cropped-Fortini.jpgdi Romano Luperini

[Dal 29 luglio all’inizio di settembre LPLC sospende la sua programmazione ordinaria. Per non lasciare soli i nostri lettori, abbiamo deciso di riproporre alcuni testi e interventi apparsi nel 2012, quando i visitatori  del nostro sito erano circa un quinto o un sesto di quelli che abbiamo adesso.  È probabile che molti dei nostri lettori attuali non conoscano questi post. Questo intervento è uscito il 19 giugno 2012.

Nell’autunno scorso, sul “Sole 24ore”, si era aperto un dibattito sul canone della letteratura contemporanea proposto dai “Meridiani” Mondadori. In quell’occasione Romano Luperini aveva scritto questo intervento, che non è mai stato pubblicato (gm)].

Vedo da “Il Sole 24 ore” di domenica 6 novembre 2011 che giustamente si propone un meridiano per Sandro Penna e che sono in preparazione altri due meridiani per Amelia Rosselli e Maria Luisa Spaziani. Mi stupisce però che nessuno abbia proposto un meridiano per le poesie di Fortini (che, fra l’altro, è stato assiduo collaboratore proprio del “Sole 24 ore” per vari anni). Forse i lettori che hanno risposto all’inchiesta del “Sole” sono stati ingannati dal fatto che un meridiano dedicato a Fortini esiste?

Il fatto è che la situazione editoriale di Fortini è paradossale: il Meridiano che lo riguarda, curato da Luca Lenzini e uscito nel 2003, non contiene le raccolte poetiche ma solo i saggi e gli epigrammi. Le sue poesie, che indubbiamente costituiscono la parte più notevole della sua produzione e del suo lascito storico, sono introvabili da anni, dato che Einaudi non ha più pubblicato né le singole raccolte né, soprattutto, l’ultima complessiva, Versi scelti 1939-1989 (che, uscita nel 1990, offriva un panorama completo sino al 1989) né Composita solvantur, pubblicata nel 1994, poco prima della morte. Insomma da diciassette anni nessun editore ha più pubblicato un solo libro di poesie di Fortini. La conseguenza è che i suoi libri sono spariti dalle librerie, è impossibile acquistarli via internet, sono, insomma, introvabili. Chi vuole leggere Fortini saggista non ha problemi, chi vuole leggere Fortini poeta (e poeta ampiamente antologizzato sia nelle sillogi più autorevoli, quelle che fanno canone, sia nei manuali scolastici) non può farlo e deve ricorrere a qualche pubblica biblioteca. 

La cosa è tanto più strana in quanto tutti i poeti a lui contemporanei, suoi interlocutori storici e pari a lui per valore e importanza (Luzi, Caproni, Sereni, Zanzotto, Pasolini, Pagliarani, Giudici, Raboni, Sanguineti) sono presenti in libreria con la loro opera completa in versi nei Meridiani o presso altri grandi editori (Garzanti, Feltrinelli). Mancava, fra i grandi, la Rosselli, ma ora, ci informa Renata Colorni, il vuoto sta per essere fortunatamente colmato grazie al Meridiano che sta per uscire. Resta però l’assenza di Fortini. Perché? Una assenza inspiegabile almeno per chi, come me, fa lo storico della letteratura. In questa damnatio memoriae vi sono ragioni politiche?  Sarebbe assurdo, e non voglio crederlo, anche perché mi sembra impossibile che valgano anche a tanti anni di distanza. E comunque andrebbero chiarite e spiegate. Una cosa comunque è sicura: senza Fortini, il panorama della poesia del secondo Novecento è privato di uno dei suoi massimi protagonisti e dunque risulta insopportabilmente mutilo e incompleto.

[Immagine: Franco Fortini (foto di Giovanni Giovannetti, particolare) (gm)].

52 thoughts on “Un meridiano per le poesie di Fortini

  1. Mi ricordo il dibattito, sul Domenicale de Ilsole24, sui meridiani eventuali. Mi ricordo anche che non si parlò di Fortini, incredibile. Sono molto grato per questo articolo, speriamo che qualcosa si muova. Una raccolta dell’opera poetica di Franco Fortini è necessaria.

  2. Non c’è nulla di strano e di inspiegabile in questo oblio (*controllato*) di Fortini e del mondo in cui operò.
    Stanno facendo pagare alla sua memoria e e “noi”, che abbiamo tentato di mantenerla viva, la sconfitta di una lotta che fu anche “anti-Meridiani”.
    *Vae victis* vale per Fortini, per il Centro F. Fortini di Siena, per Luperini, per Edoarda Masi, e molti altri.
    Dopo le associazioni “combattenti”, però, non essendo morti né ammutoliti, potrebbe essere ancora l’ora di quelle dei “mutilati combattivi”, no?
    Sul sito di POLISCRITTURE abbiamo anticipato gli interventi già pervenuti per il n. 9 della rivista dedicato proprio a un ripensamento di Fortini.

    Si leggono qui:
    http://www.poliscritture.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=18&Itemid=23

  3. Intervento sacrosanto.

    Ma non solo un Meridiano, sarebbe necessario e auspicabile (anche per bilanciare certe altre canonizzazioni francamente ridicole, come appunto quella della Spaziani).

    La poesia di Fortini la si vorrebbe in libreria in economica (un ET? un Elefante?), la si vorrebbe di facile accesso soprattutto per i lettori più giovani. Pesa infatti tremendamente, questa assenza.

    f.t.

  4. Sono d’accordo con Fabio Teti. Più che l’assenza di Fortini dai Meridiani, fa ridere la presenza di altri.
    E i Meridiani costano inutilmente troppo.

  5. Concordo anch’io. Ci sarebbero tante cose da dire sulla politica editoriale dei Meridiani. Quella di Fortini è solo la mancanza più grave.

  6. va bene tutto, va bene pure titillare la carta Fortini, ma sti meridiani chi li vuole cotti chi li vuole crudi.
    ci sono buchi in quella collana che davvero gridano vendetta ed è anche ovvio che sia così con tutta la letteratura che esiste.
    Prima di Fortini credo però sinceramente che ci sia parecchia altra gente da recuperare al meridiano, se proprio ci teniamo da morire al processo di mummificazione faraonica in questa pleiade italiana fatta da una delle case editrici più liberali di questo paese.
    diciamoci la verità: mancano eminenze letterarie decisamente superiori a Fortini, quindi….

  7. Non c’è da meravigliarsi. Fortini è un poeta politico legato al comunismo, e quindi da dimenticare, da cancellare. Però si potrebbe benissimo pensare di pubblicare un ANTIMERIDIANO come si è fatto per Bianciardi, magari curato dall’omonimo centro che fa capo all’Università di Siena.

  8. per es mi vengono in mente Manganelli Landolfi Gadda oppure che ne so Machiavelli o Galileo… Beckett? vogliamo parlare poi per es dell’assenza di Leonardo Sciascia? questi sono solo alcuni nomi a cui se ne possono aggiungere a iosa, ognuno secondo propria coscienza.

  9. A me, il Fortini poeta annoia. Se il Fortini pensatore mi esalta, il versificatore non mi convince (a parte alcuni componimenti di “Composita Solvantur”, dove la morte incombente rende il verso tagliente – simile, mi si perdoni l’azzardo, a certi versi del miglior Leonetti); per non dire del Fortini traduttore: pessimo (almeno su Brecht). La sua totale estraneità al costituito lo rende meritevole di non essere inserito nei Meridiani; che non sono altro che uno strumento di museificazione. Che il Luperini si rammarichi di ciò è segno del cambiamento dei tempi. Una volta i “salotti” erano invisi agli intellettuali “contro”, oggi va di moda frequentarli. Ma che senso ha dare a Fortini la tessera del Club Meridiano? Forse l’opera di un poeta cessa di esistere se non è inserito nel Rotary del Verso? No, c’è qualcosa che non quadra; ma va bene lo stesso, tanto poi la poesia, sia essa vergata da Fortini o da Cane Zoppo, passi essa dal Meridiano Zero o dall’Antimeridiano 180, la leggiamo in pochi. Lasciamo i morti alla polvere e teniamoci stretti, in memoria, i cani del Sinai.

