cropped-vatican-pope-epiphany.jpeg1-1280x960.jpegdi Mauro Piras

Da più di un secolo, forse già dalla crisi di fine Ottocento, due sono i mali politici dell’Italia: una classe dirigente sempre incline, in momenti di tensione sociale, a percorrere vie che sfuggono alla legittimazione democratica, a cercare compromessi o soluzioni di vertice che salvino equilibri sociali conservatori, portando al governo minoranze elettoralmente poco radicate, ma molto radicate in termini di dominio sociale; la demagogia e il populismo, la via breve per costruire il consenso popolare e risolvere i conflitti sociali, ovviamente a favore delle classi dominanti, con l’eversione dello stato di diritto, con l’identificazione diretta tra il capo e il popolo, con la mobilitazione delle masse. Il tutto se possibile condito da una sapiente tutela degli interessi corporativi e clientelari, delle rendite di posizione, dei piccoli e grandi privilegi, tutti riuniti sotto il cappello del demagogo di turno, o anche, in alcuni casi, della ristretta élite autonominatasi salvatrice della nazione.

E così, come niente, passiamo adesso dalla ubriacatura del ventennio berlusconiano alla minoranza che cerca di governare senza avere la maggioranza in Parlamento. E il grande maestro cerimoniere di questa operazione è l’ineffabile Casini, il tatticista, nostalgico del centro democristiano che almeno la maggioranza relativa la aveva, determinato a portare al governo a ogni costo il centro di minoranza relativa. Questa è la spinta di fondo, appoggiata sull’onda lunga della cattiva politica italiana, che spiega buona parte delle manovre in atto. E spiega perché il quadro, in una logica un minimo democratica, è fuori controllo.

In una democrazia senza queste tare storiche, il programma di Monti (l’“agenda”, come la si chiama) sarebbe semplicemente il programma di un centrodestra con inclinazioni liberiste moderate e addentellati cattolici. Una cosa come quello che fa la Merkel in Germania, per intenderci. Da noi, niente di così banale. Il problema è che il nostro centrodestra è invece populista, clientelare e corporativo, tutto il contrario della destra liberale, e lontanissimo da un centro liberale riformista e moderato, come quello che propone Monti. Quindi, inevitabilmente, la presentazione della sua iniziativa politica ha comportato una rottura netta con Berlusconi e tutti i suoi seguaci. Il centrodestra non ha il coraggio di fare il suo lavoro, di cui si fa carico quindi il centro.

Ma questo mette in forse il funzionamento della democrazia. Infatti, se è chiaro che il referente naturale di Monti è il centro, questo però non ha abbastanza forza elettorale da poter assumere il governo del paese, o almeno la guida di una coalizione; non ha tale forza proprio perché la destra è occupata da un populismo corporativo (Berlusconi e sodali) e identitario (la Lega). Allo stesso tempo, questo centro senza maggioranza elettorale pensa di poter incarnare una sorta di egemonia culturale sulla società italiana, di rappresentarla direttamente, proprio grazie alla sua “centralità”; riesumando inconsapevolmente il modello giacobino della rappresentanza virtuale (che poi è lo stesso del populismo: la persona o il partito rappresentano direttamente il popolo, senza aver bisogno della legittimazione tramite le procedure democratiche). Insomma, questo centro vuole comunque determinare i giochi, senza averne la forza elettorale. E così ci propina il cosiddetto modello della “grande coalizione”, in cui la sinistra è costretta ad allearsi al centro e, alla fine, anche a dargli la guida del governo. Vedremo poi perché “cosiddetto”, cioè perché la grande coalizione non è questa cosa qui. La verità è che, nella nostra situazione, per realizzare questo obbiettivo il centro mira a forzare i meccanismi della legittimazione democratica. Si appoggia su manovre delle classi dirigenti che, pur di non avere un governo di sinistra e un’apertura verso spinte democratiche, sarebbero disposte a non rispettare del tutto le procedure.

Era molto edificante leggere certi giornali di establishment in queste ultime settimane, diciamo a partire da quando si è cominciato a parlare seriamente dell’ingresso di Monti in politica. Si profilavano chiaramente, con dovizia di analisi istituzionali e di precedenti storici, situazioni di questo genere: dopo le elezioni, il Parlamento non ha una maggioranza definita, perché il centrosinistra non ottiene la maggioranza assoluta, magari in una sola delle due Camere; a questo punto, il Presidente della Repubblica dà l’incarico al leader della forza di centro (cioè Monti, ça va de soi), che forma intorno a sé una coalizione di unità nazionale, di “volenterosi”, diciamo così, per garantire la continuità del risanamento finanziario, la gestione della crisi economica, la realizzazione delle riforme istituzionali.

Un bel quadretto. Ai lati, premono la sfiducia radicale dei cittadini per la politica, i discorsi demagogici della destra, la protesta sociale di una sinistra che non trova forma né collocazione, il sanculottismo virtuale e verticistico (che comincia anch’esso a imballarsi nei suoi riti) del Movimento 5 Stelle. Proprio l’operazione ideale, in questo contesto, per rafforzare la legittimità democratica in Italia.

Questo è il modo di vedere le cose di una parte della classe dirigente, e certamente di una parte del centro politico stesso. Casini, per esempio, non si stanca di ripetere che se il partito di maggioranza relativa non ha la maggioranza assoluta in una delle due Camere, non potrà avere la guida del governo. Curioso modo di ragionare. L’Italia, per il momento, è una repubblica parlamentare. Tradotto: il governo è responsabile di fronte al Parlamento, e governa con la sua fiducia. Tradotto ancora: in un regime politico del genere, da quando esiste la tradizione parlamentare, il partito che esce dalle urne con la maggioranza prende la guida del governo. Poi, se ha la maggioranza assoluta, tutto bene; se ha la maggioranza relativa, si mette alla guida di una coalizione in cui raccoglie in Parlamento anche i voti di altre forze politiche. Questa è la logica naturale della costituzione parlamentare. A mia memoria, le uniche eccezioni a questo modo di procedere si trovano nella Repubblica di Weimar e nell’Italia del secondo dopoguerra (la cosiddetta “Prima Repubblica”, espressione altamente imprecisa come tutte quelle simili, “Seconda”, “Terza”, quando applicate all’Italia Repubblicana). Nel primo caso, la cosa era in parte giustificata dallo strano ibrido che era quel regime politico, con una forte componente presidenzialista non ben equilibrata con quella parlamentare; e in ogni caso il contesto politico e sociale non era proprio un paradigma di democrazia funzionante. Nel secondo caso, l’impossibilità di avere una dinamica politica corretta, cioè una vera alternanza tra destra e sinistra, unita al sistema proporzionale quasi puro, ha prodotto lo strapotere dei piccoli centri, delle piccole forze che alla fine sono riuscite a governare più volte senza avere la maggioranza relativa. Non mi sembrano modelli da riproporre.

Casini, Fini, i Montezemolo e Riccardi vari (i generali senza truppe, senza base elettorale consistente), sostenuti dal moderatismo antidemocratico delle classi dirigenti economiche, dei vertici dell’amministrazione e così via, vogliono però riproporre modelli del genere. Questa soluzione è inaccettabile, non solo per le ragioni generali già esposte sopra, ma anche per quelle specifiche del contesto politico attuale.

Il centrosinistra si è organizzato politicamente da tempo, ben prima di altre forze politiche. Pur con molte incertezze, è riuscito a mettere su una coalizione PD-SEL che è stata legittimata inoltre da due passaggi di elezioni primarie, per il candidato premier e per i candidati al Parlamento. Quindi non può prestarsi a un’operazione Monti come quella delineata fin qui, per diverse ragioni: di legittimazione democratica, di identità politica e di opportunità politica.

Di legittimazione democratica. Non solo gli impegni politici delle segreterie, ma soprattutto il voto dell’elettorato di centrosinistra nelle primarie vietano di sciogliere arbitrariamente l’alleanza, in nome dell’assunzione della cosiddetta “agenda Monti” e di una alliance sacrée al centro.

