[Domani, 1 febbraio (ore 19), presso il cinema Trevi di Roma (Cineteca Nazionale) sarà presentato il libro João César Monteiro l’alchimista di parole, edito da Sigismundus Editrice. Il libro contiene materiali inediti di João César Monteiro (autobiografia, poesia, diario, sceneggiatura) e, per la prima volta in Italia, ne presenta la produzione letteraria.
A proposito del rapporto tra Monteiro e la poesia, la curatrice del libro Liliana Navarra scrive: «Numerose le riunioni svolte per decidere se tradurre in italiano queste poesie, perplessità dovute alla decisione di Monteiro, poco dopo la stampa e la distribuzione del testo in sole 500 copie, di ritirare dalla circolazione tutti gli esemplari. Le uniche copie che sono pervenute fino ad oggi sono quelle che la sua amica poetessa Luiza Neto Jorge riuscì a comprare e salvare dal macero».
Alla presentazione saranno presenti Liliana Navarra (curatrice del libro), Davide Nota e Gianluca Pulsoni (editori) e Enrico Ghezzi (critico cinematografico)].
Canto Funebre per Federico García Lorca
«Io voglio vedere qui gli uomini dalla voce dura.
quelli che domano cavalli e dominano i fiumi:
gli uomini ai quali risuona lo scheletro e cantano
con una bocca piena di sole e selci»
Federico García Lorca
I
la vecchia passò un limone
sulla sua testa di oliva
e dai suoi occhi sfilarono
paesaggi limpidi di tenerezza
gli assassini pittarono già
la bianca parete sulla quale lo accostarono
le pallottole di morte strapparono già
il suo corpo musicale e moro di zingaro
formando un nero pozzo di sangue
vicino le arene silenziose e crespate
II
donna vattene di qui
e chiama i tori di fumo
che voglio torcere loro le corna
fino a sentire un alito
di fiori moribondi
nelle mie dita di agonia
vattene di qui e dici al tuo uomo
che arrestarono il nostro amico poeta
nei verdi prati nei quali correva
e lo portarono coi loro cavalli
e lo uccisero qui
vattene vattene pallida creatura
nata lontano da qui
III
nella piazza gruppi di tristezza
serrano nei denti coltelli e grida
nella culla piangono i bambini in cattività
e nei petti delle donne il latte seccò
in una disperazione della cinque del pomeriggio
lungo il fiume insanguinato vengono i poeti vedovi
a versare le loro lacrime di rivolta e malinconia
IV
uno scheletro sta sanguinando
nella tua eternità
uno scheletro morbido che si sfuma
nell’energia degli elementi violenti
ma nella residenza addormentata
un canto riposa solitario
è un canto che rinasce dalle stelle
e brucia l’alba
di galli in fiamme
è un canto che spegne nella notte
gli ululati congelati
del silenzio irrimediabile
della nave naufragata
Per l’ipotesi di un carnevale
Forgerò nei tuoi reni
meduse di fuoco
fino a sentirti crudele
e portatrice di luminosità
scenderò nei tuoi capelli
singhiozzi di fatica
fino a sentire nelle tue labbra
suoni di flauto e miele
e
mi libererò
per riviverti
angelo o prostituta
danzando nuda nella grande notte
repentinamente illuminata
e priva di maschere.
Altra definizione di mare e di me stesso
conforme alla marea
Gabbiano nero
ombra alata
perché mi navighi
oltre il mare
sin dal pontile
che sai
che non sono
pirata o
pescatore
né principe
in viaggio
di crociera
Genesi
sarà il chiaro di luna delle vacche
questa afa notturna
planando nella distruzione delle voci?
questo rumore di fantasmi
avvelenando la verità del sangue
sarà il chiaro di luna delle vacche?
questo marciume persino delle ossa
questa indifferenza mortale e assoluta
che è la nostra permanenza
in quanto ci pisciano
dagli occhi dalla bocca dalla faccia
dagli occhi dalla bocca dalla faccia
anche dei nostri amici
che alla fine amiamo
e sentiamo autentico e maggiore
non ci resta molto di più
gemere sarà il nostro ultimo festino
noi gli dei che inventammo
la donna tenera di corpo e profumo di rosa
e solleviamo dalle rovine della furia della mitragliatrice
città musicali di un paese tuttavia lontano
riconosciamo ora il fallimento della nostra invenzione
e l’inutilità dei suoi miti
aspettare un esercito che non avanza
aspettare quello che in silenzio si prega e medita
aspettare il combattimento e la vendetta
la morte il credo e la vita
e camminare in fondo tra pugnali spini e mostri reali
fino al fertile mare dei primi chiarori dell’alba
sarà proclamare per la prima volta la nostra elezione
e distruggere forse l’eternità del chiaro di luna delle vacche
impregnato di cadaveri decomposti
nelle cellule clandestine dove l’amore abita.