di Jean-Patrice Courtois
[Il 2 novembre 1975 moriva Pier Paolo Pasolini. Proponiamo un saggio di Jean-Patrice Courtois inizialmente apparso nella rivista “Europe” (n° 1026, 2014), prima di essere pubblicato come postfazione dell’edizione francese de La rabbia, edita nel 2020 dalle edizioni Nous (Pier Paolo Pasolini, La rage, traduzione di Patrizia Atzei di Benoît Casas, introduzione di Roberto Chiesi)].
Sono passati secoli. Abbiamo cambiato diverse volte di mondo dal tempo di questo libro di Pasolini, laboratorio del film La rabbia, uscito nell’aprile del 1963 e rapidamente ritirato dagli schermi. Esso verifica, nel modo più preciso che si conosca, questi cambiamenti di mondi tra gli anni Cinquanta, ai quali si aggiunge l’inizio degli anni Sessanta, e l’oggi. Poiché osa lavorare con dei marchiatori, il politico e il poetico, che rende assolutamente suoi attraverso il tipo di correlazione che li unisce e allo stesso tempo li separa l’uno all’altro e l’uno dall’altro. Se essi non si perdono mai di vista, è per la grazia della rabbia, questo moltiplicatore dei volti del mondo e questo rallentatore del ritmo dei gesti, che agisce come un grippante dei meccanismi del mondo “così come va” (Marivaux), in questi anni, in Italia, e nel mondo, quindi piuttosto “mondiale” più che “globale”. È possibile leggere questa sceneggiatura lirica, questo commento d’archivio dall’andatura da poema politico, raccontato sullo schermo dalle voci di Bassani e Guttuso, lo scrittore e il pittore, questa sequenza di poesie e prosa, è possibile leggere questo libro a pieno titolo e senza genere letterario definito in tre maniere diverse: attraverso i fatti menzionati (la materia), attraverso la prospettiva che il commento, prosa o poema, dovrebbe produrre rispetto alle immagini del film (la dialettica) e attraverso la verifica delle domande stabilite da Pasolini quando si rivolgono verso il nostro presente (la teoria). Occorre non sacrificarne nessuna nella lettura e La Rabbia, libro a tre dimensioni, non è pensabile che in questo volume e in questo spazio.
L’introduzione di Roberto Chiesi fornisce dettagli sulle circostanze storiche che hanno accompagnato la realizzazione del film, di cui il libro è la sinossi completa dei testi di commento, sia di quelli che si possono ascoltare nel film, sia di quelli che sono stati soppressi. Rinviamo ad esso e ricordiamo alcuni fatti. Domanda preliminare: esiste innanzitutto un genere per i fatti riportati nel libro? Essi costituiscono il materiale di un mondo che ci viene presentato come ciò che ci circonda, che ci fa e ci determina a essere o a agire. E, in questo senso, non c’è un genere di fatti: il loro serbatoio è nella storia mentre è in corso di farsi, certo, ma diffrattata in così tanti raggi distinti che i fatti presenti sono di tutti i generi. Il volto di Marilyn alla fine coperto dai tentacoli della Guerra Fredda, la sepoltura del grande De Gasperi, l’uomo di Stato, il ritorno dalla Grecia delle ceneri dei soldati morti, tutte queste ceneri si aggiungono a quelle di Gramsci e formano la base della materia personale e anonima degli uomini nella storia. Ma ci si trova anche la nascita dell’Europa e della CECA, l’industria atomica, la canzonetta di Carla Boni, la guerra di Corea, Cuba, Suez, l’arrivo della televisione – questo “mezzo per dividere la verità” – e la morte di Marilyn Monroe, a cui un poema sublime rende omaggio. Il poeta la trasforma nella “sorellina” diventata simbolo di un “male mortale” e sottoposta a questa verità invertita, la cui conseguenza fu che un giorno la sua “bellezza non fu più bellezza”. La materia, lo si vede, attraversa gli eventi storici della Guerra Fredda, così come le apparizioni incantate che sono le attrici o le canzoni su cui incombono le ombre putrescenti della storia. I fenomeni vengono colti mentre emergono in un piano che raffigura la storia in movimento: il razzismo, la decolonizzazione, la ricolonizzazione, l’“uniformizzazione” degli atteggiamenti – al contrario di ciò che è la tradizione, “una grandezza che può esprimersi con un gesto”. Il volo nello spazio appare come una realtà storica presente ma anche come una realtà utopica a venire: la storia si muove, ma in quale senso? Pasolini indica che questa “illusione ottica” che consiste nel vedere dallo spazio è l’unica che ci permette di immaginare che è necessario inventare un altro spazio per vedere in modo diverso. Dal passato, che solo la rivoluzione può salvare (lo dice in un aforisma), dal futuro, che solo la storia può ignorare nel treno del suo presente. E lo spazio cosmico si trova anche sulla terra, essendo il volo in orbita all’origine di “piaghe più profonde sulla crosta della terra”. Lo spazio orbitale appare come tempo storico terrestre. La diversità delle materie (uomini anonimi, uomini o donne non anonimi, eventi, tecniche, fenomeni sociali ed economici) mostra sia una serie di giustapposizioni sia uno spazio di correlazioni. La materia depositata e disposta è infatti la materia del mondo nel suo disordine percettivo organizzato. Non è necessario designare gli organizzatori per percepire l’organizzazione.