Di identità politica. Le politiche proposte da Monti, e dai suoi corifei, sono di destra (o di centrodestra, come volete), l’abbiamo già visto. Sono la ricetta tradizionale, à la Merkel, per affrontare la crisi, con qualche ritocco qua e là che permette di aprire verso la sinistra per una eventuale alleanza. La sinistra invece ha altre proposte. Che la distinzione tra destra e sinistra non esista più è la solita operazione retorica del centro e della destra che serve a evitare il governo della sinistra. La sinistra deve avere una politica sociale di redistribuzione dei redditi, con una tassazione patrimoniale consistente; deve modificare in termini di equità la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro; deve promuovere i diritti civili; e deve avanzare proposte più coraggiose di quelle di Monti sulla riforma delle istituzioni europee. Solo per citare alcuni punti.

Di opportunità politica. Se il PD facesse un’operazione del genere perderebbe d’un colpo, oltre ai voti di SEL, anche un terzo del suo elettorato. La posizione di Bersani riassume in sé questo equilibrio politico: Bersani tiene insieme quel tipo di elettorato del PD, che se avesse vinto Renzi non avrebbe più votato il partito; inoltre, Bersani ha potuto vincere anche grazie all’alleanza con Vendola e SEL.

L’unica uscita sana, quindi, per il funzionamento della democrazia e per il centrosinistra, è che questo vada avanti per la propria strada, con il programma che si è dato, sulla base dell’alleanza PD-SEL. In una campagna elettorale, quindi, in cui Monti diventa un avversario politico, come gli altri. Si contino poi i voti, e questi decideranno. Se sarà necessaria un’alleanza con il centro, dovrà essere sulla base del peso elettorale reale delle forze in campo, e non sulla base di un primato del centro, delle “riforme” e della “salvezza della nazione”.

Fin qui, ho presentato la posizione del centro come unitaria, intorno a quello che per comodità chiamerò il “progetto Casini”: come governare senza avere la maggioranza, né tra gli elettori, né in Parlamento. Il progetto Casini si regge sul mito della “grande coalizione”: uniamoci tutti per salvare il paese, e quindi quello che conta è la convergenza al centro. Ora, come dicevo, la grande coalizione non è questa roba qui. La grande coalizione, in Germania, dove si pratica, nasce da una situazione elettorale di sostanziale parità: una delle due forze che si contendono il governo ha la maggioranza, ma di poco, mentre l’altra ha perso, ma di poco. Quindi le due forze più importanti hanno più o meno lo stesso peso politico ed elettorale, e questo rende difficile formare un governo stabile di maggioranza. Per questo si forma una coalizione trasversale, tra le due forze che si sono opposte in campagna elettorale. Non è affatto la situazione che si sta prospettando come esito delle prossime elezioni politiche. E soprattutto, nello schema della grande coalizione, si dà per scontato che il governo sarà guidato dal partito di maggioranza relativa, per quanto risicata sia la maggioranza. Il “progetto Casini” invece prevede che chi non ha la maggioranza assoluta in Parlamento (in entrambe le Camere) non può governare, e quindi potrebbe governare, curiosamente, un partito che non solo non ha la maggioranza assoluta, ma non ha neanche quella relativa. Insomma, il vero progetto eversivo delle istituzioni democratiche è questo, altro che grande coalizione.

Bene, una volta chiarito il senso, politico e istituzionale, del “progetto Casini”, dobbiamo chiederci: il “progetto Monti” è la stessa cosa? Fino a quando se ne parlava soltanto, sembrava proprio di sì. Poi, la presentazione della cosiddetta “agenda”, la sua effettiva candidatura a premier a capo di una coalizione di centro e le sue uscite televisive hanno modificato in parte il quadro. Se Monti prende alla lettera quello che dice, in teoria la sua posizione è più corretta di quella di Casini. Ha presentato un programma e ha detto: chi ci sta si unisca noi. Ha detto che vuole raccogliere un ampio consenso elettorale e tornare a governare sulla base di questo. Conta di indebolire sia il PDL che il PD, raccogliendo voti dalle loro aree. Certo, ha chiesto al PD di “scaricare” (è il senso del suo “silenziare”) la CGIL, Fassina, SEL ecc., ma lo chiede già ora, come mossa politica in vista di una campagna elettorale in cui il PD dovrebbe mettersi al seguito di Monti. Tutte queste cose, prese alla lettera, significano che Monti chiede delle scelte politiche aperte. Ma, sempre prese alla lettera, significano anche che lui stesso si muove in termini di scelte politiche aperte: cioè se riesce a vincere (cosa improbabile) o ad arrivare secondo avendo come interlocutore un PD indebolito da questa sua strategia, allora potrebbe mettere in campo un’alleanza centro-PD secondo il disegno da lui tracciato.

Questo esito però mostra che, affinché il gioco sia veramente corretto, in termini di legittimità democratica, si dovrebbe partire dal presupposto che, comunque vada, il governo sia affidato al partito di maggioranza relativa. Poi si fanno gli accordi, sulla base del reale peso elettorale. La chiarezza su questo punto invece manca, nelle parole di Monti. Questa ambiguità lo colloca nei paraggi del “progetto Casini”. Il senso di inaffidabilità, di instabilità che crea l’operazione Monti deriva da questo. Se Monti avesse detto chiaramente, in qualsiasi momento, o se dicesse, al più presto, che la sua logica è quella di una sana repubblica parlamentare, tutti ci sentiremmo rassicurati: il gioco diventerebbe semplicemente di vedere chi vince la partita. Di vedere cioè se il centro si rafforza veramente, diventa così importante da avere un significativo potere contrattuale per fare un’alleanza con il centrosinistra, o se questo invece riesce a ottenere una superiorità netta, in modo da realizzare una politica di sinistra, anche nel caso di una alleanza con il centro. Questo è l’unico modo per riportare in una logica democratica corretta questo anomalo confronto elettorale tra un centro che pende verso destra e una sinistra che pende verso il centro, con una destra che mira solo a destabilizzare.

Wishful thinking, si dirà. Pii desideri, a fronte di queste forze politiche, che se ne infischiano della correttezza. Certo, però a questo punto è la sinistra che deve farsi due domande. O meglio, l’elettorato di sinistra. Si direbbe che questo elettorato abbia paura di vincere. Certo, il PD dovrebbe dire con maggiore chiarezza e forza che non accetterà soluzioni in cui non si rispettino i principi elementari della democrazia. Lo ha già detto, in parte, sostenendo che il Presidente del Consiglio, se il PD ha la maggioranza relativa, non può che essere Bersani. Ma al di là dei posizionamenti dei partiti, l’elettorato di sinistra che interesse ha? Ha interesse ad avere un centrosinistra debole, facilmente ricattabile da un centro rafforzato dall’operazione di Monti? A me sembra che abbia interesse, come è ovvio, ad avere un centrosinistra elettoralmente forte, che possa dettare le condizioni al centro. Intanto, se il centrosinistra riuscisse a ottenere il controllo tanto della Camera quanto del Senato, il ruolo del centro sarebbe decisamente ridimensionato; l’alleanza potrebbe rendersi necessaria solo sui grandi temi istituzionali (riforma elettorale, riforma costituzionale, riforma della giustizia). Se invece non riuscisse a ottenere il controllo del Senato, una cosa è trattare da una posizione di debolezza, un’altra trattare con una base elettorale forte. Ora, buona parte dell’elettorato di sinistra, e degli intellettuali di sinistra che commentano questa situazione, sembra invece che abbia paura di farcela, accettando questo ragionamento mediocremente politico. Il ragionamento che viene fatto è invece più raffinato, ma profondamente autolesionista. Si dice: il centro prenderà il sopravvento, imporrà l’agenda Monti, e quindi questo centrosinistra è destinato a essere fagocitato da questa operazione. Quindi il PD non farà che prolungare il montismo dopo Monti. Il risultato di quest’analisi è il solito scoraggiamento della sinistra, che porta il suo elettorato a non sostenere l’unica possibilità di mandare un centrosinistra al governo.