    PS: notevole il modo di agire la contraddizione di Fortini: marxista, scriveva nel giornale confindustriale. Ma era Fortini; oggi gli intellettuali – tutti e nessuno escluso e compresi pure gli amici – agiscono la pace dei sensi. Se scrivono sul Corriere o sul Sole non è certo perché hanno germi di negatività da fare circolare, bensì per affermare la loro individualità separata. Prosit!

  10. @ dinamo seligneri: parla del manganelli di cui adelphi sta pubblicando centinaia di volumi e che s. s. nigro sta facendo diventare il nuovo goethe del domenicale? o del gadda di cui ci sono almeno 2 edizioni delle opere complete che, detto per inciso, hanno fatto scuola per la filologia d’autore (penso a isella)? del landolfi idem per adelphi, sciascia non ne parliamo: adelphi, bompiani (opere complete) e ancora ci si muove. machiavelli: edizione nazionale e pleiade einaudi. per galileo ci si muove ormai (da anni) con i tascabili. francamente è stucchevole questa storia; è semplicemente una questione di disponibilità commerciale: di fortini non si trova semplicemente un’h. diamoci la veste che vogliamo (e francamente, non voglio fare l’interprete di luperini, ma qualcosa mi dice che il senso sia quello) purchè la si dia. poi se vogliamo buttarla in politica io personalmente a turoldo preferisco fortini. e anche ai meridiani preferisco fortini

  11. @ stan

    Ah, questa morte incombente che sostituisce le Muse e rende il verso di Fortini più tagliente!…
    La contraddizione di Fortini marxista, che scrisse sul giornale confindustriale (ma prima anche sul Corsera), farebbe il paio con la tua, che ti annoi del Fortini poeta e ti esalti per il pensatore.
    Andrebbero entrambe approfondite e capite meglio.
    Il Fortini poeta non contraddice il Fortini pensatore. E viceversa. A suo tempo Mengaldo (Cfr *Lettera a Franco Fortini sulla sua poesia*, p. 387-406, Vallecchi, Firenze 1987) suggerì la necessità di fare la spola fra i testi critici e quelli poetici di Fortini, perché si illuminano vicendevolmente. Sbagliava?
    La contraddizione, ammesso che ci sia ( e in parte c’è…), potrebbe essere letta in modi diversi dai tuoi. Tu ci metti del tuo. E la esasperi. (Forse perché sei giovane. Forse perché hai cambiato orientamento politico nel tempo. Non so.). È troppo facile separare il Fortini “noioso” da quello “esaltante”, il critico eccellente dal “poco convincente” versificatore (che brutta parola, se uno pensa all’ importanza etica e politica egli attribuiva alla metrica!). Insomma, proprio tu che spesso qui, su LPLC, rivendichi (e fai bene) libertà di giudizio, cedi a uno stereotipo antifortiniano, che c’era già prima ma s’è accentuato dopo la sconfitta e l’esaurimento di quella storia di lotte a cui Fortini partecipò.
    Quanto a Meridiani sì/Meridiani no, di primo acchito: se ci va la Spaziani, perché non dovrebbe andarci Fortini (o Sciascia o altri che state proponendo in una sorta di improvvisata “mondadori-legge”).
    Tuttavia, da un punto di vista più politico, capisco l’obiezione: se si è stati sconfitti (anche perché un po’ “anti-Meridiani”, come ho detto…), non si va ad elemosinare.
    Ma quella di Luperini può essere scambiata per una richiesta di mettere un posto a tavola anche per Fortini?
    Non mi pare. Anzi potrebbe persino diventare – se LPLC riscoprisse un po’ di “fortinismo” assopito – un appello “politico” di contestazione. Lo si potrebbe far sottoscrivere da reduci, “mutilati”, ma anche da giovanotti di grido, rampanti e democratici.
    Così tanto per contarsi. O per vedere quanti, pur sognando di essere accolti sulle pagine culturali del Corriere o del Sole-24Ore, sono ancora capaci di firmare un appello del genere, senza timore che mettano il suo nome in qualche lista di “indesiderati”.
    (Vuoi vedere quanti ”sinceri democratici” si tirano indietro, come si tirarono indietro tanti “colleghi” del Corsera, quando Fortini organizzò assieme ad altri una contestazione della linea editoriale imposta dalla proprietà!).

  12. Grazie davvero. Un deciso intervento sulla questione Meridiani e Fortini che di lui, sotto tale forma, vediamo comparire alcuni scritti all’interno del meridiano “Poeti italiani del secondo Novecento ’45-’95”, senza il quale, molto letture non avrei avuto modo di fare.

  13. @daniela ugliola

    accetto di buona luna la critica, ma bisogna intendersi su un punto fondamentale: perché nascono i meridiani? a che cosa servono?
    non credo siano nati per fare da casa di riposo, da ospizio, o parcheggio, di lusso a quei grandi scrittori/poeti che finiscono per età o stravolgimento di costumi e valori fuori commercio con altre case editrici, ovvero in altre collane.
    Volendo seguire il tuo ragionamento mi chiedo se c’era bisogno del meridiano allo scrittore più venduto italiano Andrea Camilleri. E del meridiano di La Capria? o di Arbasino? questi nostri grandi scrittori non godono di ottime vendite e bella visibilità anche nelle loro rispettive collane e case editrici?
    Vi è poi un altro interessante punto (di forza): far valere, da parte dell’editore (mondadori o chi per lui qui non ci interessa), il principio, una delle radici madre dell’editoria: la scelta, da parte dell’editore, degli autori, dei testi degli autori e quindi di una linea editoriale.
    Nel momento in cui Mondadori mi ficca Camilleri nei Meridiani, una collana così prestigiosa, io lettore di Camilleri (che magari ho letto tutto di questo autore) ho la legittima curiosità di vedere che tipo di cernita l’editore ha fatto nell’opera di Camilleri, quali testi ha sforbiciato, quali romanzi e quali racconti questo editore (nelle vesti qui di editore superculturale, essendo meridiano) ha ritenuto più importanti, più “classici”, significativi… più questo o più quello…
    Lo stesso discorso vale per Fortini e i suoi versi. Probabilmente per Mondadori la poesia di Fortini non ha motivo di essere editata mentre la parte saggistica sì…
    ci sono motivi commerciali di fondo, è ovvio, ma non credo sia nemmeno pensabile di non tener conto del mercato… o del posizionamento di questa mega antologia di opere nel mercato librario…

    Che poi ci sia il bisogno di rieditare le poesie di Fortini è un altro discorso che si può – come è già stato detto – appaltare anche ad altri contenitori, ad altre raccolte…. tra l’altro, leggendo forse tra le righe del mio discorso si può capire, io non credo che i meridiani siano tanto tomi da leggere quanto catalogo generale, catalogo direi selettivo, più importante per la Mondadori che si pasce di averlo in scuderia come orgoglio e sciccheria, e per i critici letterari e gli scrittori che possono consultarlo o menar vanto di esservi immortalati.

