Una volta il poeta di Augsburg ebbe a dire
che alla parete della stanza aveva appeso
l’Uomo del Dubbio, una stampa cinese.
L’immagine chiedeva: come agire?
Ho una foto alla parete. Vent’anni fa
nel mio obiettivo guardarono sette operai cinesi.
Guardano diffidenti o ironici o sospesi.
Sanno che non scrivo per loro. Io
so che non sono vissuti per me.
Eppure il loro dubbio qualche volta mi ha chiesto
più candide parole o atti più credibili.
A loro chiedo aiuto perché siano visibili
contraddizioni e identità fra noi.
Se un senso esiste, è questo.
Da L’ospite ingrato secondo (1985)
Grazie per non aver dimenticato Fortini.
Segnalo che è in preparazione il n.9 di POLISCRITTURE (cartaceo) dedicato a un ripensamento della sua figura e che i diciassette contributi finora pervenuti sono già accessibili sul sito della rivista nella rubrica:
CANTIERE DI POLISCRITTURE 2012: SU FRANCO FORTINI
http://www.poliscritture.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=18&Itemid=23
Hanno scritto su Fortini:
Ennio Abate, Ripensando al convegno «Dieci anni senza Fortini (1994-2004)
Velio Abati – La cartella di Fortini
Antonio Allegra – Negare e conservare l’immediatezza. Fortini e la mediazione di Gramsci.
Francesco Briscuso – IL volo del cherubino di stucco
Roberto Bugliani – Apertis verbis
Roberto Bugliani – Poesia e divinità. (Di alcuni luoghi nella poesia di Franco Fortini)
Anna Cascella Luciani – “l’erba che fino a sera”
Fabio Ciriachi – Le pieghe del mondo
Roberto Deidier – Fortini
Salvatore Dell’Aquila – Fortini e Sereni
Vincenzo Di Maro – VERO/ FALSO: RITUALI La parola in Fortini
Ezio Partesana – Beneficio di inventario
Alessandra Reccia – Una difficile allegoria. Franco Fortini e L’Unione Sovietica
Donato Salzarulo – Il gatto di Fortini
Donatello Santarone – Due poesie per Franco Fortini
Giulio Toffoli – Grenada e oltre…
Emanuele Zinato – Le rovine urbane di Fortini
Purtroppo Fortini è (anche) questo. Un poeta edificante. I sette operai cinesi gli hanno regalato “più candide parole o atti più credibili”. E allora lui conclude: “Se un senso esiste, è questo”. Può darsi, ma non è un senso poetico! E’ una parabola banale, un meccanismo retorico, una conclusione già inclusa nelle premesse. Non è poesia! E’ un aneddoto senza ombra e senza rischio, senza quella zona buia che fa la verità di una parola!
Luigi
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19
Eh, già! La poesia si fa solo quando si spegne la luce!
Solo il buio fa la verità!
E invece (non scherzo) se uno vede i settecentomila ex operai cinesi che danno una mano “diffidenti o ironici o sospesi” a disfare l’Italia, quell’uno capisce che Fortini la sapeva lunga.
Ripeto che non scherzo. Io i cinesi li rimanderei volentieri in Cina, però anche io “A loro chiedo aiuto perché siano visibili/ contraddizioni e identità fra noi”.
Poi me ne frego se Fortini era comunista, se sperava aiuto e luce dalla Cina di Mao personaggio a me non tanto gradito, etc.
A me importa che questo signore un po’ scorbutico oggi morto (Cristo, stavo per scrivere “beato lui”!) chiedesse aiuto ai suoi dei, ai suoi sogni, alle sue speranze, perchè fossero visibili contraddizioni e identità fra noi; e con questo per me ha già fatto il suo mestiere di italiano, di poeta, di uomo un po’ scorbutico e letterario.
Ce ne fossero! Vai Fortini, un uomo solo al comando!
Già che non ho niente da fare in attesa della cena, segnalo un interessante intervento del vicepresidente del PD, tale Ivan Scalfarotto
(qui: http://www.ilpost.it/ivanscalfarotto/2011/08/30/contro-nesi/)
Quest’uomo, così cretino, saccente e mal centrato che mi stupisco non sia Presidente e Fuhrer del PD anzichè solo vice, scrive quanto segue:
“Ho da poco finito di leggere il libro vincitore del Premio Strega di quest’anno, “Storie della mia gente“, l’ultimo lavoro di Edoardo Nesi. È il racconto del tramonto dell’industria tessile a Prato e anche una denuncia potente contro la politica nazionale (spalleggiata da economisti come Francesco Giavazzi, cui è dedicato un intero capitolo del libro) che, a detta di Nesi, ha svenduto la piccola industria italiana consegnandola, senza opporre nessuna resistenza, mani e piedi alla globalizzazione che l’ha poi uccisa.
[…]
In questa storia dolente ma non per questo meno arrabbiata, Nesi non nasconde mai il fatto che la vicenda del distretto tessile di Prato (come di altre realtà italiane nate dalle ceneri del dopoguerra) sia stata una specie di prolungato e generosissimo Natale. Lo sviluppo di quelle aziende era stato infatti “una lunga e fortunatissima cavalcata che… aveva trasportato tutti, capaci e incapaci, industriali e dipendenti, ben oltre i loro limiti”. Un sistema dove gli industriali “industriali non erano e non erano mai stati”. “Ma la cosa davvero bella, la cosa assolutamente strepitosa era che non bisognava essere un genio per emergere, perché il sistema funzionava così bene che facevano i soldi anche i testoni, purché si impegnassero; anche i tonti, purché dedicassero la vita al lavoro”.
Ecco, io non vedo proprio dove stia la sorpresa, anzi mi pare che questa “apologia dell’incapace” sia pure abbastanza irritante. Non capisco come si possa non pensare che prima o poi quelli più capaci avrebbero cercato (con ogni diritto) di utilizzare le proprie abilità e di emergere anche in un mercato più largo di quello – anteriore non solo all’ingresso della Cina nel WTO ma forse anche a quello dell’Italia nella CEE – di cui romanticamente ci racconta Nesi nel suo libro. E non capisco nemmeno cosa avrebbe dovuto fare la politica per impedire a quelli un po’ meno tonti di emergere.”
E bravo Scalfarotto, hai vinto il Gran Premio per il Quaquaraquà dell’Anno! Fortini scrisse un giorno la “Difesa del cretino”, ma oggi ci sarebbe da scrivere e anzi da organizzare, con l’ausilio di armamento pesante, la “Difesa DAL cretino”.
E visto che la cena è pronta, vi lascio suggerendo un test: paragonate questa poesia minore di Fortini con questa prosa madornale di Scalfarotto, e fatevi un po’ due conti di quanti calci in culo ci siamo presi nel corso di pochi decenni. Buonanotte, Italia e italiani: qui Radio Termopili, trasmissioni in lingua morta.