di Raoul Bruni

[Questo articolo è uscito su «Alias-il manifesto»].

Il Novecento italiano è stato anche il secolo dei grandi irregolari, scrittori importanti ma difficili da classificare, nonché estranei alle scuole, molti dei quali hanno pagato la loro eccentricità con l’esclusione dalle storie letterarie e dai canoni dominanti. È senz’altro questo il caso di Carlo Coccioli (1920-2003), narratore e saggista livornese esule a Città del Messico, che, nonostante il successo internazionale dei suoi libri, non riuscì mai a trovare adeguato spazio e considerazione nel nostro Paese. Solo di recente, dopo un lungo periodo di oblio, alcune delle sue opere sono state ristampate, soprattutto per merito di Giulio Mozzi, che promosse, fra l’altro, la ripubblicazione, nel 2009, dello splendido romanzo Davide presso Sironi, e del nipote dello scrittore, Marco Coccioli, che ha fondato appositamente una casa editrice, “Piccolo Karma” (che prende il nome dal titolo di un celebre volume di Coccioli), per riproporre opere coccioliane da tempo irreperibili. Nell’ambito di questo revival editoriale si è opportunamente inserito l’editore Marsilio, che, dopo Requiem per un cane (riedito due anni fa, con una prefazione di Marco Lodoli), rimette ora in circolazione una delle opere più importanti e controverse di Coccioli, Fabrizio lupo (pp. 553, € 19,50, prefazione di Walter Siti). Si tratta di uno dei primi romanzi europei esplicitamente incentrati sul tema dell’omosessualità, donde la sua tormentatissma trafila editoriale: composto in Italia nel 1951, Fabirizio Lupo uscì per la prima volta in Francia, in lingua francese, l’anno successivo; dopo le furiose polemiche che il libro innescò Oltralpe, dove nel frattempo si era trasferito, Coccioli abbandonò l’Europa per stabilirsi definitivamente in Messico. Ma anche in America latina, una volta pubblicato, il romanzo non mancò di suscitare clamore, attirandosi, tra l’altro, l’accusa – degna di un Werther novecentesco – di aver indotto al suicidio alcuni giovani (Fabrizio lupo si concludeva con il suicidio del protagonista e del suo amante). Ciò nondimeno, pur tra interdetti e scandali vari, il romanzo venne tradotto anche in Inghilterra e negli Stati Uniti; mentre in Italia uscì soltanto nel 1978, ben ventisei anni dopo la prima edizione francese! Nemo propheta in patria, si penserà, ma da dove poteva derivare un simile ostracismo, al di là della tematica omosessuale del romanzo? Il milieu letterario italiano, allora egemonizzato dal neorealismo, non poté tollerare il fatto che i libri di Coccioli avessero come motivo dominante la religiosità (lo scrittore passò da un cristianesimo sui generis all’islamismo; poi si avvicinò all’ebraismo e, successivamente, all’induismo, per approdare, da ultimo, al buddismo). L’afflato metafisico che innervava gli scritti di Coccioli lo poneva infatti radicalmente agli antipodi di un Cassola o di un Moravia (che egli detestava).

Fabrizio Lupo è suddiviso in tre parti: la prima (Il racconto di Fabrizio Lupo) e la terza (La conclusione di Fabrizio Lupo) sono narrate in terza persona e danno rispettivamente conto dell’itinerario esistenziale di Fabrizio e della sua tragica fine; la seconda (Il romanzo di Fabrizio), più immaginifica e onirica, è invece scritta in prima persona dallo stesso Fabirzio, di cui Coccioli afferma di aver riprodotto il dettato. Benché l’autore separi nettamente se stesso dal suo personaggio protagonista, quasi a voler allontanare da sé la responsabilità morale del testo, d’altra parte, come fa giustamente osservare Walter Siti nella prefazione, «è chiarissimo che in questo libro Coccioli si gioca tutta intera la propria sincerità; che le pagine sono carne viva e che riuscire a scriverlo era per lui questione di vita o di morte, quali che ne fossero le conseguenze». Al centro della vicenda vi è l’irrefrenabile passione dell’eponimo protagonista, un inquieto e giovane pittore, che è, almeno in parte, il segreto alter-ego dello stesso Coccioli, per uno scultore francese conosciuto a Parigi, Laurent. Fabrizio manifesta un fortissimo sentimento religioso, anzi, cristiano, dell’esistenza, tant’è che il suo amore per Laurent è costantemente attraversato da slanci spirituali e metafisici. Si affaccia allora una questione ancora aperta: come conciliare l’amore omosessuale con la religione, e in particolare con la fede cristiana (Fabrizio, che si considera a tutti gli effetti un cristiano, confesserà il suo amore per Laurent ad un prete, il quale si rifiuterà di assolverlo)? Coccioli pone problemi che hanno mantenuto intatta la loro attualità: «La Chiesa non può rinnegare l’amore: è stato proclamato che dov’è l’amore è Cristo. Se pubblicassi il libro di Fabrizio L. e il suo amore, io non temerei la Chiesa, né la sfuggirei; al contrario, invierei il mio libro ai teologi, ai moralisti, ai pubblicisti della Chiesa, con questa parola: Signori, qui vi si fa una gran domanda;è vostro dovere rispondere. Nessuno vi ha autorizzati a condannare un uomo che, nell’ordine e nella purezza, ama secondo la propria natura; se lo faceste, l’obblighereste ad associarsi ad altri uomini per invocare la venuta di un Cristo della loro razza. Il vostro Cristo, se voi taceste, non li riguarderebbe più: perderebbe ogni diritto sulle loro anime.» In ogni caso il romanzo di Coccioli non si limita alla vicenda specifica del protagonista, ma, attraverso le esperienze da questi riferite, passa in rassegna le più svariate casistiche dell’omosessualità, con l’intento dichiarato di fornire «un dossier più completo possibile sulla condizione dell’omosessuale nella nostra epoca» (in questo senso a Fabrizio Lupo va senz’altro attribuito un prezioso valore sociologico). Quanto all’aspetto più strettamente letterario, nelle (forse troppe) cinquecentocinquanta pagine del romanzo ci sono sì alcuni momenti un po’ farraginosi (non è certo questo il capolavoro di Coccioli), ma anche frammenti notevolissimi: mi riferisco specialmente alla seconda parte (quella attribuita a Fabrizio), che Coccioli affermò di aver composto in uno stato di «trance», sotto la dettatura di un misterioso daimon interiore.

[Immagine: Christian Beirle González, Illuminated Wall in Blue (gm) – http://500px.com/photo/215070]

1 thought on “Alter ego in carne viva. “Fabrizio Lupo” di Carlo Coccioli

  1. una nota a margine: leggendo un carteggio di cortazar (“cartas a los jonquieres”, alfaguara), ho trovato un accenno polemico al pamflettino di coccioli uscito nel 74 sul figaro a proposito della mafiosità del boom della narrativa latinoamericana.

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