  14. Le poesie di Franco Fortini sono circondate da qualche tempo a questa parte da certi “avvisi” per i lettori e da tali «istruzioni per l’ “uso” che non è possibile evitare, avendo l’intenzione di ripercorrere l’itinerario dello «scrivere in versi” (di quello che rimane uno dei protagonisti, nel bene e nel male della pubblicistica culturale dei nostri tempi oscuri, com’è ben noto.
    Da una parte ci ammonisce Mengaldo, che scrive: «il tipo di lettore che le poesie di Fortini esigono è dunque un lettore partecipe – non necessariamente complice – delle scelte ideologiche che le nutrono: senza di che (e sia detto contro ogni mistica della poesia come innocenza e valore capace di parlare di per sé) esse non possono venir comprese. “Da un’altra parte del piccolo schieramento difensivo, Giovanni Raboni fa presente che: «… Fortini esprime essenzialmente la crisi dell’intellettuale di fronte alla storia, la rottura del rapporto di solidarietà con lo stato di cose presente, respinge ogni ipotesi di salvezza «interiore”, di autoredenzione, negando, al proprio fare poetico qualsiasi funzione diversa dalla presa di coscienza (per Sé e per gli altri) e della testimonianza”.
    Al centro prende posto, com’è naturale, lo stesso Fortini che non manca l’occasione di aprire spiragli sulle pagine delle sue poesie, con lo scopo dichiarato, mi pare, di delimitarne il campo di lettura autonoma e di ampliarne quello dell’incidenza «civile”: nello stesso tempo critica la propria figura di «poeta”, com’è giusto, con l’intento di sollecitare i propri lettori.
    Avverte ancora Fortini (e siamo nel 1958): «Sono ormai così persuaso della natura commerciale dello scrivere così rispettoso di ogni possibile istituzione retorica, così ben difeso dalla confusione delle categorie, che senza iattanza e a voce bassa posso dire che la poesia è sufficiente a se stessa ma non a me e che più di tutto mi importa la semplice verità”. E più di recente aggiunge (siamo nel 1967) che: «Conta il grado raggiunto di energia e la ricchezza delle implicazioni. Come l’azione politica, la poesia è in situazione. La si fa – o la si manca – con i mezzi di bordo».
    Che cosa rimane di questa innocenza e valore capace di breve introduzione agli scritti in versi di Franco Fortini, dopo averli riletti tutti insieme nella presente edizione completa (dal 1938 al 1973), inserita nell’ambito del progetto delle «0pere Complete” a cura di Einaudi?
    Soprattutto un’impressione: che tutte queste affermazioni e “precauzioni” vadano prese alla lettera. Le poesie di Fortini si riferiscono quasi sempre a “qualcosa d’altro”, che si fatica molto a sapere che sia, e spesso non ci si riesce, così che si raggiunge la ragionevole certezza che la vita di Fortini (compresa la multiforme attività di scrittore, critico, polemista, ideologo, ecc.) sia corsa parallela a quel fare poesia che non gli bastava e non poteva bastargli per quella semplice ragione che egli stesso ha messo in luce: che la poesia è sufficiente a se stessa quando riesce, quando nasce, ma non a lui che la scrive.
    Credo che questa sia la premessa per non scrivere poesia.
    E la conferma viene da questi suoi versi: «La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi». Vi è autodichiarato il fallimento preventivo e consuntivo, contraddizione insanabile e di fatto non sanata, sia dell’autonomia della poesia (in Fortini ben inteso) sia della sua funzione “civile”.
    Sempre Mengaldo ci segnala che le quattro raccolte di versi di Fortini “scandiscono con esattezza quattro tempi storici diversi che abbiamo attraversato…”, e Giovanni Raboni prima lo segue su questo terreno sottolineando che «non si potrebbe dir meglio”, ma subito si ritrae affermando: «Quattro tempi: quali? La risposta è, al tempo stesso relativamente facile e terribilmente difficile». Se infatti si raccoglie l’invito, che ho citato più sopra, di partecipare all’ideologia fortiniana per capire le sue poesie, è necessario rispondere preventivamente a una domanda: di quale ideologia o ideologie si tratta? Anche in questo caso le risposte che ci vengono dai suoi “compagni di viaggio”, e ve ne sono alcune recentissime, per esempio su “Ombre Rosse”, non sono affatto risposte, piuttosto qualcosa di simile a quella frase, “Difficile dirlo» che serve poco a nascondere gli ostacoli e l’imbarazzo.

    Antonio Porta

    Recensione a FRANCO FORTINI Una volta per sempre (Poesie 1938-1973) Editore Einaudi pagine 386, lire 9.500 in “Corriere della Sera”, 30 aprile 1978

  15. Non mi piace la cultura del sospetto su cui si tiene il brano di Luperini, soprattutto perché non è argomentata e, temo, difficilmente argomentabile. Se l’assenza dall’Olimpo dei Meridiani (logica deduttiva) dovesse di per sé essere fondata su ragioni “politiche” beh, il discorso avrebbe dovuto attagliarsi anche alla Rosselli, di cui solo ora si hanno notizie di prossima pubblicazione, e andando indietro nel tempo di un anno o più, avrebbe dovuto applicarsi alla Spaziani e a tutti quelli che di volta in volta hanno ricevuto attenzione e che, fino a prima di riceverla, non l’avevano (e dunque perché non l’avevano?). Se è la forza del messaggio politico antagonista la ragione per cui si viene emarginati in editoria, beh, di Fortini non avrebbero dovuto certo fare il Meridiano dei Saggi; non so in dettaglio cosa contenga, ma se solo contiene la metà degli scritti che, usciti in più libri sparsi, editi da più case editrici nel corso degli anni, io ho letto e possiedo (pesco l’elenco dal mio brano su Fortini di prossima pubblicazione su “poliscritture”: Verifica dei poteri, Garzanti, 1974; Questioni di frontiera, Einaudi, 1977; L’ospite ingrato – Primo e secondo, Marietti, 1985; Insistenze, Einaudi, 1985; Saggi italiani 1, Garzanti, 1987; Nuovi saggi italiani 2, Garzanti, 1987; Extrema ratio, Garzanti, 1990; Non solo oggi, Editori Riuniti, 1991; Attraverso Pasolini, Einaudi, 1993; Breve secondo Novecento, Manni, 1996; Disobbedienze 1, Manifestolibri, 1997; Un dialogo ininterrotto – Interviste 1952-1994, Bollati Boringhieri, 2003), ce ne sarebbero state e come di ragioni per subire censure politiche.
    Io, per rispondere alla domanda di Luperini (ammesso che non sia retorica, spesa cioè solo per sostenere una tesi), indirizzerei l’indagine alla storia stessa delle sorti di Fortini poeta, una vicenda, la sua, che ha conosciuto, se non ricordo male, difficoltà e ritardi (pressoché sconosciuti ai poeti suoi coevi) ben superiori a quanto non sia accaduto al Fortini saggista dietro cui non si nascondeva certo, anzi, era ben visibile, il Fortini militante e “corsaro”, pieno in modo evidente di mille buone ragioni politiche per subire ostracismi che in realtà non ha subito (vedi le collaborazioni ai quotidiani padronali, oltre alla consistente attenzione editoriale). Insomma perché fin dall’inizio dei suoi tentativi il Fortini poeta ha dovuto vincere resistenze sconosciute al Fortini saggista? Partiamo dalla storia, approfondiamo interrogando a fondo le dinamiche e tutto quanto si sa di quel lungo, e secondo me ancora sconosciuto, praticantato i cui nodi non possono essere sciolti con l’arguzia di un “A Carlo Bo non piacciono i miei versi / a me non piace Carlo Bo”.

  16. Correggo la citazione finale: “A Carlo Bo non piacciono i miei versi / ai miei versi non piace Carlo Bo”.

  17. @ Ennio

    La morte è uno dei temi della raccolta “Composita solvantur”, pubblicato nel febbraio 1994; Fortini muore nel novembre dello stesso anno. Sì, la morte anima il verso di Fortini (anche la morte della “speranza” comunista, se vuoi; è infatti un libro molto pessimista, *finale*, per così dire).

    Annoiarsi di un poeta è un segno d’amore: vuol dire che lo si è letto. La noia è un effetto personale, non critico.

    NON HO DETTO che il poeta contraddice il pensatore; scusa Ennio ma proprio non l’ho detto. E dunque il tuo suggerimento mengaldiano è fuori tema; così come non mi riguardano tutte le righe che scrivi in merito a quella presunta contraddizione.

    Le riserve sul Fortini poeta le ha espresse anche Sanguineti, così come le ha espresse, in più occasioni, un suo – di Fortini – carissimo amico (che Fortini tra l’altro considerava «uno dei migliori poeta italiano del dopoguerra»): Gianfranco Ciabatti. Nella lettura della poesia l’aspetto razionale si mischia anche a quello percettivo: la noia è possibile. Come nella musica: Luigi Nono ha scritto pagine mirabili, zeppe di *politica* non didascalica; ma chi è cresciuto con il rock approderà agli Henry Cow per godere del segno musicale in senso politico, trovando quella di Nono “noiosa”. Il “gusto” non è certo una cosa solo “personale”, ma il percorso personale di certo lo influenza. Se vuoi un esempio contrario: la poesia di Edoardo Cacciatore non mi annoia. Di Cacciatore – il miglior poeta italiano secondo Eliot – esiste il Meridiano?