Le scelte da fare, adesso, sono politiche. L’operazione Monti, il suo ingresso in politica, è destabilizzante e, in fondo, antidemocratica, se serve a imporre il centro e le “riforme” costi quel che costi. Ma il fatto che Monti si esponga direttamente alla campagna elettorale e alla competizione con altri partiti pone le premesse per un reale ritorno alla politica, se le forze politiche e gli elettori lo vogliono. È possibile infatti pensare questo contesto come un conflitto aperto tra questa proposta del centro e la proposta del centrosinistra. Il risultato elettorale determinerà poi gli equilibri per formare il governo. Purché tutte la parti accettino il rispetto dei normali principi della legittimazione democratica.

(Torino, 6 gennaio 2013)

[Immagine: Mario Monti alla messa dell’Epifania (gm)].

28 thoughts on “Il Monti politico, il centro e l’eversione democratica

  1. Analisi al solito ineccepibile. Condivisibile persino nell’appello finale a non scoraggiarsi (che sento indirizzato a me) e a rafforzare i partiti di centrosinistra. Che cosa manca? Manca un giudizio critico retrospettivo sull’esperienza del governo “tecnico” che “tecnico” non era affatto; manca quindi la volontà di reagire alla situazione attuale, considerando anche la parziale inevitabile rimonta del berlusconismo, instillando nell’elettorato la passione di vincere: cosa che Bersani non fa, o è impossibilitato a fare. Ricordo soltanto l’assurda dichiarazione bersaniana: preferisco prendere il 49 per cento e governare con altri anziché il 51 e governare da solo. Propongo perciò che sia Piras il segretario del Pd.

  2. Forse è un po’ tardiva, la preoccupazione di Piras per la legittimità democratica.
    Legittimità democratica il governo Monti non ne aveva neanche una briciolina: era legale, in quanto votato dal Parlamento, ma illegittimo in quanto imposto dal Presidente Napolitano con una forzatura della Costituzione, e non votato da alcun elettore italiano.
    Ci sarebbe poi anche il problemino non piccolo della “legittimità democratica” delle istituzioni europee, tra le quali quelle che prendono decisioni rilevanti non sono legittimate dal voto di nessun cittadino europeo, mentre l’unica legittimata dal voto popolare (il Parlamento europeo) fa il gioco delle belle statuine.
    Comunque, meglio tardi che mai.
    Richiamo però l’attenzione di Piras sul fatto, grosso come una casa, che Monti la maggioranza alle elezioni non la prenderà mai, se gli italiani non impazziscono, ma dietro le spalle ha dei pezzi da novanta come il Council of Foreign Relations e i principali centri direttivi della UE.
    Le sue divisioni stanno lì. Ecco perchè Bersani non ha nessuna voglia di governare da solo, perchè se governa *contro* Monti si ritrova a governare *contro* forze che teme facciano fare a lui e al suo partito la fine che fecero Berlusconi e il PdL.

  3. Tutto questo è la solita stantia coreografia che offre la bassa politica. Son finiti i tempi memorabili di Piero Gobetti e Antonio Gramsci, di Camillo Berneri e dei fratelli Rosselli. Di Giacomo Matteotti.
    Per quello che mi riguarda, continuerò col mio astensionismo.
    Il dramma vero è che stiamo andando verso altre tragedie alle quali forse non ci sarà rimedio.
    Violenza, miseria e guerra.
    Questo piccolo intervento lo dedico a chi ha festeggiato, per esempio, il Capodanno… Qui non c’è nulla per cui gioire.
    Il capitalismo neoliberale impazza e non regge, e sembra non esistere un’alternativa che abbia una qualche credibilità. Il resto è aria fritta.

  4. Non ci sarà anche qui lo zampino della “spectre” omosessuale-ebraico-massonica?

  5. Caro Piras,
    però, per la chiarezza dell’argomentare, lei avrebbe dovuto meglio chiarire gli aspetti più propriamente politici distinguendoli da quelli di legittimità democratica., ed invece è netta l’impressione che lei debba giungere a una conclusione elettoralistica “votiamo PD-SEL” e che pieghi il suo argomentare a questo specifico fine.
    Partiamo pure dalle questioni legate alla legittimità democratica.
    Qui, lei fa piazza pulita delle forze in campo, tacciando di populismo il PDL e la Lega, tacciando il M5S di sanculottismo e verticismo, tacciando la sinistra di non avere forma e collocazione.
    Non so se lei abbia rapporti organici con l’establishment, ma lei scrive come se lo facesse sotto dettatura, perchè per prima cosa cura di delimitare un’area di politicamente accettabile e di democraticamente compatibile, ed in questo segue la stessa via delineata dal tagliare le ali estreme chiesto da Monti.
    Una volta delimitato questo spazio, litiga con i suoi pari, ma anche qui tendendo a distinguere tra Monti e Casini, fino al punto di identificare differenze tra loro che a noi banali osservatori sfuggono.
    Per fare ciò, introduce una nuova definizione di democrazia, in cui il raccogliere consenso elettorale non è il punto dirimente, no, assai più importante per lei è il misurare il grado di populismo del paziente, insomma una democrazia a sua immagine e misura. Si potrebbe inventare un nuovo giochino in cui ciascuno dei partecipanti stabilisse di sua personale iniziativa cosa definire democratico e cosa no.
    In tal modo, lei si sottrae bellamente a qualunque considerazione sulla fase di insediamento del governo Monti, partecipando attivamente a un tentativo di ridefinire una sorta di neo-democrazia, dove non vi deve essere spazio per i populisti e dove per raggiungere questo scopo, bisogna essere pronti anche a forzare le norme istituzionali.
    Andiamo adesso alle considerazioni politiche vere e proprie.
    E qui, si vede subito quanto pesi il pregresso della fase del governo Monti.
    Infatti, non è che l’alleanza attorno al PD può andare a chiedere voti senza avere speso neanche una singola parola sulla modifica costituzionale che ha introdotto l’obbligo del pareggio in bilancio. Mi chiedo se si può fare una vera campagna elettorale ignorando i passaggi che c’hanno portato alla situazione in cui ci troviamo.
    Se si mantenesse una simile norma, tanto vale far compilare il bilancio dello stato a un ragioniere, tanto si mortifica e si limita lo spazio della politica. Ora, il PD ha votato la fiducia al governo Monti, ha attivamente partecipato alla modifica costituzionale, ha approvato decine di provvedimenti tutti elaborati e proposti dal governo Monti. Non sorge il dubbio a lei, a Bersani e a tutto il PD di non costituire alternativa alcuna a Monti? Dove starebbero le differenze, quali sarebbero i concreti provvedimenti che dovrebbero invertire l’andamento della crisi ed il suo peso sulla gente comune? Il pareggio di bilancio non si tocca, la riduzione progressiva ed inesorabile del debito pure, la compatibilità con le regole europee neanche a dirlo: di grazia, dove sarebbe lo spazio per ridurre il peso della crisi sugli italiani?
    Si delinea quindi un piano europeo che ha trovato una prima applicazione con l’insediamento del governo Monti, a cui seguirà la delimitazione di uno spazio politico accettabile (lei si rende conto di quanto sia grave considerare pericoloso per la democrazia il PDL che finora i consensi se li è guadagnati, e democratico un politico come Monti che deve la sua notorietà e la sua stessa presenza sui media alla nomina da parte di Napolitano?), fatto da pochi partiti, possibilmente due soltanto, che differiscano tra loro soltanto nel colore del loro stendardo. In tal modo, un gruppetto di burocrati come Draghi e Barroso, mai eletti, mai legittimati da un consenso popolare, potranno tranquillamente dirigere la barca europea verso i lidi da loro scelti e definiti.
    Vedo con crescente preoccupazione che si sta creando una pericolosa convergenza verso un piano autoritario di questo tipo da parte di gente comune come lei, e può star certo che chi come me è contrario, ha una concezione ben più ferma e precisa della democrazia, non starà a guardare con le mani in mano.

