata del mio cuore”.
*
Luce
Ogni mattina, affrettandomi al lavoro lungo River Road,
supero la baracca del vecchio spilorcio Stemowski,
e ansima lì accanto una nuvola bianca profumata di acacie.
E la primavera pungente mi trafigge.
Gli occhi d’un tratto felici, come le ombre delle nuvole a lungo arenate in luce diafana
quando incontrano il riparo del buio.
Poi mi precipito al cantiere.
Ma al lavoro la mia mente ancora vaga tra i sogni in cerca di bellezza.
Sanguino di angoscia! Soffro.
In mezzo ai miei colleghi allegri, che ridono senza senso! Forse è il prezzo di un sogno proibito sprofondato nel mare purpureo di un futuro oscuro.
*
A un poeta morto
Il sole brilla distante come un gigantesco sigillo di splendore
e misura i segreti dell’eternità.
Davanti al suo sconcertante splendore,
i tuoi occhi erano come strani cieli popolati di anime di sorrisi;
e ora – e ora sono volati via coi loro fardelli di bellezza
oltre il sigillo gigantesco della luce.
Cos’eri tu se non un sogno – un sogno gentile
nei pensieri del tuo destino assopito?
Il Bruto si è svegliato e tu sei svanito
nei sentieri del sogno oltre la luce.
E ora devi disobbedire per sempre
al dolce richiamo della primavera.
*
Nota
di Mariagiorgia Ulbar
Leggere e tradurre i testi di Pascal D’Angelo rappresenta l’incontro con una lingua che, per l’autore, ha significato l’avvicinamento a un mondo che gli era, per origine e appartenenza, distante: la lingua di un paese straniero e ostile, dove lo spazio concesso è soltanto quello del lavoro di fatica, di un margine nell’isolamento tipico del migrante condannato, senza possibilità di anelito, ad abitare la condizione di povertà che, persino nelle società più inclusive o che aspirano a esserlo resta, di fatto, condizione vituperata di esclusione.
Studiare e leggere la poesia in lingua inglese e provare a scrivere in una lingua non di nascita è stato per Pascal D’Angelo il più forte atto desiderante di una intera vita; pertanto, nel mio lavoro di traduzione, ho provato a lasciar emergere il grande sforzo e il grande amore da lui impiegati nella stesura dei testi.
Le trascrizioni giunte fino a noi presentano spesso piccole differenze tra una versione e l’altra o refusi e un uso talvolta vacillante della punteggiatura. Ho scelto di preservare i segni di interpunzione originali quasi nella loro totalità, anche in casi in cui risultano ridondanti; tuttavia, ho lasciato talora cadere qualche virgola o trasformato punti fermi in virgole nel caso in cui i segni della versione originale avrebbero rischiato di confondere la lettura della versione italiana. Ho preferito, inoltre, non conservare tutte le maiuscole a inizio di verso e di alcune parole, poiché credo che l’addomesticamento proposto renda l’aspetto del testo sulla pagina più contemporaneo e permetta un servizio leale alle poesie di Pascal D’Angelo, considerato che la loro ricezione avviene nel mondo odierno.
Nel licenziare questa traduzione e nella gioia di una nuova pubblicazione per un autore dalla difficile vicenda esistenziale e sorte editoriale, mi auguro che il ponte o filo che la mia traduzione può rappresentare nell’unire un tempo e un’opera al tempo e al mondo letterario di oggi, sia una carezza per la scrittura di Pascal D’Angelo, la sua storia e la sua memoria.
Abito Molto lontano dal mio paese natale da L Italia nostra
Poeta non sara anche colui che si sente si trova forestiero anche a casa Sua
quando le lacrime diventano inchiostro e scrivi a mani vuote ?
Povera Italia senza di noi dispersi e disperati per il mondo
Perche non ci lasciate ritornare da noi stessi ?