Nel 2024 le Edizioni Casagrande di Bellinzona (canton Ticino) compiono 75 anni e la Libreria Casagrande, da cui sono nate nel 1949, 100. Per festeggiare è stato pubblicato il volumetto «Cent’anni di libri e libertà», che racconta la storia di libreria e casa editrice attraverso fotografie, testimonianze e aneddoti.
Sabato 14 settembre alle 21.00 il festival Babel ospiterà, nel giardino del Teatro Sociale di Bellinzona, una serie di letture in occasione del compleanno della casa editrice, con gli interventi degli autori e traduttori Alberto Saibene, Claudia Quadri, Fabio Pusterla, Maurizia Balmelli e Michael Fehr. A seguire si terrà un concerto di Michael Fehr per festeggiare i 50 anni della Collana Ch, progetto che promuove la traduzione di opere svizzere contemporanee.
Anche LPLC festeggia Casagrande proponendo proprio un racconto tratto da Hotel Bella Speranza, il nuovo libro dello scrittore bernese Michael Fehr, nella traduzione di Alessia Ballinari.
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Il meteorologo Lavanda Wellington
di Michael Fehr
Una classe va in visita dal meteorologo Lavanda Welling-ton, fra i ghiacci e le nevi perenni. I bambini indossano pellicce bianche con il cappuccio. Anche il maestro indossa una pelliccia bianca con il cappuccio. Per fortuna il cielo è bianco come la neve e i ghiacci ma non nevica, e gli scolari possono guardare il panorama. Davanti alla tenda color lavanda del meteorologo, la classe aspetta che Lavanda Wellington faccia la sua comparsa.
Wellington, in abiti di plastica color lavanda, sbuca fuori dalla tenda. Siccome l’ingresso era ben chiuso da numerosi strati sovrapposti del materiale di cui è fatta la tenda, per uscire deve praticamente rimuovere uno strato dopo l’altro. Stretto in mano tiene un sacco di plastica color lavanda, che ora svuota rovesciandolo di fronte alla classe. Dal sacco rotolano fuori dei vasetti in vetro per la marmellata, ognuno con il suo coperchietto in metallo.
Lavanda Wellington: «Benvenuti bambini!»
I bambini: «Buon giorno signor meteorologo Wellington, grazie per averci permesso di venire a trovarla. Siamo molto curiosi».
Lavanda Wellington: «Lo credo bene, e vi dirò che ne avete tutte le ragioni. Osservate questo materiale, potete anche toccarlo: la tenda, i miei vestiti e questo sacco di plastica sono fatti dello stesso identico materiale. È plastica polare. Se qualcosa viene avvolto nella plastica polare non gela, non importa che temperatura esterna ci sia. L’interno della mia tenda non gela, io non congelo sotto questi vestiti e dentro questo sacco non gela nulla. Si può ordinare questo tipo di plastica in diversi colori. Io scelgo sempre il color lavanda per via del mio nome, dato che, com’è noto, mi chiamo Lavanda».
I bambini si passano l’un l’altro il sacco di plastica, in modo che ciascuno di loro possa guardarci dentro e saggiare la consistenza del materiale accarezzandolo con la mano e stringendolo fra le dita.
Un bambino si scosta il cappuccio dal viso e si passa il sacco sulla guancia. «È un po’ come pelle».
Lavanda Wellington: «Esatto, ottima osservazione. Un po’ come pelle, ma molto più resistente».
Wellington prende il sacco dalle mani del bambino, lo apre, ci entra e si accovaccia, tira i lembi del sacco verso l’alto fino a sparirci dentro e con i gomiti rivolti verso l’esterno preme sulle pareti del sacco di plastica più forte che può. La plastica resiste alla pressione senza alcuna difficoltà, il sacco non si strappa.
Lavanda Wellington: «Guardate, bambini, ecco cosa intendo quando dico resistente».
Il maestro: «I bambini devono tenere tutti il cappuccio in testa».
