di Sergio Benvenuto
A leggere la stampa italiana, ci si fa l’idea che i dazi di Trump siano iniziativa di un pazzo che non capisce nulla d’economia e che porterà all’inflazione e al declino economico del proprio paese. Dietro la tracotante guerra commerciale ci sarebbe solo un’operazione demagogica populista che ignora ogni buon senso economico.
Ahimè, Trump è un ignorante nel senso accademico del termine, ma non è un pazzo e nemmeno un idiota, e conosce bene il business. Anche quello politico.
L’imposizione di dazi a destra e a manca, anche all’interno del proprio paese, è a mio avviso solo la prima fase di una strategia che dovrebbe portare a un regime molto simile a quello autocratico della Russia di Putin. La seconda fase verrà con le esenzioni ed eccezioni: gli alti dazi si applicheranno non a tutti, alcuni non saranno tenuti a pagarli. Ovviamente saranno coloro che andranno a Canossa da Trump e da Musk, i quali diranno loro: “se sei con noi, allora sarai exception”. E cosa significa “essere con noi”? Significa assecondare i progetti politici della presidenza, anche quelli più ripugnanti. Con questo ricatto il governo si assicura un pieno appoggio di industriali e imprenditori, ma non solo.
Qualche esempio. Si potrebbe costringere una grande impresa ad assumere meno neri e meno “etnici”. Oppure costringere la stessa impresa a non investire in certi paesi sgraditi che si oppongono alla linea Trump-Musk. O finanziare campagne di odio razziale o di demonizzazione degli LGBTQ+. Togliere i finanziamenti ai media di opposizione, come è già accaduto con il Washington Post. E così via.
Per poter portare a termine il colpo di stato che la banda Trump sta perpetrando oggi, occorre assicurarsi il controllo dei grandi poteri che contano oggi: le grandi imprese, i media, la giustizia e… per quanto alcuni non vogliano sentirlo, il consenso della popolazione. Con le grandi imprese e i media vale il sistema delle eccezioni ad hoc, come abbiamo detto. Forse il tandem Trump-Musk non avrà bisogno di ricorrere alla rozzezza della mafiocrazia putiniana, potrà non ricorrere alla cupezza dei processi simil-staliniani contro chiunque non si allinei al potere, né a far volare dalla finestra chi ostacolerà la strada del potere. Basterà il ricatto economico.
Mettiamo che Meloni voglia seguire la strada di Trump e che intenda sottomettere del tutto l’informazione televisiva al proprio esecutivo. Si tratterà così di spegnere la sola TV che ancora alberga voci di opposizione, La7, dato che la RAI e Mediaset sono già acquisite. Basterà imporre a tutte le reti private un minimo irrisorio di pubblicità. Ora, le tv private senza pubblicità muoiono presto. Basterà emanare un decreto che faccia eccezione per le reti Mediaset e per tutte le altre reti che diventino megafono del regime. Questa tattica vale per ogni impresa che abbia basi commerciali.
Così, i paesi europei che prenderanno una posizione dissidente rispetto allo “spirito europeo”, che insomma si metteranno fuori dell’Europa per seguire le fisime di Trump, verranno premiati con eccezioni. Siccome gran parte dell’economia europea vive dell’esportazione verso gli USA, i paesi o le aziende che verranno graziate dal governo USA avranno il privilegio di poter ancora esportare in America. Mentre gli altri… Questo Meloni lo sa, da qui la sua oscillazione: sta aspettando i risultati del golpe trumpiano. Se questo riesce, non avrà più dubbi: mollare l’Europa e divenire un satellite di Trump, come la Bielorussia è con la Russia oggi.
Quanto alla magistratura, Trump domina già la Supreme Court federale. Se tutti gli avvocati o i giudici conservatori d’America si appellassero in ultima istanza alla Corte Suprema, l’avrebbero sempre vinta. Quanto agli stati riottosi – che sono i più ricchi e culturalmente importanti del paese, dalla California a New York – li si potrà ridurre alla ragione togliendo i fondi federali che comunque permettono in parte il loro funzionamento.
Avremmo insomma l’esatto rovescio del tanto criticato neo-liberalismo, che voleva ridurre al minimo la politica per dare massimo spazio alla spontaneità del mercato: avremo un dominio politico sull’economia. Ovvero, la banda Musk-Trump deciderà anche della strategia industriale del paese.
Quanto all’appoggio della popolazione, non bisogna farsi illusioni. Certo, conquistare il consenso popolare è un’operazione lunga, ma se la si fa bene questo consenso è assicurato.