  6. ubi maior…impossibile competere con la tua bravura, Mauro!
    quindi, leggo, ascolto e guardo le immagini che vedo circolare e chiedo a te spiegazione: perchè il Bersani che sugli ultimi manifesti elettorali si presentava in maniche di camicia (rimboccate) ora porta la giacca di Monti in prestito? perchè lo sguardo fisso e intenso sull’elettore con una postura degna dei papi dipinti da Tiziano? chi vorrà conquistare? e dove intende assolutamente arrivare?
    Poi, perchè il sorriso più smagliante e la stretta di mano più forte nelle fotografie -non della Merkel ma- di Obama sono quelli riservati a Monti? Quale unità di intenti sugellano?
    Insomma chi vorrà e potrà davvero vestire i panni del riformatore non solo per garantire la necessaria continuità al risanamento finanziario e per gestire la crisi economica, ma anche per realizzare le riforme istituzionali che richiedono, oltre allo sguardo e al completo dell’economista, la visione profonda e a lunga distanza del grande politico?

    Savina

  7. a R. Genovese.

    Mah, il Council of Foreign Relations, dalla cui sede newyorkese Monti si dichiarò disponibile ad assumere responsabilità di governo anche dopo la fine della legislatura corrente, è una organizzazione nella quale pesano molto, in quanto membri fondatori, i Rotschild, quindi gli ebrei ci sono. Non mi risultano sponsorizzazioni ufficiali del CFR per gli omosessuali. Massoni in forma ufficiale non ci sono, anche se la massoneria è molto forte nell’anglosfera.
    Vede, può essere divertente dare del complottista al sottoscritto; è meno divertente avere a che fare con questi signori, che non complottano, ma hanno disegni politici, i mezzi per perseguirli, e poco affetto per l’Italia e gli italiani.
    Il megacomplotto non c’è perchè di complotti, cioè di progetti politici coperti, ce ne sono tanti e confliggenti tra loro, anche all’interno della classe dirigente di un medesimo paese. Però fare finta che non esistano, e che tutto si svolga come dicono i telegiornali, forse non è una mossa vincente.

  8. Gentile Piras,
    ho molto apprezzato il suo articolo e la sua analisi. È importante il suo richiamo a non cadere nello scoraggiamento e lo assumo, o almeno tento di assumerlo. Ma racconto a lei agli altri commentatori una storia semplice semplice, che ha minato in modo temo irreversibile la mia fiducia nella sinistra incarnata da Bersani: mia madre è casalinga e vedova e vive con 700 euro al mese, costituite dalla reversibilità della pensione di mio padre; vive in una casa che è la mia prima e unica casa di proprietà, ma visto che io abito da un’altra parte con la mia famiglia, la casa risulta non abitata dalla sua legittima proprietaria e mia madre (cioè io) ha pagato 1300 euro di IMU. Trovo inconcepibile, impensabile, di una gravità inaudita, che il prezzo della crisi debbano pagarlo persone come mia madre, come me, che insegno e guadagno 1450 euro al mese (ma faccio parte di quella che l’illustre Monti ha definito una “corporazione poco incline al cambiamento”, non come quelle che rappresenta lui…). Dov’era la sinistra, che ho votato per venticinque anni, mentre tutto questo accadeva? Era a sostenere questo governo. Cosa ha fatto la sinistra di sensato per impedire i venti anni di berlusconismo? Queste sono responsabilità politiche molto gravi per un partito, che, come lei sottolinea, ha sempre potuto contare su un elettorato molto significativo e avrebbe dovuto rappresentare una garanzia per la democrazia. Ho sempre pensato alla politica come a qualcosa di nobile ed è quello che cerco di insegnare ai miei studenti e dunque non sto qui a lamentarmi per quello che accade nel mio piattino. Ma pure il fatto che la mia famiglia tutta, che ha sempre vissuto in modo assolutamente decoroso con il solo stipendio di mio padre carabiniere, sia ora ridotta al di sotto della soglia di povertà non può non farmi riflettere, perché quello che io sperimento nel mio orto lo vedo anche negli orti dei vicini. L’assenza di una patrimoniale, l’assenza di una legge sul conflitto di interessi, il fatto che uno come D’Alema, nel quale in molti abbiamo creduto lustri fa e che ha commesso gravissimi errori politici, ancora si senta di pontificare in un qualunque salotto televisivo con la consueta supponenza, mi getta in un profondo scoramento dal quale faccio fatica a risollevarmi.

  9. Gentile Signora Vennarucci,
    secondo me, lei ha tutte le ragioni.
    Mi permetto solo di segnalarle un fatto che forse le è sfuggito: D’Alema non ha semplicemente “commesso alcuni gravissimi errori politici”, ha ordinato un’aggressione militare contro la Serbia senza chiedere il voto del Parlamento italiano, atto incostituzionale senza precedenti nella storia repubblicana che avrebbe reso legale il rifiuto d’obbedienza dei piloti incaricati delle missioni (che come tutti i militari italiani giurano fedeltà alla costituzione, non al governo in carica).
    Gli italiani non se ne sono accorti, perchè le bombe non le hanno ricevute sulla testa loro ma i belgradesi: però è andata proprio così.
    Questo non è “un errore”, seppur gravissimo. E’ un reato, gravissimo anch’esso, che commesso da un Presidente del Consiglio dei Ministri si chiama “alto tradimento”.

  10. Caro Rino,
    grazie per l’apprezzamento.
    E’ vero, manca nel pezzo una riflessione critica sul’esperienza del governo “tecnico”, la lascio in fondo a queste risposte perché è un problema sollevato anche da altri.
    Manca nel PD una determinazione a vincere: in parte è vero, anche io ho trovato delirante quella dichiarazione di Bersani, però adesso che Monti si è profilato come un avversario politico mi sembra che il centrosinistra stia reagendo nella normale logica di una campagna elettorale, colpo contro colpo. Poi, è vero, i politici che abbiamo sono questi, non sono aquile.
    Non penso che la rimonta di Berlusconi sarà molto significativa. Il problema sarà la mancanza di una maggioranza al Senato.

    Caro Buffagni (primo intervento),
    tornerò in fondo alle risposte sulla questione generale della valutazione del governo “tecnico”, sollevata da più parti, e della sua legittimità.
    Per ora, sui “poteri forti” internazionali. Certo, tutte queste cose ci sono, esercitano pressioni ecc. Ma se in un paese va al governo un partito che non ha neanche la maggioranza relativa, questo è reso possibile dal sistema politico di quel paese, non dai poteri esterni. Non è successo neanche in Grecia con le ultime elezioni.

    Chiedo scusa, per ragioni di tempo non posso continuare adesso.
    A causa di diversi impegni mi sarà impossibile scrivere oggi e domani. Se riesco, finisco questa sera, altrimenti venerdì pomeriggio. Non mi sottraggo alla discussione.
    Un caro saluto,
    Mauro Piras

  11. a M. Piras:
    Lei scrive: “se in un paese va al governo un partito che non ha neanche la maggioranza relativa, questo è reso possibile dal sistema politico di quel paese, non dai poteri esterni. Non è successo neanche in Grecia con le ultime elezioni.”

    Eh certo, se il PD vince le elezioni, manca la maggioranza al senato e ci ribecchiamo Monti alla presidenza del consiglio questo è reso possibile dal sistema politico del paese il quale nella persona di Bersani cala le brache, esattamente come le ha calate Berlusconi quando si è spaventato, si è dimesso senza aver perso la fiducia in parlamento, e invece di esigere nuove elezioni ha permesso che Napolitano ci regalasse l’ebbrezza del coup d’état sans larmes.
    Quando uno vince (in questo caso, i poteri forti internazionali che stanno dietro a Monti) vince perchè l’altro perde: e il metodo più garantito per perdere è non combattere.