Il bambino che aveva saggiato la consistenza del sacco di plastica portandoselo al viso si tira di nuovo su il cappuccio di pelliccia.
Lavanda Wellington: «E ora guardate questi vasetti di marmellata. C’è stato un tempo in cui ero un meteorologo acclamato. Ricevevo inviti a tenere relazioni ai simposi, alle conferenze, e incarichi di consulenza per vecchi e nuovi istituti meteorologici. Mi accadeva così di pernottare spesso in albergo. E a colazione mi portavo via questi vasetti di marmellata, uno alla volta. Sembravano perfetti per quello che avevo in mente, e infatti si sono rivelati perfetti. Come potete vedere, li utilizzo ancora. Pratico nei coperchietti metallici un minuscolo foro, attraverso il quale l’aria può entrare all’interno dei barattoli in quantità accuratamente misurata, anche quando il coperchio è chiuso».
I bambini raccolgono i vasetti di marmellata da terra e, avvicinando il più possibile i coperchietti agli occhi, si accertano che siano effettivamente provvisti di forellini.
«Sì, abbiamo visto. I coperchi hanno dei fori, e si possono avvitare fino a chiudere i vasetti».
Lavanda Wellington: «Esatto. Verso quindi in ciascun vasetto qualche goccia di un determinato liquido, poi chiudo bene i vasetti e li dispongo secondo una determinata coreografia in questo sacco di plastica che abbiamo appena osservato nel dettaglio, dopodiché posiziono il sacco in un determinato punto del paesaggio immacolato in base ai miei interessi del momento. Chiudo bene il sacco di plastica, ma non lo sigillo perché, come potete immaginare, bisogna che l’aria penetri all’interno della plastica per poter arrivare all’interno dei vasetti attraverso i fori».
I bambini: «Che liquidi sono quelli che lei mette nei vasetti?»
Lavanda Wellington: «Mi dispiace, ma purtroppo non posso darvi informazioni in proposito: è proprio questo il mio segreto. Se si sapesse, nel giro di pochissimo tempo tutti gli istituti meteorologici applicherebbero ampiamente il mio metodo di lavoro, e nel giro di pochissimo tempo io verrei dimenticato e abbandonato fra i ghiacci e le nevi perenni. Solo una cosa posso rivelarvi: all’apparenza i miei liquidi sono del tutto simili all’acqua».
Dal paesaggio candido si leva la voce di un bambino: «La meteorologia è superappassionante, sotto la mia pelliccia sto cominciando a sudare!»
Il maestro: «Per tutta la durata della visita nelle regioni fredde è vietato agli alunni sbottonarsi la pelliccia bianca e togliersi dalla testa il cappuccio».
Un altro bambino a Lavanda Wellington: «E dopo un certo periodo lei recupera il sacco di plastica, lo porta nella sua tenda, esamina i vasetti e dall’esito dell’esame può prevedere che tempo farà».
Lavanda Wellington: «Esatto. Hai capito perfettamente».
Il bambino: «E quanto sono accurate le sue previsioni?»
Lavanda Wellington: «Mi permetto di dire che sono le più accurate che ci siano. Il sottoscritto è in grado di stabilire con il cento per cento di probabilità il colore del cielo fra un centinaio di sfumature di grigio che vanno dal bianco al nero. Posso prevedere la neve, le precipitazioni nevose, la quantità di neve, la conformazione dei fiocchi e la velocità di caduta in relazione all’esatta forza del vento in cento combinazioni diverse con il cento per cento di probabilità. Sono in grado di prevedere un temporale con il cento per cento di probabilità, e di indicare l’esatto momento in cui cadrà ogni singolo fulmine nonché il numero delle sue diramazioni».
Il bambino lo interrompe: «Impressionante. E quanto tempo deve rimanere sul terreno il sacco di plastica?»
Lavanda Wellington: «Tre giorni. Tre volte ventiquattr’ore».
Il bambino: «E quanto tempo le occorre per esaminare i vasetti e formulare le sue previsioni?»
