Alessandro è partito. Era un nostro amico e un nostro compagno di viaggio, prima che uno dei più originali e apprezzati poeti della nostra generazione. La notizia della sua scomparsa ci lascia attoniti. Per omaggiarlo e ricordarlo, forse in questo momento non esistono parole migliori delle sue, del suo sì alla vita. Ripubblichiamo l’anticipazione di (Edizioni Tic), apparsa nel nostro sito lo scorso maggio (MG e IT).

*

di Alessandro Broggi

Uno

 

       Allora cominciamo. Col dire che non devi dimostrare nulla a te stesso e che non c’è niente da far accadere, ogni persona e oggetto, qualsiasi relazione può significare qualunque altra cosa e qualsiasi gioco è sempre disponibile. Si chiama smettere di trattenere quello che vuole distanziarsi da te e di respingere ciò che vuole arrivare. Naturalmente, ogni qual volta la ragione esita a farsi conoscere, dall’inerzia dei vaghi temi abituali non producendosi alcun seguito degli avvenimenti. Del resto non hai raccontato nemmeno la metà di ciò che hai visto: i recessi selvaggi, una raccolta di meraviglie, qualcosa che stava costantemente per succedere e non era mai la stessa cosa. A confronto con posti troppo insoliti perché la lingua fosse in grado di descriverli, i mesi trascorsi ridendo e incespicando a ogni passo, incurvato a volte dietro ai gambi dei fiori o dilatato oltre i mari finiti e il novero delle stelle… “Da parte sua, dopo tanto girovagare desiderava riprendere un’attività regolare, anche per rifornire la borsa rimasta vuota”…

       Ma dimmi, Maurizio, come ti sei sentito nella foresta, nel viaggio? O se, piuttosto, passare e ripassare assiduamente per gli stessi luoghi per tragitti interminabili non sia stato il modo, l’eterno trapestio dei piedi, l’orientamento prevalentemente eretto e il cielo azzurro sulle spalle… Prendi la coperta dal ripiano dell’armadio, qui a sinistra una birra dolce, un frutto candito, una tartina…

       Hai vissuto un’esperienza. Dov’era quel sito? Che posto era? La realtà, ciò che conosci, quale uso farai ora della tua consapevolezza delle cose? Ogni volta che le guardi quelle cambiano, non ti confondere… Mentre dall’appartamento di fianco si interseca una traccia di conversazione: relazioni di prossimità, orli di separazione. Puoi dimenticarti di ricordare o ricordarti di dimenticare: è tutto passato e concluso, ora rivolgiamoci a qualcos’altro.

       «Non ho soltanto un modo di vivere, ma tutta una pluralità di modi, e poi altri ancora rispetto a quelli che pensavo; il segreto per rinfrescare la mia esperienza è cambiare ciò in cui credo, ogni possibilità è sempre aperta.

       «Nei particolari – è stato detto – c’è varietà, ma il flusso è una cosa sola… Non sono estraneo al limone aspro, al sole caldo, al cielo tutto blu. A uno strattone dato o preso da un passante a intervalli ravvicinati o conseguenti… Non sono estraneo a questa incurante condiscendenza di giugno, a come spalanca, risolve livello su livello. Alla fiducia irrefutabile in ciò che sento vero per me in questo momento: materializza la disposizione dei luoghi e qualsiasi altra cosa.

       «Le mie attuali condizioni di vita, nulla di veramente incoerente, il centro della quadratura, il risalto stesso… Il linguaggio dello spazio e del tempo e la fisicità delle mie opinioni, i tanti gesti che mi vedo compiere. Qualunque cosa abbia un valore: un albero abbattuto dal vento, scoppi di risa, effetti di salienza… Intuizione e comprensione o un’unica linea in una sfera di attività potenzialmente illimitate».

 

Due

 

       In piena coscienza, nei limiti dell’immaginazione senza supplenze e senza cautele, sui due piedi con larghezza di pazienza, abitando i margini dei mari e sciogliendoti nei punti di appoggio. Con piccoli orizzonti o immensi orizzonti, o niente orizzonti del tutto. Dove inizia il bosco, sotto la vampa solare, nel vano della finestra più lontana o esattamente qui davanti. Con un’impressione di vuote vastità negli occhi, in attesa che intervenga qualcosa di aneddotico e familiare o di essere comunque sottoposto a impercettibili riposizionamenti, in un tempo e in un luogo qualsiasi dell’universo: sulla Terra, qui, ora. Nel torpore di mezzogiorno senza prevenzioni, nella contingenza dei significati con una gioia evidente.

