Testo di Mario Benedetti
Musica, voce e chitarra di Giovanni Peli
Arrangiamento e produzione di Silvio Uboldi

Quante parole non ci sono più.
Il preciso mangiare non è la minestra.
Il mare non è l’acqua dello stare qui.
Un aiuto chiederlo è troppo.
Morire e non c’è nulla vivere e non c’è nulla, mi toglie le parole.
E non ci sono salti, mani che insieme si tengano
alla corda, sorrisi, carezze, baci. Una landa impronunciabile
è il letto nella casa di riposo dei morenti,
agitata, negli spasmi del sentire di vivere ancora.
In provincia di Udine, Codroipo, i malati ai due polmoni,
i pantaloni larghi, i visi con la pelle attaccata alle ossa,
i nasi a punta non sono la storia da raccontare, né i ricordi.
Arido sapere, arido sentire.
E io dico, accorgetevi, non abbiate solo vent’anni,
e una vita così come sempre da farmi solo del male.

 

[Immagine: Wouter Hogendorp, Museum white: object (gm)].

28 thoughts on “Accorgetevi

  1. Siamo sicuri che il Poeta abbia dato il suo placet ad associare la sua poesia a questa inascoltabile nenia e a questo video pseudo pacifista e pseudo antimilitarista e antiamericano?
    Il Poeta parla di morte e di vita che sopravvive a sé stessa. Cosa c’entra tutto ciò con le bombe atomiche americane e le le scene di vita americane quando l’unico riferimento geografico è a Codroipo (fino a prova contraria in Friuli Venezia Giulia)?
    Il massimo lo stralunato cantante lo tocca quando ripete due volte “una laaaaaaaaaaaanda impronunciaaaaaaaaaaaaabile”.
    Ci sono dei film tratti da libri che rovinano i libri stessi, ma non pensavo che si potessero rovinare anche le poesie mettendole in musica e video su youtube. Dovrebbe esistere una legge contro queste cose

  2. Non voglio polemizzare con Mirna, ma mi domando se abbia ascoltato con attenzione il testo, senza lasciarsi – diciamo così – stupefare troppo dal ritmo della musica che, a mio parere, dà luogo a un suggestivo climax ascendente, e dal video che lei definisce “antiamericano”. Anzitutto, la località geografica, Codroipo, non deve essere considerata un perno interpretativo risolto in se stesso. L’esperienza personale – la vista del dolore in un ospedale – chiaramente trascende il suo referente immediato… L’esortazione ad accorgersi di questo dolore, del Dolore, e dell’aridità che fa rifluire la percezione autentica delle cose in una superficie indistinta (massmediatica?) di trapasso da immagine a immagine, da disincanto a disincanto, da distacco in distacco, non ha colori politici nè patriottici. Prendere coscienza della realtà, mettersi faccia a faccia con la responsabilità, vedere, sentire, riconoscere, giudicare, essere uomini e non automi che si ingannano in un perenne limbo d’adolescenza: beh, io credo che questa canzone, oggi come oggi, non avrebbe potuto rappresentarlo in maniera migliore! Ho inoltre apprezzato, in modo particolare, i due tempi del testo, per l’effetto di apertura (quasi rivelazione) centrale che dà la scansione di “una la…nda impronuncia…bile”, ben inserita nel movimento di climax ascendente. Bravi!

  3. Bello. Non lo conoscevo!
    Bello anche il video. L’esperimento Manhattan fa più paura di qualsiasi horror!

  4. Concordo con Mirna: la musica di accompagnamento ammorba il testo, così bello, invece, da leggere. E ne fa una melassa da Sanremo. Una laaaagna inascoltaaabile. Mario Benedetti potrebbe dirci di più su come è nato e come è stato realizzato il progetto?

  5. Ma a me piace, nell’insieme. Melassa o non melassa, a me piace. E poi si sa che tutto va a gusti, è inutile accanirsi.

  6. Non sarei troppo severo con l’operazione di Giovanni Peli. Mettere in musica un testo di poesia contemporanea è difficilissimo: nell’originale non ci sono rime, non c’è una struttura metrica regolare, riconoscibile; Peli ci ha provato, e questo va a suo merito. Certo, parole come “una landa impronunciabile” sono pressoché impraticabili musicalmente, ma i problemi sono anche altri: quello dell’orizzonte musicale prescelto (un po’ “alla Battiato”), quello della voce, etc. Piacerebbe anche a me sentire da Mario Benedetti cosa ne pensa. Mi piacerebbe anche sentirlo cantare da lui, il suo testo. Sul video ho anch’io molte perplessità: mi sembra soprattutto che distragga dal testo (e dalla musica).

