di Franco Arminio

Risveglio nervoso e anticipato, come se fossi alla vigilia di un giorno importante. Lo aspetto da anni un giorno che arrivi come un bisonte in una cristalliera. Lo aspetto da quando ero bambino. Un giorno comunista, un giorno corale. E invece arrivano sempre queste giornatine interlocutorie, mozze e cieche. Credo che lo aspetterò fino alla fine della mia vita, non smetterò mai di aspettarlo.
Oggi avevo vagheggiato che a Grottaminarda potesse succedere qualcosa di grande e invece non è successo niente. Per me non era uno sciopero contro il governo, era il sogno di vedere un’improvvisa rianimazione dentro l’ambulanza in cui viaggiamo.

Sono arrivato prima delle nove. Mi è venuto a prendere Michele Vitale, un operaio che lavora alla Fiat di Melfi. Ho svegliato presto anche mio figlio Manfredi, sarebbe venuto a Grottamminarda anche l’altro figlio, ma stava tornando da Bologna. Almeno in casa siamo a posto. Da Michele mi sono fatto raccontare la sua giornata alla catena. Quello che lui fa da più di quindici anni, io credo che non riuscirei a farlo neppure per un’ora.

Il primo che incontro è il mio amico Fabio Nigro col figlio che ha sulla maglia la scritta: non rubateci il futuro. Mi segno sul taccuino i nomi delle persone che incontro. Ecco Tonino Di Ninno, con due bandiere sulle spalle. Ecco un animoso Tony Della Pia che armeggia con l’automobile e il suo altoparlante. Saluto il sociologo avellinese Ugo Santinelli. Passo solitario e appartato per l’ex senatore Flammia. E siamo nel suo paese. Ecco un pallido e piallato Lucio Fierro. Si sistemano nel corteo che sta per partire il sindaco di Lioni, quello di Teora e di Grotta. Arrivano anche il sindaco di Frigento e di Melito. C’è un solo gonfalone, è quello del Comune di Bonito. Saluto Donatella Martino, ex sindaco di Greci. Saluto la segretaria provinciale del Pd, che manifesta coraggiosamente ottimismo sul suo partito. Saluto anche Enzo Venezia, il Pd dal solido dna democristiano. Vedo il sindaco di Torella. Ecco la pattuglia d’ambrosiana: Carillo, Moricola, Giordano, Aurusicchio. Mi fermo a parlare col mio amico Angelo Giusto. Viene fuori l’idea di un incontro che dovremmo fare a Bisaccia in autunno con Viesti, Sales e altre figure per provare a dire quello che i partiti non sanno più dire.

Non sono tanti i volti noti, mi chiedono una battuta per la tv Norberto Vitale e poi Gaetano Amato. Rimprovero un assessore del mio paese per l’assenza del sindaco di Bisaccia. Ma i sindaci presenti sono veramente pochi. Mi viene l’idea che in ogni comune c’è un assessore ombra, un assessore non dichiarato, l’assessore al quieto vivere. Forse sarà questa la figura che assicura solidità allo stato delle cose, la figura che impedisce smottamenti deliranti o rivoluzionari.

All’altezza del casello la testa del corteo, come nella manifestazione precedente, vira verso l’autostrada. In questa occasione la polizia è schierata in assetto di guerra, immaginando che potesse essere una giornata calda. I sindacalisti sono in prima fila per organizzare il ritorno del corteo al suo percorso da passeggiata innocua. Uno mi dice che la cosa importante è il comizio. E allora cerco di convincerli che è meglio farlo davanti al casello. Un lavoro opposto al mio lo fa Lucio Fierro. Per lui la manifestazione è riuscita benissimo e non bisogna sporcarla, bisogna assolutamente rifluire. Anche un giovane del Pd dopo mi dice che loro stanno lavorando per una soluzione del problema. Bene, posso andare via. Solo il tempo di salutare un comunista sicuro come Michele Fumagallo. In macchina sono leggermente nauseato, mi viene l’ipocondria, il contrario della rivoluzione.

6 thoughts on “Il contrario della rivoluzione

  1. Grazie a questa pagina di Franco Armino, il lettore che non li abbia mai vissuti può incontrare gli umori passionali della politica che, nella sua veste nobile, muta nel profondo i corpi e le menti: è una brama “corale”, euforica e disforica, un “bisogno radicale” anziché (come nella vulgata odierna) uno “spettacolo”, un calcolo o un gioco d’interessi. Un poeta-operaio marchigiano “dispatriato” a Oslo, Luigi Di Ruscio, nel suo “Palmiro” (1986) parlava della rivoluzione in modo del tutto analogo: “attesa bramosa del dì festivo”. “La festa è aspettata bramosamente da mille anni. Aspetto la festa bramosamente aspettata da mille anni”.

  2. … so che le giornate-bisonte non le aspetti soltanto ma cerchi di costruirle, di animarle… a volte inventi l’incredibile per fare il possibile mentre tutto intorno rimane immoto sotto un’apparente eccitazione…. tutta questa apparenza! che rovina!
    grazie Arm

  3. sono contento di stare qui, sento che mi troverò bene….
    è un luogo di battaglia, ma senza uniformare il grido, qui si può lottare pure a bassa voce….

  4. La rivoluzione come fatto sociale è una bella e piacevole “ipostasi” che tiene in vita il nostro “io-plurale” per non farlo rinsecchire negli stagni della quotidianeità.. Tu lo chiami poeticamente…”Un giorno comunista, un giorno corale”.Io non per depressiva abitudine ma per realismo attivo sto cercando di dare senso e valore anche alle …” giornatine interlocutorie, mozze e cieche”. Non disperando di aspettare fino alla fine della mia vita, non smettendo mai di aspettare l’avvento rivoluzionario …non come promessa alla società degli uomini di nuove utopie “regnno della libertà-regno della necessità” e nuovi e puri recinti identitari ma come possibile esperienza perla “cura di sè” e il controllo del proprio destino individuale-comunitario attraverso la rivitalizzazione degli spazi naturali e sociali e un pensiero vivente alla ricerca e all’ascolto di varie ed eventuali risposte alle tante domande essenziali e fondamentali rimaste inevase nel nostro tacuino mentale.

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