  12. Accidenti, signora Vennarucci, lei sì che ha centrato il problema! (Non Buffagni, che dimentica che i bombardamenti su Belgrado, per quanto esecrabili, avvenivano nel quadro Nato, quella forza anticomunista che in passato pretendeva di difenderci dal comunismo detestato da Buffagni). L’Imu è un’imposta per nulla progressiva, com’è stato denunciato anche a livello europeo (quando poi si dice male dell’Europa…), e, in quella forma, il Pd non avrebbe mai dovuto farla passare. Ma cosa vuole farci? In Italia una sinistra semplicemente socialdemocratica non c’è. Ce n’è una incoerente e pasticciona, talvolta supponente in modo “normalistico” (di questo ne sappiamo qualcosa noi di questo sito), talaltra casereccia emiliana, e sempre “furbofrescona” – se mi passa il termine -, cioè di gente che si crede furba e si lascia fregare per troppa furbizia.

  13. Caro Genovese,
    a me il comunismo non piaceva, quando c’era. Gli ex comunisti come D’Alema che prima facevano i camerieri dell’URSS e adesso fanno i camerieri degli USA mi piacciono meno, molto meno del comunismo, che era una cosa seria.
    Ricordo molto bene che l’aggressione militare alla Serbia avvenne nel quadro NATO. Ricordo molto bene anche la disinformazione (sinistra in prima fila) che fece passare per genocidio una guerra civile attizzata da, in ordine d’importanza: USA, Germania, Vaticano, e che è finita con l’istituzione di uno stato criminale, il Kosovo, e l’installazione di una enorme base militare USA nel Balcani (Camp Bondsteel).
    I complici di questa immane, inqualificabile porcata illegale e incostituzionale, che ha disonorato l’Italia e l’esercito italiano, purtroppo la pagheranno solo all’altro mondo. Spero che quel giorno Dio sia di pessimo umore.
    Personalmente, sarei più che felice se l’Italia uscisse dalla NATO. La prospettiva, purtroppo, è assai lontana, finchè resta in piedi questa Unione Europea.

  14. SEGNALAZIONE AD HOC:

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/08/mobile-user-objective-system-muos-ora-e-obbligo/464205/

    Mobile User Objective System (MUOS). Ora è un obbligo!
    di Giulietto Chiesa | 8 gennaio 2013

    Non so quanti sanno cosa sia il Muos. E’ una base militare americana (non della Nato), sistemata illegalmente in mezzo a una riserva naturale, a due passi da Niscemi, Sicilia.

    Segretissima. Enorme. Si vedono antenne altissime di diversi tipi. I tecnici del Politecnico di Torino, chiamati dall’Amministrazione comunale di Niscemi, hanno valutato i rischi per le popolazioni circostanti. Il rapporto è, a dir poco inquietante.

    Ma più inquietante è scoprire che tutto il Muos è un’arma strategica offensiva di nuovo tipo, che fa parte di un sistema di basi analoghe, sparse in diversi continenti, collegate a un sistema di satelliti geostazionari che consentono agli Stati Uniti d’America, senza alcun controllo da parte italiana, di condurre azioni di rilevazione, controllo, guida di droni, possibili e multiple azioni di disturbo e di offesa verso terzi.

    Studi sull’impatto delle onde irraggiate da quelle antenne, eseguiti da due aziende americane, Analytical Graphics Inc. (sede a Exton , Pennsylvania), e Maxim Systems (San Diego, California), dicono che “le fortissime emissioni elettromagnetiche possono avviare la detonazione degli ordigni” a bordo di aerei militari.

    Infine (ma l’elenco sarebbe lungo) si hanno molte ragioni per concludere che le antenne e le parabole del Muos hanno stretti legami con l’ultra-segreto programma “Haarp” (High frequency Active Auroral Reseach Program) che dal 1994 la Us Air Force e la Us Navy conducono a partire dalla base di Gakona, in Alaska. Programma che il Parlamento Europeo ha definito pericoloso per l’ambiente e per l’uomo, chiedendo agli Stati Uniti di sospenderlo. Richiesta ignorata sia dal governo americano che dalla Commissione Europea.

    Chi ha preso la decisione di fare la base, in Italia, in Sicilia? Storia oscurissima, cominciata nel 2005. Fino a che la Regione Siciliana, sollecitata dalla gente, non ha cercato, confusamente, di fermare la faccenda. Per essere poi costretta a rimangiarsi tutto. Fino al recente sequestro della base da parte della magistratura. Anche questa volta subito cancellato dalle “istanze superiori”. Insomma questa base non si tocca. Il Parlamento non ne ha mai discusso.

    Ma è sorto un movimento di protesta, che sta assumendo proporzioni importanti. E allora, a camere chiuse, ecco che la ministra Cancellieri formalizza la decisione del Governo, definendo il Muos “sito di interesse strategico per la difesa militare della nazione e dei nostri alleati”. Cosa c’entri la difesa militare della nostra nazione in un dispositivo aggressivo lo sa solo la Cancellieri, anzi probabilmente nemmeno lei. Gli alleati sono uno solo, gli Usa. L’intimazione è rivolta al nuovo presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta: che non si faccia venire strane idee!

    L’avvertimento è chiaro ed è erga omnes: “Non sono accettabili comportamenti che impediscano l’attuazione delle esigenze di difesa nazionale e la libera circolazione connessa a tali esigenze, tutelate dalla Costituzione”. Monti, come i precedenti governi di centrodestra e centrosinistra, dopo avere violato lo spirito della Costituzione in diversi punti e dopo averla fatta modificare (pareggio in bilancio e fiscal compact) mediante un Parlamento prono, si ricorda della Costituzione in questa specifica e molto particolare situazione.

    In questo modo si vuole impedire alle popolazioni di difendersi. Anche se le si mette, a loro insaputa, in un forno a micro e macro onde in cui cuoceranno insieme ai loro figli (la Costituzione considera fondamentale il diritto alla salute). Oltre a divenire il bersaglio preliminare di ogni futuro conflitto.

    Io penso che questa base la si debba chiudere e mi impegno personalmente in questo senso. Penso che il diritto costituzionale sia dalla parte della sovranità popolare, non dalla parte degli espropriatori della democrazia e della ricchezza che siedono nel Palazzo.

    In ogni assemblea cui partecipo, dovunque vado, ripeto che il Parlamento italiano prossimo venturo dovrebbe dichiarare, nella sua prima seduta, che l’Italia non parteciperà più a nessuna azione o missione militare fuori dai suoi confini. Che lo dichiari preliminarmente, impegnando il Governo a rispettare la sua deliberazione. Il Muos è arma di aggressione e non soltanto di difesa. E non è sotto il controllo delle leggi e delle autorità italiane. Come tale dev’essere dichiarato illegittimo e chiuso.

    Naturalmente io penso che l’Italia debba uscire dalla Nato, poiché non abbiamo nemici che non siano le catastrofi naturali che si abbatteranno su di noi insieme alla crescita del Prodotto interno lordo (finché ce ne sarà). E dunque che non si debbano comprare altri caccia bombardieri e altri sommergibili, che serviranno solo a farci diventare bersagli in guerre che è ormai impossibile vincere.