  7. Umberto Fiori, che con tutta evidenza di musica se ne intende veramente, ha fatto capire (con cortesia) cosa pensa della musica di Peli e del video prescelto.
    Chiedo a Caterina, a Heavymachinegun e a Gigia, che dicono di apprezzare questo lavoro, di rispondere con sincerità a questa domanda:
    se aveste sentito questa lagna di Peli alla radio (SENZA CHE SOTTOSTANTE CI FOSSE LA BELLISSIMA POESIA DI BENEDETTI!!!) non avreste immediatamente cambiato canale disgustati?
    Io penso che l’unica cosa di valore di questo lavoro sia proprio la poesia di Benedetti, per me rovinata dalla musica e dal video.
    Anche io, come Umberto Fiori, sarei interessata a sapere cosa ne pensa realmente Benedetti di questo lavoro, anche se sono certa che non vorrà mai criticare apertamente il lavoro di Peli che, comunque, ha voluto (per me senza riuscirci), rendere omaggio alla sua bellissima poesia

  8. Cara Mirna, ma perché te la prendi tanto con Giovanni Peli? Io credo che ogni tentativo di mettere in musica la poesia di oggi (e quella di Mario è tra le più interessanti) sia degno di rispettosa attenzione. Io stesso ci ho provato (insieme a Tommaso Leddi e a Luciano Margorani) con quella di Franco Loi e più di recente (modestamente) con la mia (“Sotto gli occhi di tutti”, 2009). L’ho detto: non è per niente facile. I risultati (più o meno riusciti) ci spingono comunque a riflettere sulla differenza tra poesia scritta e canzone, argomento sul quale si chiacchiera a ruota libera da troppi anni, ma che è serissimo, data l’abnorme importanza che la canzone ha assunto nella nostra cultura negli ultimi 40 anni…

  9. Ha ragione Mirna, il poeta sì è arrabbiato moltissimo ed adesso siamo in carcere a scontare l’ergastolo per aver fatto un pezzo troppo melenso.

  10. A regà, dateve na calmata (rivolto soprattutto a Mirna).
    Mi fa molto ridere come in questo sito le cose “meno serie” come ad esempio questa canzone, che io trovo simpatica e orecchiabile, vengano accolte con una serietà che manco il discorso di Montale per il nobel avrebbe potuto avere. Ma d’altronde, a pensarci bene non c’è nulla di cui stupirsi. E’ così facile, negli ambienti da salottini borghesini d’altri tempi come in parte è diventato questo, disquisire ampiamente, seriamente e con grandi argomentazioni, di cose che non hanno la benché minima rilevanza culturale.
    Ne sto discutendo anch’io, che sono un Franco Zippo qualsiasi, quindi…

  11. Io non sono arrabbiato con nessuno. Che Giovanni Peli abbia pensato ad alcune mie parole mi fa piacere. La musica non è mia, certo. Penso abbia un senso il ragionamento di Umberto Fiori per ciò che riguarda il mettere in canzone una poesia scritta soltanto per la sua lettura silenziosa. Ma questo è, e ringrazio il cantaurore Giovanni ed il suo staff.

  12. A Franco Zippo, sincera buona notte; e buona notte, con un grazie, a tutti.

  13. Non si tratta di chiacchierucole da salottino, come sostiene Zippo. I commenti accesi di Mirna rivelano il bisogno di buona musica, ma anche la congiunzione di buoni testi e buona musica.
    Giustamente Umberto Fiori ricordava la questione del rapporto tra poesia e canzone, di cui si è parlato molto negli ultimi decenni. Ammettiamo pure, cercando di trascendere il gusto personale (ripeto, io trovo bello il pezzo), che questo sia solo un tentativo di dare una qualità in più alla musica, unendola a un testo che sia poesia e non frasette cantilenanti e ammiccanti: spero che a questa prova ne seguano altre, benchè sia complesso, come ricordava Fiori. Però lo spero.

