di Mauro Piras
La democrazia vive delle sue promesse. Delle promesse di inclusione e di eguaglianza che necessariamente alimenta, perché sono al fondamento della sua legittimità. E muore dei propri fallimenti. Dell’incapacità a realizzare almeno in parte, almeno come tendenza, quelle promesse. La democrazia, adesso, è piegata dalla sua impotenza a porre sotto controllo le forze distruttrici del capitalismo. Siamo rientrati nelle tensioni che hanno fatto collassare i regimi democratici negli anni trenta del Novecento: la dinamica incontrollata del capitalismo genera per reazione forze che cercano di scardinare le procedure delle istituzioni democratiche. A questo si aggiunge un crollo della legittimità di quelle stesse istituzioni, generalizzato forse nei paesi democratici, ma più radicale in quelli colpiti da corruzione e mancato ricambio della classe politica. Gli errori fatti nei confronti della Grecia ora si pagano anche in Italia. L’incapacità delle classi dirigenti europee, la miopia che ha portato a privilegiare gli interessi nazionali a scapito di una politica di solidarietà europea, ora sta manifestando i suoi effetti anche in Italia. Con la differenza che l’Italia è un paese molto più grande, con una produzione e una domanda molto superiori a quelle della Grecia. E che quindi un suo collasso economico e politico compromette tutta l’Europa.
Bisogna vedere questo rischio, adesso. Il rischio del collasso democratico in Italia. Frutto della congiunzione di queste due cause strutturali: il capitalismo fuori controllo e la crisi di legittimità delle istituzioni rappresentative. La situazione politica bloccata in cui siamo entrati comporta dei rischi enormi. Lascia senza nessuna risposta i problemi economici, e quindi aggraverà ulteriormente la recessione (già adesso l’aumento dei tassi di interesse causa una ulteriore stretta del credito e della circolazione monetaria). Allo stesso tempo, la demagogia che ha dominato la campagna elettorale e l’irresponsabilità attuale nelle scelte politiche porteranno a una ulteriore crisi di legittimità delle istituzioni rappresentative. E gli attacchi generici rivolti esplicitamente contro queste aprono la possibilità di vie d’uscita nuove, imprevedibili.
Certo, il risultato delle elezioni è anche, per certi aspetti, un rinnovamento della democrazia. Per la prima volta forse nella storia della Repubblica, senza dubbio da una paio di decenni, delle persone comuni, ignote, senza potere o relazioni personali, senza ruoli in apparati, persone davvero dall’aspetto qualunque, sono entrate in Parlamento. E ci sono entrate sulla base di un grande voto popolare, non perché ci sia stata dietro una lunga trafila, né per cooptazione. Inoltre, l’attivismo politico di queste persone, negli anni e nei mesi precedenti, è espressione di un bisogno di partecipazione, di mobilitazione democratica, che era stato paralizzato sia dalla chiusura e dalla disgregazione dei partiti tradizionali, che dall’emergere del “partito del capo” di Berlusconi. Solo la Lega aveva in parte dato espressione a quel bisogno di partecipazione, salvo sprofondare anch’essa negli scandali della gestione quotidiana del potere. Inoltre, sia questo attivismo che il voto che lo ha sostenuto esprimono il bisogno di realizzare finalmente alcune riforme che da troppo tempo vengono paralizzate dagli interessi della classe politica, o almeno di una sua parte consistente.
Tutto questo ha un segno positivo. E sotto questi aspetti il voto del 24-25 febbraio è razionale. La classe politica ha perso, nell’anno passato, l’occasione per riformare se stessa e le istituzioni, per ridefinire il rapporto tra cittadini e rappresentanti. Il governo, che doveva gestire l’emergenza economica, era nato sulla base di questa divisione dei compiti: i partiti avrebbero dovuto occuparsi delle riforme istituzionali (giustizia, legge elettorale, costi della politica, finanziamento pubblico dei partiti, riforma costituzionale ecc.). I partiti invece si sono suicidati, inseguendo il consenso alla giornata dei propri elettori, nei confronti dell’attività del governo, senza vedere che il vero consenso avrebbe riguardato questi impegni disattesi. Il voto ha punito i partiti e ha premiato il Movimento 5 Stelle, cioè la protesta in primo luogo su questo terreno. Il risultato delle elezioni in questo è chiaro: l’unico vincitore è M5S, tutti gli altri sono sconfitti.
Tuttavia, sia il risultato delle elezioni che lo “stile politico”, diciamo così, di M5S, contengono potenzialità eversive delle istituzioni democratiche rappresentative. Il risultato delle elezioni è il frutto della miopia della classe politica. Del Pdl e della Lega, che dopo aver condotto il paese alla catastrofe, hanno solo battuto la grancassa della resistenza (la Lega da subito, il Pdl dall’inizio della campagna elettorale) come se provenissero da un altro pianeta. Del Pd che non ha saputo rinnovarsi né ha saputo proporre un programma di governo forte sulle questioni economiche, facendosi mettere nell’angolo dalla campagna demagogica del Pdl sull’IMU. Tutto questo ha alimentato un atteggiamento protestatario senza progetto politico. Il grosso dei voti che sono confluiti su M5S sono di questa natura: vengono abbondantemente dall’elettorato deluso del centrodestra e del centrosinistra. In entrambi i casi, c’è una vaga protesta “contro il sistema”, politico ed economico, una stanchezza, una voglia di “mandare tutti a casa”, e forse di “far saltare tutto per aria”, che deriva dalle delusioni di entrambi i fronti.
Ma il punto più importante è un altro. Lo “stile” politico e comunicativo tanto di Grillo quanto dei militanti (e ora dei parlamentari) M5S contiene elementi che, se confermati a lungo nella pratica, saranno sicuramente destabilizzanti, e non in positivo. Alla radice c’è il feticcio della democrazia diretta. È evidente che questo movimento propone come unico ideale di regime politico la democrazia diretta. Che, come è noto, ha indubbiamente delle virtù per favorire la partecipazione politica. Ma ha anche, da sempre, tutti i difetti che derivano dalla partecipazione stessa, da quella che potremmo chiamare la dittatura della partecipazione e del “popolo in assemblea”. La democrazia diretta collocata senza mediazioni all’interno delle istituzioni rappresentative provoca tensioni ingovernabili. Delegittima il sistema parlamentare in quanto tale, perché se l’unica democrazia è quella esercitata direttamente dal popolo in assemblea, non si vede allora a che cosa servano i rappresentanti del popolo. Questi possono essere solo degli usurpatori, sospetti a priori. E infatti M5S rifiuta di riconoscere la legittimità degli eletti in Parlamento. Lo fa implicitamente anche per i propri, dal momento che pensa di legittimarli solo con le proprie procedure politiche, che sono quelle della “democrazia diretta del web”, e non solo. Mentre le procedure parlamentari e delle istituzioni rappresentative sono del tutto secondarie; al massimo vengono tollerate.
La polemica contro l’art. 67 della Costituzione ha mostrato la consapevolezza di Grillo su questo punto. L’idea della rappresentanza politica senza vincolo di mandato è rifiutata senza appello. L’unica rappresentanza politica accettabile è quella con un forte vincolo di mandato, perché in realtà nessuna rappresentanza politica è buona, proprio in quanto rappresentanza. È un male, che va arginato con un controllo rigido da parte degli elettori. E il rifiuto della logica delle istituzioni rappresentative emerge in modo ancora più eversivo nel rifiuto della fiducia parlamentare. Con una falsa ingenuità che ormai rasenta l’aggressione alle istituzioni, Grillo e i suoi seguaci continuano a ripetere il loro ritornello: voteremo singoli provvedimenti, se li riteniamo buoni, ma non voteremo la fiducia a nessun governo. Questo significa impedire la formazione di un governo. Oppure spingere Pd e Pdl ad allearsi, e quindi proprio a non fare le riforme che M5S vorrebbe. Questa logica è già completamente al di fuori delle istituzioni rappresentative: le procedure non contano, perché conta solo che i provvedimenti votati siano coerenti nei contenuti con il programma di M5S; le procedure non contano, perché conta solo la volontà espressa direttamente dal popolo.
Il problema è che le istituzioni rappresentative esistono e che M5S ci sta dentro. Se questo movimento avesse realizzato una rivoluzione democratica di base, e avesse creato un altro regime politico, fondato sulla democrazia diretta, allora tutto questo sarebbe corretto e non eversivo. Dal momento che si è invece collocato dentro le istituzioni rappresentative, questo comportamento è eversivo e antidemocratico. In primo luogo, il disprezzo delle procedure implica la negazione degli eguali diritti di tutti gli altri cittadini e delle altre forze politiche. Ritenere che solo i contenuti decidano della bontà di una decisione e che questa vada misurata solo con la volontà espressa dagli elettori nel voto fa saltare un punto fondamentale di ogni democrazia: l’eguaglianza di tutti i cittadini, che nei sistemi rappresentativi viene tutelata da procedure che incorporano questo principio di eguaglianza. Se una democrazia è rappresentativa, questo modo di tutelare l’eguaglianza è inevitabile. E anche nella democrazia diretta le procedure della discussione e deliberazione in assemblea devono essere rispettate per garantire pari dignità a ogni partecipante. Il rifiuto delle procedure è antidemocratico da tutti i punti di vista. E si vede chiaramente da un esito assurdo di queste posizioni, già emerso in questi giorni: il voto degli altri italiani, che non hanno votato M5S, non conta niente. L’intransigenza di questo movimento, che rifiuta ogni mediazione, manda questo segnale agli elettori delle altre forze politiche: il vostro voto non conta niente, perché se non si fa esattamente come diciamo noi, noi blocchiamo tutto. Questo è il contrario della democrazia: è la dittatura di una parte sul tutto.
Ma da dove trae legittimazione questa parte? Da dove trae la sua legittimazione simbolica questo discorso? Come abbiamo detto, alla base c’è il mito della democrazia diretta. Tuttavia, questo mito non è incarnato in reali istituzioni di democrazia diretta, in cui questo regime politico possa agire veramente. Il movimento si colloca all’interno delle istituzioni rappresentative, in cui ci sono dei rappresentanti eletti e dei capi di partito, di fatto. Quindi, sia i rappresentanti che i capi, in questa situazione contraddittoria, non potendo prendere la loro legittimazione da un esercizio regolato della democrazia diretta, la prendono da una sorta di “rappresentanza virtuale”. È vero, ci sono le assemblee di M5S, ma non sono né regolari né regolate da procedure precise; e la discussione e deliberazione via web sono molto poco democratiche, dal momento che non c’è l’assunzione di responsabilità personale della discussione pubblica aperta, in carne e ossa. E come al solito, c’è un enorme problema procedurale, perché i confini degli “aventi diritto” sono fluidi, incerti. È l’idea stessa di cittadinanza che salta. E allora l’unico modo per legittimare l’azione dei rappresentanti e dei capi è quello della rappresentanza “virtuale”: il capo e i parlamentari M5S rappresentano il popolo perché ne rappresentano la “vera volontà”. Gli altri, invece, la tradiscono.
Si resuscita così l’idea dell’unione mistica tra il “capo” e il “popolo”, indifferenziato e sottratto a qualsiasi verifica e specificazione, che emerge necessariamente ogni volta che la base di legittimazione del potere si sposta dalla rappresentanza dei cittadini al potere carismatico e al mito della democrazia diretta, uniti insieme. Grillo riattiva così, non si sa quanto inconsapevolmente, la retorica del rapporto diretto con il popolo che Berlusconi per anni ha usato come una clava contro le istituzioni giudiziarie e le procedure parlamentari. Il voto consacra il vincitore, e questo basta per mandare all’aria tutto il resto. Su questo, non è quindi un caso che un’altra costante di Berlusconi, cioè l’ossessione paranoide nei confronti dei media, ritorni in Grillo. I media sono, qui, servi del potere, così come erano, lì, strumenti del complotto contro Berlusconi. La radice è la stessa: i media non sono la voce del popolo, che è solo quella del movimento stesso, per una sorta di canale diretto di comunicazione tra il movimento stesso e il popolo. Il problema è che questo canale ha qualcosa di sacrale, e quindi esclude a priori che “gli altri”, cioè le altre forze politiche, sociali, intellettuali ecc. abbiano una qualche legittimazione politica. Il risultato di questa posizione è l’antidemocrazia: non solo nel senso della democrazia parlamentare e rappresentativa, ma di ogni democrazia che ammetta delle divergenze di opinione, perché le opinioni degli altri sono per definizione corrotte. Come già in altre fasi della storia, l’unione di politica e virtù apre la strada alla distruzione della democrazia.
E come sempre, la mistica della democrazia diretta e la semplificazione del discorso politico servono a mascherare la realtà dei rapporti di potere. Per esempio, la polemica unilaterale contro i rimborsi elettorali ai partiti nasconde una cosa evidente a chiunque: se si abolisce qualsiasi tipo di finanziamento pubblico ai partiti, potranno sopravvivere solo i partiti che hanno risorse proprie. Al di là della capacità del partito di procurarsi risorse con la propria forza di convinzione politica, fa parte dell’ABC della democrazia osservare che così i partiti saranno in balìa dei grandi capitali, che faranno le loro scelte. Bene, questo è ovvio. Negarlo, vuol dire fare demagogia. Ma negarlo serve a offuscare un’altra realtà evidente: anche M5S è un partito del capo, che può vivere grazie alle risorse che vengono dal capo stesso. Forse adesso queste risorse non sono così importanti; però certamente Grillo ha molti mezzi, e li sa usare, su tutti i terreni. E i suoi militanti lo sanno, perché quando lui manda i sui diktat scattano subito sull’attenti.
Del tutto parallelo a questo meccanismo di offuscamento dei reali rapporti di potere è quanto accade per la nomina delle cariche di responsabilità. In teoria, il movimento si regge sulla democrazia diretta e sull’orizzontalità assoluta tra tutti: uno vale uno, si dice, quindi ogni militante vale quanto gli altri, quanto Grillo e Casaleggio. Poi, però, poiché questa eguaglianza presuntiva non è incorporata in procedure vincolanti, e le decisioni si prendono in modi sempre diversi, e mai del tutto definiti, chissà come mai si prendono decisioni che corrispondono alla volontà del capo. Per esempio: come capogruppo al Senato si elegge una persona che da anni è molto vicino a Grillo e Casaleggio, cioè è un loro uomo di fiducia. Una cinghia di trasmissione, si sarebbe detto in altri contesti. Anche se in apparenza è stato eletto dagli altri parlamentari in una libera discussione, e poi la sua carica è a rotazione, vale solo tre mesi (altra torsione insensata delle procedure parlamentari).
La realtà dei rapporti di potere, cioè il fatto ovvio che nelle organizzazioni politiche si crea una gerarchia interna e di rapporti di potere, e che questa influenza la decisione politica, viene rimossa; mentre nella democrazia rappresentativa quella realtà viene tematizzata e sottoposta a controlli (più o meno efficaci a seconda dello stato di salute di quella democrazia), in quella diretta viene rimossa in nome della sacra orizzontalità di tutti e dell’altrettanto sacra e inverificabile unità di rappresentanti e popolo. E così, alla faccia della democrazia e della libertà individuale, parleranno solo i capigruppo, tutti gli altri zitti; e peccato se, per caso, i capigruppo sono delle persone di fiducia di Grillo e Casaleggio. E così, alla faccia della democrazia, questi due capipartito a tutti gli effetti decidono che si deve fare un referendum sull’euro, ma non pensano minimamente di proporre alla propria base un referendum sull’alleanza di governo con il Pd.
L’elemento che domina è l’ingenuità, vera e falsa. Vera in molti militanti e parlamentari che si sono gettati in questo progetto, e in molti elettori che hanno espresso il voto di protesta in questo modo; e anche in alcuni intellettuali folgorati da una superficiale visione palingenetica. Falsa in Grillo e Casaleggio e negli altri veri leader del movimento. L’ingenuità sta nel sottovalutare l’importanza del delicato funzionamento delle istituzioni rappresentative, e l’importanza del fatto che questo funzionamento non è il frutto di un complotto contro il “popolo”, ma è il frutto della lenta e faticosa correzione delle imperfezioni di ogni sistema democratico. L’ingenuità sta nel dimenticare quello che abbiamo già imparato dal fallimento di altre esperienze di democrazia diretta, nella storia europea. L’ingenuità sta in un progetto politico che mette insieme le “voci della protesta”, senza pensare a una idea complessiva di società compatibile con le condizioni reali. Adesso, la congiunzione della mistica della democrazia diretta e della semplificazione in economia produrrà, a breve termine, un peggioramento delle condizioni economiche. Già solo per il fatto che l’Italia, a causa di questi veti, non è capace di formare un governo.
Siamo a una svolta, dunque. È evidente che alla radice di questa radicalità politica c’è la crisi economica e la perdita di controllo delle democrazie liberali sulle forze del capitalismo; a questo si è aggiunto, da noi come in Grecia, il malcontento verso una classe politica corrotta e irresponsabile. Allo stesso tempo, non va dimenticato, che da noi come in Grecia questa classe politica ha governato così per tanti anni perché ha saputo fare gli interessi, particolari, frammentati, contrapposti, di molti di quegli elettori che ora protestano e la vogliono mandare a casa. Questi elementi congiunti provocano il rischio di un collasso delle istituzioni democratiche rappresentative. Non sappiamo dove possono portare i potenziali antidemocratici contenuti nella forma che ha assunto la protesta. Se le parti in gioco avessero davvero una visione responsabile delle cose, ci sarebbero delle possibilità di salvarsi. Grillo e M5S potrebbero assumere la prospettiva delle istituzioni rappresentative, e accettare la logica dell’alleanza politica, ovviamente ponendo dei paletti. Ma in questo modo potrebbero usare la loro forza come un ariete contro le autodifese del sistema politico dei partiti, che rifiuta le riforme per cieco istinto di sopravvivenza. Facendo così, potrebbero rendere possibile una politica europea diversa, in quanto darebbero vita di fatto a un governo di sinistra (il primo vero governo di sinistra nella storia di questo paese), che insieme ad altri governi di sinistra potrebbe cambiare il senso delle politiche europee di austerità. Ricordiamo che queste politiche, molto più che dalla logica del capitalismo, sono determinate dai nazionalismi; il caso degli Stati Uniti lo mostrano ampiamente a contrario. La logica autodistruttrice dei nazionalismi, unita alle forze distruttrici del capitalismo, potrebbe essere fermata da più governi europei di sinistra, rafforzati da un elettorato stanco di fare sacrifici inutili. È questo il capitale che Grillo ha in mano. Se non lo spreca irrigidendosi nella ridicola venerazione del totem della democrazia diretta, si apre la possibilità di correggere molte cose, in Italia sul piano delle istituzioni, in Italia e in Europa sul piano delle politiche economiche. Ma questa probabilmente è solo una vuota speranza, perché le forze della demagogia e del radicalismo incontrollato sembrano avere preso il sopravvento. Ne valuteremo la portata quando ne avremo pagato il prezzo.
