di Vincenzo Frungillo
[E’ appena uscito per Valigie rosse Cani, gatti, topi vegliano sulle necropoli di Vincenzo Frungillo, vincitore del Premio Ciampi 2024. Ne pubblichiamo un estratto].
I cani
“…
I cani vegliano sulle necropoli,
sono transiti per altri mondi,
torneranno dal mondo dei morti
prima degli uomini.
[…]
…”
“…
Noi vediamo il finito,
per questo moriamo.
Gli animali durano in eterno.
…”
“…
Siamo nell’orto conchiuso,
gli animali sono al di là del recinto,
lì, non c’è oggetto,
non esiste possesso.
Siamo ai piedi della morte,
sposi eterni, occhi negli occhi,
guardiamo oltre il cerchio,
ci stringiamo in un abbraccio.
La casa resta un vecchio ricordo,
siamo sulla soglia,
il tempo è eterno.
Restiamo immortali
sotto lo sguardo dei cani
…”
Le necropoli
Durante le segregazioni,
ascoltavano Skrjabin, Bach,
Pergolesi, per coprire gli annunci,
la conta delle infezioni.
Sono ancora vivi, forse,
sono due o la voce di molti,
riposano in carne e in ossa
sotto il nume tutelare delle tombe.
Il cane soffia nella polvere,
annusa l’aria, alza la testa,
sente la voce del padrone;
fa la guardia ad una specie
conservata nelle teche,
la vede dormire, respirare, sognare.
Intorno s’avvertono le note del cuore,
il pino, il cipresso, l’eucalipto,
quelle di testa, la lavanda, il rosmarino,
le note di fondo arrivano distinte
con l’odore degli agrumeti,
il cedro, il muschio di quercia,
tutte si fondono insieme
in un panorama vegetale,
come le canne davanti al mare,
sotto il tempio di Giove,
ma qui il mausoleo è fatto di parole.
Sono residui umani, versi, odori,
da portare nella nuova terra
quando tutti saremo risorti.
“…
Qui attendo che la terra tenga
di noi il battesimo.
Immersi nella luce, attendo
che scenda giù dal monte,
arrivi nell’occhio, lo fissi
sulla sagoma dell’amore.
Ma resta nell’iride il negativo
del bene, porzione millesimale
d’esistenza che resta,
come la stanchezza di Diana.
Allora, si lascia
che qualcosa vada via
o che qualcosa avvenga
…”
“…
L’ultimo respiro del corpo
è il peso che ci misura
e ci solleva nell’istante
in cui la luce si disgela.
Ma ora resta nella carne,
nella stretta di armi bianche,
in un occhio che accentra,
oltre il volersi male.
E fai il bene, coltivalo,
con forza pari alla resistenza
di chi ascolta, fallo ora,
perché tu possa esser donna
che mangia il male
che mi mangia dentro.
…”
All’affievolirsi della voce,
i cani, i gatti e i topi,
si avvicinano alla teca,
osservano volti di cera:
sono immobili, i corpi,
emblemi di un’altra èra,
rimasti giovani per sempre
sotto la musica delle sfere,
non sono ancora vivi,
ma hanno negli occhi luce,
contemplano la genesi
[Foto di Yamamoto Masao].
Intense, nitide, saggiamente letali.
Delicatezza e profondità. Cani, gatti, topi, umani sotto lo stesso cielo, sopra e sotto la stessa terra. Grazie