  14. La discussione che l’operazione di Peli suscita è sintomatica. Da quasi quarant’anni, tra poesia e canzone si è creata una strana emulazione. A me fa un certo effetto vedere quanto siano ancora lontane. Benedetti appartiene a una generazione (la mia) che con la canzone (con il rock, etc.) è cresciuta, ma è interessante osservare come la sua scrittura resti sostanzialmente estranea e direi refrattaria al gusto pop, anche al più “progressivo”. D’altra parte, Giovanni Peli, che se non sbaglio è di una generazione successiva, si accosta alla poesia con “postmoderna” ma sincera e generosa partecipazione, e tuttavia forse sottovaluta le differenze tra i due universi, che restano. Più che prendere posizione pro o contro questo tentativo di connubio (“Accorgersi”, titolo bellissimo), sarebbe interessante discutere quali siano i punti di convergenza e di divergenza tra l’orizzonte dei poeti e quello dei cantautori (termine orribile, che persiste da mezzo secolo nella nostra povera cultura).

  15. Dici molto bene, Umberto. Io continuo da tempo a scrivere (e leggere e ascoltare) canzoni e poesie: dieci anni fa le consideravo molto distanti… ora forse sono troppo vicine? Bello comunque essere capiti. Direi inoltre che sarebbe bello un incontro serio sull’argomento, mi pare che ce ne siano stati moltissimi approssimativi. Sarebbe bello anche inserire nella discussione il rapporto tra poesia e musica “colta”, (altra cosa che mi sono permesso di frequentare ma da paroliere), e poi confrontare le due modalità musicali di “leggere” la poesia contemporanea.

  16. Anche a me la canzone e il video sono piaciuti. Non era facile, considerando che la poesia è molto bella e non è stata scritta per essere musicata.

  17. Vedo alcuni di coloro che hanno lasciato un post non sono d’accordo con me. Io non voglio polemizzare con interlocutori che sono, con tutta evidenza, più eruditi di me.
    Noto che nessuno ha risposto alla mia domanda su quanto successo avrebbero avuto una musica, un arrangiamento ed un video del genere se disgiunti dalla bellissima poesia di Benedetti.
    Io, che sono di livello culturale medio basso ma che so riconoscere il bello, insisto nell’affermare che la poesia di Benedetti è bellissima mentre la musica di Peli, l’arrangiamento di Uboldi, l’interpretazione di Peli e l’esecuzione la rovinano.
    Ciò non significa che altre poesie non potrebbero essere felicemente trasposte in musica, aumentandone (o almeno confermandone) la bellezza.
    In questo caso mi sembra proprio che l’operazione non abbia avuto successo.

  18. Mirna, Mirna, forse hai ragione e se insisti un motivo c’è. Ma Benedetti avrebbe dovuto evitare la canzone o canzoncina? Forse sì ma comunque rimane la sua poesia da leggere, intatta, poi può darsi che lui non abbia saputo cedere alle lusinghe di ascoltare un suo testo, veramente parte di esso, messo in musica “leggera” ed orecchiabile. Fargli una colpa? Forse sì, ma io non me la sento visti i tempi di marginalizzazione estrema che anche lui subirà, personalmente. In quanto al tentativo di dibattito su poesia e canzone da cantautore mi sembra cosa superata. La Pivano con De André ha innescato un discorso, ma non ci rido, ormai a tutti gli efffetti, sepolto. La poesia ha la sua via, di conoscenza e sensibilità autonome o perlomeno non passibili di contaminazione con le canzonette. Leo Ferré scriveva i suoi testi e li musicava, così Jacques Brel, forse erano altri tempi…

  19. Agggiungo: ma la poesia in Francia, allora, non erano loro, seppure avendone l’impatto di atmosfera, a detta di tutti.