       Ti avvicini come fossero pozzi profondi: dove presumi di vedere attraverso l’ombra e la luce delle finestre ci sono specchi… Non c’è realtà al di là delle tue definizioni: ogni cosa del mondo fisico è uno specchio e devi sorridere per primo perché l’immagine sorrida di conseguenza. Ora sei fuori…

 

Tre

 

       «È tornato il momento di uscire e osservare il cielo blu di questo pianeta. Senza sosta la pioggia lo bagna e lo allaga e il sole poi l’asciuga.

       «Muovendomi così e così, sono in questa o in quest’altra posizione, conosco legami e vincoli spaziali in base alle mie percezioni senza accorgermi di me stesso né del mio punto di vista, né ciò che capto comprende alcun elemento corrispondente al tempo. Ogni cosa che vedo è qualcosa che non avevo precedentemente memorizzato.

       «Il fatto che io sia in piedi, la mia postura verticale, crea me e gli oggetti, quando invece sono sdraiato sulla schiena scorgo solo il cielo. Il suo azzurro è un effetto ottico dovuto al sole, che rischiara questa membrana aerea in cui mi agito. L’atmosfera è come una pelle. La Terra ha di fronte a sé unicamente il cielo, ne è come circondata: ne è annegata e non ha altra controparte, e analogamente – tutta insieme – come una biglia nell’acqua è immersa nel cosmo.

       «In fondo gli oggetti non hanno bisogno della mia attenzione: tutto quanto ha importanza accade a livello astronomico, non terrestre. Eppure c’è la forza di gravità, e gli occhi sprofondano nel cranio in questa posizione…»

       L’essere staccato dal suolo, al contrario delle piante, e la pretesa di poter vincere la gravità come giustificazione di un desiderio che tuttavia si muove con te, di una distanza tra te e l’orizzonte che per quanto tu vada avanti rimane sempre uguale. E quando giri l’angolo ciò che ti lasci alle spalle, tutto quello che non puoi più né vedere né sentire, svanisce, sparisce.

       «Esperisco solamente ciò che credo di esperire. I miei convincimenti stabiliscono le mie esperienze e mi rendono quello che sono. Le mie scelte sono basate sulla mie motivazioni e le mie motivazioni sulle mie definizioni: ecco cosa sta dietro a tutto quello che sperimento. Vivo in un mondo forgiato dalle mie convinzioni, nulla ha di per sé alcun significato e il modo in cui trasformo la realtà è cambiando me stesso.

       «Niente appare diverso da quello che è, il mio intorno è precisamente come sembra, tutto ciò di cui ho esperienza è reale. Ogni mondo possibile è reale dalla prospettiva di chi lo abita e la sfera terrestre è la nostra ruota di criceti».

 

Quattro

 

       Dinamiche di eventi, lo spazio conosciuto, il vento dei secoli… passaggi stagionali, la polvere in un bosco. Senza aspettative su come le cose debbano o non debbano andare, su come debba o non debba svolgersi l’esistenza, effetti diversi potendo a buon diritto derivare dalla stessa causa e lo stesso effetto da cause differenti… “Ha attraversato una via, poi un’altra”… «Le case qui sono sparpagliate senza alcun ordine e le strade costituite semplicemente dal ripetersi del transito, lungo percorsi che una volta consolidati non hanno precluso lo sviluppo di nuove abitazioni. Gli alberi sporgono sull’acqua e fanno ombra alle sponde, il canale scorre fra le murature e i fiori sono rossi». Oggi pomeriggio in fondo alle alzaie, equanimemente interpellato da scorci ghiaiosi e circondari balconati, bordeggiando i saliscendi con i campi che si allungano dietro le costruzioni oppure dove abita lei – la rampa, l’impiantito, l’allegria, la sua faccia –, in che modo ti sorprende ora la vita, Maurizio?

 

 

[Immagine: Richard Misrach, IPS #6831 (Scrub #56), 2014].

2 thoughts on “Per Alessandro Broggi

  1. Caro Alessandro,
    ci siamo scritti l’ultima volta in giugno, adesso leggo questa notizia. Sono senza parole e scrivo per salutarti. Sei stato un amico di rara signorilità ed eleganza. Ci scherzava su ogni tanto. Sei stato soprattutto una persona onestà e buona. Della tua poesia si conosce il valore e non devo certo dire io quanto resta e resterà delle tue parole. Grazie per le serate in giro per Milano e per la tua presenza. Fai buon viaggio. Vincenzo

  2. Caro Ale ricordo con tenerezza e nostalgia i nostri pomeriggi passati in cucina con Lara e altri amici” passeggeri” parlando di noi e delle nostre emozioni , mentre nel sottofondo si sentivano le risate delle bimbe che giocavano spensierate e felici . Sei stato un amico buono, sincero e generoso che rimarrà sempre , sono sicura , nelle nostre vite anche se non più così vicino .

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