di Matteo Tasca
[Esce oggi per Industria & Letteratura, nella collana di poesia “Obtorto collo” diretta da Riccardo Frolloni, Un giorno di festa di Matteo Tasca. Ne pubblichiamo alcuni testi].
Cosa abbiamo fatto dopo aver visto il cortometraggio su Atalya Ben Abba
L’aspirazione fondamentale della filosofia dei nostri giorni
è creare un mondo al di là del sociale e dello storico. […]
Quando le vie creative della storia sono bloccate, rimangono
solo i vicoli ciechi del superamento individuale di una vita divenuta insulsa.
V.N. Volosinov, Freudismo
Anche noi abbiamo i nostri modi
di rispondere con un sì o con un no
alle piccole vocazioni
del nostro destino privato: adesso
per esempio aspettiamo la chiamata
dello spaccino di fiducia che ci svolti
la serata – questo è uno che coltiva
tutto da solo niente cosa nostra
né camorra, magari non cambierà un cazzo
ma almeno la soddisfazione
che le cose le hai fatte per bene –
siamo finiti a casa di qualcuno
a vedere un documentario di nat-geo
sui predatori pericolosi
che alla fine sono quelli che più ti catturano
sullo schermo ci sono due grizzly
che lottano per la zona di caccia
ma al più vicino alla telecamera
d’improvviso, forse per lo sforzo, gli scappa
da cacare, prima timidamente,
poi come un fiume in piena,
la voce del reporter ammutolisce,
e così lui caca e lotta come un disperato
nel silenzio e nella propria merda,
noi ridiamo a crepapelle finché
da fuori non arriva un’altra voce
ciao amici ciao, sono io, l’alba,
cosa fate di bello? il suo splendore uniforme
livella il pieno col vuoto si attacca
ai punti di intersezione tra le cose
ci lascia semicancellati nella luce
e allora capiamo che la sua vittoria
sarà irrimediabile perché era questo
che sognavamo da sempre ma senza saperlo
compimento di ogni agire
e di ogni patire
vita che s’accentra nel punto di fuoco
e lì torna pura.
*
Paesaggio XV
Oltre la siepe giocano
i bambini di Casal Bertone,
gridano felici; intanto un passero
si siede qui vicino
e ti canta una canzone:
è entrata in te
una giornata di festa
dove ognuno è il benvenuto,
e tu sei il salone
e tutti gli invitati.
Vorrei fotografare tutto questo:
il parallelismo tra la linea
della siepe e lo steccato,
i sostegni laterali del gazebo,
il muro della chiesa
alto che non si vede la fine –
e la pienezza di poco prima
è già fuori, liberata
da te che non avevi diritto,
e mentre si allontana
la senti per un attimo più acuta,
era di altri e la rendo con piacere,
come un cane che ha voluto fare lo scemo
ma alla fine riporta con gioia
la palla al padrone.
Adesso sei un uomo in un giardino,
stai pensando se ascoltare
un po’ di musica, la giornata
è bella, la colazione
che ti aspetta.
*
Essere legati
Le coppie in silenzio al ristorante,
una certa inclinazione della luce
che fa brillare gli occhi di una donna
sul lungarno, quelli che comprano
lo stesso pigiama e si fanno le foto
col cane, mio padre che non dorme
nel letto con mia madre: queste cose
non sono diverse, hanno in loro
lo stesso mistero di oscenità e calore.
(Eppure è così che noi facciamo
quando un giorno, chissà come,
ci troviamo di fronte una cortina di luce
oltre la quale non c’è niente, e questo
felicemente, come un sorriso di cortesia,
che non significa nulla ma chiede
un sorriso in risposta, e ci dice che la vita
è lì o in nessun luogo, e minaccia
di durare per sempre)
*
Sulla veranda
Ecco gli uomini: stasera
sono usciti tutti,
parlano sulla veranda
o danno da bere alla menta, sono belli
così lontani e in movimento,
scorrono sulla superficie del mio mondo
e non sanno quanta nostalgia
ho di loro. E io potrei
toccarvi se volessi, prendervi
e portarvi chissà dove, vorrei tanto
correre a giocare con voi,
conoscere tutto delle vostre vite,
ma questo forse rovinerebbe qualcosa,
o comunque sarebbe diverso
da quello che esiste adesso tra noi,
ora che la vostra muta presenza
mi basta, e sapere che ci siete,
che per voi non sono niente
che non posso farvi male.
*
Qualche mattina ti svegli e non senti
né gioia né dolore, la giornata è una cosa
che si fa, come una costruzione semplice,
un sogno come essere disperati
o preparare il pranzo. Camminare
è camminare dentro uno o due pensieri centrali,
che qualcuno ha pensato una volta
e poi sono rimasti fuori, sono cresciuti
e ora non entrano in tutta una lingua.
E dici buongiorno fatto un bel sonno
era buono il caffè e le frasi hanno un peso
che è loro e cadono subito via dalla voce,
ora si è fatta nuda e bella come un suono
dentro una chiesa, arriva da tutte le parti
e non ha niente da dire se non
questa nostra appartenenza.
Se lo ripeti buongiorno buongiorno è già casa
dentro una notte conosciuta, senza desideri.
*
Si capiva che era morto perché era steso in un modo diverso
aderiva alla strada con un abbandono di cui i vivi non sono capaci.
Aveva queste spalle così rilassate
era per forza una cosa che aveva fatto l’uomo
(in questo caso l’autista di un bus che si tiene la faccia e piange)
una cosa artificiale come le rotatorie o le corsie preferenziali
che i vivi attraversano senza chiedere permesso,
il traffico gli germoglia da un orecchio e si dirama verso casa
o nei parcheggi dei locali, sopra lui c’è Roma
che cresce e si moltiplica ed è tutta una festa
dove ognuno si diverte come può.
Faceva il rider
la fatica del movimento
gli altri che ti cercano
ti chiamano a qualunque ora.