    [note per la documentazione: a) Relazione del 10 ottobre 2009, firmata da Donato La Mela Veca, Tommaso La Mantia e Salvatore Pasta, su incarico del Comune di Niscemi. b) Rapporto del Politecnico di Torino, denominato “Analisi dei rischi del Mobile User Objective System presso il Naval Radio Transmitter Facility” di contrada Ulmo. Firmato dai professori Massimo Zucchetti (ordinario di Impianti nucleari del Politecnico e research affiliate del Mit, Massachusetts Institute of Technology) e Massimo Coraddu (Consulente esterno del dipartimento di energetica del PT) . c) Parlamento Europeo (5 febbraio 1988). d) UNECE Ahrus Convention 1988. e) Nagoya Convention on Biological Diversity (2010). f) Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000). ]

  15. Può piacere e non piacere (a me mi piace!), ma l’Italia è in affidamento alla Nato, da parte degli USA liberatori. Son cose che succedono a introdurre il fascismo e a perdere malamente le guerre… D’altra parte non penso che Giulietto Chiesa debba lasciare l’Italia: è così pittoresco…

  16. Caro Massino,
    sono passati settant’anni dalla fine della IIGM, il muro di Berlino è caduto, l’URSS non c’è più, si potrebbe anche cominciare a pensare di smetterla, con gli “Americani liberatori”, no? E con la NATO, le sue basi, le sue atomiche…
    Ma tutti questi fans della UE, mai che si pongano il problemino dell’indipendenza e della sovranità militari? Di invitare gli USA a tornare a casa loro? Lo trovo enigmatico…

  17. Ecco, un effetto collaterale della presenza in Italia dei liberatori americani è stato questo:

    “Giorgio Napolitano si preoccupa della trattativa tra Stato e Mafia agli inizi degli anni ’90. La trattativa non fu la prima né la più importante. Anzi, tutto lascia supporre che l’ex ministro Nicola Mancino sia impastoiato a causa di quanto intercorse fra Stato e Mafia per schierare gli euromissili a Comiso, con cui egli non ha nulla a che fare. La trattativa su Comiso è collegata con un filo, sottile e tenacissimo, all’assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Molte verità sono in due archivi: quello dei servizi segreti a Forte Braschi e quello dei Carabinieri. La traccia, rivelata oggi da Monsieur [pubblicato su Monsieur di settembre 2012, con titolo diverso], sarebbe inesorabilmente divenuta evidente agli occhi dei martiri Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Lo stesso filo passò nel telaio infetto di Vito Ciancimino, il cui figlio tuttavia sembra non sapere nulla, finora. Andiamo con ordine, facendo attenzione alle date.”

    Prosegue qui, sul blog del generale Laporta:

    http://www.pierolaporta.it/lassassinio-di-carlo-alberto-dalla-chiesa-e-di-pio-la-torre-2/

  18. Quando si perdono le guerre, e si viene prima salvati poi ricostruiti dagli ex nemici, mi sa che si firma qualche cosa di più che semplice cessione di sovranità (si firma, no chiacchiere! Trattati segreti? Può essere). Ad ogni modo non penso nemmeno di lei, Buffagni caro, che debba lasciare l’Italia; solo che mi sento più sicuro sapendo che le sue pulsioni patriottiche e ” reazionarie “, purtroppo non così isolate, sono mediate dagli interessi dell’alleanza atlantica e degli Stati Uniti. Ricordo che anche Enrico Berlinguer si sentiva più sicuro sotto l’ombrello atlantico.

  19. “Ricordo che anche Enrico Berlinguer si sentiva più sicuro sotto l’ombrello atlantico” (Massino).

    E, infatti, il PCI è scomparso senza neppure perdere la guerra.

  20. Caro Massino,
    contento lei, contenti quasi tutti.
    Le suggerisco soltanto di chiedersi se gli interessi dell’Italia, e anche i suoi personali, coincidono sul serio con quelli statunitensi, e contro quali nemici la protegge, oggi, lo scudo NATO. Le fanno paura i missili iraniani?

  21. Mamma mia, siamo così pericolosi da aver bisogno di una badante fornita di armi nucleari?

  22. (riprendo le risposte)

    Caro Falcone,
    se di fronte alla politica si fugge inorriditi, perché i politici sono tutti sporchi e cattivi, si fa un servizio a questa gente qui. Non serve a nulla rimpiangere gli eroi del passato. Si prende la situazione com’è, e lì dentro si lavora per qualcosa di meglio. Insomma, in definitiva non si tratta di cercare dei grandi uomini, ma di darsi da fare con la partecipazione e l’attività politica quotidiana. Di cui il voto è una parte. L’astensione, da sempre, è al servizio dei potenti. Che se ne infischiano di chi non ha votato.

    Caro Cucinotta,
    primo punto: non ho detto che la democrazia per me è definita dal grado di populismo. Quello è il mio giudizio politico: da sinistra, reputo il populismo un male, e reputo un male la destra clientelare, e, sempre da sinistra, mi piacerebbe avere come avversario una destra non (troppo) populista e non clientelare, ma diciamo “onestamente” liberista, come tante altre. E tutto questo è il mio giudizio politico, che viene da una parte precisa, e quindi non pensa di essere un punto di vista superiore.
    Poi c’è la questione della legittimazione democratica. E questa l’ho messa proprio nei termini che considera corretti lei: la legittimazione democratica è data dai consensi raccolti. Il mio testo infatti serve a denunciare l’operazione di chi vuole governare senza avere la maggioranza. Io certo penso che in generale la legittimazione delle istituzioni democratiche sia messa in forse anche da forze politiche populiste e identitarie come Pdl e Lega, e da forze, come dire, “semplificatrici”, come M5S. Però questa è una valutazione politica. Se queste forze ottengono la maggioranza elettorale, rispettando le procedure democratiche, mi va benissimo che governino. Mi adatto a un’opinione pubblica maggioritaria che non amo, e che alla lunga può indebolire la democrazia (come infatti è successo con il berlusconismo), ma non è detto che lo faccia, chi lo sa. Invece ci sono casi in cui la legittimità democratica è violata apertamente, e questo è un problema ben visibile al di là del contenuto del progetto politico in questione. Il progetto politico di Monti, in sé non ha più o meno legittimità di quello di Berlusconi. Però se Monti (e i suoi amici, e soprattutto Casini) vuole andare a governare senza avere la maggioranza parlamentare, allora la legittimità democratica è violata.
    Tutto sommato è un’analisi banale.
    Poi, il mio giudizio politico mostra chiaramente da che parte sto, ma se si dovesse tacere ogni volte che è chiara la propria collocazione politica o elettorale, allora non si scriverebbe più di politica. Forse sarebbe un bene, chissà. Comunque si rassicuri, non ho nessuna tessera di partito, altro che establishment.
    Veniamo ora alle considerazioni politiche. Ovviamente le mie e le sue divergono. Per iniziare, penso anch’io che l’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione sia un errore. Ma non credo che diventerà un vincolo così pesante. Comunque, sulle cose più generali: certo, il governo Monti ha fatto molte cose criticabili, anche con l’appoggio del PD. Ma questo era dovuto alla situazione politica generale, cioè un governo d’emergenza. Come ho detto all’inizio, tornerò sul problema della legittimità di questo governo, e sulla valutazione politica, in fondo a queste risposte, perché la questione è stata sollevata più volte.
    Invece, sulle posizioni del PD. A me non sembra che siano identiche a quelle del governo Monti. Il mio discorso voleva proprio dire che le posizioni del PD e di Sel guardano anche a sinistra, e pretendere di “tagliare le ali” in nome del “riformismo dall’alto” significa considerare irrilevante l’elettorato di sinistra, e quindi il consenso democratico. Ma anche dire che in finale PD e Sel fanno solo il gioco di Monti è un modo di trattare l’elettorato di sinistra che li vota come una massa di stupidi, il cui voto non conta nulla. Inoltre, come ho spiegato verso la fine del mio intervento, considerare le differenze di dettaglio come irrilevanti significa come al solito da parte dell’elettorato di sinistra rinunciare alla possibilità di sconfiggere la destra. E’ una scelta politica anche questa.

    Cara Savina,
    grazie, troppa grazia. Non so bene perché Bersani si sia rimesso la giacca. Se lo fa per competere con Monti siamo messi male. Se lo fa perché in maniche di camicie ricordava troppo Renzi, allora mi va bene. I panni del riformatore dovrà vestirli chi ha la maggioranza, tutto qui. Se poi chi vince le elezioni non sa governare, la responsabilità è sua.