Nel corso di una ventina d’anni ho potuto seguire l’evolversi della popolarità di Putin in Russia. Mi colpiva il fatto che non solo la gente comune, anche intellettuali, scrittori, psicoanalisti… finissero per pensare che Putin avesse sempre ragione. “La Russia è Putin” finivano col dire. Certo c’è un 20% circa dei russi che resta anti-Putin, e sono molto amico di alcuni di questi. Costoro mi dicono che nel corso degli anni i media russi controllati dal regime hanno sviluppato una campagna di convinzione e di coesione patriottica a un livello molto sofisticato, che ha finito col convincere anche parte dell’intellighèntzia. I media danno ai russi l’immagine di un paese assolutamente libero e amichevole, minacciato però da un Occidente geloso dei propri privilegi, che puntella un regime ucraino anti-democratico e retto da nostalgici fascisti figli o nipoti dei nazionalisti ucraini che si schierarono con i tedeschi contro l’Unione Sovietica.
Del resto è stato sempre così. Tutti gli storici sono concordi nel dire che il regime hitleriano ha goduto di ampio appoggio da parte della popolazione almeno fino agli inizi dei rovesci della guerra. E anche gli anti-fascisti italiani più tenaci hanno sempre ammesso che per alcuni anni, dalla proclamazione dell’Impero fino a guerra avanzata, il regime di Mussolini ha goduto di un consenso assolutamente “bulgaro”. E così possiamo dire della Cina di oggi, e di altri paesi del tutto soddisfatti dei dispotismi che li dominano. Tranne ovviamente le solite minoranze intellettualoidi di bastian contrari, snob irrilevanti per le masse popolari.
Per esempio, c’è stato un ampio consenso al comunismo in Unione Sovietica fino alla fine degli anni 1970. Poi, per ragioni misteriose che nessuno veramente riesce a spiegare, questo consenso è caduto nel corso degli anni 1980. Prima la Perestrojka di Gorbachev, quindi il crollo del comunismo con Eltsin, sono gli effetti di questo declino dell’adesione al sistema, per cui in un certo senso il crollo del comunismo nel 1991 è stato “democratico”. Le dittature durano perché creano consenso nella massa.
Da secoli si analizzano le ragioni profonde per cui i popoli accettano di buon grado i dispotismi, almeno fin quando questi appaiono vincenti. Cominciò già nel XVI° secolo Etienne de la Boétie con La servitù volontaria, e poi via via fino alle analisi del totalitarismo di Hanna Arendt, Georges Bataille, T.W. Adorno… fino a Crozier e Huntington e oltre.
Si dirà: l’America è un paese troppo abituato al pluralismo delle idee e alla democrazia per lasciarsi imprigionare in una cultura di regime a cui si opporrebbe solo una manciata disarmata di intellettuali isolati dal comune sentire. E’ impensabile un’America che, nata all’insegna del freedom, finisca in un’autocrazia di tipo russo. Ora, questa impossibilità era data per scontata anche per la Germania negli anni 1930, il paese più ricco e colto d’Europa all’epoca, la nazione che aveva inventato la teoria della relatività e la meccanica quantistica, che godeva del pensiero filosofico e della produzione teatrale e cinematografica più fiorenti. Si pensava impossibile che fosse in breve tempo imbavagliata da una banda di fanatici esaltati e da “un imbianchino”, come veniva chiamato Hitler, un pittore fallito. Lo si pensò impossibile fino al febbraio del 1933.
Molto interessante. Grazie
Complimenti per la lucidità dell’analisi
1986/2025
“Del resto è stato sempre così. Tutti gli storici sono concordi nel dire che il regime hitleriano ha goduto di ampio appoggio da parte della popolazione almeno fino agli inizi dei rovesci della guerra. E anche gli anti-fascisti italiani più tenaci hanno sempre ammesso che per alcuni anni, dalla proclamazione dell’Impero fino a guerra avanzata, il regime di Mussolini ha goduto di un consenso assolutamente “bulgaro”. E così possiamo dire della Cina di oggi, e di altri paesi del tutto soddisfatti dei dispotismi che li dominano. Tranne ovviamente le solite minoranze intellettualoidi di bastian contrari, snob irrilevanti per le masse popolari.” (Benvenuto)
«Non sarà possibile mutare il presente senza minoranze che sviluppino e pratichino terapie e autoterapie mirate direttamente alla fuoriuscita dal secolo degli orrori e stupidità cui siamo avvezzi. Sotto la sua pupilla di Medusa, l’esperienza della prima metà del secolo ci ha pietrificati a segno che queste mie parole appaiono, nella più benevola delle ipotesi, come patologia autoritaria. Rassicuriamoci, non propongo l’Opus Dei né la Terza Internazionale. Ho detto “minoranze”, ma quello di cui sto parlando riguarda tutti, terapeuti e pazienti, portatori di salute e di un possibile rationale obsequium, di una razionale ubbidienza a quanto senza alcun dubbio si configura come una forma o figura di Super IO. Probabilmente è quella di cui parla la Commedia quando in vetta al Purgatorio, allo homo viator chiamato Dante Virgilio dice che ormai incorona te sovra te, indicando il segno di una salute raggiunta non in una unità ma in una divisione accettata fra un sé universale e un sé particolare. Anzi, il primo segno ed esercizio di una libertà ricevuta o recuperata è in quel processo ininterrotto di identificazione e di separazione, fra momento di autorità (interiore o esteriore) e momento di ubbidienza (interiore e esteriore). Ecco perché al celebre motto liberale “ La mia libertà finisce dove comincia la libertà di un altro”, non da oggi ma da un secolo si replica: “La mia libertà comincia esattamente e soltanto dove comincia la libertà di un altro”».
