di Emanuela Bandini

 

Consigli di classe. Scuola, democrazia e società, 
rubrica a cura di Mimmo Cangiano

 

In alcune mie classi sono arrivati o stanno arrivando, grazie ai fondi PNRR per gli ambienti di apprendimento, i nuovi banchi a trapezio, e sono proprio belli.

Belli e innovativi come tutti i progetti realizzati con i fondi PNRR: innovativi, dinamici, flessibili, componibili, cooperativi, futuristici e futuribili. Certo, per averli abbiamo dovuto compilare un numero incalcolabile di bandi, graduatorie, progetti, delibere, piattaforme online, preventivi, consuntivi e rendiconti. Però, sono indubbiamente belli.

Belli ma costosetti: da una rapida ricerca in rete, hanno prezzi variabili dai 120 ai 180€ ciascuno contro i 50-80€ di quelli “tradizionali”, ma volete mettere quei bei piani di lavoro rossi, azzurri, violetti, con le zampette snelle e argentate? Altro che i vetusti piani di legno o di laminato biancastro!

 

E poi, sono componibili. Certo, lo erano anche i vecchi banchi quadrati o rettangolari: bastava accostarli di lato per formare quadrati o rettangoli più o meno grandi; ma questi  a trapezio, affiancati per il lato obliquo, danno dei perfetti esagoni o pentagoni che, come tutti sanno, favoriscono il cooperative learning. Certo, se li si mette a tre a tre o a quattro a quattro la forma ottenuta  è parecchio sbilenca e zigzagante, e disposti in file orizzontali paiono il profilo di quel celebre monte «detto, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega». Effettivamente, metterli in file orizzontali non è una grande idea: la base maggiore, infatti, è di una ventina di centimetri più lunga di quella degli obsoleti banchi rettangolari, quindi, dove prima ce ne stavano sei, ora ce ne stanno solo cinque: se avete una classe piccola e affollata, buona fortuna.

Però sono belli, molto belli.

 

In verità, anche se hanno un lato molto lungo, sono un po’ piccini. Non solo in termini di superficie totale, ricavabile con la celebre formula basemaggiorepiùbaseminoreperaltezzadivisodue, e che è mediamente di circa 30 dm2, contro i 35 dm2 dei vecchi e brutti e poco cooperativi banchi rettangolari, ma anche in termini di distribuzione dello spazio. I giovani virgulti, infatti, siedono (generalmente poco composti) dalla parte della base maggiore, lasciando così due triangoloni di piano vuoto ai lati dei gomiti: così, hanno a disposizione per appoggiare quaderni diari astucci borracce libri case auto fogli di giornale solo la parte più ridotta del trapezio – probabilmente perché, lo sappiamo, tutto quello spazio garantito dai banchi rettangolari (e dal loro provvidenziale sottobanco) ormai è di troppo: sui banchi a trapezio del PNRR non servono libri e quaderni, perché si fa lezione con i tablet e i laptop del PNRR. Ah, quelli non sono arrivati? Non li avete richiesti? Non c’erano più fondi? C’erano i fondi ma potevate usarli solo per le aule immersive e i visori e le luci stroboscopiche e la macchina del fumo? Eh, pazienza, ci arrangeremo.

 

Ed effettivamente, io ho provato ad arrangiarmi, chiedendo a ragazzoni che sfiorano agevolmente il metro e novanta e a studentesse alte come top model di sedersi dalla parte della base minore di questi bellissimi banchi, in modo da sfruttare i due angoloni laterali per appoggiare le panoplìe che estraggono dai loro zaini. Impossibile. Proprio lì, dalla parte della base minore, ci sono le altre due gambe che reggono il piano: accomodarsi da quel lato significa assumere posizioni più consone ad una sessione di pilates acrobatico che ad una lezione sulla Gerusalemme Liberata.

Però i nostri banchi a trapezio belli belli in modo assurdo hanno le argentee gambe regolabili. Regola un po’ di qui, regola un po’ di là, le classi prendono l’aspetto, più che della consueta, piatta e noiosa e nebbiosa (e rettangolare, probabilmente) Pianura padana, di dolci paesaggi collinosi toscani o umbri, poiché ogni banco ha la sua precipua inclinazione destrorsa o sinistrorsa, anteroversa o retroversa, che fa scivolare sul pavimento, a velocità differenti ma uniformemente accelerate, matite penne gomme fogli e foglietti – sono certa che il celebre collega influencer ne saprebbe approfittare per un’eccellente dimostrazione laboratoriale di fisica, mentre io, che ambirei solo a terminare la spiegazione della Seconda guerra punica o di A Silvia mi infastidisco per i continui ticchettii causati dalla forza di gravità K e dall’accelerazione gravitazionale g che fanno rovinare sul pavimento gomme penne matite evidenziatori temperini.

 

Insomma, dopo qualche settimana di utilizzo, comincio a sospettare che questi banchi a trapezio, per cui abbiamo ammassato nei magazzini quelli vecchi, ancora perfettamente utilizzabili (alla faccia della sostenibilità e della transizione ecologica), e che hanno richiesto tempo ed energie per gestire una burocrazia a dir poco elefantiaca, in fondo, non siano poi così comodi, versatili, funzionali, efficienti ed efficaci come le sirene (e i due miliardi di euro) delle magnifiche sorti e progressive del PNRR ci avevano fatto credere. E lo stesso si potrebbe dire di moltissimi altri progetti PNRR dai nomi anglofoni e roboanti: next generation, classroom, labs, mentoring, tutoring, coaching, community, steam e stem.

 

Però i banchi a trapezio sono belli, proprio belli.

E stanno proprio bene in aule be… Ah, no: stanno in aule con i muri scrostati, le veneziane rotte, i neon intermittenti, gli armadi sfasciati, i buchi nei muri, le porte scardinate, le finestre a tagliola, i secchi sul pavimento quando piove; in scuole cadenti, non a norma anticendio, non a norma antisismica, con i bagni malfunzionanti, senza aria condizionata, senza palestre, senza laboratori, senza spazi verdi, senza biblioteche. Senza tutto quello che si sarebbe potuto avere usando in altro modo quei due miliardi, insomma.

1 thought on “Palinodia dei banchi a trapezio, o sui progetti PNRR

  1. Facendo eco alla citazione manzoniana contenuta nell’articolo, un’altra citazione dallo stesso scrittore viene spontanea: “Non tutto cio’ che e’ nuovo e’ progresso”. Questi sghembi banchi trapezoidali ‘belli’ quanto stupidamente inutili, diventano l’allegoria dell’idea di scuola di questo governo populista- tecnocratico-autoritario- beota: una scuola in cui si fa tutto, salvo imparare a pensare.

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