Lavanda Wellington: «Cinque volte ventiquattr’ore».
Il bambino: «Quindi il momento in cui lei recupera il sacco dal terreno e lo porta con sé nella tenda è decisivo».
Lavanda Wellington: «Esatto».
Il bambino: «E i suoi vasetti, con quanti giorni d’anticipo possono prevedere il tempo?»
Lavanda Wellington: «Tre giorni».
Il bambino: «A lei però servono cinque giorni per esaminare i vasetti».
Lavanda Wellington si stringe nelle spalle, e i suoi vestiti in plastica color lavanda producono un leggero fruscio. La testa gli ricade sul petto, sembra spossato, e i tratti del volto si afflosciano.
Lavanda Wellington sospira: «Sì, è così».
Il bambino: «Quindi lei, dopo aver esaminato i vasetti per cinque giorni, è in grado di fare delle previsioni esatte sul tempo di due giorni prima. Potrebbe benissimo starsene seduto davanti alla sua tenda a osservare il cielo, e due giorni dopo riferire com’era».
Lavanda Wellington sta chiaramente aspettando che l’intera classe, rimasta senza parole, dopo un istante di assoluto silenzio scoppi a ridere, che tutti i bambini ridano a crepapelle indicando quell’idiota del meteorologo, che non riescano a smettere, che ridano fino alle lacrime e di nuovo lo additino.
Lavanda Wellington sospira: «Sì, è così».
Ma l’unico che alza il braccio e gli punta addosso il dito, che scoppia a ridere, anzi che si sbellica, è il maestro. Ride a crepapelle e indicandolo dice: «Ma guardate un po’ questo completo idiota! Veniamo qui con tutta la classe, fra i ghiacci e le nevi perenni, apposta per incontrare un certo tal meteorologo, e cosa troviamo? Un babbuino a cui ha dato di volta il cervello!»
Rapido un bambino si gira e indica un punto lontano nel paesaggio innevato: «Ehi, uno scoiattolo!» grida.
Rapida l’intera classe si gira a guardare: «Hai ragione, uno scoiattolo! Incredibile come corre svelto sulla neve e sul ghiaccio!»
Il maestro sta piangendo dal ridere, si volta per ultimo e guarda anche lui in lontananza. «Ma dove, io non vedo niente, qui non c’è nessuno scoiattolo».
Il bambino: «Sì invece, è così veloce che è già sparito, ma noi lo abbiamo visto benissimo! Era là, nella neve, che correva veloce con la sua bellissima coda folta».
Il maestro: «Che scemenza».
I bambini si voltano di nuovo verso Lavanda Wellington.
Uno di loro: «Caro signor meteorologo Wellington, la ringraziamo tantissimo per averci permesso di farle visita. È stato entusiasmante e ci è piaciuto molto, glielo possiamo assicurare. Vorrei farle una proposta, e credo di poter parlare a nome di tutta la classe: dopo la maturità ci iscriveremo tutti quanti a un corso di laurea in meteorologia. Magari dovranno passare quindici anni, ma alla fine del nostro corso di laurea la verremo a trovare, e magari potremmo aiutarla a migliorare ulteriormente il suo metodo di lavoro, magari incrementando al massimo l’efficienza del suo metodo, così che l’analisi dei vasetti di marmellata si concluda in un giorno o due, in modo che lei abbia informazioni sul tempo con uno o due giorni di anticipo e possa formulare con uno o due giorni di anticipo le sue previsioni esatte al cento per cento».
Tutta la classe annuisce sotto i bianchi cappucci di pelliccia.
Un accenno di sorriso traspare dal volto del meteorologo Lavanda Wellington.
«Sì, sarebbe bellissimo, grazie davvero, cari bambini. Vi aspetterò molto volentieri: allora ci rivediamo qui fra una quindicina d’anni».
Da: © Michael Fehr, Hotel Bella Speranza, traduzione di Alessia Ballinari, Edizioni Casagrande, 2024