    La cosa che più mi infastidisce dell’articolo di Luperini è il finale: davvero un poeta non esiste se non viene pubblicato nei Meridiani? Questa idea, anche se trasformata in appello, non godrà del mio avvallo.

    PS: io non ho cambiato orientamento politico.

  18. NON NOMINARE IL NOME DI FORTINI INVANO
    Sabato 16 giugno sono andato in libreria per il solito rifornimento. Mi sono imbattuto in un recente libretto di Alberto Bertoni intitolato «La poesia contemporanea» (il Mulino, Universale Paperbacks, 2012, € 14,00). Ho letto sul retro di copertina che l’autore insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea nell’Università di Bologna. Ho letto pure, sempre sul retro di copertina, che veniva proposta « Una coinvolgente lettura critica di alcuni poeti del Novecento, dal Pasolini delle “Poesie a Casarsa” al Giudici di “Salutz”, passando per Morante, Sanguineti, Merini, Bertolucci, Fortini, per finire con le voci più giovani: un canone ideale per quanti vogliono conoscere la poesia italiana del nostro tempo.» Oh, Dio!…Il libretto che fa per me, mi son detto. Certo, questa storia che il prof. Bertoni avrebbe trovato il “canone ideale” e questa citazione alla rinfusa di alcuni nomi d’autori così diversi avrebbero dovuto suscitarmi una sana diffidenza, ma c’è scritto che il prof. Bertoni conduce una lettura critica anche di Fortini, quindi…In breve, ho comprato il libro sulla parola (scritta), limitandomi a sfogliare le prime pagine del capitolo introduttivo all’insegna dell’interrogativo “Tutti poeti?”, leggiucchiando (di contrabbando) alcune schede di lettura della “Piccola antologia portatile” del secondo capitolo: la prima di Pasolini e subito dopo quella di Pavese. Mi piaceva anche il metodo: quello di partire dal commento puntuale di una poesia per pervenire a conclusioni più generali. Sicuramente farà così anche per Fortini…E cerco, cerco. Fortini un corno! Tornato a casa ho ispezionato in lungo e in largo la “Piccola antologia portatile”. Nulla di nulla. E allora sono andato all’Indice dei nomi. Fortini è citato otto volte, due come interprete di Montale (p. 53 e 54), altre due come lettore critico di una poesia di Sereni («Autostrada della Cisa», p. 121 e 122), altre due come protagonista insieme a Roversi e Pasolini di «Officina» (p. 148 e 172), un’altra ancora come “eretico autentico” insieme a Lukács e Brecht per la prospettiva marxista (pag. 149) e, infine, insieme a Giudici, Roversi e Pasolini come maestro del poeta D’Elia (pag. 176). L’allievo è poeta, ma il maestro no. Il prof. Bertoni, oltre a citare l’allievo cinque volte, gli dedica ben tre pagine di annotazioni ed elogi: «Poeta di indelebile vocazione civile, ma anche pieno di grazia prosodica e di un ritmo insieme sciolto e controllato, davvero rarissimo tra gli autori d’oggi…». Complimenti. Ma Fortini?…Fortini è critico, saggista, protagonista di riviste, autentico eretico marxista, ma poeta no! Le sue poesie non meritano una scheda di Bertoni, la sua lettura critica coinvolgente…Prof., d’accordo. Avrà un suo personale “canone ideale” della poesia contemporanea italiana. Ma, dica a chi ha scritto il retro di copertina del suo libretto di non ingannare, di non turlupinare il lettore in buona fede come me. Per vendere una copia in più delle sue discutibili fatiche, non nomini il nome di Fortini invano.
    20 giugno 2012

  19. Condivido e appoggio ogni inziativa volta a sostenere la campagna per un Meridiano di Fortini; fatemi sapere se ci sono iniziative specificihe in corso, di cui drò notizia nei miei blog.

  20. la questione che pone stan sulla “tessera del club Meridiano” è un falso problema, secondo me. al di là del prestigio della collana e delle considerazioni possibili su di essa (rischiando di scivolare sulla solita barbosa questione “Mondadori cattiva”), il problema con le poesie di Fortini è che non sono leggibili in una raccolta completa, esauriente ed curata con tutti i crismi. quando, anni fa, volli avvicinarmi alle poesie di fortini, erano reperibili solo antologie scarne e datate, del tutto insufficienti a una visione globale che sarebbe necessaria per uno studioso, o aspirante tale. se luperini ha indicato come referente per la pubblicazione dell'”opera in versi” mondadori, è solo perché, pur nella sua discutibile politica editoriale, essa rimane una delle poche case editrici a fare questo tipo di pubblicazioni. chi la stampa l’opera omnia dei poeti, a parte loro? garzanti, e poi?…

  21. Ha ragione Marchese: foss’anche una musealizzazione o imbalsamazione, avere il Meridiano di un autore significa possederne l’opera nella sua interezza (o comunque in una collazione ampia e organica), fatto importante più per la poesia che per la prosa (raro che di un prosatore si faccia l’edizione dei romanzi usciti fino ad una certa data, mentre è prassi farlo per le raccolte dei poeti). A me e credo a molti altri piace avere fra le mani l’opera omnia, magari è anche un gusto un po’ totalitario, se si vuole.
    Inoltre i Meridiani hanno apparati pregevolissimi e i commenti testo per testo sono utili dal punto di vista informativo ma spesso (non sempre, dipende dalla curatela) anche interpretativo. Su quest’ultimo aspetto anche le raccolte complete della Garzanti sono deficitarie, nel loro presentare le poesie nella loro nuda e cruda veste.
    Se poi si vuole sovrapporre a questa pratica utilità “interna” alla fruizione della letteratura considerazioni “esterne” di tipo politico, si faccia. A volte ci si azzecca, a volte invece si fa solo dietrologia.

  22. Non sono uno storico della letteratura, non sono dunque un esperto del linguaggio poetico, sono un semplice lettore. Ho incontrato Fortini da giovane, quando la poesia era per me strumento per raccontarmi e dare sfogo alle mie paure e alle mie ansie. Da allora amo la sua poesia (al di la dei suoi contenuti e delle idee che comunica), amo soprattutto la sonorità e la melodia dei suoi versi, vi trovo una soddisfazione dei sensi che altrove raramente riesco a rintracciare o percepire. Credo vada sostenuto con forza il progetto di un Meridiano della sua opera poetica.

  23. Separare I Meridiani dal contesto non ha senso. Provate a sentire cosa dice la curatrice (Renata Colorni) della collana; potreste scoprire che:

    – I Meridiani sono una collana per promuovere il canone della classicità.

    – L’obiettivo editoriale dei Meridiani è quello di «allargare il concetto di canone, ospitando nella collana autori di successo, di grande e piacevole lettura, che non erano considerati classici»; di ospitare, insomma, «autori di intrattenimento» (lo dice proprio così, «di intrattenimento»).

    Questa linea editoriale è – anche – una linea politica. Se l’opera poetica di Fortini vendesse, verrebbe tranquillamente ospitato; siccome è presumibile che non venda, mancando un pubblico politicamente interessato (cosa che la poesia di Fortini richiede, non essendo per i soli amanti della poesia), e trattandosi di autore indigesto, e dunque poco intrattenitore, ecco che la collana non lo ospita. O davvero c’è qualcuno che pensa che un autore ospitato nella collana sia solo un oggetto di studio e non anche, e forse soprattutto, un modo per affermare la linea editoriale?

    Chi ama Fortini, chi ne ama la sua alterità militante, il suo distacco dal costituito, chi davvero ne ama la «visione» o la sua di «rottura pacata», allora non può che dirsi contrario all’ipotesi Meridiani. Altrimenti il suo «gesto» sarà reso partecipe di quella linea editoriale, e dunque inoffensivo.

    Anestetizzare le ferite o procurarle?

  24. Ma no @stan, fortini è già ospitato dai meridiani. e fortini è già entrato nel canone della poesia italiana del ‘900. come i dottorati di italianistica sono saturi di gente che studia fortini. non cominciamo a fare dietrologia all’italiana. i meridiani sono una collana semplicemente “stupida” perchè non ha nemmeno un barlume di linea editoriale (di quelle culturali). ora, francamente, mi dice chi si compra 60euri di heinrich von kleist?

