di Marilena Renda
Ade era bello da giovane
una specie di attore del cinema
era ricco, gli piaceva stare solo
amava i dirupi, le spiagge nere
le stagioni per l’impermeabile
un po’ femmina, territorio di passaggio
si mise a fare l’autostop
era importante deludere la madre
dormire tra i drogati di una città del nord
la politica gli amari la poesia
di questo e altro non ricorda nulla
la nebbia, sempre troppo sobrio
*
va bene la precarietà ma hanno sempre dei soldi
durante le epidemie prosperano con Satispay
il segreto è non pensare che il bene sia bene,
pane al pane, male al male
non decidere niente, chi li capisce quelli
il signore dei mondi è sempre seduto sulla merda
e se non vai all’inferno l’estate non germoglia
*
non va neanche detto, il buio quanto è potente
nemmeno si guardano, uno non sa il nome dell’altro
nell’amore il buio è più potente di ogni altra cosa
detta le parole, dice: già te ne vuoi andare
non ho neanche cominciato ad appassire
*
la mia anima è con me
precipita nelle fauci del leone
nel sale nel buio
dalla scogliera
dal buio
è seduta sul mio petto
si muove mi ama
si siede sulla mia bocca
perché mi ama
cade latte dalle ferite sulla schiena
non sono stato io
ha una collana rossa al collo
non è un mio regalo
di tutti i regali che potrebbe farmi
staccarmi la testa è il più dolce
divinità di misericordia
a cui non ho fatto sacrifici
e che ora mi doni il mio sangue
*
la cenere è mescolata al sangue
per confondere quelli che pensano
che Persefone sia morta
scintilla, l’occhio fa fede
gli organi possono essere implacabili
che importa la loro vita
lei ha dimestichezza con molte forme
di intollerabilità,
ma il sangue
è la più veloce
*
il cielo è pieno di stelle e tutte brillano
niente le ostacola, tante fanciulle
dal volto di Persefone stanotte
dormono appese ai rami degli olmi
forse è questa la sapienza, dice piano
per paura di ascoltare la sua voce
bamboline che portate il mio volto
non vi vedo ma non importa
ho la mano piena di spighe
non vi temo, non temo niente
non temo la moltiplicazione del mio volto
non temo la morte che porto
non temo le mie sorelle coi capelli bianchi
il sonno, la terra, la vendetta del sangue
sono io sempre, l’oscena, la stellata,
anche se sui rami brillano altre stelle:
acceso o spento, il mistero non si può dire
perché è niente, niente da vedere
niente da nascondere, niente da toccare
*
superato un confine l’amore è odio paura che-ne-puoi-sapere
e poi di nuovo luce bambino di luce luce che si apre
nasce qui sul fondo
dove non sappiamo mai cosa succede
e siccome mi chiamo follia
ti accompagnerò anche lì
nel punto dove finisce
[Immagine: Thomas Hart Benton, Rape of Persephone, 1938-39].