(Torino, 8 marzo 2013)
[Immagine:Torino, via S. Ottavio, 26 febbraio 2013, foto di Mauro Piras].
Sono d’accordo che l’ambito politico sia ormai assoggettato alla sfera economica, è un dato di fatto. All’autoritarismo delle dittature di sinistra e di destra si è sostituito l’imperialismo economico travestito da democrazia. Gli alti ideali di unione europea sono stati completamente travisati e dimenticati. Unificazione non ha significato reciprocità e condivisioni, ma imposizioni monetarie, bancarie ed economiche: l’esito dell’impoverimento progressivo è sotto gli occhi di tutti. Il punto è che destra e sinistra hanno condiviso un programma comune sui punti più determinanti, rendendosi di fatto complici negli ultimi decenni di questa situazione. Gli stessi che ora sbandierano appelli di responsabilità, che influenzano giornalisti d’accatto per distorcere l’opinione pubblica, che fanno leva sulle rispettive ideologie del cittadino che si schiera da una parte o dall’altra a seconda della tifoseria di appartenenza. Questo tipo di democrazia che si è andata sviluppando corre pochi rischi, per il semplice fatto che lei insidie sono già da tempo strutturali. Non è in effetti il capitalismo ad essere fuori controllo, quanto invece è la politica, ad esso subordinata, a trovarsi fuori controllo. La mancata corrispondenza tra cabina elettorale e composizione parlamentare, per tacere delle politiche del governo, ne è un esempio lampante. Occorre rendere alla politica il giusto ruolo. Lei parla di demagogia che ha dominato la campagna elettorale, ma a questo si assiste da almeno trent’anni (secondo la mia memoria). Parlare ora di eversione e di feticcio di democrazia a questo punto mi pare del tutto fuori luogo. La democrazia è stata ed è feticcio dell’economia. Conferire al popolo quella parte di potere decisionale usurpato da una classe politica inconsistente e corrotta eticamente, lo trovo più che legittimo (démokratìa). Sono i parlamentari a dover rappresentare il popolo, ma finora si è vista praticamente solo la deligittimazione dei cittadini. Gli stessi che poi hanno votato M5S, nel cui programma era scritto chiaramente che avrebbero appoggiato il singolo provvedimento piuttosto che un governo. Se si parla di democrazia ebbene il voto e la conseguente volontà va onorata. Lei parla di rispetto per le procedure, ma non c’è alcuna procedura formale, se non una prassi seguita più o meno da tutte le forze politiche e che ha condotto negli anni agli inciuci che tutti conosciamo, a cominciare dal pentapartito. Cosa che gli elettori avevano bene in mente riponendo fiducia in questa nuova forza politica. Ma evidentemente per lei è eversione essere coerenti col mandato di otto milioni di italiani. Inoltre non è assolutamente vero che il voto dato all’avversario politico non conti niente, visto che verrebbero comunque appoggiati nei punti condivisi. La verità piuttosto è un’altra: se si alleasse PD e PDL, come potrebbero benissimo fare visto che condividono politicamente molti aspetti programmatici, sarebbe un suicidio. Perderebbero definitivamente di credito laddove rivelassero la loro vera natura. Quindi per il bene della democrazia è opportuno che mantengano la loro maschera e usino il M5S come capro espiatorio dell’ingovernabilità di questo paese, quando si parla di ingovernabilità da decenni. Persino chi è stato al governo ha parlato di ingovernabilità. Riguardo le sue analisi sulle dinamiche del M5S, esse denunciano una certa approssimazione dovuta probabilmente alla parziale conoscenza del movimento. Evidentemente lei non ha mai partecipato ad una riunione, non ha fatto mai parte di una lista civica. È sufficiente rilevare che, al contrario delle altre forze politiche, chi fa parte delle liste si conosce spesso personalmente. Qui nel solo territorio di Roma ci sono decine di incontri settimanali dove intervengono sistematicamente candidati, attivisti e semplici cittadini. Lei parla di mito della democrazia, ebbene questo mito, con tutti i limiti strumentali e umani, in sicilia è diventata realtà. A quanto leggo lei è uno strenuo difensore delle regole della democrazia, parla di meccanismo delicato, eppure si dimentica di dire che questa empasse di ingovernabilità in cui ci troviamo è frutto proprio di questo meccanismo delicato più volte manomesso dalla vecchia classe politica. Parla di capigruppo favoriti, un vantaggio a tempo determinato visto che tra tre mesi ce ne saranno degli altri. Ma lei saprà sicuramente quella che è la prassi degli altri partiti, in cui i capigruppo dirigono i consensi sulle proposte in parlamento e tutti gli altri seguono alla lettera senza sapere neanche quello che votano. Già, perchè quasi sempre, quasi tutti, ignorano ciò che votano, alla faccia della democrazia e delle competenze, appunto. Naturalmente non parlo per sentito dire, ma per esperienza diretta. Potrei aggiungere molto altro, ma qui mi fermo. La saluto, ringraziandola comunque per questa analisi, che almeno a differenza delle castronerie che leggo spesso su questo movimento ha voluto approfondire in maniera civili alcuni aspetti, fornendo senz’altro spunti su cui meditare. A differenza sua mi sento di dare fiducia a questa nuova forza, riservandomi in futuro di cambiare idea naturalmente alle prime avvisaglie di incongruenze con i propositi messi in gioco.
Caro Piras,
mi sembra un po’ di sparare sulla Croce Rossa, ma guardi che con la Grecia, non sono stati fatti “errori”: sono state perseguite, dalla UE e dai partiti politici nazionali che ne hanno fotocopiato gli ukase, tra i quali in prima fila il PD italiano, politiche criminali di rapina, spoliazione, espropriazione della dignità nazionale.
L’eventuale buonafede dei politici che le hanno vidimate (greci, italiani, tedeschi, marziani) mi sembra un’ aggravante, come l’ubriachezza nei fatti di sangue.
In Grecia, “Mardi dernier (26/02), lors d’une rencontre entre le ministre du Développent (!) Kostis Handjidakis, et des représentants de onze multinationales, il a été question des « engagements et rigidités qui régissent encore l’encadrement du salaire minimum en Grèce, on s’achemine visiblement vers les 200 euros de salaire mensuel net pour un temps plein, une de mes amies, vendeuse au Pirée au sein d’une chaîne internationale de boutiques, me disait récemment que déjà, son salaire mensuel net n’excède pas depuis peu la somme des 300 euros », remarquait Trangas ce matin dans son émission (Real-FM, 04/03, voir également le reportage de la presse de ces derniers jours). ” [http://www.greek-crisis.gr/2013/03/monoxyde-deuro.html]
Gli “errori” sarebbero che i greci fanno la fame, e invece le banche tedesche, francesi e angloamericane si comprano la Grecia (e i greci) a prezzo di saldo. Come vuole che le risponda, un greco, se gli dice che “sono stati commessi errori”?
E come vuole che le risponda un italiano, visto che, fatte le debite proporzioni, in Italia la musica non cambia, gli spartiti e i suonatori essendo gli stessi?
Poi, se a fare le pulci alle buone maniere democratiche del M5S (per il quale non ho votato, così eliminiamo il conflitto d’interessi) è un partito che ha salutato come una vittoria della democrazia, della ragione e della storia il commissariamento dell’Italia da parte della UE (governo Monti), mi permetto di invitarlo a guardare anzitutto la trave nell’occhio suo, prima di scandalizzarsi per la pagliuzza nell’occhio altrui.
Quanto alla legittimità democratica, vorrei tanto sapere quale legittimità democratica hanno le decisioni della Commissione europea o della BCE.
Capisco che dopo essersi identificati per vent’anni e passa nella UE e nell’euro sia difficile ammettere che forse c’è qualcosa che non va, anche perchè forse, stavolta non è vero che non è mai troppo tardi.
Però, magari sarebbe ora: proprio per le ragioni morali che il PD tanto apprezza.
Premetto di condividere le preoccupazioni verso il modo in cui è strutturato il M5S e una certa tendenza all’urlo ed all’invettiva di volta in volta più o meno spiritosa. Sono altresì contrario all’abolizione dell’articolo 67, e cioè dal passare dallal rappresentanza alla delega, io voglio dei parlamentari che siano rappresentanti, non vincolati ad una delega in qualche misura revocabile.
La cosa che volevo sottolineare, è come scrivendo del M5S, probabilmente in modo inconsapevole, si finisce col parlare degli altri, dei partiti che fino al passato parlamento rappresentavano la quasi totalità degli eletti.
Lei, Piras, da’ un contributo da non sottovalutare proprio nel porre i riflettori sulla prassi della politica tradizionale, credo senza che sia stato questo il suo scopo.
Tuttavia, indipendentemente dalle sue intenzioni, alla fine lì si arriva. Tutti gli stanchi riti della politica autoreferenziale si espongono nella loro evidenza, e si vede, come diceva anche Pasquarella, che si tratta solo ed esclusivamente di prassi, la costituzione non impone tutte le procedure che fino a ieri si succedevano, alcune certamente sì, e quelle vanno mantenute (se poi la finissimo di parlare sempre di riforme costituzionali, c’è ben poco che valga la pena di riformare nella nostra costituzione, della serie non è stato Grillo il primo a porre in discussione la costituzione).
Prima di chiudere, le volevo chiedere se davvero lei difende il concetto di rappresentanza. Così dice, ma poi introduce l’argomento che trovo abbastanza stravagante, che se un certo gruppo parlamentare non intende dialogare con gli altri gruppi, nega il valore democratico del voto che altri elettori hanno riversato su altre formazioni politiche. Forse non se n’è reso conto, ma così è lei a caldeggire il significato di delega dell’elezione, perchè nel concetto di rappresentanza c’è la concezione del voto come modo del cittadino per determinare la composizione del parlamento, punto. Invece lei dice che un dato partito non solo deve rispettare la volontà espressa dai suoi elettori (e già qui siamo fuori dal concetto di rappresentanza), ma addirittura si dovrebbe fare carico
di rispettare la volontà degli elettori degli altri.
Piras, e il voto di quelli come me che hanno votato per RC che non ha raggiunto il quorum, da chi sarà rappresentato, anche noi, in nome di questo concetto allargato a dismisura di eguaglianza che lei introduce dovremmo trovare un nostro modo di vincolare il comportamento dei parlamentari, non trova?
Proprio vero, lei ha conquistato largamente il primo premio nella stravaganza dei concetti, almeno per quanto riguarda questo primo scorico del 2013.
Io non sono un politologo, ma mi limito a una brevissima considerazione: dietro il mito della democrazia diretta sta sempre il fantasma del fascismo. E l’odore di fascismo che viene dal M5S si sente a kilometri di distanza. Fascismo inconsapevole, e perciò tanto più pericoloso.
Sono d’accordo con Ravera, ma anche no. Questi si accontentano anche del fascismo, ma la loro vera ragion d’essere è economica (non per caso il marchio è proprietario e il cofondatore è un uomo del marketing), dimostrare che applicando le loro tecniche sono capaci di far acquistare qualsiasi ciofeca. Ho scritto un articolo in questo senso, che mi permetto di linkare http://accademia-inaffidabili.blogspot.it/2013/03/a-pensar-male-di-grillo-e-casaleggio-si.html
Verrà forse un giorno, fra alcune migliaia di anni, quando l’Italia, l’Europa, forse la Terra non esisteranno più, nel quale si smetterà di tirare fuori il fascismo per spiegare, giustificare, argomentare, analizzare, predicare X, Y, Z e il loro contrario.
Sarà un bel giorno, ma io purtroppo non sarò lì per festeggiarlo.
CAPIRE, CAPIRE, CAPIRE…
Così in questi giorni un amico:
«Caro Ennio, avevo già letto l’articolo di Carlo Formenti (qui:http://www.alfabeta2.it/2013/03/05/il-dilemma-post-elettorale/), invece quello di Sergio Bologna (qui: http://www.uninomade.org/i-figli-della-gabanelli/) non lo conoscevo: semplici, chiari e acuti, come sempre. Io negli ultimi giorni avevo previsto il successo elettorale di Beppe Grillo tanto che ho vinto una scommessa con dei colleghi, però non l’ho votato. E avevo previsto anche l’ennesima sconfitta della sinistra cosiddetta radicale che ormai si è ridotta a un’esigua minoranza.
Seguo con attenzione l’evoluzione del movimento 5 stelle, ma ci sono alcuni aspetti che non mi convincono. Hanno scelto di entrare in Parlamento ma dicono di voler cambiare le regole della democrazia rappresentativa. Vedremo come. Saranno addomesticati pure loro? E’ troppo presto per dirlo. Inoltre in questa situazione economica e finanziaria molti dei punti del loro programma sono irrealizzabili senza rovesciare il mondo. Troppi proclami! Comunque sono riusciti a dare uno scossone al sistema politico italiano e questo non può che farmi piacere. Ciao, G. »
Io non ho votato. Il mio scetticismo verso le forze politiche in campo è stato totale. E non sono né piacevolmente sorpreso per l’exploit grillino né dispiaciuto per la nuova batosta della sinistra. Resta il problema di valutare il fenomeno: schiuma del sistema o spina nel suo fianco? Ulteriore segno di crisi (l’ingovernabilità) o iniziale, confusa reazione ad essa?
Resto incerto nel rispondere e per varie ragioni. Diffido dallo stare alla finestra. Né me la sento di fare la predica ai giovani perché idealisti o ingenui o sciocchi o manipolati (ora da Grillo e Casaleggio e – dicono -, dietro di loro, da Soros o da lobby statunitensi, ecc.). Non mi presumo politicamente più saggio di altri. Né mi pare si faccia qualche passo avanti per uscire dalla nebbia dimostrando (a chi?) che oggi in politica quel che davvero conta è un’élite dirigente o un leader adatto alla situazione drammatica e che, senza questi soggetti, i movimenti finiscono male. Non ci sono, di fatto, oggi né partiti degni di questo nome né Lenin o, a scelta, Cavour. Non ne vedo in giro.
Siamo un po’ tutti costretti ad oscillare tra anarchismo di fatto e “impotenza intelligente” (tipica dei vecchi e più o meno libresca?), che ai giovani riesce a somministrare al massimo avvertimenti, rimproveri e ben pochi suggerimenti (ammesso che li richiedano). E le pratiche politiche in corso sono distanti anni luce da quelle di un tempo ed è sempre un po’ un errore assimilarle o misurarle con quelle del Novecento o del ’68-’69. E tuttavia siamo, volenti o nolenti, imbottiti di ideologie del passato e magari anche di qualche teoria una volta efficace ma sul presente zoppicante.
Temo perciò che siamo affetti da forme di cecità complementari: da una parte gli esaltatori ingenui o interessati di ogni movimento (adesso è il turno del M5S, prima erano le “primavere arabe”, ecc.), i quali trascurano quali apparati di controllo e di manipolazione i dominatori hanno in mano. Dall’altra alcune sparse intelligenze che tendono a sferzare fin troppo l’ingenuità o le superstizioni del “popolo” o, più in concreto, di quanti credono di dovere e potere fare qualcosa. Queste ultime rischiano di non entrare mai più in azione. Per lo più ci azzeccano nel profetizzare e quasi evocare il fallimento dei movimenti, ma a me pare davvero una misera soddisfazione ridurci a confermare quello che i conservatori o i reazionari dicono da sempre: che nulla cambia o può cambiare e che solo i forti prevalgono sempre sugli altri…
Sarà perciò anche vero, come scrive G. La Grassa, uno studioso che io stimo e di cui seguo con attenzione le analisi politiche e teoriche, che «le rivoluzioni scoppiano, e soprattutto hanno possibilità di successo, solo quando il conflitto tra dominanti ha raggiunto una considerevole acutezza e ha inceppato, perfino sconvolto, i meccanismi riproduttivi di una data formazione sociale (di un certo sistema di rapporti sociali), il cui funzionamento ha caratterizzato la stessa per una lunga epoca storica», ma nel frattempo che me ne faccio soltanto di un tale sapere? Restiamo in attesa e studiamo? Non tutti possono farlo. Molti, troppi, sono mossi solo da urgenze immediate e vorrebbero almeno suggerimenti più spiccioli per fronteggiare gli eventi con i quali la crisi li schiaccia. Può darsi (o forse è sicuro) che “agitandosi” non ne troveranno. Può darsi che si illuderanno soltanto. Ma è un fatto che essi non possono solo aspettare e studiare. E se il sapere di quelli che possono studiare e riflettere resta separato e lontano dal “senso comune” di quelli che sono costretti ad “agitarsi” tra i gorghi della crisi, è segno che viviamo tempi davvero molto brutti. I primi rischiano di aspettare “il momento giusto” per entrare in azione (e bisogna sperare che non sfugga anche a loro – che garanzia hanno? – e non siano troppo arrugginiti o indeboliti per coglierlo). I secondi, dopo l’euforia del movimento “allo stato nascente”, prima o poi toccano il Muro (chiamatelo come volete: realtà, forza dei dominanti, potere di lobby, mafie, partitocrazie, caste); e o vi si schiantano o scendono a compromessi.
Non me la sento di far spallucce a chi mi mostra che oggi non sono più i lavoratori e neppure il ceto medio impoverito ( i cosiddetti “lavoratori della conoscenza”) a far pesare i loro interessi in politica e mi avverte, invece, che i giochi si fanno soprattutto tra potenze statuali e ben al di sopra delle nostre povere teste, che non vengono certo illuminate ma piuttosto oscurate dalla valanga di “informazioni”. Né mi pare trascurabile (almeno per chi ancora trova un po’ di tempo per leggere e informarsi) andare ad esaminare che idee hanno della realtà d’oggi Grillo e i grillini per valutare l’attendibilità dei loro programmi (ad es. che valore ha la loro cultura dei limiti dello sviluppo o della decrescita?).