  25. Meridiani (non tutti) utili, resto più attratta dagli “Elefanti” Garzanti. Ancor di più dalle singole raccolte non irregimentate nel contenitore globale. Fortini grande, grande poeta, complesso e affascinante come la vita. Che lo si ristampi, presto, un libro dopo l’altro. E poi tutto. Nel frattempo si vada in biblioteca, è uno dei pochi poeti che vive davvero anche là.

  26. Alcuni brani di Fortini. Chi vuole intendere, intenda:

    “Tommaso d’Aquino, Marx, Pareto, Weber, Croce e Gramsci mi hanno insegnato che la libertà di espressione del pensiero, sempre politica, è sempre stata all’interno della cultura dominante anche quando la combatteva”

    —————————————————-
    A Carlo Bo non piacciono i miei versi.
    Ai mei versi non piace Carlo Bo.
    ————————————————–

    Uno solo forse vale dei miei versi, dici. Ma
    bada. Può farti male. Prendine la metà.

  27. @ Antonio Allegra

    Io non intendo, mi creda; e voglio solo sparire. Del consorzio umano mi frega ‘na cippa, di quello letterario ancora meno. Lei si sente tranquillo partecipando allo scempio? Bene, mi auguro che almeno ci guadagni qualcosa. Vede, carissimo, i tempi nostri non sono quelli di Fortini; all’epoca, la cultura dominante aveva una sua dignità, oggi è solo merda. Un poeta che mai entrerà nei Meridiani, Giorgio Cesarano (mi piacerebbe sapere quanti, qui, lo conoscono), diceva che la cultura dominante è il modo più elegante per uccidere il pensiero: aveva ragione. Oggi un solo programma è possibile: starne fuori. Altrimenti vince la merda.

  28. @stan
    Mi perdoni, ho ceduto al richiamo dell’immediatezza del commento su blog. Non si discute sui blog. In bocca al lupo.

  29. @stan

    mi sa che oggi la cultura dominante non adopera nemmeno più il modo più elegante per uccidere il pensiero, lo uccide e basta, legittimato, anche nei modi poco eleganti, dai suoi fruitori (che ad eleganza, evidentemente, lasciano a desiderare peggio dei loro rappresentanti)…

  30. @ stan. Scusi, sa, ma se vuole sparire, perché continua a scrivere? “Scompaio, sì, sì, ora scompaio, non vedete che sto scomparendo? Vi dico che sto scomparendo, lo sto dicendo, ma quante volte devo ripetervelo?”.
    Se mi permette vorrei dirle due cose, una irritata/irritante e una amichevole.
    Continua a darmi fastidio questa tattica, da alcuni praticata sui blog, di intervenire – persino con argomenti anche intelligenti come di solito sono i suoi -, licenziando giudizi impietosi sul senso stesso della discussione, sulla cecità connivente di chi vi prende parte, pretendendo però di farlo da posizione superiore, non coinvolta. Solo chi tace ha il diritto di sentirsi cataro: se si partecipa, si accetta di essere imbecilli che discutono come tutti gli altri e si è già scesi nella polvere dell’agone.
    Ora la considerazione amichevole: finché parla e vive, che le piaccia o no, è condannato a far parte sia del consorzio umano sia di quello letterario. Se in questa prigione invece di tirar gomitate ai compagni di cella lei prova a rendere la permanenza il meno disagevole possibile per sé e per gli altri, avrà fatto una gran cosa.

  31. A LATO DELLA DISCUSSIONE
    SU «UN MERIDIANO PER LE POESIE DI FORTINI»

    Finora in questo post ci sono stati spunti di discussione interessanti, ma di botto, emerse le differenti opinioni e menati gli ultimi fendenti [1] essa si è bloccata. Tento per conto mio di rimettere i pezzi finiti per terra sul tavolo e insistere. Tratterò due punti:

    1. Meridiano delle poesie di Fortini: sì/no

    Non sono addentro a nessuna faccenda editoriale. E ragiono solo per supposizioni e deduzioni dai dati che mi arrivano. Mi chiedo io pure: come mai la Mondadori, che pur ha già pubblicato «Saggi ed epigrammi» di Fortini, non accetta o ritarda la pubblicazione delle sue poesie? C’è o no questa *damnatio memoriae* cui allude Luperini? O magari opera in forme mascherate? Quali? S’è manifestata, forse, successivamente alla pubblicazione del primo Meridiano dei «Saggi ed epigrammi»? Chi avesse dati per non farci sproloquiare a vuoto, è pregato di metterli a disposizione. Grazie.

    Posso però valutare quello che stiamo dicendo qui su LPLC. E anche su questo dico la mia: trovo riduttivo vedere la pubblicazione di un Meridiano delle poesie di Fortini quasi in termini di mero comfort per lettori “forti” (Marchese, Lo Vetere); e considero nichilista (e un tantino troppo orgogliosa) la posizione di stan.

    @ stan

    Possibile che, nel 2012, si deve rimanere inchiodati alla contrapposizione tra apocalittici e integrati? Credevo di aver messo in modo pulito la questione: un appello, una raccolta di firme, una rivendicazione. Ci si potrebbe coalizzare su un obiettivo: “Meridiano delle poesie di Fortini subito”. Sarebbe anche un test di valutazione dei “sinceramente democratici” che ruotano attorno a LPLC. Potremmo al contempo discutere anche di esclusi dai Meridiani, come Cacciatore o Cesarano (io lo conosco) e di linea editoriale della Mondadori o di chicchessia. Magari persino incontrarci in qualche luogo d’Italia (che so: al Centro F. Fortini di Siena). O sfilare con dei cartelli sotto la sede della Mondadori incalzando e dando la sveglia ai “mondadoriani”.
    E, invece, non solo si fa orecchie da mercanti da parte di molti (come temevo) o ci si ferma a vaghi incoraggiamenti, ma mi si para davanti “il compagno stan” (non ti conosco e di questi tempi vado per supposizioni…). Vedo che usa tutta la sua intelligenza e ironia, ma semplicemente per prendersela con Luperini («davvero un poeta non esiste se non viene pubblicato nei Meridiani?» ; «Una volta i “salotti” erano invisi agli intellettuali “contro”, oggi va di moda frequentarli.»), per denunciare, sì, i vuoti o la confusione della linea editoriale della Mondadori (« Di Cacciatore – il miglior poeta italiano secondo Eliot – esiste il Meridiano?»; «Un poeta che mai entrerà nei Meridiani, Giorgio Cesarano»), e poi, alla fine della fiera, tirarsi da parte ([questa proposta]«anche se trasformata in appello, non godrà del mio avvallo»; «Oggi un solo programma è possibile: starne fuori. Altrimenti vince la merda»).
    Non è nichilismo questo? Diciamo pure che i Meridiani Mondadori sono il Museo degli Scrittori di prestigio imbalsamati e che ha tutti i difetti che chi se ne intende potrebbe elencare. Ma, visto che la collana esiste e potrebbe avere *anche* una funzione decorosa e invece viene gestita in maniera sempre meno “illuminata” e strizzando sempre più l’occhio al Mercato, perché non rivendicare che, appunto, entrati la Spaziani o Camilleri, possa entrarci anche il Fortini poeta e non solo quello saggista-epigrammista?
    Anche per me, come per te, i Meridiani restano un Palazzo che non m’appartiene. È però uno spazio culturale pubblico. E, quando passo davanti alla sua facciata, mi piacerebbe vederci anche la statua di Fortini.
    Sì se ci fosse quel ‘noi’ che forse entrambi abbiamo visto all’opera in lontani anni meno bui di questi, questa sarebbe stata “una battaglia di retroguardia”. Ma oggi? Non essendoci alcuna avanguardia – o non me ne accorgo io, stan? -, anche una piccola, castigatissima, *politicamente ipercorretta* rivendicazione democratico-inclusiva per indurre i “mondadoriani” a collocarvi anche l’opera poetica di Fortini a chi fa male? Distrae forze le masse o il popolo o le minoranze pensanti da obiettivi più “rivoluzionari”? Avalla il “potere borghese” della Mondadori? No, faremmo solo un minuscolo tentativo di organizzare intellettuali o “lavoratori della conoscenza” su un obiettivo comunque serio, perché stiamo parlando di un Meridiano delle poesie di Fortini non degli scritti di Saviano…(ma su questo cfr. anche al punto 2).
    Insomma, stan, mi pare che non t’accorgi che la «merda» (Majorino la chiama più eufemisticamente «la dittatura dell’ignoranza») ha già vinto, che «lo scempio» è già avvenuto. E allora che si fa? Non si dovrebbe, comunque, contrastarne gli effetti maleodoranti. Lo fai tu da solo tirandoti fuori con qualche altro o invitando anche noi a «sparire»?
    Secondo me, se nel panorama di «merda» dei Meridiani a metterci un Fortini poeta, che profumasse come una ginestra, oltre che a tenercelo (e spero a leggerlo ogni tanto) in alcune poche nostre biblioteche private o pubbliche – ripeto -, a chi facciamo del male? E se ci facessimo sentire più spesso e con più coraggio e e denunciassimo i gestori della produzione di «merda» culturale o i grandi, medi e piccoli “dittatori dell’ignoranza (come ha fatto l’amico Salzarulo in questo post…), non aggiungeremmo un granello per costruire quel ‘noi’ capace di passare dallo scambio di opinioni “disinteressate” su un blog a un patto minimo, che sotto sotto è ciò che manca nei nostri intelligenti discorsi?