La dialettica racchiusa nel libro è quella del montaggio, di cui non si può avere che l’idea o l’immaginazione. La sceneggiatura-poema deve essere letta con l’idea che il film si svolga e che le immagini d’archivio si concatenino. E si comprende che il montaggio è sia interno che esterno. Interno alle immagini d’archivio selezionate e montate, nel senso di una particolare estrazione effettuata da Pasolini, ed esterno, attraverso l’intersezione con la sceneggiatura proferita da Bassani e Guttuso. Si sentono gli spazi bianchi, si immaginano gli effetti di contrasto con ciò che si vede. La materia del mondo esiste solo in questa dialettica del montaggio. E il libro, con la sua numerazione, la sua disposizione particolare, lascia spazio non all’effetto completo, ma al luogo da dove si può immaginare l’effetto completo. Fa da supporto per la nostra immaginazione. La dialettica del montaggio consiste, tanto per il film che per il libro, che in questo modo si riuniscono, nel fatto che il luogo reale delle azioni è lo spazio mentale dello spettatore o del lettore, come Grotowski d’altra parte aveva stabilito e pensato per il teatro, nello stesso momento. Ed è la dialettica del montaggio che mette in movimento la materia del mondo, in modo che è anche nello spazio mentale del lettore che possono avvenire le correlazioni. Come, ad esempio, quella che lega la corruzione della bellezza di Marilyn a quella del potere politico e dei suoi dintorni nel mezzo di un mondo storico.
Infine, La rabbia deve essere letta sul piano di un discorso teorico. Di quale teoria si tratta? Di una teoria della storia, non dichiarata come tale, ma manifestata da una implicita teoria della data. Le parole stesse hanno una data, vale a dire, un’apparizione e un’obsolescenza. Pasolini effettua la diagnosi del momento storico attraverso le parole uniformazione, normalità, adattamento, conformismo, ordine borghese o anche doppiopetto. Non le si utilizzerebbe più oggi, se non come citazioni, ma oggi designano, e non solo perché viviamo nello spazio delle loro conseguenze: il percorso si misura, ad esempio, da mondiale a globale. Questi termini sono come i pesci che sporgono la testa dall’acqua e datano quel momento, poi ripiombano con velocità diverse in fondo al mare. Alcuni scadono più rapidamente di altri, le velocità delle formazioni ideologiche della lingua variano. I termini vengono restituiti o conservati o cambiati. La data è dunque prima di tutto una potenza di descrizione delle emergenze. Ma non solo. La forza di questo libro dipende dal fatto che questa descrizione può ancora orientare le nostre. Le parole hanno una data, ovvero un’iscrizione nel momento storico, che, se è anche un’iscrizione, lo è senza prescrizione. La data separa l’attuale dall’epoca e restituisce all’“ontologia della attualità” cara a Michel Foucault il suo potere di descrizione al di fuori della storicità descrittiva della data. Pasolini coglie la storicità del capitalismo chiamando neo-capitalismo quello di questi anni. Conosce la “grande trasformazione” del capitalismo, il suo potere di metamorfosi. E lo scopo di questo libro è quello di rallentare attraverso il poema l’emergere del neo- per rivelare le nuove figure del capitalismo e delle sue schiavitù nuove e inosservate. Noi siamo, oggi, più lontani nel fiume delle trasformazioni, ma la misura della distanza che è la teoria della data costituisce un aspetto di una teoria della storia. E ciò che lo mostra con buffoneria e ferocia, con rabbia quindi, una rabbia calma ed efficace come la grazia, è il documento che forma il libro, documento che non è che materia del mondo, dialettica del montaggio e teoria della storia attraverso la data. La matrice del documento che è La Rabbia ci dice in fondo questo: solo i vinti hanno una soggettività
(traduzione di Francesco Deotto)
NdT: ringrazio Jean-Patrice Courtois e Daniel Pullara per aver discusso con me alcuni aspetti della traduzione.
[Immagine: Pasolini al lavoro su “La Rabbia”, con Nino Baragli e Gastone Ferranti].