    Caro Buffagni (secondo intervento),
    i complotti, cioè i progetti politici coperti, ci sono, va bene. Ma io ho una visione più confusa della storia. Oltre ai complotti ci sono tante altre forze, più o meno incontrollabili. E in più ci sono dei sistemi sociali sempre più ingovernabili. Anche le cricche che manovrano i complotti ci sono presi dentro. E non è detto che sia meglio. Quindi comunque trovo restrittiva la riduzione del tutto ai complotti.

    Cara Vennarucci,
    grazie per l’intervento. L’IMU è profondamente ingiusta non in sé, ma per come sono organizzate le aliquote, per l’estrema variabilità da comune a comune, e per la mancata revisione delle rendite catastali. Siamo d’accordo. E infatti adesso in campagna elettorale tutti si affrettano a promettere di cambiarla e ne disconoscono la paternità. Però mettere tutti nello stesso sacco è scorretto. Ricordo queste cose, anche se mi si dirà che faccio campagna elettorale: la patrimoniale non è stata introdotta dal governo Monti perché il Pdl si è opposto; quando il Pdl ha urlato contro l’IMU, dopo averla approvata, facendo la solita demagogia, Monti ha detto: “non volete l’IMU? mettiamo la patrimoniale”; il PD da parecchio tempo propone una patrimoniale generale sulla ricchezza, e propone di abbassare l’IMU per i redditi più bassi. Basta, questo è quello che passa il convento. Chi vuole giudichi, e veda semmai i risultati di un eventuale governo di centrosinistra.

    Caro Buffagni (replica alla mia prima risposta),
    se Bersani cala le brache sono d’accordo con lei. Per il momento, nella campagna elettorale, non mi sembra che Bersani stia facendo la corte a Monti.

    Se permettete, non entro nel dibattito sulla Nato ecc., perché non è pertinente rispetto al mio pezzo (e va parecchio al di fuori delle mie già scarse competenze).

    Riprendo invece la questione generale della legittimità del governo Monti.
    Primo livello, la legittimità democratica in senso stretto (di rispetto delle procedure costituzionali e delle maggioranze parlamentari).
    In questo, io non vedo problema. Se volete, è l’inconveniente dei regimi politici parlamentari. Questi si fondano sulle maggioranze che si costituiscono in Parlamento. Se le forze politiche si mettono d’accordo per costituire una maggioranza trasversale, questo non viola i principi di legittimità nel quadro di questo tipo di costituzione. Fin dall’inizio, ho scritto che un governo tecnico non esiste: questo è un governo deciso da una maggioranza politica trasversale, che ha deciso anche di non assumersi direttamente l’onere di governare, ma di delegarlo a una sorta di “podestà”. Tipica situazione italiana: la lotta tra fazioni si conclude con l’incapacità di governare e trova quindi un terzo esterno. Ma se la maggioranza parlamentare prende questa decisione, non c’è violazione della legittimità democratica.
    Certo, la violazione si può vedere nel fatto che il presidente del consiglio non è passato per la campagna elettorale e non guida una forza con la maggioranza relativa. Però non guida neanche una forza di minoranza. Non guida niente, in sé, ma allo stesso tempo guida tutte le forze che lo hanno accettato come presidente del consiglio; quindi guida anche il partito di maggioranza relativa. Insomma, è evidente che il governo Monti si inquadra male, perché il partito di maggioranza relativa ha perso di fatto questa maggioranza in Parlamento e non è stato più capace di governare. La soluzione della maggioranza trasversale va allora giudicata politicamente.
    Ora, politicamente si trattava di scegliere. Faccio notare a tutti, come ho detto più volte, che nonostante la cura da cavallo che ci è stata inflitta, in questo paese non abbiamo mai discusso, come in Grecia o in Spagna, di tagli brutali agli stipendi degli statali, anche dell’ordine del 20-30%, di tagli delle tredicesime, e cose di questo genere. Non abbiamo fatto bancarotta, e non è una cosa da poco, perché la bancarotta a novembre 2011 non era letteratura. Si parla tanto di spread, ma forse si sarebbe dovuto parlare di più di interessi sui titoli. All’epoca, e fino ai primi tre mesi del 2012, gli interessi dei titoli a breve erano più alti di quelli a dieci anni. Di solito è il contrario. Questo vuol dire che all’epoca si temeva una bancarotta a breve termine.
    Ora, si può dire che questo è un brutto mondo, che impone cure pesanti e inique per salvare tutta la baracca, lasciando che i ricchi continuino a godersela. Va bene, ma ci sono momenti in cui bisogna decidere in fretta. Se si fosse andati alle elezioni, avremmo subito tutti gli attacchi possibili di questo mondo brutto e cattivo (cioè la speculazione internazionale) e non ne saremmo usciti vivi. Altroché discutere amabilmente, adesso, di come ridurre l’IMU.
    Questa è una valutazione politica, ovviamente. Come tutte le valutazione politiche, è a rischio, incerta. La politica non è una scienza. Si può pensare che il PD si è calato le brache non andando alle elezioni nel novembre 2011. Intanto bisogna vedere se è vero che avrebbe vinto così facilmente. E poi, se anche avesse vinto senza portare immediatamente l’Italia verso la bancarotta, già solo con la campagna elettorale (scenario 1), avrebbe governato per qualche mese in mezzo alla tempesta, prendendo solo a metà provvedimenti impopolari, e continuando a subire gli attacchi della speculazione, per poi essere costretto a rinunciare e portare di nuovo il paese alle elezioni, perdendo un’enormità di voti e lasciando un Parlamento ingovernabile (scenario 2, tipo uscita di scena di Papandreou in Grecia), oppure avrebbe assunto subito una politica di austerità pesantissima, resistendo a un’ondata di speculazione molto più pesante di quella che ha subito realmente l’Italia, quindi imponendo una cura molto più pesante di quella di Monti (perché nell’urgenza non c’è equità che tenga: in situazione di risorse estremamente scarse non c’è giustizia) e distruggendosi per sempre come forza di sinistra (scenario 3). Ci si può baloccare con l’idea che le elezioni subito sarebbero state più democratiche, ma io preferisco pormi delle esigenze politiche adesso, in un quadro tutto sommato molto più controllabile.

    Grazie a tutti per le critiche e le osservazioni.
    mp

  23. Caro Piras,
    grazie della replica. Solo poche precisazioni.
    “Legittimità” e “legalità” sono due cose diverse. Il governo Monti è stato legale come fu legale il primo governo Mussolini. In entrambi i i casi, il capo dello Stato, con una forzatura interpretativa della Carta fondamentale, ha insediato un governo non uscito da elezioni ma che sostenuto da una maggioranza parlamentare trasversale. Per il governo Mussolini, gli storici, specie di sinistra, parlano di “colpo di Stato monarchico-fascista”. Per il governo Monti, la sinistra parla di “emergenza politico-economica”. L’emergenza per la verità, c’era anche nel ’22, con parecchi morti ammazzati, crisi economica, etc. Veda un po’ lei.
    A lei non pare grave l’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio. A me pare una autocondanna all’impotenza del Parlamento, un consegnarsi con le mani legate a poteri incontrollabili. Un parlamentare francese, Philippe Dupont-Aignan, nel dibattito per l’introduzione del medesimo provvedimento, ha parlato di “alto tradimento”. Concordo con lui.
    In realtà, il punto chiave della questione legalità/legittimità riguarda la UE. I centri decisionali della UE prendono decisioni legali, perchè permesse da trattati firmati dai governi, ma non sono legittimi perchè nessuno li vota. Quando le decisioni UE vengono sottoposte al voto popolare (referendum) di solito vengono bocciate, ma poi vengono riconfermate sotto lieve cosmesi. Non solo: i centri decisionali UE non potranno *mai* essere legittimati dal voto, perchè se le decisioni rilevanti della UE dovessero passare al vaglio del voto di 27 popoli e nazioni con interessi, culture e lingue diverse, la UE sarebbe paralizzata e si disgregherebbe. Parlare di democrazia, in questa situazione, mi sembra un po’ fuori luogo.
    Nel novembre 2011, a calare le brache non fu il PD ma il PdL nella persona di Silvio Berlusconi. Il PD fu ben lieto di accettare l’insediamento del governo Monti perchè lo liberava dall’avversario politico. Poi vedremo come andrà dopo queste elezioni. Io che sono pessimista credo che non ci libereremo così facilmente dal genio, ora che l’abbiamo fatto uscire dalla lampada. Cordiali saluti.