    2. Fortini poeta/Fortini saggista

    [@ Rosemary Liedl e @stan]

    Mi ha colpito il suo commento sottilmente acido e malizioso (e mi scuserò con lei, se sbagliassi a interpretarlo). Rispolverando la recensione di Antonio Porta a *Una volta per sempre* di Fortini apparsa sul Corriere della sera del 1978, indirettamente lei sembra dire: Le poesie di Fortini hanno qualcosa d’oscuro («si riferiscono quasi sempre a “qualcosa d’altro”») e i suoi stessi «compagni di viaggio» non hanno nascosto «gli ostacoli e l’imbarazzo» nel concedergli l’avallo letterario; tanto che, non potendo dire che erano belle, notevoli, straordinarie, se la cavavano con contorti stratagemmi, del tipo: bisogna «partecipare all’ideologia fortiniana per capire le sue poesie». Non è che voi, qui convenuti a chiacchierare sul Meridiano delle poesie di Fortini, state ripetendo lo stesso giochetto? E perciò giù la maschera: dite «di quale ideologia o ideologie» parlate! Davvero la condividete/la condividevate l’ideologia del comunismo di Fortini?

    È una domanda scomoda, persino insidiosa, ma va al cuore di un problema: quello del legame tra la forma della poesia di Fortini e la sua concezione del comunismo (o “filosofia della storia”). In termini più semplici c’è chi si è chiesto e si chiede: ma a Fortini ha giovato o no (e non solo nella ricezione del pubblico, ma nell’accertamento da parte dei critici del valore estetico delle sue poesie) l’essere stato comunista e aver voluto dare forma a questo suo “pensiero dominante” anche in poesia?
    Per molti intellettuali (anche di sinistra), rimasti malgrado riveniciature contingenti crociani fino alle midolla, la poesia resta espressione di un sentimento lirico è stop. E in tanti decenni non hanno cambiato opinione. La lezione di Auerbach è scivolata via, acqua di fiume su un sasso. Eppure, avendo egli sdoganato il Dante troppo carico di “sovrastrutture” della *Commedia*, e avendo agevolato anche lo sdoganamento di Leopardi, potrebbe – perché no – aiutare ad intendere meglio il “Fortini poeta”…Ma chi ha voglia di fare tutto questo giro Aurbach-Dante-Leopardi-Fortini? Meglio segare la sua opera. Qualcuno si legge *anche* le sue poesie. E gli altri si limitano a fare gli estimatori del “Fortini saggista”.
    Non dico tali cose a Seligneri, che ha già la sua bella lista di nomi per i Meridiani da anteporre a quello di Fortini. Ma a te, stan, sì, che ti attesti sul dogma: in Fortini «l’aspetto razionale si mischia anche a quello percettivo: la noia è possibile». Come scuotere questa tua noia, sia pur «d’amore» (e dopotutto documento di lettore diligente)? Specie se le tue «riserve sul Fortini poeta» si appoggiano su quelle esposte «in più occasioni» da Sanguineti? (Tieni conto che Sanguineti fu “parte in causa” contro Fortini per profonde ragioni politiche, essendo stato lui del PCI e Fortini critico del PCI. Ne assaggi ancora gli echi qui: http://luperini.palumbomultimedia.com/?cmd=articoli&id=15). Se le aveva lui, Sanguineti, che era di sinistra e d’avanguardia! E se poi, in aggiunta, ce le aveva pure Gianfranco Ciabatti, che con mia sorpresa – sono disinformato in pettegolezzi letterari! – quasi dovrei collocarlo adesso nel mazzo dei “fortiniani pentiti” alla Berardinelli! Figuriamoci i “mondadoriani” Doc!

    Non sarò io a sbrogliare tale matassa nello spazio di un commento su LPLC. Vorrei però ricordare a Rosemary che la questione posta nel 1978 da Carlo Porta, e da lei ora riproposta, fu affrontata nelle giornate di studio «Dieci inverni senza Fortini 1994-2004)» a Siena e in particolare nella tavola rotonda che le concluse. Sto rileggendo, in preparazione del n. 9 di POLISCRITTURE dedicato a Fortini, quegli Atti, pubblicati da Quodlibet di Macerata nel 2006. E sarebbe bene che li leggessero o rileggessero lei ed altri, anche se “noiosi”. Per invogliare a farlo e magari a riprendere altrove il discorso (basta scrivermi a poliscritture@gmail.com), riassumo qui due posizioni emblematiche, antitetiche e significative ancora oggi di come gli intellettuali si collocano di fronte alla *contraddizione*, che la poesia di Fortini si assunse; e che oggi a cuor leggero (e non solo in poesia) viene scartata. Mi riferisco a quelle di Guido Mazzoni e (del compianto) Riccardo Bonavita.

    Per Mazzoni le rivoluzioni moderne iniziate col 1789 e quelle comuniste sono esaurite (affermazione drastica attenuata solo da un dubbioso ed enigmatico «forse per sempre». Una storia, che Fortini poteva ancora chiamare «nostra», è finita. E l’opera fortiniana – i suoi discorsi, la sua poesia, la sua saggistica – diventano quasi del tutto incomprensibile. Se non ai topi, va consegnata agli accademici, affinché vi approntino «un corredo di note» per renderla quantomeno leggibile ai posteri. Da qui – conseguente (malgrado quel «forse» sospeso nel vuoto…) – una scelta precisa almeno in letteratura e in poesia (non so le posizioni di Mazzoni in politica): abbandonare i problemi che Fortini ha macinato tutta una vita e tornare a Montale o a Sereni, cioè proprio agli autori che Fortini «sottoponeva a critica politica» [2]. Sempre conseguentemente Mazzoni legge le opere degli ultimi anni di Fortini (Paesaggio con serpente, Insistenze, Extrema ratio Composita solvantur,) soltanto o soprattutto come «libri di ripiegamento e sconfitta». In conclusione: fine del comunismo e riconoscimento che insensatezza e infelicità della condizione umana sono «ontologiche e irredimibili» [3]. I nostri destini possono diventare (tranquillamente o inquietamente) «sempre più privati». Il cerchio è chiuso.

