di Marco Corsi

 

[Esce oggi per Guanda Nel dopo, il nuovo libro di Marco Corsi. Ne proponiamo alcuni testi].

 

TORTORE

 

 

Scrivo una poesia per dire la parola «tortore»

e con i tuoi occhi resto a guardare

quanto sono stanche le parole e quanto è

stanca la vita senza le parole che entrano dentro

perché non so cosa dire e tu non sai cosa dire

e spesso si fa buio su tutta la terra.

Guardo la parola «tortore». Ci sono piume, pezzetti di corda, piccoli artigli, reti, occhi, un becco coronato di consolazione, i sessi aperti, il caldo — e, in fondo, una collina azzurra di cielo.

In fondo a questa parola «tortore» riposano le nostre vite impigliate al laccio del cacciatore-amore.

In fondo, anche io e te restiamo impigliati in questo cuore-coloreazzurro-con le ali-in mezzo al cortile caldo-colore tortora in cui tutto si disfa.

Ma ora che intorno la notte rosicchia briciole blu di prussia

i miei occhi non riescono più a leggere la parola

« tortore », non più, in nessun luogo.

È diventata un colore sempre uguale.

Come spesso accade per le cose che ripetiamo insieme.

Nero su nero.

 

*

 

L’ACQUAZZONE

 

 

Penso a quando anche noi lasceremo questo mondo

insieme a quelli che sono già andati e che ci lasciano

di ora in ora dentro l’acquazzone —

e che ogni cosa lentamente scivolerà verso il suo principio

finché saremo un barlume di pensiero

spersi nel buio di erbe cattive:

quelle piante addossate le une alle altre

per arrivare prime alla luce. Allora penso

all’acquazzone che ci ha cancellati

e penso e ardo e spero che tutte le parti divise

galleggino di nuovo insieme — terre di nuovo emerse:

uno intero di tutti

e a tutti sempre manca qualcosa per essere interi.

E penso allora di scivolare anch’io con te dentro l’acquazzone

dove siamo cosa ancora più viva

insieme ai morti che ci hanno preceduto

e penso e spero che resteremo vivi nel mondo

dove siamo stati per poco quella luce d’oro

che arde e rischiara

quando cessa di battere con gioia

l’acquazzone.

 

*

 

WUNDERKAMMER

 

 

Sia per sempre pace in cielo e in terra

per questo nodo di luce che portiamo

in fondo agli occhi

distante un mare, un’isola, una benedizione

sempre per sempre rammemoranti

colori e puntine di metallo a ferire gli occhi —

e in quanti stadi si misura

l’irritazione della pelle sulla nuca?

La mirra vergine, il cinnamomo, la canna aromatica, cinquecento

sicli di cassia, un hin d’olio d’oliva e le api che escono dalla tua

bocca.

Questa è la gloria dell’essere umano

amato non amato, altrove amato e non amato

come il sudore dei corpi che raggelano.

Sto per vomitarti dalla mia bocca come un’ape.

 

*

 

NELLA GRANDE NOTTE

 

 

Dormono il ghiro e la ghiandaia, la vipera

la civetta e tutte le creature coperte

dalla notte. Le bocche socchiuse

pellicce muschio cenere e guerra.

Ascolta. Una fila di occhi ci guarda

dalle prode, una perturbazione di vetro scatta

sul tenero delle foglie

i piccoli rami

il tuo concetto di luce che genera vita.

Somigliano alla civetta, al ghiro, alla ghiandaia, alla volpe

queste parole sempre sulla porta di casa

accompagnate dai fulmini

dentro la caverna scura,

scongiurate dagli dèi. Somigliano

alla tua bocca di carne. E spesso non dormono.

 

*

 

IN VERTICALE

 

 

Ho creduto molto nell’amore e qualche volta

nevicava sulle chiare pianure del pensiero.

Dovrò avere pietà di me, di questo oggetto

mai eguale che agli altri corrisponde

per intermittenze. Eppure, nel buio

io vedevo gli uomini

scendere giù in verticale.

Ho creduto in una specie volatile di vita-amore

che diventa acqua a contatto con la terra.

 

*

 

PAROLE (2)

 

 

Disprezzo del mondo, gioia, affinità elettive:

tutto proviene dalla stessa luce. È quasi giorno fatto,

il rumore delle erbe cresce nella città

sottratta al mare. Una canoa di verdi giunchi —

è questo il solo modo di risponderti senza anacoluti:

versione di me uguale

versione di me grammaticale.

 

*

 

OSSERVANDO IL VOLO DEGLI UCCELLI A UTRECHT

 

 

Osservando il volo degli uccelli a Utrecht

il fotografo olandese Herbert Schröer

ha registrato con occhio meccanico

il moto del singolo nel gruppo

l’istinto di ciascuno a mantenere da ciascuno

le dovute distanze procedendo in assetto

compatto, lineare, come certi suoni lievi

che vanno nella scatola dell’ombra.

Talora anch’io per discacciare le menti

avverse e offrire a me stesso naturale protezione

raduno certi nomi meno chiari, li compongo

in formazione di pensieri, li offro

nella specie al più prossimo.

 

«Murmuration» può essere murmure

o stormo, finché il temporale arriva

silenzioso e ci disperde.

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