P.s.
Ma, per favore, interroghiamoci sui dilemmi politici di questa fase senza toni da questurini o da cospiratori.
Aggiungo, sempre per ventilare la discussione, un’altra opinione per me autorevole e misurata:
http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/il-dibattito-e-noi/discussioni/103-dopo-le-elezioni.html
Dopo le elezioni
Scritto da Romano Luperini 04 Marzo 2013. Categoria: Discussioni
Siamo entrati in un tempo in cui il senso della storia, dell’etica e dell’impegno civile non solo sono diventati meno frequenti ma hanno cambiato natura. Siamo dentro una fase storica in cui il senso della storia, quando ci sia, è senza storicismo, il senso dell’etica, sempre più raro, è senza morale precostituita e il senso dell’impegno civile, comunque poco presente, è senza più nazione o popolo.
Da questo punto di vista gli italiani, sempre più massa e sempre meno popolo, civili e barbari insieme, europei e per molti versi ancora selvaggi, sono alla retroguardia e all’avanguardia in Europa. All’avanguardia proprio perché di retroguardia: quanto è successo alle ultime elezioni non è che il giusto corollario di un processo avviato da decenni. Da un lato un ceto dirigente di pagliacci, di affaristi o di burocrati, che da tempo hanno perso il sentimento della nazione e anche quello del decoro e della vergogna mirando solo al loro particulare (nel caso meno ignobile, quello di gruppo o di partito ridotto ad apparato); dall’altro una massa scarsamente alfabetizzata, influenzata dal narcisismo dei demagoghi di turno. Mussolini, da noi, non è passato invano: è stato il frutto non casuale di una antropologia, di un carattere che l’antifascismo e la Resistenza hanno appena scalfito. Di qui il dialogo con le piazze che rispondono a comando (aveva cominciato d’Annunzio all’inizio del Novecento e poi attraverso Mussolini questa abitudine oratoria è arrivata a Berlusconi e a Grillo), la ostentazione della virilità (torsi nudi, olgettine e attraversate a nuoto), il monologo al posto del dialogo, la politica come spettacolo, la volgarità del linguaggio, la costante esibizione del proprio ego in rapporto con la folla, senza più mediazioni. Il trionfo italiano dei (cosiddetti) populismi massificati di destra e di sinistra pone l’Italia alla testa di un processo storico che rischia di coinvolgere tutta la vecchia Europa, il cui ceto politico, d’altronde, già oggi appare assolutamente privo di prospettive che vadano al di là degli interessi economici immediati.
Certo Grillo non è Berlusconi, e soprattutto i seguaci dell’uno presentano significative differenze rispetto ai seguaci dell’altro. Però “uno non vale uno” nemmeno per il Movimento delle Cinque stelle, dove c’è un “uno”, un “uno” solo, che decide e che può dire a ciascuno dei seguaci “fuori dalle balle” (mentre la reversibilità non è concessa). Fra le differenze, una è notevole: da un lato un partito di plastica fondato sul controllo della TV, dall’altro invece un movimento di giovani, per certi versi persino animato da una nobile utopia, che fugge la TV e idealizza misticamente internet, evoca la democrazia diretta e la revocabilità dei delegati e soprattutto propone una idea della politica non come separazione specializzata ma come attività che coincide con la vita stessa (qui la differenza fra Grillo, che fa spettacolo, e il movimento dei suoi seguaci, che tengono assemblee e fanno meet-up, mi pare notevole): tutte suggestioni che derivano da pratiche partecipative di tipo nuovo sperimentate anche nel Sessantotto. Il problema è che esse si conciliano spesso col leaderismo più sfrenato e incontrollato.
Inoltre trovano ragione d’essere in una situazione di mobilitazione permanente prodotta da una crisi acuta, ma poi, in una situazione invece di normalità e di stabilità, vengono meno perché prevale invece il bisogno di mediazione e di rappresentatività, con la conseguenza che quelle spinte, rimaste frustrate, possono radicalizzarsi pericolosamente (anche in questo caso il Sessantotto indica la strada).
Nel movimento dei grillini ci sono alcune potenzialità positive, ma perché emergano e possano eventualmente affermarsi (cosa d’altronde difficilissima là dove il potere è di fatto nelle mani di uno solo) occorrerebbe un tempo che invece non c’è. Nel presente è facile immaginare che le componenti negative purtroppo prevarranno e la situazione politica precipiterà in un caos pericoloso per le sorti stesse della democrazia. Partiti sclerotizzati da un lato e un movimento ancora immaturo dall’altro non promettono niente di buono. Una classe dirigente sta dichiarando bancarotta, ma una nuova non è ancora all’orizzonte.
Ovviamente sarei contento se qualcuno intervenisse a dimostrarmi che questa analisi è troppo pessimista e che mi sto sbagliando.
Allora esulti signor Abate, gli “epurati” lo sono stati perchè hanno trasgredito le regole sottoscritte e condivise dagli attivisti, nulla più, nulla meno: il resto son chiacchiere che si fanno sotto il casco da parrucchiera. Ma a certa stampa sinistrorsa giova invocare il lupo del fascismo montando polemiche inconsistenti. Quando poi le epurazioni, e qui invece del tutto ingiustificate, del PD passano in sordina. Questo avviene da anni, ma per carità, nessuna polemica. Si parla di spettro del fascismo, ma io vedo solo ragazzi che si danno un gran da fare, spinti dal desiderio di realizzare una democrazia e una civiltà che in Italia latita da sempre. Facile ordire discorsi eloquenti, mentre ad ogni “conclave” comunale, provinciale o regionale, questi ragazzi sono là a cercare di far rispettare le regole. Entrano nei consigli con le webcam, denunciano le infrazioni alle regole e lo sfascio politico, si acculturano, raccolgono le opinioni degli altri attivisti, si riuniscono, dialogano su tutti i temi oggi più urgenti con particolare riguardo al sociale e all’ambiente. Ecco, si parla del fenomeno Grillo come se fosse un duce e ci si dimentica del movimento di persone e opinioni che ha trovato in Grillo stesso finalmente una saldatura. Perchè il fine di chi protesta per la Tav o chi persegue l’acqua pubblica, è esattamente lo stesso e si chiama civiltà. Il punto è che ci si ostina a non voler entrare in questo movimento, non lo si vuole analizzare dall’interno. Piuttosto fa comodo ridurre tutto il fenomeno ad una persona, un volgare eventuale tiranno. Grillo è diventato il nuovo anticristo della sinistra soppiantando rapidamente Berlusconi. Eppure nelle riunioni, molto frequenti del movimento, il nome di Grillo lo si fa forse una o due volte. Ma come? Non era lui a decidere?
Caro Pasquarella,
se non vado errato lei è un attivista del M5S. Bè: in bocca al lupo, e buon lavoro. Qualcosa di buono l’avete già fatto. Il difficile viene adesso. Non fatevi spaventare da questo disco rotto del fascismo, avete e avrete ben altri problemi e preoccupazioni.
CAPIRE, CAPIRE, CAPIRE…
L’opinione di Marco Revelli
http://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/2631-marco-revelli-molto-da-imparare-poco-da-insegnare.html
«È finita», urlava Grillo dal palco. E può apparire un paradosso che sia toccato a un ex comico annunciarlo, nel linguaggio della commedia dell’arte. Le elezioni politiche italiane non hanno certo un valore programmatico, lo vedrebbe anche un cieco che non indicano nessuna via d’uscita. Ma uno diagnostico sì. Ci dicono che è finita una forma della politica. Ridiciamolo nel modo più sgradevole: che è finita la politica del Novecento. Quella in cui una società sostanzialmente aggregata in gruppi e classi si strutturava e riconosceva stabilmente nella forma del partito politico e attraverso questo provava a esprimersi e a contare dentro le istituzioni. Ci dicono anche che il suo tentativo di prolungarsi, e sopravvivere a se stessa nell’ultimo periodo, era diventato insopportabile: un misto di finzione e supponenza. Di filisteismo e rapacità. Tanto più odiosi, quanto più accompagnati al fallimento sostanziale, e trasversale, di un’intera classe politica nella gestione di quella cosa pubblica della cui proprietà pretendeva di mantenere il monopolio.
[…]
Non si spiega altrimenti l’intensità torrentizia con cui la forza sradicante del cambiamento si è espressa nelle urne: come di una molla compressa da tempo. O un magma incandescente accumulato sotto un tappo di pietra e d’improvviso tracimato. Non si era mai visto un partito salire, dal nulla, fino a occupare il podio della maggioranza relativa. Lo dicono tutti i commentatori, un po’ col tono con cui si annuncia un Guinness dei primati, senza tuttavia interrogarsi su cosa “ci sia sotto” quel record. In quella moltitudine di portatori di scheda che silenziosamente, in due giorni, hanno smontato un sistema politico che sembrava di pietra, e che evidentemente non aspettavano altro che trovare un canale di sfogo, per esprimere la propria voglia di farla finita con l’esistente. Eppure i numeri parlano chiaro, dovrebbero invitare perentoriamente ad abbandonare ogni vecchia abitudine, ogni continuismo di sguardo e di progetto, ogni pigrizia mentale e ogni tentazione di rassicurazione.
[…]
Si sarebbe tentati di immaginare che sia stata all’opera una grande regia, capace di ridisegnare la mappa del consenso con astuzia mefistofelica. Ma sappiamo che non è così. Dietro questo capolavoro non c’è un “soggetto”. Né tantomeno un apparato (non per nulla Grillo definisce il suo “un non-partito”). Non c’è una “forza politica”, come novecentescamente avremmo detto. C’è la forza delle cose. Un processo selvaggio che ha usato la breccia aperta da Grillo con la sua espressività radicale per forare l’involucro in cui era stato compresso. E sgombrare il campo. Per questo non si possono neppure immaginare le vecchie pratiche (e i vecchi trucchi). E fa un po’ ridere l’idea stessa che si possa ragionare in termini di alleanze, “assi” (Grillo-Bersani???). “accordi di programma” (???) o spartizione delle cariche istituzionali, come se Grillo e Casaleggio fossero come Bersani e Letta, o come Alfano e Cicchitto. Non lo sono – guardategli i capelli e lo capirete – non solo perché vengono da un’altra galassia (hanno vinto per quello), ma perché stanno dentro (o davanti, o sopra) a un’altra cosa: un “non-partito” che non sanno neppure loro che cosa sia realmente. Che gli è cresciuto sotto, o dietro, o davanti, d’improvviso. Che solo vagamente “guidano”. E che non sappiamo neppure se e fino a quando resterà insieme, né come e in quale direzione scaricherà la sua spaventosa energia.
[…]
Quello che sappiamo è che d’ora in poi si gioca un’altra partita, su una scacchiera in frantumi e con altri pezzi. Possiamo oscillare tra l’horror vacui che inevitabilmente ci prende se si pensa al futuro e il senso di liberazione per questo brusco e salutare ritorno alla realtà che il voto ci rivela. Ma una cosa non possiamo più permetterci: illuderci che si possa ritrovare presto un qualche equilibrio, e che qualcuno di noi abbia la ricetta giusta da prescrivere. Attrezziamoci pure, perché dovremo abituarci a convivere a lungo con il terremoto. E avremo molto da imparare, quasi nulla da insegnare.
Condivido nell’essenziale l’articolo di Piras e sono sorpreso dalle reazioni che ha suscitato. Vorrei sottolineare un paio di aspetti relativi alla questione del tenore democratico dell’azione politica di M5S.
Mi sembra che la politica italiana, da Berlusconi in poi, abbia dimostrato due tendenze. La prima è quella di coloro – Berlusconi e Bossi per primi, Grillo in seguito – che sono capaci di intercettare i nuovi bisogni sociali ma sono del tutto incapaci di mediarli, di trasformare il bisogno in una domanda articolata. La seconda è quella del PD, che si è semplicemente rifiutato di aprire gli occhi davanti ad un mondo che cambiava troppo in fretta e ha negato i nuovi bisogni come “non di sinistra”, dunque non riconoscibili come domande legittime cui dare risposta. Si tratta di due forme di politica ugualmente fallimentari.
Il senso delle procedure, delle istituzioni, della cultura politica evocato da Piras credo stia qui: nella capacità di trasformare il bisogno in domanda, attraverso meccanismi capaci di creare unità dalla diversità. Da qui credo debba partire una riflessione sui fallimenti ripetuti della sinistra e sul perché la risposta di M5S, come prima quelle di PDL e Lega, rischia di fallire: un bisogno non mediato è un bisogno che si contrappone a quelli degli altri senza potersi ricomporre in unità. Non basta saper ascoltare quello che dice la gente (ancorché questo sia indispensabile): il bisogno va trasformato in una domanda che sia accoglibile da una collettività democratica e pluralista. Il PDL e la Lega non l’hanno fatto, e M5S sta facendo altrettanto.
Il secondo punto, direttamente connesso al primo, è che la politica non può prescindere dalla mediazione e dalla ricerca del compromesso, perché il fatto del pluralismo domina le società democratiche, perché la libertà e il diritto di pensarla diversamente è la base del vivere assieme democratico. La politica è il luogo dove il conflitto si esprime in modo controllato, e dove esso si media.
Quando Bersani “tende la mano” a Grillo quello che sta facendo è esattamente questo. Non sta ‘corrompendo’ animi puri, sta cercando una base per dare rappresentanza politica all’unità della nazione che siamo. Sta facendo quello che si deve fare quando si è in politica: creare consenso maggioritario sulle decisioni da prendere.
Quando Grillo rifiuta ogni dialogo, quando Crimi dice che lui non legge appelli né proclami, quando Casaleggio e Grillo dicono che qualsiasi forma di accordo è esclusa, ecco che la democrazia come capacità di mediare il conflitto, di creare unità dalla pluralità è sconfitta.
Tutto cominciò con Berlusconi (o era Previti?) che diceva “non faremo prigionieri”, continua tristemente con l’indisponibilità di M5S a uscire dalla logica noi/loro. Non è così che si vive in democrazia, e non è rifiutando il dialogo con l’altro, negando il valore delle procedure di dialogo, delegittimando le istituzioni che potremo tornare ad essere una nazione in cui persone con culture politiche diverse possono parlare assieme, decidere assieme, pensare assieme al bene comune.
La purezza è un valore sacrosanto e importantissimo, ma non è la base sulla quale si può edificare la vita pubblica in una società democratica. Nelle teocrazie lo si può ancora fare, e lo si fa. Il PD ha sbagliato, e gli altri ancora di più. Ma la politica non è il luogo del giudizio universale, è il luogo dove ciascuno manda i suoi rappresentanti per risolvere i problemi.
Questo mi porta ad una terza ed ultima considerazione.
Gli elettori PD hanno mandato a rappresentarli quelli che hanno mandato, piaccia o non piaccia. Dire “con quelli noi non dialoghiamo” significa negare i diritti politici non di Bersani, ma dei milioni di cittadini che li hanno votati. La violenza di M5S sta qui: nel rifiutarsi di riconoscere che, fosse pure anche sbagliando, milioni di cittadini hanno democraticamente votato Bersani, Vendola, il PD e SEL come loro rappresentanti. Bersani è dove è perché i cittadini l’hanno voluto. Questo è un fatto politico semplicemente imprescindibile.
Verrebbe da dire: è la democrazia, bellezza.
Questi sono i rappresentanti che gli Italiani hanno scelto. Non riconoscerli significa non riconoscere a quei milioni di italiani cittadinanza politica. Si tratta, a mio modo di vedere, di un fatto la cui gravità è impossibile da sottostimare.
Quello che da tutte le parti politiche si chiede a M5S è semplicemente di rispettare la volontà politica dei cittadini che hanno espresso un parere diverso da quello dei loro elettori.
Non farlo, rifiutare ogni base di dialogo, rifiutare di seguire le regole del ‘gioco democratico’ stabilito dalla costituzione significa voler lucrare un vantaggio politico senza preoccuparsi di quella cosa, unica e sola, di cui la politica dovrebbe farsi carico, quel bene comune che è mio e tuo, è che soprattutto è NOSTRO.
M5S purtroppo sta facendo molto poco per quel NOI che dicono di voler rendere migliore, ma di cui purtroppo dimostrano di non volersi occupare. E dire che nemmeno gli altri lo hanno fatto fino ad ora è, in politica, niente di più che un alibi.
Ho trovato molto stimolanti sia le riflessioni di Mauro sia quelle di Abate. Mi danno molto da pensare.
Per ora, visto che ad interloquire c’è anche (almeno pare di capire dalle sue parole) un attivista M5S, direi due cose, a lui e a quelli che come lui hanno ora ha il cerino in mano.
Spero che ce ne siano altri che leggono, perché sappiano che uno fra quelli che non li ha votati ora li osserva preoccupato ma anche senza pregiudizi sfavorevoli, visto che, come dice Mauro, ora in Parlamento rappresentano anche me. Spero agiscano bene.
Rappresentano anche me proprio perché, per fortuna, non hanno vincolo di mandato: che di questa libertà i parlamentari abusino per inciuci e trasformismi non significa che quella libertà vada negata, specie se la soluzione è peggiore del male.
Due cose:
1) Gli epurati dal movimento, dice Pasquarella, sono stati estromessi perché hanno infranto regole stabilite democraticamente dal movimento. Bene, ci può stare (ma farei notare che si chiama “disciplina di partito”). Quello che a me non piace è il linguaggio con il quale lo si è fatto: intimidatorio e volgare (“chi non è d’accordo se ne va fuori dai coglioni”). Non è stato un bello spettacolo. Forse Grillo avrebbe fatto meglio a dire: siccome non siamo un partito, non abbiamo uno statuto, non abbiamo strutture, corriamo il rischio di essere una congerie di cani sciolti e non è che ciascuno possa dire tutto quello che gli passa per la testa. La linea va discussa e concordata. Ancora una volta: benissimo. Ma faccio notare che significa riconoscere che deve esistere una linea comune, che ciascun individuo del movimento deve difenderla, anche se personalmente ha un’opinione diversa. Altrimenti c’è il caos.
