di Kiril Vasilev (trad. Alessandra Bertuccelli)
[E’ uscita negli scorsi giorni per Valigie Rosse Mentre la neve si scioglie, una raccolta di poesie del poeta bulgaro Kiril Vasilev, nella traduzione di Alessandra Bertuccelli. Ne proponiamo otto poesie]
Il seminatore
Ho visto le stelle tuffarsi nella notte
e portare per mano i pioppi senza mani
Ho visto il nostro prudente transitare
fra le pulsanti branchie del desiderio
Ho visto che parliamo in lingue diverse
ma in egual modo giaciamo sulla riva
Non abbiamo osato chiedere perché siamo qui
né come proseguiremo quando ce ne saremo andati
Una generosa mano con un gesto brusco gettava
semi ignoti nei solchi della nostra morte
Vale la pena
Vedere da vicino
la lenta entrata in mare della vecchiaia
le carni morenti portate come un totem
con cui si apre la strada verso le profondità
vedere lo splendore dei capelli grigi
e il cielo oltrepassare la propria immensità
per scoprire quell’unica sfumatura d’azzurro
che questi capelli meritano
e il follemente tenero sorriso
quando la cresta dell’onda prende a oscillare
un attimo prima che la schiuma si disperda
e copra tutto il resto
che non devi ancora vedere
Pioggia d’estate
L’improvviso offuscamento a mezzodì
i tuoni e la pioggia
breve e incapace di impregnare la terra
l’intempestivo sbigottimento
e l’apertura delle porte nella casa ammuffita
le dure pesanti ombre della memoria
come fette di pane raffermo
finalmente la colpa che non fa male
lo spazio liberato per il compianto
di ciò che è morto su cui fioriamo e maturiamo
non s’allontanino gli insensati rumori del giorno
apriamo gli occhi come se stessimo per vedere
e capire
sapendo che non c’è niente da capire
ma in quegli attimi
i volti illuminati dei perseveranti
con le labbra e gli occhi infangati
e sincera dedizione
sono più vicini che mai
e questo basta
Equinozio d’autunno
I pruni lussureggiano
hanno inghiottito le immagini e i nomi
ma sotto il muschio avanza e spiana
ciò che è ancora irregolare
non distinguo più l’albero dalla pietra
il viso dal terriccio
vedo sfumature di nero e di verde
e appiccicosi fiori arancio
persino i serpenti si sono dileguati
e quanto li temevo li sognavo
districarsi ai miei piedi
come ornamenti di un tappeto persiano
la fredda umidità striscia giù
verso la radice di ciò che è vivo
tra gli escrementi di caprioli e volpi
ora è tempo di dormire
di poggiare la testa sul formicaio
di fare avanzare la notte
del misterioso lavoro della decomposizione
nessun altro vi confida
eccetto la pioggia
protesa sul segreto
Una strada di seconda classe
Il viso non lo avevo visto bene
sedeva su un masso di cemento
davanti a un vecchio trasformatore
tutto coperto di cespugli e alberi
forse fumava forse no
dai campi intorno si sollevavano vapori
aveva appena piovuto un poco
e c’era un forte odore d’erba marcia
avevo notato solo le spalle aguzze
e la testa rasata ai lati
come un disegno di Egon Schiele
o un Picasso del periodo blu
un appiccicoso brivido sentimentale
misto a godimento e afflizione
mi scivolava giù lungo la schiena
fino ai piedi gonfi intorpiditi
non l’ho pagato quel piacere
la gente come me non paga mai
è peggio dei camionisti
che lei quotidianamente serve
Settembre
Muscolose nuvole grigie
e scaglie di pallida luce
incollate sopra
l’autostrada è vuota
e non ha scopo
eccetto delineare i viadotti
scuriti dalla pioggia
come colonne di una cattedrale in rovina
il giallo polveroso
delle distese di girasoli
non finisce mai di bruciare
come una risposta a una domanda fatale
appresa troppo tardi
ha conservato ciò
che non c’è modo di conservare
lo spazio divora senza lasciare avanzi
tu sei il suo intero passato
Mentre la neve si scioglie
I tuoi occhi s’infossano
il pus incolla le palpebre
la tua bocca è spalancata la lingua è secca
acciambellata screpolata
non posso afferrare l’agonia
masticarla farla mia
posso solo respirare profondamente
l’odore dell’urina
della carne putrescente da settimane
ascoltare attento ogni grido
ogni lievissimo rantolo
prima di uscire fuori stordito
dall’innocenza del mondo
in cui moriamo
Una luce infinita
Viene anche questo giorno
cominciano a piacerti i funerali
indossare l’abito da sposo logorato dal tempo
le scarpe da sposo sfondate al calcagno
acquistare un numero pari di fiori bianchi
il rituale cittadino di cattivo gusto
e il sollievo delle lacrime
come un silenzioso urinare
soprattutto baciare il morto
e lo sforzo di trattenere il freddo
il più possibile sulle labbra
perché tutto il tuo essere
si raccolga in lui
come in un punto di Archimede
e tu possa finalmente sollevare il mondo
perché questo è veramente assurdo
poi uscire al sole
incrociare l’altro funerale
come davanti all’ufficio postale
il primo del mese
e lo sguardo verso il piccolo corto comignolo
del crematorio
che emette ritmicamente fumo grigio
come un traghetto turistico
saluti i passeggeri agitando la mano e t’incammini
davanti a te c’è solo una luce
infinita indifferente una luce
che niente rivela