  24. Caro Piras,
    prendo atto delle sue precisazioni, le critiche che rivolge a destra e manca sono soltanto di tipo politico, ma non posso comunque non osservare che lei le esprime in un modo che mi pare abbastanza improprio. Il dissenso politico dovrebbe essere espresso sulla base dei programmi e del modo conreto in cui si intenda conseguire i risultati desiderati, mentre è evidente che lei si ferma a un livello preliminare di critica radicale che di fatto mi pare impedire qualsiasi possibilità di interlocuzione reale. Così, non credo sia soltanto una mia personale impressione che una tale critica che lei insiste a definire politica sfuma nei fatti in un giudizio di legittimità democratica, del tipo, tu sei sanculottista e quindi con te non interloquisco, c’è nei fatti checchè lei ne dica una delegittimazione di tali avversari, mentre proprio tra avversari è vitale legittimarsi a vicenda.
    Ciò diventa quasi paradossale quando proviene da forze politiche che hanno senza battere ciglio votato svariate fiducie e decreti legge del governo Monti.
    Come dice anche Buffagni, seppure la vicenda del governo Napolitano/Monti si sia svolta senza violare alcuna regola formale, tuttavia sembra improprio definirla come democraticamente legittima. Qui, lei introduce elementi di tipo politico che tuttavia come capisce non influiscono in alcun modo sul livello della legittimità, non sono in alcuna misura influenti a quel livello.
    Parliamo allora del livello politico. Lei dice che si trattava di un’emergenza, ma le vorrei pacatamente fare notare che l’emergenza è ancora lì, pensare che l’aver dimezzato lo spread abbia fatto dileguare l’emergenza è un errore clamoroso.
    Per capire se l’emergenza è fugata, dovremmo verificare se le cause della bolla speculativa esplosa nel 2008, l’atto iniziale dell’attuale crisi, siano state eliminate: in tutta evidenza, nulla è stato fatto in proposito, l’unica cura è stata quella di inondare i mercati di liquidità sia negli USA che in Europa.
    Sembra che tutti chiudano entrambi gli occhi di fronte a una realtà così sgradevole, il fallimento è inevitabile in quanto i costi enormi della cura di disintossicazione di un sistema finanziario tossicodipendente non sono stati affrontati e quindi il paziente non può che morire. L’unico trattamento che è stato attuato è consistito nel formire le dosi di droga al paziente che però ne chiede di crescenti e ne potrà solo morire, rendendo in definitiva vana la terapia che serve così solo a prolungare l’agonia.
    Il fallimento è nei fatti e va affrontato al più presto, perchè ritardarlo ha l’effetto di aggravarne gli effetti. Viceversa, si è scelto di subire i ricatti di un sistema bancario “too big to fail”, e come si sa il meccanismo ricattatorio è terribile, perchè si entra in una spirale inarrestabile.
    Voglio sottolineare che mai il problema è stato solo italiano, qualunque cosa l’Italia faccia, si tira dietro almeno tutta l’europa, sia che esca dall’euro, sia che dia default, si aprirebbe una breccia che trascinerebbe tutti i paesi, così che le minacce tedesche o di altri sono solo bluff, siamo in un mondo di giganteschi bluff che stanno distruggendo il nostro sistema produttivo.
    Insomma, il debito enorme ci sta, bisogna soltanto stabilire chi lo paga, se tutti i cittadini anche quelli incolpevoli e senza patrimonio alcuno che pagano pesantemente sul proprio reddito, oppure lo pagano i creditori che mi sembra la soluzione più equa, se dai credito e sbagli a fidarti del debitore, non capisco perchè dovrei pagare io che quel credito non l’ho a ragione concesso. E’ intrinseca all’operazione di concessione di credito l’ipotesi di non averlo indietro, è un rischio inevitabile.
    Naturalmente, in una procedura fallimentare, esistono dei crediti che vengono privilegiati rispetto ad altro, e che potrebbero salvare alcune situazioni di soggetti particolarmente fragili.
    Ripeto, qualunque sacrificio potrebbe essere giustificato se servisse a guarire, a farci uscire dalla crisi, ma ciò che sostengo e mi pare che nessuno possa smentirlo, è che siamo in una situazione senza vie di uscita se non accettare di considerare cartacce quella montagna di titoli su cui giaciamo. Capisco che le persone coinvolte sono moltissime, che ci siano problemi geopolitici di paesi cronicamente debitori e cronicamente creditori, ma bisognerebbe prendere atto che non v’è null’altro da fare che concordare a livello mondiale come procedere a questo processo di azzeramento.
    Se prendiamo atto di questo livello della crisi, si capisce che siamo in una campagna elettorole che ignora le questioni fondamentali crogiolandosi in dettagli di limitata importanza. Altro che estremismo, qui dobbiamo soltanto collegarti con la realtà invece di stare tra le nuvole delle nostre dotte elucubrazioni!

  25. hai ragione, Renzi!…si era appropriato lui della camicia bianca e non certo come ‘los descamisados’ (d’oro) di un Grillo, troppa barba per essere filosofo, troppo volutamente incolta per essere povero-vero-alternativo. Descamisados che in origine erano non senza camicia, ma privi di cravatta, chiedendo davvero per loro uguale dignità.
    Però Renzi (mia come il bel Apollo del Belvedere) sotto la camicia vantava muscoli da culturista, li si vedeva lontano un miglio, di quelli esercitati nelle palestre american.style, e il sorriso ‘arcaico’ sul volto, del tipo ingenuità e sguardo fisso in avanti del xouros greco, xalòs xai agathòs, a cui si perdonano errori in virtù della bellezza del suo essere, nuovo. Si perdonano si fa per dire: gli elettori forse, gli altri eleggibili mai!
    Un dato é certo: mai più con la camicia alle elezioni. Ma se sceglierò Bersani sarà perché ho visto su un Venerdì di Repubblica di inizio anno la sua foto da piccolo in grembiulino col fiocco: concreto sognatore d’Emilia, non ancora candidato papa.

  26. Caro Mauro , mi interessi sempre e a me ,ignorante elettore , chiarisci ogni volta di più le idee . Ti pare poco ? Meglio di una tribuna politica in TV ! Ma gli elettori in realtà ,sono molto “ignoranti ” e , a mio avviso , non sanno gran che di Democrazia , Costituzione , Legge elettorale……. Per me se un 25% ne capisce bene , il restante 75% ha interessi , bisogni , delusioni…. ben lontani da quanto in questo momento si discute . Allora ben venga la tua riflessione che provoca dibattito e partecipazione ! Onore a tutti voi che intervenite e a te che hai pensato e scritto . Si dovrebbe cercare una formula per rendere sempre più ampio questo vitale scambio d’ idee e sempre più alla portata di tutti . A te e chissà quanti altri che lavorano nel mondo della scuola ,dell’ università e dell’ educazione dei giovani in genere , il compito di parlare , parlare, parlare , di quelle COSE IMPORTANTI di cui sopra . Allora si che l’Italia potrà avere un governo all’altezza di questo nome ! Io comunque resto ottimista . mi informo e ,nel mio piccolo , diffondo queste idee e cerco di chiarire qualche elettore confuso ( e sono tanti ..) Grazie dell’ attenzione .

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