Ciò significa solo una cosa: che c’è bisogno di strutture di mediazione.
Precisamente il contrario della retorica di Grillo, sulla democrazia del web e la fine di ogni “filtro” istituzionale e rappresentativo.
2) Sto seguendo i primi atti pubblici dei neoeletti del movimento. Ripeto: non li osservo in modo pregiudizialmente sfavorevole. Anzi: la presentazione che hanno fatto questa settimana, che qualcuno ha deriso perché sembrava più un’assemblea studentesca che la conferenza stampa di deputati e senatori, io l’ho apprezzata (sì, è vero, mi son detto: questi qui in Parlamento se li mangiano in un boccone, o se non se li mangiano gli altri si perderanno nei regolamenti, nelle trappole delle mille prassi complesse e sconosciute, nei (necessari!) rituali istituzionali, ecc…). Però ho provato come un senso di liberazione, di freschezza (che è bello e giusto, anche se non basta, in politica).
Tuttavia sono molto preoccupato dai primi atti e dalle prime dichiarazioni.
La presidenza della Camera no, perché non ci interessano le poltrone….
da Monti non si va perché non ci interessano i rituali istituzionali (anche quando si tratta di una bella prassi di fair play come quella che un Presidente del Consiglio in carica senta i leader delle forze elette nel nuovo Parlamento prima di prendere una decisione, per rispetto dei nuovi orientamenti espressi dai cittadini con il voto)…
ora non parliamo… vedremo… ci consulteremo… discuteremo in rete… faremo un referendum virtuale …
Avvitiamoci pure su noi stessi, sgusciamo via, non contaminiamoci, siamo liquidi come la nuova democrazia…
Vi rendete conto che non può andare avanti così?
C’è molto da fare.
Sempre che non siamo solo ridotti all'”impotenza intelligente” di cui parlava Abate.
Sempre che le forze in campo non siano tanto sovrastanti le nostre che possiamo fare ben poco.
(Ma non voglio seminar oltre disperazione. Dalla disperazione ci si salva solo con la fede. E in politica di solito ciò coincide con l’abbandono mortale nelle braccia di un padre-dittatore).
Ancora una cosa. Perdonatemi se la butto in pedagogia, come mio solito.
Cosa dovrebbe sapere e capire un adolescente per orientarsi nel caotico panorama odierno della politica? Tante cose, troppe. La scuola può far poco. In quel poco che possiamo fare mi sembra urgente riflettere su due nodi essenziali:
1) E’ pericolosa per la democrazia ogni retorica dell’azione diretta, figlia del narcisismo del principio di piacere.
Per smorzare il fascino delle sirene che cantano quel canto occorre dunque far capire che alla politica è coessenziale una certa doppiezza: il politico simula e dissimula perché quella è la legge ferrea della politica, ciò che si rappresenta sul palco non può mai essere ciò di cui si discute dietro le quinte.
A scuola bisogna dunque sviscerare gli autori del realismo politico: Tucidide, Machiavelli, Guicciardini, Hobbes (gli autori contemporanei di questo filone li conoscono meno, mi soccorra qualche esperto di filosofia politica).
Sto dicendo che si deve insegnare ai ragazzi che la politica significa cinismo e spregiudicatezza. Devono capirlo intellettualmente e reggerlo psicologicamente e moralmente. Auspicabilmente, dovremmo però evitare di farne dei piccolo cinici: realisti sì, ma non immorali.
No all’educazione alla cittadinanza generica e sentimentale, ormai con quella siamo allo scollamento totale con la realtà e alle belle favole.
2) A queste ultime elezioni politiche hanno votato per la prima volta ragazzi tra i 18 e i 23 anni. Sono nati tra il ’90 e il ’95. Per loro Berlusconi è un elemento naturale del paesaggio e i politici sono solo quei personaggi che si insultano nei talk show; Pci, Psi, Dc e i valori della Resistenza e della Costituzione che da quell’esperienza è nata sono sbiaditi fantasmi.
E’ vent’anni che si dice che a scuola dobbiamo fare più ‘900. Ormai non basta più neanche quello. Un atteggiamento postideologicocome quello di Grillo, per cui “destra e sinistra non esistono, esistono solo buone proposte”, fa breccia perché la storia alla quale quei due termini sono ancorati è ormai lontana.
Per questo secondo nodo non ho autori, temi, percorsi da suggerire. Mi sembra quasi un problema insormontabile. Però sta lì, e andrebbe risolto.
“li conosco meno”
Caro Pasquarella,
grazie per la lunga e ricca replica, che aiuta meglio a capire il M5S.
Concordo con lei sia sul dominio dell’economia, sia sulla debolezza delle sinistre che non hanno saputo opporsi a questo dominio (è un problema europeo), sia sulla delegittimazione della politica.
Non concordo però sui questi punti.
1. Le procedure. Io parlo delle procedure e delle regole che fanno parte della nostra costituzione, che vanno rispettate per rispettare tutti i cittadini. La fiducia parlamentare è una di queste. Non si può fare come se non esistesse, e dire che non si voterà nessuna fiducia, e poi dire che se Pd e Pdl si alleano è perché cercano l’inciucio: se si fa così, è perché si vuole questo effetto, cioè la distruzione di ogni politica seria. Anche l’art. 67 è una di queste regole, una parte politica non può imporre ciò che la costituzione non ammette.
2. Non è vero che i voti degli altri verrebbero rispettati per il fatto che il M5S appoggerebbe un eventuale governo su punti specifici. Siccome esiste il meccanismo della fiducia parlamentare, questo significa impedire la formazione di un governo. Nessuno potrebbe fare quello che il suo elettorato avrebbe auspicato. E’ qui il potere di ricatto che manca di rispetto agli altri cittadini. Se invece si accetta la normale logica delle alleanze, allora ampi strati di elettorato che convergono su diversi punti sarebbero rappresentati nella formazione del governo, e in generale i cittadini sono rispettati nel loro diritto a essere rappresentati perché il parlamento può lavorare.
3. Accetto le critiche sulla scarsa conoscenza del M5S, e quindi trovo interessanti e utili le sue precisazioni. Però attenzione: la nostra democrazia non funziona proprio perché le procedure importanti non sono state rispettate, non perché quelle procedure siano solo un orpello inutile. E comunque il mio punto generale è questo: o si rispetta la democrazia rappresentativa, per quanto con “iniezioni” di democrazia diretta, o si passa alla democrazia diretta tout court. Assumere una mentalità da democrazia diretta dentro le istituzioni rappresentative rischia di farle saltare. Infatti, nonostante le derive dei comportamenti assunti dai nostri parlamentari nel tempo, non si può accettare che essi vengano assoggettati a un rigido vincolo di mandato. Non solo è anticostituzionale, ma rischia di impedire la libera espressione delle opinioni dei parlamentari stessi. Il controllo sull’operato dei parlamentari deve avvenire con i canali della comunicazione pubblica, con una legge elettorale adeguata (quindi il M5S avrebbe interesse a riformarla subito) e con un rapporto tra eletti e territorio.
4. Sui ruoli interni al movimento vedremo. Io penso che qualsiasi organizzazione politica abbia gerarchie e rapporti di potere, e che la vicinanza o meno ai capi conti comunque. Rimuovere questo aspetto rischia di farlo agire in modo incontrollato; bisogna riconoscerlo e regolarlo. Ciò non toglie, ovviamente, che i partiti tradizionali da questo punto di vista siano poco difendibili, perché molto chiusi.
Caro Buffagni,
guardi che sulla Grecia siamo d’accordo più di quanto lei pensi. Forse il mio lessico è troppo soft, mi perdoni, ma volevo dire esattamente che le politiche verso la Grecia sono sempre state ingiuste (se lei vuole dire criminali mi va anche bene). Ma volevo anche dire che alla radice di questo c’è molto più nazionalismo che capitalismo sfrenato.
Quanto all’Italia, io non penso che essa si sia fatta commissariare dalla UE. Ha pagato l’incapacità della propria classe politica, che ha solo sprecato risorse negli anni passati. Ma certamente più una parte di un’altra, mi dispiace ma il discorso “sono tutti uguali” non lo accetto.
Poi, ho iniziato il discorso proprio dicendo che la democrazia è a rischio per l’incapacità generale delle classi politiche nel far fronte al capitalismo globalizzato. E’ qui il problema, ma mi chiedo come possa essere una risposta la semplice protesta di chi non vuole creare le condizioni per fare un governo, non vuole creare alleanze politiche ampie, del tutto possibili, per imporre una svolta a sinistra in questo senso, e pensa di poter rinegoziare il debito come se fosse una cosa a basso costo. Tutto questo serve a rafforzare tanto il capitalismo sfrenato quanto i nazionalismi dei paesi del nord.
Caro Cucinotta,
io non ho nessuna difficoltà a riconoscere gli “stanchi riti della politica autoreferenziale”. Ho scritto infatti che il M5S può funzionare come un ariete per dare una forte scossa a questa politica, obbligarla a riformarsi. Ciò non mi impedisce di vedere i limiti di quel movimento, quando si mostra così rigido in tante cose.
Sulla questione della rappresentanza: guardi che io non ho parlato di rispettare la volontà politica degli altri elettori, ma di rispettarli in quanti cittadini uguali. Se si ritiene che la propria forza politica non possa mai, in nessun modo, scendere a compromessi con altre e fare delle alleanze, allora si manca di rispetto agli altri cittadini, perché nel momento in cui si hanno percentuali significative si blocca il Parlamento. Si manca di rispetto al diritto degli altri ad avere opinioni diverse. Non si può stare chiusi nel proprio fortino quando si ha il 25% dei voti.
Purtroppo adesso non ho il tempo di rispondere agli altri commenti, ma rivolgo una domanda a tutti quelli che criticano il Pd e in particolare a Pasquarella:
perché dovrebbe essere più logico non fare nulla piuttosto che fare qualcosa?
Se il M5S usasse il suo peso politico in modo politico potrebbe imporre delle riforme istituzionali ed economiche; non facendolo, non otterrà nulla, perché o si va a un accordo Pd-Pdl che non realizzerà quelle cose, o molto più probabilmente si andrà di nuovo a elezioni, dopo un peggioramento ulteriore della recessione, che sarà stato pagato proprio da molti di quelli che hanno votato M5S con grandi speranze di cambiamento. Dopo le elezioni o il M5S cresce ancora, ma allora saremo punto e a capo, perché non potrà mai avere abbastanza voti da fare un governo monocolore, e quindi quanto più crescerà tanto più dovrà accettare delle alleanze; o il M5S perde molti voti (cosa molto più probabile) perché avrà deluso molti dei suoi elettori. Quanto al quadro politico generale, o si rafforzano i partiti tradizionali, e allora sarà una sconfitta per il M5S; o si avrà di nuovo una situazione di stallo che imporrà alla fine un governo di emergenza nazionale Pd-Pdl che imporrà misure lacrime e sangue, davvero come quelle della Grecia, senza nessun margine di azione nei confronti di UE e FMI. Bella vittoria.
Perché non fare niente piuttosto che fare almeno qualcosa?
c’è un’analogia di base tra il momento che viviamo e il 68. lì come ora la radicalizzazione veniva dallo scollamento netto tra esigenze della società (impersonate in ambo i casi dai giovani) e autonomia del politico. rispetto ad allora, il ceto politico si è rivelato adesso più autonomo ancora,e più corrotto. di diverso però, in positivo, c’è che i grillini di adesso non hanno velleità teoriche esiziali (tipo dittatura del proletariato – certo, hanno il loro rousseau, anche se non lo sanno), e a differenza dei gruppi extraparlamentari sono in massa nel parlamento (e senza porcellum lo sarebbero ancora di più). questa è dunque un’occasione storica, e non solo rischiosa, come invece l’articolo (nonostante i se e i ma) tende a far credere.
@Fabio Pasquarella
Senta, lei a Piras, che è educato e di bocca buona, lo può raccontare che gli epurati lo sono stati in base a regole , ma a me no, perché io il MovimentoSocialeItalianoSSSSS(due volte e mezzo SS) lo osservo da anni… e la posso contraddire punto per punto (cosa che non faccio perché non ha senso discutere con dei miliziani).
Scusi Piras, ma lei non risponde neanche di striscio alle mie obiezioni, non so se per incomprensione o per scelta deliberata, e quindi è inutile che io insista, salvo confermare che trovo le sue argomentazioni stravaganti, tanto per usare un eufemismo.
Trovo invece interessante il raffronto fatto da db nel suo commento col ’68, interessante ma non lo condivido.
Il ’68 pretendeva di portare a compimento un processo emancipativo iniziato già dalla seconda metà degli anni ’50, mentre il movimento 5 stelle si identifica come un momento di rottura con tutto l’universo della politica preesistente. Si potrebbe semmai disquisire sulla reale continuità del ’68 con il passato, con le tradizioni di lotta operaia e tutto il resto della politica a cui tradizionalmente viene iscritto. Personalmente, sono convinto che invece il ’68 chiude, sbarra la strada a quel processo, scrive la parola fine nello stesso tempo in cui vorrebbe rappresentarne un momento di accelerazione.
Sul M5S sappiamo in realtà ancora troppo poco, non tanto su ciò che fa, questo è di fronte a noi in tutta la sua evidenza, ma sulle sue possibili evoluzioni future. Trovo incongrui i facili entusiasmi a fronte di una prassi niente affatto rassicurante, come pure dalla parte opposta, le scomuniche affrettate degli altri che assumono la prassi come sostanza del movimento, ignorando così gli aspetti contingenti, legati sia alla necessità di visibilità che al montare della rabbia accumulata soprattutto tra i giovani a causa della sordità della politica particolarmente grave nel contesto della più profonda crisi economica almeno da 80 anni a questa parte (secondo questa è anche peggio di quella del ’29).
In ogni caso, la prima emergenza rimane quella di liberarci di questa massa di politicanti palesi e nascosti nei vari siti di potere sociale e tra questi non posso esimermi dal citare i giornalisti che operano come i cecchini, sparano praticamente certi di non potere essere scovati ed eliminati.
Caro Piras,
grazie a lei per la cortese replica. Le rispondo per punti.
1) Il capitalismo sfrenato.
A quanto pare, il capitalismo questo difettuccio ce l’ha per natura. L’unico freno che sinora abbia funzionato più o meno bene per limitarlo è lo Stato.
La globalizzalizzazione a guida USA e la UE tendono a distruggere le sovranità statali, le identità nazionali, le basi della democrazia rappresentativa *dappertutto*. Ergo, il capitalismo si sfrena *dappertutto*.
Poi però, visto che gli Stati (con le identità nazionali, la geografia e la geopolitica) e le basi nazionali dei capitalismi continuano ad esistere perchè il capitalismo non risiede in una stazione spaziale orbitante intorno alla Terra ma continua (e continuerà) ad avere solide basi nazionali in ben identificati paesi, il capitalismo sfrenato distrugge *anzitutto* le sovranità nazionali e i capitalismi *più deboli* a vantaggio delle sovranità nazionali e dei capitalismi *più forti*.
I capitalismi nazionali più forti subordinano e/o distruggono i capitalismi nazionali più deboli dominando e strutturando secondo loro convenienza le strutture sovranazionali, dal WTO all’ONU alla NATO alla UE.
Se guarda la dinamica dal punto di vista dei puri rapporti di forza, non c’è niente di nuovo: dopo la grande vittoria greca sull’Impero persiano, l’Atene di Maratona e Salamina egemonizzò la Lega delio-attica che riuniva tutte le polis dell’alleanza antipersiana, ne trasferì il tesoro da Delo ad Atene, e la usò come strumento per la propria espansione imperiale (che poi, come vide Tucidide, condusse alla guerra peloponnesiaca).
Limitare il capitalismo sfrenato significa, in termini di concreta azione politica, *limitare il capitalismo sfrenato delle nazioni più forti*. Per difendersene, le nazioni più deboli devono recuperare sovranità politica e statuale, altrimenti vengono subordinate e/o spazzate via insieme ai loro capitalismi nazionali. Noti bene che *recuperare sovranità politica nazionale* nelle nazioni più deboli è la precondizione per porre limiti al capitalismo sfrenato *dovunque*, anche nei paesi capitalistici più forti.
Considerando di nuovo la dinamica in termini di puri rapporti di forza: per mettere un freno a una potenza imperiale in fase espansiva, non è buona politica procedere al disarmo unilaterale e lanciare un programma utopico di Governo Mondiale della Bontà nella speranza che la potenza imperiale si commuova e si converta alla pace universale. Sarà assai più fruttuoso rafforzare le proprie misure di sicurezza e costruire alleanze con le potenze minacciate dall’espansione imperialistica.
Morale: se noi accettiamo l’attuale struttura della UE, che comporta la subordinazione dei capitalismi e delle nazioni più deboli ai capitalismi e alle nazioni più forti, noi non sconfiggiamo un generico*nazionalismo*, sconfiggiamo le nazioni più deboli a vantaggio delle nazioni più forti, e diamo vita a un impero farlocco: infatti, a causa della dipendenza dagli USA dell’intera Europa, l’impero europeo di nazione germanica non potrà mai avere un imperatore, un esercito, una sovranità e una legittimità politica. Non mi sembra un affarone.
2) Commissariamento dell’Italia.
Non insisto, perchè evidentemente non diamo lo stesso significato alla parola. Secondo me, quando un gruppo di potere non eletto da nessun elettore italiano (Obama+Merkel+Draghi), con qualche telefonata al Presidente della Repubblica cambia il governo italiano secondo le sue convenienze, si può parlare di commissariamento, e volendo alzare un po’ il volume anche di colpo di stato. Secondo lei no.
3) La democrazia a rischio.
Concordo pienamente con lei, la democrazia è a rischio di essere soppiantata da regimi oligarchici. Concordo anche che lo è per ” l’incapacità generale delle classi politiche nel far fronte al capitalismo globalizzato”.
In Italia, per esempio, dopo il colpo di Stato giudiziario di Mani Pulite, le nuove classi politiche si sono poste al servizio del *capitalismo globalizzato*, trasformandosi in traduttori simultanei degli ukase di USA e UE, che sono i brand del *capitalismo globalizzato*: come articolo un po’ meglio al punto 1), infatti, il *capitalismo globalizzato* non è l’Impero denazionalizzato e figlio delle stelle del bestseller di fantascienza di Negri e Hardt, ma ha nomi, cognomi e soprattutto indirizzi (ed eserciti).