  20. Stupisce, anche in un blog come questo, vedere quanto sia difficile superare i pregiudizi cristallizzati da tanti decenni di separazione tra i generi artistici, e soprattutto dalla specializzazione dei mercati dell’intrattenimento. Al di là del caso in questione, non è certo una novità che musica e poesia si confrontino intimamente, senza limitarsi ad accompagnarsi a vicenda. La buona poesia è di per sé musica, scansione di tempo, prosodia, ritmo, così come il bravo cantautore o musicista adotta un testo che anche senza la musica a cui è accordato funziona non solo ritmicamente. Questo solo per dire che le categorie estetiche per giudicare le operazioni che cercano di fondere musica e poesia, che cercano di creare musica dalla poesia o viceversa, possono essere un po’ più ambiziose di quelle che sono state passate in rassegna in questo dibattito.
    Forse il principale pregiudizio è che la poesia sia un genere sostanzialmente legato alla scrittura, quando ormai tanti poeti, studiosi, musicologi si sgolano per dirci che la poesia nasce come voce, e sebbene nei secoli sia migrata sulla carta, la sua qualità vocale non si è persa, e anzi soprattutto adesso ritorna in forza insieme all’avvento dei nuovi media elettrici o digitali. Per restare ai contributi recentissimi vorrei segnalare un ottimo saggio di Lello Voce, “Per una poesia ben temperata”, uscito per la rivista “in pensiero”, e di cui si leggono alcuni estratti qui:

    http://www.inpensiero.it/archives/771

    Una riflessione sulle potenzialità della spoken music, come forma in cui il testo poetico, la voce, la musica possono riuscire a incontrarsi in modo aperto e significativo esteticamente, a patto che poeta e musicista sappiano ben accordare, o “temperare”, i vari linguaggi. Magari è un contributo utile per confrontare e ampliare categorie e pratiche estetiche intorno al rapporto tra poesia e musica.

  21. Emanno, hai ragione.
    Oltre a Ferrè e a Brel, bisogna però assolutamente citare, come maestri nel mettere in musica la poesia e, dualmente, di comporre una poesia adatta ad una musica, Giorgio Gaber e Sandro Luporini, che proprio a Brel si sono ispirati.
    E non dimentichiamo Angelo Branduardi… che è riuscito a mettere in musica una poesia russa di Esenin (Ispoved’ chuligana) riadattandola, ricreando le rime (ammetto con qualche forzatura) e mantenendone intatta la bellezza.
    Ascolta questi due capolavori e non potrai non concordare con me che c’è un abisso tra Peli (musica terribile) e Gaber e Branduardi (musica meravigliosa), mentre lo stesso abisso non c’è tra Gaber -Luporini, Esenin e Benedetti (tutte poesie bellissime).
    http://www.youtube.com/watch?v=oFUDEiZ7xhU

  22. Forse (e sottolineo “forse”) c’è un modo per costruire una griglia di valutazione – sempre se si vuole accettare di valutare, ma mi pare questo sia il punto…
    e cioè un criterio di “novità”.

    Quanto sia innovativa la poesia e quanto la musica.
    La poesia ha qualche sentore di “poemi discorsivi” e un po’ “ermetici”, ma soprattutto di contrasti logico-semantici, che però costruiscono un filo ben teso alla forte e chiarissima chiusa dei tre versi finali. Per certi versi non si può non pensare a “The waste land”, del 1922, ma il pianto di Benedetti è più concentrato sul disfacimento di persone, persone quasi citate con nome e cognome.

    La musica purtroppo non è molto innovativa: il mix in effetti fa pensare a Franco Battiato, che ha formato il suo stile negli anni settanta.

    Per il mio gusto personale, la musica mi sembra piuttosto semplice e irritante in quanto battianesca… inoltre enfatizza con i “crescendo” punti assolutamente da sentire in maniera più intima e sommessa.
    Il testo dice cose che dovremmo tenere presenti per provare a migliorare la nostra vita, e in effetti l’esortazione finale fa supporre che nonostante le premesse, una speranza ci sia.

  23. Ringrazio Lorenzo Marchese. Lettura accorta. Il videoclip proposto è cosa degnissima e di ottima fatttura ed è una possibilità. A me è capitato un testo in musica, casuale, estemporaneo. Di cui non mi pento. Ciò che ribadisce Magrelli in altra sede, sulla difesa della poesia SOLAMENTE scritta sulla pagina, mi trova consensenziente. Ed ha delle conseguenze. Sostanziali. Poi la forma rizomatica del testo poetico, cito sempre Magrelli, può portare alla canzone o al video senza musica, ecc.

  24. Buongiorno! Ad alcuni avrei sempre voluto chiedere se Battiato l’hanno mai ascoltato. Agli altri volevo suggerire la nuova versione di Accorgetevi, dal mio ultimo disco, la potete trovare facilmente sul mio sito http://www.giovannipeli.it; (su questo sito anche le informazioni riguardo al pezzo, dato che i link che diedi in questa discussione oggi non sono più validi). Presto sarà online anche un nuovo video. Saluti

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