    Riccardo Bonavita, invece, attestandosi su Gramsci, Bourdieu e Freud e ricalcando uno schema interpretativo già usato da Fortini per Leopardi, pone l’accento proprio sul Fortini poeta (ecco l’interesse di questa posizione per la nostra discussione): Fortini non va ridotto alla sua filosofia della storia [4] ; i suoi testi vanno interrogati non in una logica “discepolare”, che li tratterebbe da «testi sacri» e incoraggerebbe indirettamente in taluni atteggiamenti “edipici” (e faceva l’esempio di Berardinelli [5]), ma attraverso un «buon uso della distanza», persino «scientifico». Contro la vulgata del Fortini algido e in posa statuaria vi si coglierebbe – dice Bonavita – la presenza di «inquietanti e consapevoli inserzioni di tritumi inconsci» (soprattutto ne La poesia delle rose [6] . E, infine, a differenza di Mazzoni, non vede il nostro tempo presente solo come caos o natura indecifrabile. A uno sguardo vigile esso si presenta ancora «strutturato da «grandi strategie storiche» tese a consolidare e ad estendere – questo sì – in modi diversi varie forme di dominio»[7] . Conclusione: *leggere Fortini* e essere capaci di porsi (o di non abbandonare) la sua «posizione dell’eretico» [8].

    Con precisazioni che qui salto, mi ritrovo sulle cose dette da Bonavita. Non accetto l’idea della “fine della storia” che trapela dalle posizioni di Mazzoni, anche se riconosco che non siamo davanti a «un semplice arresto provvisorio nello sviluppo storico, come quello che Fortini intravide fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta» [9]; e che, dopo la vampata mondiale del ’68, gli “oppressi” o i “dominati” sono stati irrimediabilmente tagliati fuori dagli scontri che contano; e non hanno più un “orizzonte d’attesa” o di lotta. Per un periodo storico imprecisato ogni ipotesi comunista (o suo sostituto) potrà essere o una favola menzognera o un’utopia orientativa per minoranze. Qui, sì, saremmo nel cerchio di una visione prevalentemente di fede, come dice Mazzoni. Ma al posto dell’ utopismo:

    …c’è da tornare ad un’altra pazienza
    alla feroce scienza degli oggetti alla coerenza
    nei dilemmi che abbiamo creduto oltrepassare. [10]

    Sono perciò per un realismo che chiamerei dell’ io-noi *esodante*, capace di dialogare, polemizzare, criticare, distinguendosi il più possibile sia dal realismo “privatistico” esistenziale sia dal realismo di una ragione falsamente pubblica e falsamente politica. Anche se non si potesse più essere ‘compagni’ o collegarsi di nuovo per uno scopo comune, ciascuno ‘io-noi’ può non inchinarsi ai dominatori e non accettare *questo* presente da loro imposto.
    Come ai suoi tempi Fortini, abbiamo subito il peso della sconfitta. Per quanto tentiamo di reggerla, dobbiamo ripiegare e non abbiamo neppure più una qualsiasi Mosca alle spalle. Possiamo però non finire a New York. Meglio “periferici”, emarginati, esiliati interni che cortigiani e arrampicatori.
    Ed è la ragione, non la fede, che dice: non accontentarti dell’ideale del comunismo, della speranza nel comunismo, ma neppure dell’esistente capitalistico. Non restare abbarbicato nostalgicamente a una sorta di *età dell’oro*: marxiana o leninista o stalinista o soviettista (a seconda dei gusti, delle scelte o delle esperienze vissute), ma continua *soltanto* a sviluppare criticità e politicità (due tratti della fortiniana «posizione dell’eretico»). È una scommessa *esodante* ragionevole e praticabile, non fideistica e attendista.
    La poesia di Fortini, proprio perché «il poeta non contraddice il pensatore» come tu, stan, riconosci, può, al di là di preferenze cristallizzate, rimanere in fecondo scambio con la sua saggistica. Un lettore *esodante* può muoversi criticamente e a pendolo tra l’una e l’altra. E tenere sempre d’occhio la realtà che continua a mutare. L’ideologia c’era anche in Fortini. Quella – sappiamo – s’insinua in tutti; e non si vede perché dovesse esserne esente lui. Ma è la criticità della sua visione comunista che è all’opera, e vigorosamente, non solo nei suo scritti saggistici ma anche nelle sue poesie, nella sua metrica e nei suoi versi.
    Oggi, 2012, siamo tutti più avvertiti che quel contenuto comunista è “superato” (come del resto era “superato” il cattolicesimo medievale di Dante), ma la formalizzazione fortiniana del moto storico comunista novecentesco, a cui legò la sua vita e la sua attività di scrittore e di poeta, è qui davanti a noi. È una sorta di straordinaria squame di serpente. La sua forma richiama più e meglio di altre forme (quelle di altri scrittori e poeti suoi contemporanei) il moto comunista che ci fu e quello che *potrebbe* ancora esserci magari sotto un nome che non conosceremo. Nella squame fortiniana di sicuro non si trovano raffinatezze, estetismi, preziosismi linguistici, lucori di albe misteriche: tutto quello che troppo spesso viene creduto poesia da quanti non vogliono riconoscere «il poeta di nome Fortini» (Lenzini).

    [1] @ Lo Vetere
    Eh, no. A me le gomitate di stan (ma anche di altri) vanno bene, anche se fossimo tra compagni di cella. Tengono svegli.
    [2] G. Mazzoni, Fortini e il presente, in «Dieci inverni senza Fortini», p.116, Quodlibet, Macerata 2006
    [3] Idem p. 116
    [4] Riccaro Bonavita, Per un buon uso della distanza, in «Dieci inverni senza Fortini», p.191, Quodlibet, Macerata 2006
    [5] Idem p.188
    [6] Idem p. 191
    [7] Idem pag. 192
    [8] Idem pag. 194
    [9] G. Mazzoni, Fortini e il presente, in «Dieci inverni senza Fortini», p.115 Quodlibet, Macerata 2006.
    [10] F. Fortini, Forse il tempo del sangue… (1958)]

  32. Sì, Abate, ha ragione lei (e anche chi si è espresso nel suo stesso senso): una collana ha sempre una qualche linea editoriale, che significa culturale e politica. Ho scientemente ridotto la faccenda a criteri utilitaristici, solo per rintuzzare quelli che a me sembrano slittamenti dalla fondata constatazione che ogni scelta sia politica verso quella che dietro ogni scelta ci sia una logica partitica (o di chiesa o di consorteria). Facevo un po’ l’ottuso ingenuotto.
    Ma, ripeto, ha ragione lei.
    Ora per ragioni di tempo non posso dire altro e forse, visto che invoca giustamente qualcuno che fornisca dati, e io non posso offrirne, non so dire altro.
    Saluti.

  33. Caro Romano, fosse solo Fortini! Forse dimentichi 2 dei più grandi nomi della poesia del 900, il mio conterraneo Leonardo Sinisgalli (punta di diamante dell’ermetismo italiano) e Raffaele Carrieri. Ricordo un giorno, eravamo io ed un mio amico in casa di Andrea Zanzotto, arrivò una telefonata dalla Mondadori circa un meridiano che stavano pubblicando e volevano un consiglio dal grande poeta. Bene, ti assicuro, che Zanzotto gli chiuse il telefono in faccia e disse noi: i meridiani stanno diventando una m…a. Certo, Fortini, ma non dimentichiamoci Carrieri e Sinisgalli. Un caro saluto. Luciano Nota

  34. @Abate

    Io non credo che valga fare appelli per alcuno, con tutto il rispetto per Fortini. Se avete esperienza iniziatica di talento e genio, se avete provato a suonare il violino, se avete mai praticato uno sport agonistico, se avete avuto una qualsiasi educazione progressiva al “compare and contrast”, non potete non riconoscere che di Fortini si possono salvare pochi versi e forse neppure quelli.

    La commistione fra le parole (o qualsiasi altro talento diseguale dell’umano) e le cose (le opportunita’ di ideologia, di politica, di economia, sociali) crea il “discorso letterario” che lascia insoddisfatti tutti. L’ultima rivalutazione editoriale degna di nota, peraltro assai sbilanciata sul talento delle parole e dunque per me benvenuta, e’ stata quella di Moresco.

    Non vi accorgete che il “discorso” in se’, l’atto stesso del logos che si incarna nel socio-politico, e’ il fallimento di quell’altro corno, cioe’ del “letterario”? Sono forme proprie diverse. Il ventriloquismo del discorso socio-politico e’ pura emissione di fiato utilitaristica ed epigonale, mentre la fantoccita’ del letterario, anche nei soggetti dotati di poco talento, e’ una forma propria e inutile, quindi originale.