Per complesse ragioni storiche e culturali, in questo riciclaggio da politici nazionali a traduttori globali abbiamo visto in prima fila, non solo in Italia ma in tutta Europa, le sinistre, che andati fuori mercato tutti i vari modelli di socialismo si sono riciclate come concessionarie del sogno europeo, occidentalista, liberalcapitalista. Oggi i popoli cominciano ad accorgersi che il prodotto costa un occhio della testa e non funziona, e le sinistre rischiano il fallimento: è la legge del mercato, no?
I rischi per la democrazia, insomma, vengono dalle oligarchie politico-economiche, più che dal M5Stelle. Al quale mi sembra francamente non solo ingeneroso, ma ipocrita, rinfacciare i limiti e i difetti che non può non avere. Dopo trent’anni di diseducazione e manipolazione culturale e politica, cosa si pretende, che il M5Stelle sia composto da eredi di Tocqueville, da rivoluzionari di professione bolscevichi, da laureati dell’ENA?
I limiti del M5S li vedo anch’io, e immagino che li vedano anche i suoi militanti. La politica è un’arte, e le arti si imparano principalmente praticandole: la teoria aiuta, ma fino a un certo punto. A questi ragazzi, che sono diversissimi da me, io faccio i miei sinceri auguri. Ce la facciano o no, il primo mattone del muro l’hanno buttato giù, e per questo vanno ringraziati.
Dunque, non sono un attivista in senso stretto, la mia partecipazione è abbastanza limitata. Iscrivendomi ho potuto votare alcune proposte che mi stanno a cuore e mi son concesso l’occasione di analizzare questo fenomeno dall’interno. Difatti conosco molto bene la stampa e diffido di gran parte dei giornalisti che scambiano nella migliore delle ipotesi i loro articoli per editoriali. Il mio percorso di adesione politica è iniziata a sinistra per poi approdare entro breve nella sfera d’azione dei radicali trasnazionali. Premetto questo perchè sono ormai vent’anni che non mi vesto di colori politici, piuttosto aderisco a battaglie sui diritti umani, sono convinto antiproibizionista, fautore della libertà scientifica, sensibile ai temi ambientali, etc. È stato naturale quindi accostarmi ad un movimento come quello dei 5S. Come probabilmente sapete i radicali storicamente hanno sempre tentato di realizzare intese su obiettivi condivisi, a prescindere dall’area di provenienza. Non mi dilungo sui risultati di queste alleanze, basti ricordare il recentissimo passaggio sul taxi offerto dalla destra nelle regionali, poi svanito diciamo in modo stravagante. Il punto è che non esiste alcun valore condiviso tra il M5S e il partito di Bersani. Ad esempio, a proposito di radicali, è noto a tutti l’inciucio Polverini-Pdl-Pd-Sel sui contributi regionali del Lazio, denunciato dai due consiglieri radicali. Consiglieri poi tenuti fuori dalle liste regionali successive. Vede caro Piras, non si cerca di incoraggiare l’inciucio ai fini di discredito politico, ci riescono benissimo da soli. Sul piano nazionale è la medesima cosa. Il M5S si vuole tenere fuori da tutto questo, è un movimento antipartitocratico, Grillo ci ha imperniato la campagna elettorale, i candidati hanno sottoscritto un accordo. Io personalmente sono assolutamente contrario ad un’alleanza, ma non perchè seguo il diktat di Grillo, da radicale appunto sono abituato ad avere un mio pensiero. Piuttosto sono assolutamente sfiduciato dall’etica del PD e dalla possibilità di quest’ultimo di sabotare e strumentalizzare certi punti programmatici (e non solo). Il suo discorso in linea di massima è condivisibile, ma solo in paese civile quale potrebbe essere l’Islanda, non in Italia. In Italia la logica dell’inciucio è talmente forte da prevaricare su tutto, volontà del popolo compresa. Ci eravamo già espressi per l’uninominale come lei ricorderà, le risulta che sia mai stata applicata questa riforma? Sono passati venti anni e la preoccupazione di destra e sinistra è stata quella di mantenere vivo il vecchio sistema se non peggiorarlo. Eppure sarebbe stata una discreta garanzia su voti di scambio, alleanze sottobanco e quant’altro. Ci avrebbe finalmente dato governabilità a dispetto di cosa voglia fare Grillo, lei non crede? Non è curioso che Bersani se ne esca con certi punti programmatici proprio dopo le elezioni? La logica delle alleanze che lei auspica è malata e non condivido il suo discorso circa il ricatto. A questo punto si può benissimo dire che Bersani respingendo Berlusconi manchi di rispetto agli elettori del PDL. Bersani impedisce la formazione di un governo non accettando, cito le sue parole, la “normale logica delle alleanze”. Eppure mi sembrerebbe naturale un’alleanza di questo tipo visto che negli ultimi anni hanno condiviso molti punti e Berlusconi è sicuramente più ragionevole di Grillo, nuovo anticristo della sinistra. Riguardo la forma di democrazia, guardi, io credo molto nella democrazia liquida e la considero applicabile anche su larga scala con le tecnologie che oggi abbiamo. Mi permetto di aggiungere un ultimo appunto. Se c’è da fare una critica seria e fondata sul M5S, o meglio sulla gestione Grillo-Casaleggio, è l’assenza di una piattaforma informatica realmente condivisa e sulla trasparenza. Su questo a livello locale si sta facendo un buon lavoro, ma manca un sistema collaborativo a livello nazionale. Il forum di Grillo è inadeguato, oltre al fatto che non trovo opportuno sviluppare un dibattito pubblico su un forum personale. La piattaforma deve essere gestita dalla comunità. So che ci sono alcuni attivisti che hanno lavorato su una nuova piattaforma http://www.airesis.it/home ed esposto il problema alla “dirigenza”, quindi attendo fiducioso. Trovo questi punti molto importanti, se non essenziali. Mi sono riservato di disiscrivermi qualora non venissero presi in seria considerazione entro breve tempo. Come vede questo fenomeno politico non è esente da critiche, peccato che in giro invece si leggano per lo più sciocchezze.
scrive Mauro Piras, stralciando:
La democrazia vive delle sue promesse… E muore dei propri fallimenti… Certo, il risultato delle elezioni è anche, per certi aspetti, un rinnovamento della democrazia. Per la prima volta forse nella storia della Repubblica… delle persone comuni, ignote, senza potere o relazioni personali… E ci sono entrate sulla base di un grande voto popolare… Tuttavia, sia il risultato delle elezioni che lo “stile politico”… di M5S, contengono potenzialità eversive delle istituzioni democratiche rappresentative… Ma il punto più importante è un altro. Lo “stile” politico e comunicativo tanto di Grillo quanto dei militanti (e ora dei parlamentari) M5S contiene elementi che, se confermati a lungo nella pratica, saranno sicuramente destabilizzanti, e non in positivo. Alla radice c’è il feticcio della democrazia diretta… E infatti M5S rifiuta di riconoscere la legittimità degli eletti in Parlamento… La polemica contro l’art. 67 della Costituzione ha mostrato la consapevolezza di Grillo su questo punto… L’unica rappresentanza politica accettabile è quella con un forte vincolo di mandato… Questa logica è già completamente al di fuori delle istituzioni rappresentative: le procedure non contano… conta solo la volontà espressa direttamente dal popolo… Il rifiuto delle procedure è antidemocratico da tutti i punti di vista… è la dittatura di una parte sul tutto… È vero, ci sono le assemblee di M5S, ma non sono né regolari né regolate da procedure precise… È l’idea stessa di cittadinanza che salta… la mistica della democrazia diretta e la semplificazione del discorso politico servono a mascherare la realtà dei rapporti di potere… Forse adesso queste risorse non sono così importanti; però certamente Grillo ha molti mezzi, e li sa usare, su tutti i terreni. E i suoi militanti lo sanno, perché quando lui manda i sui diktat scattano subito sull’attenti… il movimento si regge sulla democrazia diretta e sull’orizzontalità assoluta tra tutti… L’elemento che domina è l’ingenuità, vera e falsa… L’ingenuità sta nel sottovalutare l’importanza del delicato funzionamento delle istituzioni rappresentative, e l’importanza del fatto che questo funzionamento non è il frutto di un complotto contro il “popolo”, ma è il frutto della lenta e faticosa correzione delle imperfezioni di ogni sistema democratico.
A Piras risponde Fabio Pasquarella che, stralciando, scrive:
… Il mio percorso di adesione politica è iniziata a sinistra per poi approdare entro breve nella sfera d’azione dei radicali trasnazionali… Come probabilmente sapete i radicali storicamente hanno sempre tentato di realizzare intese su obiettivi condivisi, a prescindere dall’area di provenienza… Il punto è che non esiste alcun valore condiviso tra il M5S e il partito di Bersani… Vede caro Piras, non si cerca di incoraggiare l’inciucio ai fini di discredito politico, ci riescono benissimo da soli. Sul piano nazionale è la medesima cosa. Il M5S si vuole tenere fuori da tutto questo, è un movimento antipartitocratico… In Italia la logica dell’inciucio è talmente forte da prevaricare su tutto, volontà del popolo compresa… La logica delle alleanze che lei auspica è malata… Riguardo la forma di democrazia, guardi, io credo molto nella democrazia liquida e la considero applicabile anche su larga scala con le tecnologie che oggi abbiamo. Mi permetto di aggiungere un ultimo appunto. Se c’è da fare una critica seria e fondata sul M5S, o meglio sulla gestione Grillo-Casaleggio, è l’assenza di una piattaforma informatica realmente condivisa e sulla trasparenza… Il forum di Grillo è inadeguato, oltre al fatto che non trovo opportuno sviluppare un dibattito pubblico su un forum personale…
Sarei davvero molto felice se questo dialogo fra Piras e Pasquarella continuasse; mi sembra davvero molto importante.
Un cordiale saluto
Adelelmo Ruggieri
Nessuno ha risposto alla mia domanda:
perché non fare nulla è meglio di fare qualcosa?
Cari saluti,
mp
questo è qualcosa (e non è neanche eversivo)
http://temi.repubblica.it/micromega-online/firma-anche-tu-per-cacciare-berlusconi-dal-parlamento-facendo-applicare-la-legge-361-del-1957/
Gentile Piras,
non ho idea di quale governo si formerà (quindi mi spiace intervenire senza rispondere alla sua domanda), sebbene la linea del M5S sia sempre stata chiara, ma le semplici volontà, onestà ed impegno possono tanto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/11/berlusconi-cinque-stelle-sfidano-pd-voteremo-per-arresto-e-ineleggibilita/526990/
e
http://www.youtube.com/watch?v=swntE1iWB5Y.
“Le cose sono sempre semplici” Sciascia
Piras, proverò a risponderle io.
Chiariamo un punto, oggi, può piacere o non piacere, ma la politica a livello internazionale è soprattutto, ma forse dovrei dire quasi esclusivamente, politica economica.
Le regole della politica sono alla fine un fatto interno ad uno specifico paese, e davvero la presenza di un governo regolarmente insediato perchè nominato dal capo dello stato ma che tuttavia non ha ricevuto la fiducia del parlamento non toglie nulla alla possibilità per il parlamento di validamente deliberare in proposito, perfino ove si trattasse di modifiche costituzionali (salvo il problema del maggior tempo richiesto).
Dove si sente la necessità che si abbia un governo nel pieno dei suoi poteri, riguarda in definitiva per la massima parte la definizione della politica economica, ed è proprio da questo punto di vista che gli altri paesi e segnatamente i partners dell’eurozona si preoccupano e ci sollecitano.
Bene, ma il problema sta proprio qui, forse M5S e PD si potrebbero mettere d’accordo su tante riforme concernenti le regole istituzionali, pur se sembra che sul finanziamento pubblico la cosa è tutt’altro che scontata. Ma anche ammettendo che l’accordo si trovi e riguardi tutti gli aspetti, tuttavia, rimarrebbe un elemento di irriducibile dissenso, proprio la politica economica. Fassina e Bersani possono proporre tutti gli slogan che vogliono, ma la questione in campo è netta e senza possibilità di svicolare, o ci si assoggetta alle regole europee, quelle per intenderci che c’hanno portato alla situazione che definire tragica non è un’esagerazione, o le si rifiuta. Non mi pare però che il PD sia pronto ad abbandonarle, a partire dalla sciagurata modifica costituzionale sul pareggio di bilancio, mentre il M5S mi pare sia nettamente contrario a continuare su questa strada. Dove si possa trovare il terreno di convergenza, davvero rimane un mistero irresolvibile, questo terreno semplicemente non c’è, e quindi non si può che procedere a una legislatura che si occupi solo di riforme, di nominare il capo dello stato e roba di questo genere, e ciò si può fare benissimo con un governo del presidente, da lui nominato anche senza fiducia delle camere in perfetto accordo col testo costituzionale che non offre altre vie d’uscita, visto che l’attuale presidente Napolitano non ha più il potere di scioglierle. La politica economica, piaccia o non piaccia a Napolitano, ai mercati, alla merkel ed a Piras, non può che essere congelata in attesa che le prossime elezioni risolvano chiaramente se la maggioranza spetta al partito europeo o al partito antieuropeo (ma per favore, prendete questi termini solo come funzionali alle presenti argomentazioni, non in senso proprio).
Non so se questo per Piras significhi non fare nulla, a me pare che si tratti di fare tanto, di mettere la poltica in condizione a breve scadenza di decidere davvero sul nostro destino.
Gaber, il più moderno, il più grande aveva previsto anche questo fenomeno da baraccone di Grillo.
Scriveva nel 1993:
“I partiti sono inadeguati a rappresentare la gente. Ora sembra che – non votando o votando cose senza senso e stravaganti – almeno un italiano su tre l’abbia capito, forse anche di più. Gli unici che non se ne accorgono sono loro, i partiti, che si ostinano a restare, magari rinnovandosi”.
Il Grillismo è una cosa senza senso e stravagante e non riuscirà a fare altro che accelerare la nostra decadenza e il nostro crollo.
Dopo il crollo non ci sarà un rinascimento, perchè siamo spenti, senza risorse, senza volontà e senza energie.
Non resta che cavalcare la decadenza
(riprendo da dove ho lasciato ieri sera)
Cari Ravera e Massino (e Buffagni su questo punto),
in effetti bisognerebbe evitare di richiamarsi al fascismo. Si rischia di non comprendere il fenomeno, come per ogni realtà sociale e politica nuova. Anche se capisco le preoccupazioni, e in parte le condivido come ho cercato di argomentare, credo che gli aspetti critici vadano analizzati e descritti nel dettaglio e nella loro particolarità, senza metterci sopra dei cappelli che rischiano di essere fuorvianti e di creare incomprensioni inutili.
Caro Abate,
mi perdonerà, ma oggi, per stanchezza e limiti di tempo non riesco a leggere i suoi interventi e quelli che ha proposto, lo farò più avanti. Grazie comunque per il contributo alla discussione.
Cara/o Cicala,
grazie per l’apprezzamento, e complimenti per l’ottima analisi politica sugli sviluppi della politica italiana. Io avevo pensato confusamente delle cose del genere, ma lei le ha dette in modo eccellente. Le due tendenze da lei individuate sono in effetti il problema, e le forme che hanno cercato di cambiare la situazione hanno sempre avuto il limite di rifiutare la mediazione e, aggiungo io, una mediazione agganciata a un progetto di modernità. Il berlusconismo, secondo me, è stato il tentativo italiano di entrare in questa fase della modernità avanzata senza volerne pagare i costi, senza ridefinire i rapporti tra i gruppi sociali, ma coltivando interessi clientelari e corporativi. Il bisogno vago di nuovo ha prodotto una frammentazione sociale senza precedenti. E questo si ricollega alla seconda parte del suo ottimo intervento: nessuna politica democratica può sopravvivere se non c’è tra i cittadini un qualche terreno condiviso in termini di valori e di riconoscimento reciproco. Qui invece abbiamo gruppi sociali ostili gli uni agli altri, e forze politiche che si delegittimano radicalmente.
Caro Daniele,
condivido le tue osservazioni rivolte ai militanti M5S. In particolare quella sul linguaggio: da più di vent’anni ci siamo abituati a questa politica verbalmente aggressiva, ormai la consideriamo una cosa normale. Ma invece è un problema enorme. La democrazia è il potere della parola, e la legittimazione e delegittimazione passa per il linguaggio. L’uso di questo linguaggio (“siete dei morti” ecc.) serve solo a impedire la politica come costruzione di una volontà comune. La violenza verbale nega il fatto che si possa essere divisi su tante cose, e che questo è normale. La violenza verbale sottintende che se tu la pensi diversamente è perché sei un idiota o perché sei in malafede, non perché, semplicemente, in politica come in tutte le cose umane le divisioni sono naturali. Ma la democrazia si basa invece sull’accettazione di quest’ultimo fatto. Rifiutarlo vuol dire indebolire la democrazia. Io sono molto stanco sia della violenza verbale che delle semplificazioni.
Sul tuo secondo intervento.
1) E’ giusto insegnare agli studenti a conoscere la realtà sociale e i rapporti sociali reali. Io però non ho molta simpatia per la tradizione del “realismo politico”, così esaltata in Italia. La trovo limitante perché per questa tradizione nella storia non succede niente: tutto si ripete sempre uguale, la lotta per il potere e la violenza. Se è così, non ha senso l’azione politica volta al miglioramento. Invece, l’ho già detto, la teoria politica e sociale deve mostrare le forze in atto che possono muovere verso il miglioramento, pur con un’analisi lucida dei rapporti sociali reali e dei rapporti politici reali. Ma io, devo dire, non amo molto bamboleggiarmi con le solite massime di questi autori. Preferisco usare statistiche e dati.
2) Il problema non è il programma di storia. Su queste cose, il problema non sono i programmi. Il problema è sapere formare gli studenti sull’attualità, e sperare che abbiano spazi di espressione politica. E non essere paternalisti: scontrarsi con loro, di brutto, su analisi e posizioni. Se trovano in noi i rivoluzionari semifalliti nostalgici dei loro sedici-vent’anni ci prenderanno in giro, semplicemente. Se trovano in noi un quadro interpretativo chiaro, forte, per quanto di parte, e lucido, informato nei dettagli, allora si confronteranno con noi, e cresceranno secondo una dinamica normale: lo scontro tra giovani e adulti. Noi siamo gli adulti, non dimentichiamocelo.
