di Gregor Fitzi*
Nonostante la crescente resistenza nel paese, il Presidente francese Emmanuel Macron stringe un’alleanza di fatto con il partito di estrema destra di Marine Le Pen. Cosa spera di ottenere?
Appena insediato, il nuovo governo francese guidato dal primo ministro Michel Barnier ha già subito un primo voto di sfiducia l’8 ottobre. A chiederlo è stato il Partito Socialista, a nome dell’alleanza di sinistra del Nouveau Front Populaire. Si conclude così la turbolenta fase politica iniziata con le elezioni anticipate del 30 giugno e del 7 luglio 2024. Contrariamente a tutte le previsioni dei sondaggisti, che avevano indicato come vincitore il partito di estrema destra Rassemblement National, l’alleanza di sinistra ha sorprendentemente vinto le elezioni, ottenendo la maggioranza relativa dei deputati.
In qualsiasi democrazia parlamentare, il Presidente della Repubblica avrebbe incaricato la candidata del Nouveau Front Populaire alla carica di Primo Ministro, Lucie Castets, di formare un nuovo governo. Se non avesse superato il voto di fiducia, si sarebbero potute cercare altre soluzioni. Non così in Francia, il cui sistema presidenziale conferisce al presidente ampie prerogative e gli consente di nominare un governo, senza tenere conto del risultato elettorale. Così il presidente Macron ha inizialmente preso tempo fino alla fine dei Giochi Olimpici. Poi, nel corso di lunghe consultazioni, si è reso conto che il Rassemblement National non era contrario a tollerare un governo di minoranza composto dal suo partito: Ensemble pour la République e dai resti del partito gollista Les Républicains. Naturalmente, a condizione che le politiche del governo avessero un sapore decisamente di destra. Il risultato delle elezioni è stato così ribaltato ed è emersa una coalizione dei perdenti, sostenuta dal partito di estrema destra, contro la cui presa del potere i francesi nelle elezioni estive avevano formato con successo un Front Républicain. L’indignazione nei ranghi dell’alleanza di sinistra è stata enorme. Olivier Faure, leader dei socialisti, ha definito la formazione del governo un furto.
Mancava solo l’uomo giusto per guidare il nuovo governo. La scelta è ricaduta su Michel Barnier, un diplomatico di lunga esperienza che ha negoziato con il Regno Unito le condizioni quadro per la Brexit. Ma anche un politico le cui posizioni sono sufficientemente di destra da piacere a Marine Le Pen. Barnier ha già dimostrato, alla vigilia della formazione del governo, di poter soddisfare le sue aspettative, rimbrottando severamente il neo-ministro delle Finanze e dell’Economia Antoine Armand dopo che quest’ultimo aveva detto alla radio che il Rassemblement national non è una forza democratica conforme alla costituzione francese. Subito dopo, Barnier ha preso il telefono, chiamando Marine Le Pen per scusarsi a nome del ministro. Questa piaggeria nei confronti dell’estrema destra ha provocato un’ondata di indignazione anche all’interno del partito di Macron, con le conseguenti dimissioni di quattro deputati. Tuttavia, il governo Barnier ora è in carica, ha superato il primo voto di sfiducia grazie al Rassemblement National e si sta preparando a far passare in parlamento la legge finanziaria 2025 in questa costellazione.
Per evitare che la sinistra potesse anche solo tentare di trovare una maggioranza in parlamento, Macron ha stretto un’alleanza di fatto con Le Pen. Ciò solleva interrogativi sulle ragioni che hanno spinto entrambi a intraprendere questo esperimento e sui rischi che stanno correndo sia loro, che il sistema politico francese nel suo complesso. Sotto la presidenza di Macron il debito pubblico francese è esploso. Ciò è dovuto in gran parte alle agevolazioni fiscali per le grandi imprese e per i redditi più elevati che Macron ha introdotto dal 2017. Poiché queste norme non hanno portato alla ripresa economica desiderata, il Nouveau Front Populaire, avendo vinto le elezioni, una volta al governo le avrebbe abolite per avviare una politica anticiclica di ispirazione keynesiana.
Macron, che ha sottoscritto degli impegni onerosi con l’organizzazione dei datori di lavoro francesi, il MEDEF, doveva impedire a tutti i costi questo sviluppo. E con Le Pen – che ha scoperto a sua volta la sua vicinanza con l’organizzazione dei datori di lavoro a luglio, quando il suo partito sembrava destinato a prendere il potere – può proseguire su questa strada. Per Macron, l’alleanza di fatto con il Rassemblement National è quindi un’opportunità per portare avanti la sua politica economica e pensionistica neoliberale nonostante le crescenti resistenze della società francese. Le Pen, invece, ci vede l’occasione di ancorarsi saldamente nel salotto buono della grande borghesia francese. La liaison dangereuse di Macron ha tuttavia anche delle profonde ragioni di politica politicante. Quella che un tempo era la maggioranza presidenziale si è ridotta a una minoranza profondamente divisa e litigiosa. La battaglia per la successione di Macron è già in pieno svolgimento. Tenere sotto controllo le sue truppe diviene quindi sempre più difficile.