  35. un’opera omnia non è “un mero comfort per lettori forti”; chi lo afferma chiaramente ha letto pochi libri in vita sua.

  36. e tanto meno ho mai affermato qualcosa di simile, come abate sostiene all’inizio del suo lungo e palloso intervento.

  37. Un abate non legge molti libri, ma quelli giusti.
    E solo i marchesi, per paura di essere pallosi o non avendo nulla da controbattere, scrivono telegrammi spocchiosetti.

  38. @ Ennio Abate
    Io ho conosciuto, studiato e amato Luperini, con cui – pensa un po’ – stavo pure per pubblicare un libro nella collana “La scrittura e la storia”, da lui diretta presso Manni; ma da quando ha tessuto le lodi su Saviano (e detto, a corredo di ciò, tutta una serie di puttanate) ho smesso di frequentarlo. Sono molto netto nelle mie scelte: e a ‘culo tutto il resto! Non essendo io nessuno, posso permettermi di non mediare. Mi tengo le mie asperità estremistiche; scusami, se ti parrà.

    Di Mondadori e dei Meridiani non mi frega assolutamente nulla. Così come nulla mi frega del ricordo di Fortini. Io ho con tutti e con tutto un atteggiamento pratico: mi serve?, bene, lo uso; non mi serve?, che cada nel dimenticatoio. Non mi frega nulla delle sorti della “cultura”; mi frega invece, e molto, usare la “cultura” per mandare a rotoli il costituito. Per ciò, se mi permetti, le poesie di Fortini sono inutili.

    Io nichilista? Può darsi. E con ciò? Vedi, io parlo solo per me stesso. Alle mie spalle non c’è nessuno, né la massa proletaria né un riferimento ideologico. Ho le mie idee, e anche molto precise, sul mondo, ma non mi permetterei mai di parlare in nome del mondo o di un’altra persona qualsiasi. La mia unica visione sono io stesso. Nichilismo individualista? Può darsi. Anche se, a onor del vero, mi tengo stretto Brecht e le sue massime sull’egoismo e sul cinismo …

    Se uno deve aspettare i Meridiani per studiare una personalità importante come quella di Fortini, non godrà mai della mia simpatia. E, a dispetto di quello che scrive Luperini, le poesie di Fortini SI TROVANO: basta volerle davvero cercare. Che poi i Meridiani siano «uno spazio pubblico», permettimi: stronzate! Nessuno, al di fuori di chi la dirige, può partecipare all’elaborazione della linea editoriale. Pubblico è lo spazio dove ci giunge il prodotto già fatto, non la sua programmazione o la sua produzione; non dovrebbe sfuggirti la differenza.

    Costruire il «noi»? Con un Fortini inserito nei Meridiani? Posso ridere? M’immagino la scena: una ventina di intellettuali attempati o in cerca di cattedra che gridano (con voce rauca e tutti fuori-tempo) «For-ti-ni! For-ti-ni!». Questo «noi» ti interessa? Guardati intorno: della poesia non frega niente a nessuno, perché mai dovrebbe interessare quella di Fortini? Battaglia inutile, credimi.

    Il «noi», quel «noi» che andrebbe costruito, non può partire dalla cultura o dalla poesia; non è mai successo niente del genere, nella storia. La crisi è l’ambito materiale dove si costruisce quel «noi»; l’ambito politico, quello dove l’elaborazione di pensiero si intreccia all’azione, dovrà essere in grado di fare i conti con quella materialità. Tutto il resto è cultura – che è sempre, come ci insegnano i nostri maestri, Fortini compreso, *cultura dominante*. I dominati – quel «noi» generico cui rifarsi – la cultura se la costruiscono «nelle avversità e nelle asperità del conflitto», non certo chiedendo di fare entrare Fortini nei Meridiani.

    Ma chiudo qui. Ultimamente ho ucciso il comico che è in me, facendo cadere la mia maschera nella trappola dei commenti pseudo-intelligenti. Me ne torno al mio Nulla. Permettimi però, in chiusura, un appunto: anch’io, come Il fu Giusco, ho l’impressione che tu anteponi un costrutto ideologico all’opera … Partendo da questo approccio potrai arrivare solo all’agit-prop, tutt’al più – passami la battuta – al Fortini poeta; ma davvero Brecht è passato invano?

    Siamo nella merda, ma siamo anche merda. Lottare contro la puzza è una perdita di tempo. Prosit.

  39. E, a dispetto di quello che scrive Luperini, le poesie di Fortini SI TROVANO: basta volerle davvero cercare.

    potresti rimanere sorpreso del contrario, facendo un giro in libreria, su ibs o su amazon.

  40. Il governo dei banchieri ha fatto chiudere anche le biblioteche? Bah…

    A ulteriore sostegno di Stan vorrei dire che anche io mi tengo gli scritti di Brecht e lascio loro Fortini.

    Volevo infine riflettere sul fatto che sempre più, in rete, si ” costringono ” gli eterodossi come Stan (e come me?) ad abbandonare il proprio linguaggio per entrare in dialettica coi loro interlocutori. A proposito di appiattimento dei contenuti, populismo, potere, impoesia o come lo volete chiamare… Insomma, fa bene il comico Stan a diffidare della trappola linguistica della pseudo intelligenza, sempre più seriosa e lontana.

    Ps: in realtà non è che avessi molto da dire. Ho scritto il commento più che altro per vantarmi che non sto vedendo la partita.

  41. @ stan

    Anche io ho conosciuto Luperini, ho ricevuto pure delle bacchettate, non sono nessuno, poi – come ampiamente dimostrato Arminio qui, su LPLC – non so neppure scrivere e su Saviano ho già detto in breve (come piace a Marchese).
    E con questo?
    Ti vuoi fermare a questo?
    Ciascuno si tenga le sue asprezze (niente affatto estremistiche se ragionate politica-mente). Con me non ti devi scusare di niente. Ognuno va per la sua via e, come dicevo, è difficile farsi compagni.
    Io ho conosciuto anche Fortini, qualche bacchetta pure da lui, ma il suo ricordo mi è caro e la sua opera mi parla ancora molto.
    Nei prossimi giorni verificherò con altri/e se l’appello per il meridiano delle poesie di Fortini finirà per diventare solo la pensata di un nessuno senza cattedra e una battaglia inutile.

    Da te mi divide proprio il nichilismo individualista. (Però quello di Brecht, che amo io pure ed ho conosciuto – va detto – solo grazie a Fortini, non è l’egoismo o il cinismo di cui parli tu… Brecht era in un “noi” ed è stato un “io-noi”, ma un puro, cinico egoista).
    Comunque il «noi» politico che sarebbe da costruire in questa crisi extra-large non si sa oggi da dove possa partire. Ciò rende più drammatico, incerto e forse senza soluzione tutti i nostri passi (compresi i tuoi). Anche i maestri veri di una volta (Fortini per me è stato sempre e soltanto un «maestro a distanza», figuramoci Marx e Lenin, etc. ) non bastano più. Ciascuno dovrebbe essere più cauto e senza spocchia.
    No, non sono mai stato né sarò un agit-prop.
    A risentirci in altra occasione. Sempre se torni dal tuo Nulla!
    Io me l’auguro.

  42. Corrige:

    1. come ampiamente dimostrato da Arminio qui, su LPLC
    2. Brecht era in un “noi” ed è stato un “io-noi”, mai un puro, cinico egoista).
    3. Ciò rende più drammatici, incerti e forse senza soluzione tutti i nostri passi (compresi i tuoi)
    4. figuriamoci Marx e Lenin, etc

  43. Anna Cascella Luciani, un cui ricordo di F. Fortini, si legge qui:
    http://www.poliscritture.it/index.php?option=com_content&view=article&id=262:anna-cascella-luciani-qlerba-che-fino-a-seraq&catid=18:cantiere-di-poliscritture-20012-su-franco-fortini&Itemid=23
    e che non ha computer né Internet, mi chiede di «partecipare la sua speranza e il suo desiderio, che si uniscono a speranza e desiderio di molte altre persone, che presto sia disponibile, in Mondadori, un Meridiano che raccolga l’opera poetica di Franco Fortini».

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