Caro db,
in effetti il parallelismo con il 68 è interessante, e anche le differenze messe in luce. A me però piacerebbe una volta vedere qualcosa che diventa prospettiva politica, che non voglia eternamente restare fuori dalla politica. Perché poi allora la politica la colonizzano gli altri, gli “impuri”.
Caro Cucinotta,
non capisco perché se la prende così tanto. Ho cercato di rispondere, ma ogni risposta vale quello che vale. Riconosco un problema di formulazione sulla questione della rappresentanza, ma cercherò di risolverlo quando sono meno stanco, visto che lei vuole un pensiero limpido e cristallino in ogni momento della giornata (cosa che però non sempre lei mi offre).
Adesso non ho le forze per rispondere degnamente alle analisi più lunghe (Cucinotta, Buffagni, Pasquarella), però dico due parole su alcuni interventi più recenti, fatti come risposta alla mia domanda.
Cari db e Andrea,
ho capito, si può fare quella cosa contro Berlusconi. Ma non mi sembra l’unica cosa da fare, ce ne sono tante altre (in questo sono d’accordo con Cucinotta, le cose serie da fare sono di politica economica). Ho capito, il Pd ha fatto delle puttanate su questa faccenda, ma adesso la forza elettorale del M5S è tale che può costringere il Pd a esprimere la parte migliore di sé, che pure esiste. Non ci sono solo quelle posizioni.
E non è vero che le cose sono sempre semplici, con buona pace di Sciascia. Le cose politiche e sociali sono sempre complicatissime, invece, altrimenti non saremmo in questo casino infernale. Ho già scritto sopra che sono molto stanco delle semplificazioni, ci stanno uccidendo e alla fine faranno gli interessi delle classi dominanti, come sempre.
Infine, caro Adelelmo Ruggieri,
certamente cercherò di continuare il dialogo con Pasquarella, da parte mia (anzi, concretamente qui a Torino proporrò un dialogo diretto tra la base Pd e la base M5S), anche se si vede bene che chi cerca di rispettare le parti, e dialoga correttamente, come mi sono proposto di fare io (se ci riesco lo giudicate voi) viene considerato un fesso dai lucidi analisti che non si fanno infinocchiare, che sono sempre all’erta con i loro denti aguzzi bene in vista.
Mais je m’en fous largement, da molto tempo.
Un caro saluto,
mp
Ovviamente sui pessimisti e i realisti politici che io amo e tu no non ci metteremo mai d’accordo. E non è poi così importante. In fondo crediamo alla stessa cosa: tu in un’azione volta a migliorare almeno un po’ dentro una storia che muta, io in un’azione volta a migliorare almeno un po’ in una natura che resta identica.
Ma rispondo indirettamente alla tua domanda. Il tuo “fare qualcosa” è per coloro che non ti rispondono “fare inciuci e compromessi” (vogliono tutto, non qualcosa), il “tuo fare nulla” è per loro “fare grandi cose”. Tu chiedi infatti “e l’impegno per governare il paese? se non si fa questo si sta immobili” e quelli rispondono “ma quale governo! Non l’avete ancora capito che qui cambia tutto? I partiti sono finiti, ora si votano le buone idee!”.
Per me, siamo al salto completo del principio di realtà. Dunque, tante ma tante pagine di Guicciardini e Machiavelli a scuola. Tanto sano realismo.
Così quando i ragazzi avranno raggiunto la maggiore età, voteranno chi credono, anche Grillo, va benissimo, ma saranno ben consapevoli della fatica nera necessaria per cambiare le cose, della fatica della democrazia e delle sue istituzioni e non si faranno menare per il naso quando lo stesso gli narrerà le favole del paese della democrazia liquida, della rivoluzione della trasparenza, in assenza di Governo e con maggioranze parlamentari che non stanno all’opposizione ma che neanche votano la fiducia.
Più realismo dunque per capire che la storia è fatta di rapporti di forza e che la democrazia dovrebbe servire, con tutte le sue estenuanti complicazioni, a contenerli. Quando si pensa di farne a meno, a venire fuori nel modo peggiore sono i rapporti di forza, altro che la democrazia diretta.
@Lo Vetere
E se invece del rifiuto della mediazione politica, si trattasse soltanto di nuove forme di mediazione?
Non sono, e credo si capisca bene anche dai precedenti miei interventi, un seguace del M5S, ma resto sorpreso quando vedo che si critica la prassi dei nuovi arrivati senza apparentemente rendersi conto del fallimento di chi ci stava da prima, direi da sempre.
Ora, le critiche al grillismo ci stanno tutte, ed io da parte mia non ne risparmioa quando se ne presenta l’occasione, ma se esse non si accompagnano ad una critica ben più radicale “agli altri”, allora anche inconsapevolmente rappresentano una difesa di un ceto politico davvero indifendibile.
Ecco, cammuffare il cambio di paradigma politico come il rifiuto di qualsiasi paradigma politico rappresenta in un certo senso l’ultima spiaggia di chi vuole ad ogni costo aggrapparsi ad un ordine preesistente che tuttavia ha ampiamente mostrato di non funzionare, nè poco nè molto, proprio per nulla.
Piras, ha ragione, il paragone al fascismo è improprio, perché rispetto a questi qua anche il fascismo aveva una sua dignità. Io del resto penso che si tratti di un’operazione commerciale, nuove frontiere del business… come può capire se avrà la pazienza di leggere il post che ho linkato.
Qualche giorno fa, seguendo un po’ la direzione PD, ho visto l’intervento di Fassina [ http://www.youtube.com/watch?v=5bCw-bS6KAg%5D e sono rimasto a bocca aperta.
Diceva in sintesi il responsabile economico del PD che bisogna ricontrattare i trattati Ue, perchè con l’euro, tra la Germania e i paesi periferici si è innescato una differenziale di competitività che rende i paesi forti sempre più forti e i paesi deboli sempre più deboli, insomma ci disastra.
Più o meno come se il prossimo papa si facesse al balcone di piazza San Pietro e dicesse, “Bè, ragazzi, basta con ‘sta storia di Dio, Gesù Cristo, la Madonna, voltiamo pagina.”
Non se l’è filato nessuno, Fassina, e d’altronde giustamente: sono vent’anni che il PD fotocopia gli Ukase tedeschi e UE, chi vuoi che ci creda che adesso si volta pagina? Come farebbe, anche volendo?
E con questo ho risposto alla domanda di Piras, perchè sia meglio fare niente che qualcosa. Perchè qualcosa a) non basta b) è pura ipocrisia e smalto sul nulla.
Finchè lo scontro politico non si sposta sulla questione vera, cioè sulle radici del rapporto Italia/Ue, per me si può anche incaricare qualcuno dell’ordinaria amministrazione: tanto le decisioni politiche si prendono all’estero.
CAPIRE, CAPIRE, CAPIRE…
L’arte della guerra
Gli ologrammi della politica
Manlio Dinucci
Di tutto si parla nel dibattito politico, salvo che di una cosa: la politica estera (e quindi militare) dell’Italia. Come per un tacito consenso tra i contendenti, si evita qualsiasi riferimento al ruolo dell’Italia nella Nato, alla metamorfosi dell’Alleanza, al progetto della Nato economica, ai rapporti con gli Usa, alle guerre in corso e in preparazione, allo scenario del nuovo confronto Ovest-Est nella regione Asia/Pacifico.
Ogni giorno si martellano i tele-elettori sulle ripercussioni della «crisi», facendola apparire come una calamità naturale, ma ci si guarda bene dal ricercarne le cause, che sono strutturali, ossia connaturate al sistema capitalista nell’era della «globalizzazione» economica e finanziaria.
Si crea così un ambiente virtuale, che restringe il raggio visuale al paese in cui viviamo, facendo scomparire il mondo di cui fa parte. Qualcosa però ci viene mostrato, fabbricando ologrammi ideologici condivisi dall’intero arco politico, compresi partiti e movimenti che si presentano come alternativi. Anzitutto quello del «modello statunitense».
Ecco quindi Bersani che, nel presentare il programma Pd, dichiara ad America 24 (18 febbraio) che «la politica europea dovrebbe somigliare un po’ di più in campo economico e sociale a quella degli Stati Uniti». La cui validità è dimostrata dai 50 milioni di cittadini Usa, tra cui 17 milioni di bambini, in condizioni di «insicurezza alimentare», ossia senza abbastanza cibo per mancanza di denaro.
Ecco quindi Ingroia che, nel presentare il programma di Rivoluzione civile, dichiara ad America 24 (14 febbraio) di essere «favorevole ad aumentare gli investimenti americani in Italia». Emblematico quello dell’Aluminum Company of America (la multinazionale con le mani in pasta nei più sanguinosi colpi di stato in Indonesia e Cile): dopo aver spremuto l’impianto di Portovesme, ottenendo sgravi sulla bolletta elettrica per miliardi di euro (pagati dagli utenti), se n’è andata lasciando disoccupazione e danni ambientali.
Ingroia, inoltre, definisce quello statunitense «un sistema che anche dal punto di vista della giustizia è certamente più efficiente», nel quale «c’è un rispetto dell’attività giudiziaria tale da parte della politica che non si potrebbe pensare a un condizionamento della magistratura». Ne è prova eloquente il fatto che la popolazione carceraria Usa (la maggiore del mondo con oltre 2 milioni di detenuti) è composta per i due terzi da neri e ispanici, i più poveri che non possono pagarsi avvocati e cauzioni; ne è prova l’insabbiamento di importanti inchieste, come quella sull’assassinio di Kennedy.
Ed ecco ora Grillo che, mentre rifiuta in blocco i media italiani definendoli menzogneri, si concede alla Cnn e alla rivista Time del gruppo statunitense Time Warner che, con oltre 300 società, è il più influente impero multimendiale del mondo. Il messaggio subliminale che ne deriva (Casaleggio docet) è che il sistema mediatico statunitense è affidabile. Il Grande Fratello ringrazia.
(il manifesto, 12 marzo 2013)
@ Cucinotta. Come avrà capito dal mio primo intervento, non critico la novità del M5S in sé, ma un suo aspetto ben circoscritto. Io non li ho votati, ma visto che in Parlamento saranno tanti e hanno peso, a questo punto mi auguro che agiscano e provino a concretizzare tutto ciò che promettono. La freschezza è assolutamente positiva, la rottura con la vecchia palude anche.
Tuttavia, ad ora (non è detto che tra un mese le cose non saranno diverse) constato velleitarismo, sogni a occhi aperti, incapacità di dire cosa hanno intenzione di fare con il potere ESECUTIVO, tutt’altra cosa dallo stare in Parlamento e votare leggi. il tema ora è il governo. Dunque, la domanda di Piras resta inevasa.
Se poi le vecchie prassi sono ormai irriformabili e non c’è possibilità di compromesso, c’è una sola via. Se mi propone un piano dettagliato partecipo anch’io, chissà. Intendo alla rivoluzione.
No, Lo Vetere, non irriformabili, mi sono spiegato evidentemente male, io dico non più proponibili (e quindi, da riformare).
Qui, si parla proprio, e l’ho scritto esplicitamente nel mio primo intervento, di distinguere tra prassi e procedura costituzionale, non tutto è prassi, e non tutto è dettato dalla nostra costituzione. Quindi, riformiamo pure ciò che va riformato, ma evitiamo di violare la costituzione, anche se qualcuno potrebbe affermare che sono proprio i vecchi politici ad averlo fatto.
Ora, se lei rileggesse il suo penultimo intervento, potrebbe interpretarlo come io ho fatto, come se lei dicesse che fosse lecito intervenire sul contenuto delle scelte, ma non sulle forme con cui farlo, ed è questo che volevo dirle, che anche le forme sono parte della politica, su un rigido e spero immodificabile schema istituzionale previsto dalla costituzione, si aggiungono procedure non obbligatorie, soltanto previste per prassi, e io dico che non dobbiamo avere paura a modificare tale prassi.
In quanto alla rivoluzione, c’è ben poco da ironizzare, e credo che diventerà d’attualità prima di quanto tutti quanti noi pensiamo, già questa crisi economica epocale ha di fatto rivoluzionato tante cose della nostra vita quotidiana e del modo in cui le stesse istituzioni inteporetano il loro ruolo, pensi al governo Monti ed alle incosuete modailità con cui è stato insediato.
Tuttavia, il tema di questo post e dei commenti non mi pare riguardase la rivoluzione, bensì un tema terra terra, quello dell’attualità politica che abbiamo dvanti ai nostri occhi, e dio di questo parlavo, non so lei.
Vedo benissimo anche io gli orrori del sistema socio-economico occidentale. Li guardo con disgusto e senso d’impotenza.
Poi c’è il tema: che faccio oggi? Piccole azioni o svolte storiche, ma qualcosa si deve pur fare.
Dunque, si dica cosa si vuole fare. Io grosso modo pensavo a: consultazioni fra i partiti, incarico a un leader, verifica della maggioranza, presentazione del governo, fiducia in aula, …
C’è un calendario, giorno per giorno qualcosa da fare. Vediamo se va.
Chi pensa ad altre prassi dica PRECISAMENTE quali. Giorno per giorno. Che sia anche chiudere il Parlamento e votare ogni legge da casa al pc, in 56 milioni di italiani. A me non piacerebbe, ma almeno potrei dire: questo calendario non va.
Per ora il calendario dei riformatori radicali non lo intravedo, Cucinotta.
Lo Vetere, forse con un pizzico d’attenzione in più, avrebbe visto che ho già postato un commento che va sul concreto almeno altrettanto quanto lei. E’ quello postato l’undici, alle ore 21.16. Buona lettura!
L’avevo letta Cucinotta, ma non parlavo di lei. Non sono né il mio né il suo programma che ci toglieranno dall’impasse. Ad altri spetta decidere.
Saluti
Lo Vetere, lei che parla di realtà mi piacerebbe che ci illustrasse su quali basi e condivisione di valori si potrebbe istituire un accordo di governo durevole. Non credo che il PD sia sufficientemente di sinistra per poter abbracciare il programma M5S. Ma se si va troppo a sinistra poi si sconfina nella destra, per circolarità, e siamo al punto di partenza. Insomma si vede tutto tranne che un pensiero radicale. Per salvare l’Italia preferisco a questo punto la sperimentazione belga. Inoltre continua ad ignorare lo strumento fondamentale di rinnovamento ossia la democrazia liquida, che lei forse “liquida” con un tono di sufficienza. Eppure c’è un dibattito aperto, sperimentazioni europee, fior di esperti che la propongono e soprattutto alcuni esempi locali e concreti, si veda la Sicilia. Non so, ma ho come l’impressione che alcuni commenti che leggo derivino da prese di posizioni aprioristiche piuttosto che da approfondite analisi.
Bene, Pasquarella, approfondiamo l’analisi. La Sicilia, dice lei. Vediamo cosa è successo. C’è stato una campagna elettorale, iniziata con la vergognosa nuotata di un guru con la pancetta, che sul piano simbolico evocava la forza fisica: cose che facevano i peggiori dittatori. Lo stesso ragionier Giuseppe Piero Grillo ha poi fatto una sorta di tournée teatrale gratuita in tutta la Sicilia, molto partecipata, dove è andato a raccontare che il PD si era accordato con la mafia (che però, ha fatto bene a precisarlo, non strangola le sue vittime…), attraverso l’UDC di Crocetta (qui, però, c’è stato il punto più alto della campagna elettorale, perché nessuno, a parte il filogrillologyano Roberto D’Agostino, ha distorto il nome in Frocetta…). I risultati elettorali hanno premiato il partito di protesta, trasferendo parte dei voti del centrodestra alla lista capeggiata dal geometra Cancelleri (una coincidenza curiosa: il boom del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante fu proprio in Sicilia, dove furono conquistati esattamente 15 seggi all’ARS). L’ottimo Presidente Crocetta, che ha una lista sua molto vicina al PD, viene eletto, ma non dispone di una maggioranza parlamentare. Ad ogni modo si insedia, perché la legge gli consente di andare a cercarsi in consiglio una maggioranza, trattando volta per volta coi gruppi di opposizione. A questo punto i grillocasaleggesi si dichiarano disponibili a sostenere dall’esterno il governo regionale, diventando ufficialmente MovimentoSocialeItaliano5St(amp)elle, e ne approfittano per fare un po’ di caciara propaganda, tipo rinunciare rimborsi che per legge non gli spettano, esibendo pure cifre sballate (manco i conti con la calcolatrice, sanno fa’…), o annunciando l’apertura di un fondo per il microcredito, alimentato da soldi a cui rinunciano in busta paga, che alla fine dell’anno ammonterà a forse 1 milioni di euro, che non basteranno nemmeno per portare negli uffici le richieste e protocollarle…; o appropriandosi di ” vittorie ” dovute all’impegno di comitati sul territorio, nei quali è più che presente il PD, vittoria che del resto si rivelerà falsa, con il tempo, perché gli americani se ne fregano delle proteste locali, vantando diritti sul territorio italiano che risalgono a trattati intergovernativi secondo molti non ancora venuti completamente alla luce, che possono essere messi in discussione solo dal governo nazionale, che a quanto si sa aveva precedentemente autorizzato la costruzione del sistema satellitare MUOS.
Nel frattempo che gli incapaci grillocasaleggesi fanno propaganda, Crocetta tratta con gli eletti nelle liste di centrodestra, e ne convince per ora 7 a passare alla maggioranza. diventando finalmente autonomo dall’aria fritta del gruppo capeggiato dal geometra Cancelleri (che nel frattempo, però, ottiene un altro enorme risultato politico, riuscendo a mandare in Parlamento la sorella). Fine della propaganda.
Domanda finale. Basterà la polizia a proteggere questi 15 consiglieri dall’ira dei siciliani quando si accorgeranno che sono stati presi in giro ancora una volta, perché non riceveranno nessun reddito di cittadinanza di 1.000 euro né potranno accedere a una SERIA forma di microcredito?