La ricerca di una maggioranza parlamentare da parte dell’alleanza di sinistra avrebbe così accelerato il processo di frammentazione del fronte centrista di Macron con la formazione di nuovi raggruppamenti di centro-sinistra di stampo socialdemocratico. Anche questo sviluppo doveva essere ritardato a tutti i costi. Con la sua politica più recente, tuttavia, Macron rischia di delegittimare per sempre la famiglia politica del ‘centro radicale neoliberale’. Per ben due volte si era candidato alle elezioni presidenziali, presentandosi come l’unica alternativa al radicalismo di destra di Marine Le Pen. È per questo che molti lo hanno votato, nonostante tutti i dubbi sui suoi programmi economico-politici. Inoltre, ben 80 dei 163 deputati del campo presidenziale sono entrati in parlamento solo in virtù del Fronte Repubblicano, poiché i candidati di sinistra hanno rinunciato a presentarsi al secondo turno elettorale nelle loro circoscrizioni. Con le attuali politiche del loro partito, gli eletti stanno quindi tradendo la fiducia di una parte significativa dei loro elettori. L’alleanza di fatto di Macron con Le Pen significa così che nessuno del suo schieramento in futuro potrà più proporsi come alternativa all’estrema destra. Chi vuole sfuggire a questo destino dovrà prima o poi dire addio al centro neoliberale di Macron. Per ora ci sono pochi fuggitivi, ma la diga ha ceduto.
All’altro estremo dell’alleanza di fatto a sostegno del governo Barnier, Marine Le Pen può rallegrarsi del fatto che il suo partito sia diventato un importante punto di riferimento per gli interessi delle organizzazioni dei datori di lavoro e abbia così superato il muro antifascista delle élite francesi. Si tratta senz’altro di una buona posizione di partenza per arrivare al potere alle elezioni presidenziali del 2027. Tutto ciò che Le Pen deve fare è dimostrare di essere una convinta rappresentante degli interessi dell’industria francese nel prossimo voto sulla legge finanziaria del 2025. Tuttavia, questo atteggiamento ne mette anche a rischio la credibilità elettorale, poiché rischia di perdere l’etichetta populista di ‘protettrice dei deboli contro il corrotto sistema di potere di Macron’. Il suo portavoce sta già cercando di diffondere il mito secondo cui l’alleanza di sinistra del Nouveau Front Populaire si sarebbe volontariamente astenuta dal formare un governo per far sì che sempre gli stessi, cioè i macronisti, rimanessero al potere. La speranza che nessuno si renda conto di quanto profondamente il Rassemblement National si sia allineato con l’élite al potere avrà, tuttavia, vita breve. Infatti, Barnier non ha alcuna intenzione di rafforzare il potere d’acquisto dei francesi, come aveva promesso anche il partito di estrema destra durante la campagna elettorale. Al contrario, egli intende imporre nuovi tagli allo Stato sociale e ‘forse, ma solo temporaneamente’ – come si legge nella dichiarazione del governo – reintrodurre parzialmente le tasse per i super-ricchi e le grandi imprese.
Il mantenimento del potere a tutti i costi per l’élite neoliberale, che da tempo ha perso il consenso nel paese, danneggerà quindi entrambi i rappresentanti dell’alleanza dei perdenti tra Macron e Le Pen. Soprattutto, però, ne risentirà il sistema politico francese. Sempre più elettori vedono infatti confermata l’impressione che la loro volontà democratica venga semplicemente ignorata dai partiti politici al potere. Di conseguenza, la legittimità del sistema presidenziale francese ha oggi raggiunto il livello più basso dalla sua introduzione da parte di Charles de Gaulle nel 1958. Il desiderio di una riforma di sistema diviene sempre più forte.
Gregor Fitzi è sociologo e senior lecturer presso la Europe-University Viadrina di Francoforte sull’Oder. Le sue ricerche vertono sul populismo e sulla crisi dell’integrazione normativa delle società complesse.
* Questo articolo è la traduzione italiana di Koalition der Verlierer. Trotz wachsendem Widerstand im Land geht Präsident Macron eine faktische Allianz mit Le Pens rechter Partei ein. Was erhofft er sich davon? apparso il 10.10.2024 su IPG: Internationale Politik und Gesellschaft. Doi: https://www.ipg-journal.de/regionen/europa/artikel/koalition-der-verlierer-7833/
Abito in Francia e si tratta di una lettura molto superficiale.
A parte che qualcuno che lavora per la Europe University dovrebbe cominciare a ricordare le violazioni alla democrazia commesse dall’UE, a cominciare proprio dal referendum francese del 2005. Probabilmente l’origine della situazione atti miele
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