(LE MINORANZE POSSONO FARCI USCIRE DAL SECOLO DELL’ORRORE
di Franco Fortini, 28 ottobre 1986, Il manifesto)
Si sa che chi controlla i media controlla anche il consenso e i voti. Non sempre ci si accorge invece che c’è vera democrazia solo se la ricchezza è ben distribuita. Se invece la ricchezza è sempre convogliata verso l’alto, come da quarant’anni a questa parte, prima o poi gli squilibri di potere capitano e si torna a prima della rivoluzione francese.
Un articolo ripugnante
Non si riesce a leggerlo
Il tono poi il tono ( il tono è tutto secondo Hannah Arendt
Non so davvero a chi giovi
Ma ultimamente i suoi articoli signor Benvenuto sono tutti di questo brutto genere
Di là da uno stile non sempre sorvegliato, tutto l’articolo appare senza fondamento, prendendo a divinare sulla base di deduzioni che ignorano le leggi della politica e a descrivere un mondo americano e italiano orwelliano e fantastico in cui i capi di stato dispongono di un potere privo di contrappesi in grado, tra persuasione e ricatti, di attuare dittature di fatto e silenziare gli oppositori (pochi, ad avviso di Pellegrino, molti in realtà ) grazie a consensi bulgari.
L’autore, che sa di astrologare (“a mio avviso” dice), sembra ignorare le enormi differenze, scritte nella storia, tra Stati Uniti, Italia da una
parte, e Russia dall’altra – gli stessi russi partono dallo stesso assunto quando intendono difendere la specificità della loro civiltà – e per
rendere plausibile la sua disamina, o previsione, ci ricorda come si
passò da Weimar a Hitler, no, in realtà non ce lo ricorda, altrimenti
avrebbe accennato, che so, per lo meno al modo in cui la nazione
tedesca si fece stato unitario, col ferro e col sangue, sul solco della
tradizione militare prussiana aristocratica, alla democrazia autoritaria
di Bismark antisocialista e anticattolica, che costituirono in concorso con altri fattori i prodromi del primo conflitto mondiale, all’antisemitismo diffuso anche tra i ceti colti, alla fragilità della repubblica di Weimar schiacciata tra voglie di rivincita e il peso insostenibile delle ottuse riparazioni di guerra.
È falso che in Italia ci fosse un largo consenso alla scelta di entrare in guerra, ogni studio storiografico serio è lì a dircelo, e il regime sovietico, ben prima del collasso, aveva manifestato a sguardi acuti anche fuori dei confini enormi crepe, tanto da non poter più essere presentato come un modello attrattivo per i comunisti di tutto il
mondo (altra cosa è il dispiacere per un mito in declino o tradito!). Lo sfaldamento progressivo dei regimi dei paesi satelliti, con rivolte operaie e invasioni di carri armati non furono un segnale sufficiente ? certo lo furono per il PCI italiano.
Quanto a Trump e Meloni e il loro desiderio di golpe, addirittura a portata di mano o comunque tra le condizioni di possibilità, il timore per La7, e altre descrizioni di scenari plumbei e inverosimili per chiunque abbia studiato Mosca e Pareto, o anche si limiti a interpretare gli eventi in modo non arbitrario, semplicemente sulla scorta del calcolo delle probabilità e della logica della real politik, esse sono ottime se usate come sceneggiature fantascientifiche per una paraletteratura di intrattenimento, ma non aiutano di una virgola a orientarci nella complessità, ahimè in aumento, di questo nostro mondo reale.