Grazie Mauro di questa analisi così lucida e approfondita, che sottoscrivo in pieno, parola per parola. Aggiungo questa nota “di colore”, o meglio, di ulteriore allarme nei confronti del M5S: il movimento ha uno statuto nel quale l’art. 67, così vituperato dopo il risultato elettorale, è contemplato e sottoscritto. Guarda qui: http://www.you-ng.it/news/politica-e-attualita/item/7601-esiste-anche-lo-statuto-del-movimento-5-stelle-eccolo.html
Purtroppo garanzie di serietà da parte loro non se ne intravedono affatto, e quindi temo che le tue conclusioni, drammatiche, siano però lucidamente giuste.
Infine, una battuta: posso votarti alle prossime elezioni? Ti prego, candidati!!
La base di accordo c’è: gli otto punti di Bersani. Poi, realisticamente, temo che accordi sui temi economici e dei rapporti con l’Europa siano difficili e il governo avrà vita breve. Ma questo problema trascende le volontà dei singoli dei partiti dei movimenti, perché dipende da un fatto reale realissimo: non c’è una maggioranza, ma una situazione politica caoticissima. Che comunque bisogna pur gestire.
Sulla democrazia liquida, ha ragione, l’ho liquidata troppo in fretta. Mi piacerebbe parlarne seriamente. Immagino che negli incontri dei 5 stelle lo si faccia. Di quegli incontri ho grande rispetto, proprio perché credo nella partecipazione personale, nella responsabilità individuale, non nella delega in bianco.
Ma parlare del merito delle cose presuppone fermarsi a riflettere, ascoltare, far silenzio in sé, superare i propri pregiudizi: significa moltiplicare i punti di vista sulla realtà, capire.
E so per certo che quando il dibattito pubblico è ormai solo più retorica, slogan, si ottiene una semplificazione pericolosa. La politica ormai è ridotta a questo. E Grillo non è diverso: dai vaffa al “noi vogliamo il 100%”, anche lui ha la sua orribile retorica, che prende voti ma non risolve problemi.
Come ho detto fin dall’inizio, sto guardando e aspettando le azioni dei 5 stelle. Spero non finiscano prigionieri degli slogan suicidi del loro leader o megafono che dir si voglia.
Ieri i 5 stelle hanno chiesto la presidenza della Camera. Ecco, questo è un bel fatto, un’assunzione di responsabilità. Bene, bravi.
Ma avrà notato che hanno usato una circonlocuzione, “non si può negare alla prima forza della Camera una rappresentanza importante” (o qualcosa di simile, il senso è quello, comunque). Chi crede nella retorica della “trasparenza assoluta” potrà già dire, ecco cominciano a parlare come i politici.
Io dico, hanno capito che ora DEVONO fare i politici e quello è il linguaggio. A patto che non nasconda solo bieche volontà di potere e l’intenzione di non dire e fare mai niente, a me quel linguaggio sta benissimo.
Così ristabiliamo anche una verità, tanto essenziale che le hanno dedicato anche un blog, che si chiama “Le parole e le cose”: chi lascia credere agli ingenui che tra parole e realtà, volontà e possibilità di azione non ci sia alcuna discrepanza, tutto sia semplice e possibile, basta volerlo, fa un pessimo servizio alla democrazia e condanna i cittadini nello stato di minorità perenne. Ora la dico grossa (non ridete, già lo faccio da me): i politici dovrebbero educare i cittadini alla complessità, non semplificargli la realtà. Come con i bambini e i minus habens.
Saluti
Non lo faranno mai, perché se i cittadini capissero che i governanti vanno aggrediti sul piano della complessità prenderebbero il loro posto. Infatti le semplificazioni di Genovarola sono funzionalissime al potere dei vecchi governanti, che sanno gestire la complessità (uno sgamato come D’Alema, con questi oppositori qui, governerà anche da sottoterra…). Fossi dietrologo potrei anche pensare che una protesta così sgangherata è stata finanziata dal vecchio potere per impedire che emerga una protesta ragionata.
Da La Stampa di oggi. Mi ha fatto andare di traverso il caffè al bar.
“Eppure quel sondaggio recapitato nella suite del San Raffaele lo ha determinato ancora di più nel puntare tutto sulle elezioni a giugno, perchè gli dice che il centrodestra cresce ancora fino a diventare maggioranza, il Pd cala e Grillo sta accusando il colpo di essere entrato in Parlamento. Le trattative più o meno mascherate sulla presidenza delle Camere, gli incontri con i partiti non fanno bene alle 5 Stelle. Se poi alla fine una Stella dovesse andare a sedersi nel più alto scranno di Montecitorio, secondo Berlusconi, il MoVimento si schianta”.
Il sondaggio è Euromedia. Speriamo che se la cantino e se la suonino tra loro (Berlusconi e la Ghisleri), perché se fosse vero che si perdono voti a prendersi impegni nel governo del paese, allora siamo al suicidio collettivo di una nazione.
Povera Italia.
Lo Vetere, sottoscrivo molto di quello che dice e vedo che anche lei è dubbioso sull’effettiva fattibilità a medio termine, condividiamo le medesime perplessità. Riguardo la democrazia liquida, che è un tema a me caro, c’è una buona parte degli attivisti che sta mettendo al vaglio alcune piattoforme, e si è costituito un gruppo di esperti e non al quale ho aderito. La questione è piuttosto articolata e tortuosa ci sono molti nodi da svolgere. Ad esempio occorre implementare un sistema di identificazione certa del votante, capire come strutturare le deleghe, come informare i cittadini in modo possibilmente equilibrato, oserei dire agnostico, come poter gestire eventuali leggi impopolari, etc. Ci sono delle proposte, alcune molto interessanti, ma c’è ancora parecchio su cui lavorare.
Qui non si tratta solo di una piattaforma informatica, bensì di un sistema filosofico che cerca di realizzare una nuova fase di democrazia partecipativa e che possa meglio prevenire questi cancri politici che ci portiamo dietro. Potrebbe uscir fuori un nuovo modello di sviluppo politico, una grande opportunità di cilviltà che ci porterebbe all’avanguardia. Ma potrebbe anche tradursi in un fallimento, certamente.
Ora un problema che sta spaventando è il fatto che Casaleggio & C., persona indubbiamente molto in gamba nel suo settore, si stia occupando della piattaforma praticamente senza possibilità, almeno per il momento, di condivisione con la comunità. Fosse anche San Francesco, le cose andrebbero condivise visto lo spirito del movimento in cui l’open source viene tanto sbandierata nello stesso blog di Grillo. Ecco una cosa seria su cui scrivere articoli, peccato che i giornalisti altrettanto seri siano così rari perdendosi nel cercare scheletri negli armadi che non ci sono. Eppure a me sembrerebbe molto più intelligente proporre delle critiche costruttive, per il bene di tutti, invece che arroccarsi dietro funeste e stantie posizioni. Ma è nell’animo umano, specie quello del tifoso italiano, che troppo spesso scambia il parlamento per uno stadio. Concludo questa mia risposta dicendo che mi trova d’accordo anche sulle modalità espressive di Grillo. Lui è un professionista del palcoscenico, uomo che parla di pancia, quindi può risultare irruente. Un po’ come questo Larry Massimo, che ancora non si capisce quale contributo voglia dare al dialogo, oltre che a sparare in modo caotico e provocatorio con un linguaggio non proprio consono ai toni di questo posto. Ad esempio Larry Massimo parla di contributi che non spetterebbero al M5S e di conti che non sanno fare. Larry Massimo probabilmente ignora le indennità di carica, il rimborso per il trasporto su gomma e quello per l’esercizio dell’attività parlamentare. La cifra esatta, signor Massimo è di 276173 euro ad oggi che confluiranno successivamente alla Regione dopo l’approvazione della legge di stabilità, tutto documentato. Io in effetti più che di cifre sballate parlerei di fantasiose teorie che attribuirebbero ai cinque stelle siciliani la responsabilità di un eventuale, e previsto da lei, fallimento del reddito di cittadinanza. Comunque lei ha voluto cogliere la palla al balzo per sviare dal tema che si stava affrontando e fare un po’ di ironia, perfetto, la palla gliela lascio, può continuare a giocarci da solo. Preferisco tornare invece sull’argomento, ossia la democrazia liquida. Per capire come funziona localmente, ci si può collegare al sito siciliano:
http://www.sicilia5stelle.it/category/articoli/
qui i meet-up
http://www.meetup.com/Movimento-5-Stelle-Sicilia/
con i forum:
http://www.meetup.com/Movimento-5-Stelle-Sicilia/messages/boards/
qui il programma con le proposte avanzate e votate dai cittadini:
http://www.sicilia5stelle.it/il-programma/
la piattaforma utilizzata è Liquid Feedback, senz’altro buona maggiormente a livello locale piuttosto che nazionale, dove le cose sono più complesse. Bene, ciascuno si può fare la sua idea, se ha la volontà e il tempo di verificare. Penso di aver evidenziato sufficientemente quello che a mio parere rappresenta la vera novità di questo movimento, e che spero vivamente non vada in frantumi. Ringrazio per l’attenzione e lo spazio che mi è stato offerto. Cordiali saluti a tutti.
Pasquarella, mi scusi, davvero, non sapevo che LPLC avesse affidato a lei il Ministero ai toni da tenere nelle varie discussioni. Quanto al caos con il quale mi esprimo, lo ammetto, sono un povero demente (di quelli da accarezzare, secondo il suo leader), ma sono un demente che dice la verità, mentre lei, chiaramente così intelligente, dice bugie, avendo solo l’accortezza di immischiarle a mezze verità (che è anche peggio…). Ma tranquillo, nel Movimento del quale non mi meraviglierei facesse parte, essere bugiardi non è un difetto, anzi… Quindi avrà di sicuro una fulgida carriera e verrà eletto a qualche importante carica, sempre dopo che qualche decina di suoi conoscenti la votino attraverso una piattaforma liquefatta o meno, e sempre che gli scapigliati padroni, durante lo spoglio di cui nessuno saprà mai nulla, non la elimineranno a loro capriccio, magari perché sono antiuventini e il suo cognome somiglia troppo a quello dell’attaccante della Juventus. Quali bugie? La bugia sulla regola che avrebbero infranto Favia e Salsi l’avevo già smascherata. Ora lei dice che in Sicilia hanno restituito il rimborso, quando invece si tratta di parte degli stipendi e delle diarie spettanti ad ogni eletto. Quello a cui mi riferivo io, invece, è il rimborso elettorale spettante alle liste, che dicono di avere restituito anche se, non avendone diritto per mancanza di democraticità nel movimento, è difficile che l’abbiano ottenuto… E ribadisco che manco i conti sanno fa’, questi poveretti incompetenti, perché a fini propagandistici fecero stampare un mega-assegno, quello a cui avrebbero ” rinunciato “, con la cifra sbagliata, e non di poco… http://www.corriere.it/politica/12_novembre_14/grillo-rimborsi-in-sicilia-e-questione-primarie_eb0658f2-2e47-11e2-9c24-e6f239e4fed7.shtml
Larry, lei risulta offensivo, questo fin dal primo suo intervento che ha trasceso appunto i toni pacati di questo dialogo. Io non ho leader, nè mi candido/erò, quindi tiri pure un respiro, ritrovi serenità e freschezza di idee. Lei mi dà del bugiardo dopo averle risposto che i rimborsi sono spettanti, perchè quelle che ho citato sono spese che nel bilancio della regione figurano in passivo (indennità di carica, rimborso trasporto, esercizio attività parlamentare, etc). Fa un discorso confuso, poi aggiusta il tiro asserendo di riferirsi tuttavia al rimborso elettorale. Riguardo ai rimborsi elettorali saprà bene che per la legge 96 ne avrebbero pienamente diritto, e comunque non vedo il nesso tra diritto e la “mancanza di democraticità interna”. O forse lei si riferisce all’atto costitutivo e allo statuto come possibile tentativo di ingerenza? Questo è ovviamente falso, glielo può assicurare un qualsiasi giurista. Quindi alla fine il suo scoop sarebbe che su un assegno simbolico durante una manifestazione era riportata una cifra superiore. Meglio i partiti seri che gli assegni, quelli da ritirare, non li sbagliano mai. Passando alla questione Biolè, rimando a questo post dove viene spiegato in dettaglio tutta la vicenda da uno dei protagonisti, con nomi e fatti circostanziati:
http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/piemonte/2012/11/fabrizio-biole.html
Altra bugia che mi attribuisce è quella su Favia e Salsi. Sia la Salsi che Favia erano alla fine del mandato. Una coincidenza ha fatto sì che si siano dimenticati che non avrebbero dovuto partecipare ai talk-show così come scritto in più parti, parlando tra l’altro di cose di cui non avevano la rappresentanza. Una direttiva condivisa, sottoscritta e ben presente a tutti gli attivisti. La Salsi soprattutto ha rilasciato dichiarazioni che dire imbarazzanti è farle un favore, in un altro partito l’avrebbero cacciata fuori a calci. Favia ha poi utilizzato soldi pubblici per apparire in TV contravvenendo allo spirito del movimento. Si può discutere sui modi, certamente, ma sulle ragioni non c’è nulla da eccepire.
La cosa curiosa è che i media ne hanno fatto un caso nazionale, come fosse un’azione da regime sudamericano, quando in partiti come il PD non si viene cacciati solo perchè si viola lo statuto, ma anche perchè non si è d’accordo ad esempio con la TAV o con certe linee politiche o perchè si denuncia la speculazione edilizia.
Ripeto, si cerca attraverso una campagna denigratoria di trovare scheletri negli armadi che non ci sono, o ci si sofferma sulle pagliuzze. Ma i problemi veri nel movimento sono altri , se ne discute continuamente nei meet-up, problemi che lei con la sua ostilità e aggressività verbale non contribuisce di certo a dipanare.
Le ho risposto solamente perchè non mi piace essere additato come un bugiardo, ma non seguiranno altre repliche, almeno da parte mia. Per quanto mi riguarda chiudo qui il discorso, può continuare i suoi sofismi da solo, vedrà che avrà un futuro assicurato come editorialista di Libero.
Per QUESTO Pasquarella, le questioni di democrazia sono PAGLIUZZE (per il consigliere m5s del Piemonte, Davide Bono, QUISQUILIE); lo stesso, evidentemente, le questioni di verità. E quindi sarebbe bello, almeno per una volta, che i readattori di LPLC facessero da arbitri, anche perché non si tratta di robe decisive per l’universo mondo, come prendere posizione per decidere se il nostro maggior scrittore, Walter Siti, sia o no reazionario; e neanche si tratta di prender posizione circa l’opacità del sistema di votazione e scrutinio dell’ex classifica Pordenonense. Qui si tratta solo di stabilire la verità di alcuni semplici enunciati, fuffa, immagino arriverebbe a dire QUESTO Pasquarella, uno che sarebbe piaciuto al reverendo Swift, dato che per QUESTO qua la verità e offensiva e la bugia pacata (vorrei approfittare di questa parentesi per dire che fuffa è la parola più manganellatoria della rete, di solito usata da chi non ha argomenti per discutere utilizzando la ragione).
Le mie offese-verità, in opposizione alle pacate bugie di QUESTO Pasquarella, sono le seguenti:
1) Favia e Salsi sono stati epurati dal padre-padrone, non da un organismo democratico di garanti in applicazione a precise regole. Il ragionier Giuseppe Piero Grillo, proprio in quei giorni lì, esternò a questa maniera:
” Non venite a rompermi i coglioni (a me!) sulla democrazia. Io mi sto stufando. Mi sto arrabbiando. Mi sto arrabbiando seriamente. Abbiamo una battaglia, abbiamo una guerra da qui alle elezioni. Finché la guerra me la fanno i giornali, le televisioni, i nemici quelli veri va bene, ma guerre dentro non ne voglio più. Se c’è qualcuno che reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si tenga i soldi, che io sia disonesto, allora prende e va fuori dalle palle. Se ne va. Se ne va dal MoVimento. E se ne andrà dal MoVimento. Noi dobbiamo avere una forza unita per arrivare a fare un risultato che mai potevamo aspettarci di avere “.
2) i grillocasaleggesi, a rigore di legge, non hanno diritto a ricevere rimborsi elettorali, perché la legge obbliga il soggetto richiedente alla democraticità interna, che il diarchico m5s si sogna di avere:
” L’articolo 5 della legge n. 96/2012, approvata l’anno scorso, prevede che per avere diritto ai rimborsi occorre avere un atto costitutivo e uno statuto adottato in forma pubblica e che sia prevista una gestione democratica del soggetto che chiede il contributo. L’articolo 5, comma 1, recita: “Lo statuto deve essere conformato a principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti “. http://www.huffingtonpost.it/marco-laudonio/fact-checking-grillo-m5s-sui-rimborsi-elettorali_b_2796635.html
3) in Sicilia non si è bloccato nessuna costruzione del MOUS. Proprio nei giorni scorsi il Presidente Crocetta, dopo una riunione con il governo nazionale, si esprimeva così: “Ora abbiamo la garanzia che i radar non saranno installati fino a quando non ci saranno gli esiti degli studi sulla salute e sull’ambiente…”. Vuol dire che l’impianto non è stato fermato…. Infatti i grillocasaleggesi si mostrano già assai seccati dalla dura realtà… http://www.linksicilia.it/2013/03/stop-al-muos-una-presa-per-i-fondelli/
Qui un gustosissimo colpo di scena http://www.linksicilia.it/2013/02/il-muos-lo-ha-voluto-il-governo-italiano-e-non-gli-americani/
Le ri-rispondo sul punto 2) visto che non ci siamo capiti. Quella legge la conosco benissimo, al contrario di lei che cita blog che a loro volta citano l’espresso nella sua campagna dichiaratamente anti-M5S. Innanzitutto i partiti devono munirsi di atto costitutivo e statuto per accedere al diritto, cosa che l’M5S ha fatto. Inoltre il contenuto di questi non può in alcun modo essere interpretato come tentativo di ingerenza interna di un partito, la cui indipendenza è costituzionalmente garantita. Anche perchè i candidati del movimento 5 stelle sono stati decisi a livello locale, risiedono dove sono candidati, non sono imposti dall’alto al contrario di quello che avviene nel PDL che lei riterrà idoneo per democraticità interna all’acquisizione del diritto ai finanziamenti. Il fatto infine che lo statuto sia venuto successivamente non preclude in alcun modo all’accesso dei finanziamenti, dal momento che, a norma di legge, è prevista la possibilità di adeguarsi alle norme entro quarantacinque giorni dalla data delle elezioni. Il M5S ha tutte le carte in regola per accedere ai finanziamenti, se non l’ha ancora capito si faccia aiutare da un giurista. Sul resto neanche rispondo, come dice lei è “fuffa” e come ho già scritto per me il discorso si chiude.
