a cura di Laura Pugno

 

In questa nuova rubrica per LPLC, un autore o un’autrice ci consegna le sue quattro parole chiave, un nome (comune o proprio), un verbo un aggettivo e un avverbio, dal primo o dall’ultimo libro o dall’intero della sua opera.

Inaugura la rubrica e risponde Loredana Lipperini.





Nome: Quest, o Cerca
Attraversa quello che scrivo, attraversa quello che leggo. Non è compiere l’impresa, o non solo: è un attraversamento che cambia chi lo compie. Da Dora, la protagonista de L’arrivo di Saturno, fino al professor Forster de Il segno del comando che ho scritto per Railibri. Ma molte delle storie che amo sono una Quest, anche mascherata. Penso a Il Passeggero di McCarthy, per esempio. E ogni volta c’è una Morgana, o una Sibilla, o una donna sapiente che aiuta nel cammino.



Verbo: Incantare
Credo che l’incanto sia quello di cui abbiamo un disperato bisogno. Siamo sempre vissuti nell’incanto, ma lo abbiamo dimenticato. Ci si chiede di essere in veglia e presenti a noi stessi, di essere performanti, di dividere il mondo in razionale e irrazionale. Non funzioniamo così. Invece, oggi scriviamo di noi stessi in luogo di scrivere storie. Deleghiamo l’immaginario ad altri e ne diventiamo vittime anziché narratori. Si reincanta scrivendo, e scrivere è sempre acqua di vita. Non un mezzo, non un fine.



Aggettivo: Affatato/a
Magico, incantato, ovvero. Nell’inseguimento di Angelica Ludovico Ariosto descrive così Orlando:” ch’Orlando nato impenetrabile era ed affatato.” Essere affatati può essere un bene o un male. Essere affatati da una narrazione che non conosciamo e che viene dall’alto è un male. Affatare qualcuno con un racconto è bene. Come è bene usare un anello, come fa Angelica, per rendersi invisibili e fuggire da chi vuole imporci la sua volontà.


Avverbio: Immegliarsi
Non è un avverbio ma viene da un avverbio (meglio). Lo usa ovviamente Dante, in particolare in Paradiso (…come fec’io, per far migliori spegli/ancor de li occhi, chinandomi a l’onda/che si deriva perché vi s’immegli). E’ un auspicio non solo letterario, ma che riguarda il nostro modo di essere al mondo e di essere insieme. Per tornare a desiderare un futuro.

2 thoughts on “Nome, verbo, aggettivo, avverbio /1: Loredana Lipperini

  1. Abbiamo bisogno urgente di immegliarci, di riscoprire l’incanto, di tornare a cantare. Senza immaginazione non c’è rivoluzione.

  2. A PARTIRE DAL NOME A TUTTI I LIVELLI: CONOSCENZA E IMMAGINAZIONE.
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    “Bisogna delirare un po’ per trovare il nome giusto”, scrive Pietro Barbetta nel libro “Follia e creazione. Il caso clinico come esperienza letteraria” (Mimesis Edizioni, 2012). AnnaStefi, nella sua recensione (cfr. “Pietro Barbetta. Follia e creazione”, “Doppiozero”, 13 marzo 2013), muove dal nodo fondamentale del discorso:
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    “La nominazione – scrive [Barbetta] – s’interpone, gesto, tra il corpo e il linguaggio. La nominazione è vista nel suo potere performativo, battesimo: dare un nome, nella scrittura di un caso clinico, non è mero espediente; è scrivere un racconto, suggerire qualcosa di ulteriore, rifiutandosi di credere che il rigore senza immaginazione che pertiene al discorso scientifico non veicoli, con la sua pretesa neutralità, una distorsione, tanto più insidiosa perché celata. La vita non è un’essenza descrittiva piegata sui fatti. […]” (cit.).
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    Una indicazione e una sottolineatura formidabile, a mio parere, un #segnavia per venir fuori dall’orizzonte della tragedia, della “claustrofilia” (Elvio #Fachinelli, 1983), e aprire la strada a “una schizofrenia della salute” (Rubina Giorgi)!
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    STORIA E LETTERATURA E METATEATRO: IL “COME TI CHIAMI?” E LA “TRAPPOLA DEL TOPO” (IL “MOUSETRAP”). Questo è il problema amletico su cui riflettere: ne va del proprio “essere, o non essere” (Shakespeare, “Amleto”).
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    CREATIVITA’, E MENTE ACCOGLIENTE: “COME NASCONO I BAMBINI”? Freud dice: “La psicoanalisi è una mia creatura”. Ma “Chi”, Chi (lettera dell’ alfabeto greco: “X”), ha dato il nome a “Pietro Barbetta”, al “bambino” (a tutti gli “esseri” del “mondo”)?!
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    Federico La Sala

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