Vedo che QUESTO Pasquarella non resiste a farsi smentire dalla verità. Fu lo stesso ragionier Grillo ad alterarsi, quando fecero la legge, sfottendo Casini per averla voluta nei termini che dico io. Vale a dire che la legge prevede che per accedere ai rimborsi elettorali bisogna rispettare i principi democratici, avere uno statuto e gli organi eletti, un bilancio e un tesoriere ecc ecc. Invece il movimento, che da non-statuto ha sede nel Blog http://www.beppegrillo.it, non ha né organismi eletti né bilanci certificati (stampa maligna come il sole 24 ore sostiene che il blog frutta 5-10 milioni all’anno, che evidentemente finiscono nelle tasche del massimo moralizzatore…).
http://www.beppegrillo.it/2012/05/il_qi_di_casini.html#comments
Cari amici,
io, pur avendo la possibilità di esercitare la moderazione sui miei post, non l’ho mai fatto, perché nonostante il carattere spesso animato delle discussioni, non ne ho avuto bisogno.
Chiedo però adesso di moderare i toni, in modo da non dover intervenire.
Chiedo in particolare a Larry Massino di distinguere la critica dall’attacco personale. Non si può dire a una persona di essere un “bugiardo”, perché la si offende come persona. Caro Massino, faccia le sue critiche, anche dure, sulle cose, e non contro le persone. Anche io ho delle critiche da fare a Pasquarella, ma la forma deve essere corretta: ho già detto che ci troviamo in questa situazione anche a causa di questa aggressività ingiustificata nel dibattito pubblico, che serve solo a delegittimare l’avversario e a impedire quindi il funzionamento stesso della democrazia.
Né è tollerabile, caro Massino, che lei si rivolga a Pasquarella dicendo “QUESTO Pasquarella”. La prego di darsi una regolata.
Un saluto,
mp
Piras, tutti sanno bene che non attacco mai le persone, ma, quando sono palesemente falsi, i loro enunciati. Il mio primo intervento faceva notare la non verità delle parole di Pasquarella, il quale, invece di rispondere come farebbe qualunque persona ragionevole, informandosi da varie fonti, ed eventualmente ammettendo l’errore, ignora la mia osservazione sulla completa arbitrarietà dell’espulsione di Favia e Salsi dal M5S. Poi, a seguito di ulteriori legittime osservazioni, mi si rivolge così: ” Un po’ come questo Larry Massimo, che ancora non si capisce quale contributo voglia dare al dialogo “. Questo Massino, quindi, l’aveva usato lui, sbagliando pure il nome, a fini evidentemente dispregiativi… (proseguiti con ulteriori offese personali). Io mi sono limitato a ironizzare, come faccio sempre, ma continuando a dire cose VERE.
Sull’aggressività ha forse ragione lei, ma è il linguaggio che a volte costringe a pensare che uno che scrive bugie e le difende irragionevolmente è un bugiardo. Faccio mea culpa. Avrei invece dovuto scrivere non veritiero, o simpatizzante della falsa enunciazione, o diversamente informato. Bugiardo, effettivamente, è al giorno di oggi troppo forte per definire uno che dice bugie.
Prendo comunque atto, Piras, di non starle simpatico. Me ne farò una ragione, ignorando d’ora in poi i suoi post.
Caro Massino,
mi era sfuggita l’espressione usata da Pasquarella nei suoi confronti, chiedo scusa.
Ribadisco allora il principio generale, RIVOLTO A TUTTI: evitiamo le aggressività inutili e le mancanze di rispetto personali (e quindi nello specifico mi rivolgo anche a Pasquarella).
Invece, nei suoi confronti, Massino, io non ho nessuna antipatia; più volte ho trovato condivisibili le sue osservazioni, a volte meno lo stile, ma lo stile non è mai oggetto di censura, figuriamoci. “Le style, c’est l’homme”, quindi ognuno si tiene il suo. Parlando solo dei contenuti, mi dispiacerebbe perdere i suoi commenti, ma faccia lei. Tutto sommato i miei post sono piuttosto noiosi.
Non sono d’accordo sull’uso di “bugiardo”, ma non voglio tirarla per le lunghe.
Un saluto,
mp
insiste? Sono perfettamente a conoscenza dei retroscena, nei primi minuti di questo video Grillo accenna alla questione associazione due mesi prima che accadesse lo “scandalo” del ritrovamento dello statuto, incredibile, un’associazione ha uno statuto:
https://www.youtube.com/watch?v=HBQ3vLIRkjs
Le continuo a ripetere che la decadenza del diritto si ha o per mancanza di richiesta nei termini previsti o perchè non si adempie all’obbligo di dotazione di statuto e atto costitutivo. L’articolo 9 della legge che lei non ha letto, in particolare si riferisce in modo specifico alla trasparenza dei rendiconti (quindi l’obbligo di avvalersi di una società di revisione iscritta all’albo, etc) e sono previste delle sanzioni in termini di decurtazione del contributo, NON la decadenza del diritto dello stesso. Inoltre si figuri quanto ci vuole a dotarsi si un tesoriere. Basta ci rinuncio, creda e dica quello che vuole, arzigogoli alla ricerca del pelo nell’uovo, scriva pure cafonate ma non le permetto certo di darmi del bugiardo.
Caro Piras, mi spiace la discussione sia degenerata, ma come potrà rendersi conto dalla sequenza temporale dei post ho usato l’espressione “questo Larry Massino” per i precedenti suoi attacchi gratuiti, definendomi miliziano e via dicendo. Mi trova d’accordo sulla moderazione del linguaggio, e sicuramente non avrei dovuto stare al suo gioco semplicemente ignorandolo. Mi scuso e tolgo il disturbo. Cordiali saluti
Caro Piras,
e questo è appena un aperitivo, uno stuzzichino. Pasquarella e Massino, che così di primo acchito mi danno l’impressione d’essere persone sensate e non energumeni, fanno friggere le tastiere.
Alla direzione del PD, le mie incredule orecchie ascoltarono la sen. Finocchiaro, candidabile alla seconda carica dello Stato, incitare alla costituzione di ronde di vigilantes contro il pericolo fascistoide dei grillini.
L’attuale presidentessa della Camera, Laura Boldrini, in un attacco di delirio politico fulminante, con il suo discorso inaugurale trasforma la Camera dei Deputati in una specie di succursale dell’ONU, della Caritas, del Paese di Cuccagna o del confessionale del Grande Fratello, il luogo in cui “chi ha bisogno” troverà ascolto (?!)
Questa è la grande febbre dei periodi di vera crisi. Contro i vaneggiamenti, il dottore di famiglia prescriveva tanti bagni freddi di realismo e modestia. Chissà se basteranno…
Caro Buffagni, e cari tutti gli altri,
mi inserisco in questa discussione di/da uomini, e naturalmente la mia intelligenza politica non è all’altezza delle vostre, però abbia pazienza, “bagni freddi di realismo e modestia” li prescriverei un po’ a tutti voi…
Quello che voglio dire è solo questo: non la vogliamo vedere la differenza tra la Boldrini e la Santanché? Voglio dire, ci fa proprio così schifo che una donna che assume una così importante carica pubblica abbia una certa statura morale e intellettuale, e che richiami, in chiusura del discorso, “i nostri figli”? Bah, sarò una sentimentale.
Caro Buffagni,
la dichiarazione della Finocchiaro mi era sfuggita, se davvero ha detto una cosa del genere concordo: è una affermazione delirante.
Quanto invece alle dichiarazioni di Laura Boldrini alla Camera, non vedo proprio nessun problema: l’Italia fa parte di quelle istituzioni internazionali, e la sua Costituzione si fonda sul principio di eguaglianza, che impone alla politica di farsi carico dei gruppi sociali più deboli. E sarà il caso di iniziare, visto il contesto.
Cerco di rispondere ad alcune questioni lasciate inevase.
Riprendo dalla seconda lunga replica di Buffagni.
1) Capitalismo sfrenato. Le nazioni più deboli possono opporsi alla forza delle più grandi (sono d’accordo, le potenze più grandi usano il capitalismo secondo i loro interessi) costituendosi in regimi regionali sovranazionali, che possano essere all’altezza del potere delle grandi potenze. I piccoli stati nazionali, da soli, non possono più nulla.
2) Commissariamento dell’Italia. Ha ragione, c’è profondo disaccordo su questo tra me e lei, ma non sulle parole. Sulla valutazione della situazione.
3) D’accordo sui rischi per la democrazia che vengono dal capitalismo. Ma io la vedo così: non penso che siano delle cricche di potenti che decidono, ma che sia un sistema sociale fuori controllo. Quindi è molto peggio: il problema è come trovare una politica che recuperi il controllo su questo sistema sociale. Molto più difficile che porre dei limiti a delle cricche. Inoltre, io non penso ingenuamente che il M5S sia un pericolo per la democrazia. Ho iniziato il pezzo dicendo appunto che il pericolo per la democrazia è il suo collasso di fronte al controllo dell’economia e alle sue promesse di giustizia; questo provoca tensioni sociali incontrollabili. Il M5S può essere un pericolo se non corregge certe sue rigidità, ma è solo un elemento del quadro.
Caro Pasquarella,
lei dice che non si fida del Pd, della moralità del Pd ecc.; inoltre dice che il Pd non ha una politica di sinistra in campo economico, è stato troppo filoliberista ecc. Su entrambi i punti, posso capire le sue perplessità: la debolezza del Pd è proprio nella mancanza di coraggio, nella tendenza a coprire comportamenti inaccettabili, nella timidezza sulle ricette economiche. Però la politica serve proprio a modificare le cose sulla base dei rapporti di forza; e una politica democratica cercherà di farlo in vista di un certo ideale di giustizia. Ora, io dico: il M5S ha ottenuto un grande successo politico, perché non vuole usarlo per modificare le cose? Se il M5S accetta di governare con il Pd lo farà con il suo peso politico, cioè costringendo il Pd a fare scelte estreme, di pulizia e di giustizia sociale. Si è visto ieri con la votazione per il presidente del Senato: il Pd è stato costretto a proporre il meglio, e questo si è affermato grazie alla defezione di alcuni senatori M5S. Se questa defezione non ci fosse stata, allora avremmo rischiato di avere Schifani. Cioè una sconfitta gravissima proprio per il rinnovamento che vuole portare il M5S. Quindi: è proprio il ragionamento “politico” che hanno fatto quei senatori che permette di cambiare, non l’aspirazione alla purezza di Grillo e dei suoi corifei. Se il M5S non accetta di fare un governo con Bersani, allora sarà sconfitto, perché si andrà a elezioni a breve, perderà dei voti (di tutti quelli che hanno pensato che avrebbe dovuto fare qualcosa, non stare a guardare) e poi si affermerà una alleanza trasversale che quella sì eseguirà passivamente gli ordini della UE e del FMI.
Un altro punto su cui devo continuare ad avanzare le mie critiche: il vostro atteggiamento nei confronti dei giornali ecc. Io tendo a vederlo come paranoico. E’ vero, il sistema dei media ha le sue logiche “esterne”, di potere, di mercato, che deformano il suo fine “interno”, che è l’informazione. Ma queste sono cose che derivano da meccanismi generali (il mercato lo subiamo tutti) e da gravi debolezze della democrazia italiana su questo fronte. Trovo insensato invece attaccare i media come se fossero dei persecutori che ce l’hanno in particolare con M5S: questo porta allo stesso atteggiamento solipsistico e monologico di Berlusconi, cioè rifiutare il confronto con i giornalisti e comunicare con i cittadini solo tramite video che il movimento stesso produce, quindi in modo del tutto unilaterale e incontrollato. Questa non è democrazia. E infatti si è visto ieri: quando si è trattato di litigare sull’elezione del presidente del Senato, il M5S ha fatto una riunione a porte chiuse. Niente diretta streaming. Come mai? E’ del tutto normale, dico io. Però la tendenza dei partiti a discutere a porte chiuse può essere più facilmente scardinata da una stampa efficace, per quanto aggressiva, che non dalla buona volontà del partito stesso. Se l’informazione sul M5S dipende solo dai video prodotti dal movimento stesso, questo può decidere in qualsiasi momento di interrompere la comunicazione. Morale: accettate il confronto con la stampa, piantatela con la paranoia e accettate di essere criticati. Quando vedrò degli esponenti M5S da Ballarò, e anche da Vespa, sarò contento, lo dico francamente. Si vive nel mondo, non fuori.
Caro Cucinotta,
rispondo alla sua risposta alla mia domanda, che lei ha formulato in modo chiaro e corretto.
In effetti è vero, ci sono differenze radicali sul terreno della politica economica. Però non concordo sulla conclusione.
Due premesse:
non è vero che si possa stare un anno in sospeso sulla politica economica, mentre ci facciamo le riforme istituzionali, se lo facciamo distruggiamo del tutto la nostra economia;
non è vero che un governo del presidente o simili possa fare le riforme istituzionali, perché abbiamo ben visto che senza accordi politici forti non si fa niente.
Quindi io dico: se non si fa un governo politico forte, si finisce a votare tra tre mesi, e si vedrà. Sarà un disastro, politico ed economico.
Se invece il M5S si decidesse a collaborare, si potrebbe fare per la prima volta un governo di sinistra, in Italia. Grillo sta bloccando questa possibilità. La maggior parte dell’elettorato delle due parti è di sinistra e vuole cose di sinistra.
A questo punto lei dice giustamente: come si fa ad unire due prospettive di politica economica così diverse?
Risposte:
primo, con la politica, cioè con l’arte della mediazione; se non si vuole mediare mai, mai scendere a compromessi, non si fa niente; entrambe le parti dovranno rinunciare a qualcosa, ovviamante;
secondo, identificando terreni su cui c’è accordo: la patrimoniale, lo sblocco del credito alle imprese, il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, i sussidi di disoccupazione ecc.
Se parliamo di cose concrete e non di massimi sistemi le soluzioni si trovano. Bisogna volerlo, però.
Ritorno poi sull’obiezione fondamentale che mi è stata mossa da lei e da altri: quando ho detto che non si tiene conto del voto degli altri, assumendo certe posizioni, ho probabilmente formulato male la cosa.
Vorrei dire questo, in realtà. Se nella democrazia rappresentativa io vado in parlamento dicendo che o si fa come dico io oppure non si fa niente, cioè se assumo un atteggiamento intransigente, allora considero irrilevante il voto degli elettori che hanno opinioni diverse. Il problema non è “rappresentare quegli elettori”, in modo paradossale, come osserva giustamente lei, perché non c’è vincolo di mandato neanche nei confronti dei propri elettori. Il problema è che non si possono considerare legittime rivendicazioni che non tengono conto delle forze in campo, come se si fosse soli. Esempio: non si può dire, come è successo in questi giorni, “votate i nostri candidati alle presidenze delle camere, in cambio però non vi promettiamo niente”. Questa è arroganza, non trovo altre parole. Se si accettasse una logica del genere, il voto di tutti gli altri non conterebbe niente. E non è un caso che Grillo abbia detto una cosa delirante: “vogliamo il 100%”. Una forza che aspira a questo è fuori dalla grammatica della democrazia.
Mi rendo conto di non avere ancora formulato bene questa cosa, ma il tempo è poco, mi dispiace.
Grazie a tutti per gli interventi, le osservazioni e le critiche. Sicuramente avremo nei prossimi giorni altre occasioni per tornare su questi temi.
Un caro saluto,
mp
Bene Piras, la questione adesso è formulata in modo mi pare chiaro.
Lei, come il centrosinistra e tanta parte del giornalismo politico credete che ci siano i margini per aggiustare le cose con l’arte della mediazione.
Non ho lo spazio qui per argomentare dettagliatamente sulle cose che lei propone, lo farò sinteticamente, sperando di essere compreso egualmnete.
Una patrimoniale c’è già, è costituita dall’IMU, e tutti sono già pronti a toglierla o ridurla. Quindi, non è che bisogna introdurre la patrimoniale, ma modificare quella esistente, solo che nessuno dice in dettaglio come dovrebbe essere questa patrimoniale dei suoi sogni.
Se si puntasse a una robusta patrimoniale straordinaria una tantum. magari limitata ai patrimoni più consistenti, temo che siamo già abbon dantemente fuori tempo massimo, i richchi hanno già trasferito la gran parte dei loro patrimoni al sicuro, ormai possiamo tassare i poveretti, e per questo l’IMU è più che sufficiente, non c’è altra trippa per gatti.
Lo sblocco del credito alle imprese dovrebeb essere attuato dalle banche, le quali hanno sempre più sofferenze e quindi non danno credito mica per cattiveria, ma per ottime ragioni, almeno dal loro specifico punto di vista. L’unico che potrebbe fare qualcosa sarebbe la BCE di Draghi, se stampasse un altro miliardino di euro per prestarli alle banche, ma dubito che sarebbe una cosa saggia. In ogni caso, è del tutto sottratta alla politica di qualsiasi governo italiano.
I pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione non avviene per un motivo molto preciso, a causa del patto di stabilità, che a sua volta è legato alle necessità di bilancio. Non vedo come si possa risolvere senza abbandonare i vincoli strettissimi di bilancio che l’Europa si è data.
Analogamente per i sussidi di disoccupazione, bisogna dire da dove si prendono o tacere.
Su ciò, avrei tra l’altro delle obiezioni, se introdotta senza accompagnarsi a una grande iniziativa di creazione di posti di lavoro. Non vorrei che ne risultasse un surrogato perchè non credo che si possa vivere bene senza lavorare anche se si è mantenuti.
Se io dico che bisogna realizzare delle innovazioni ben più robuste, non dipende da un fatto caratteriale, che mi piaccia spaccare tutto, ma perchè proprio entrando nel merito delle cose trovo illusoria ogni possibilità che pretenda di uscire dalla crisi senza affrontare i temi dell’obbligo di bilancio recentemente e alquanto clandestinamente introdotto in costituzione, senza uscire dall’euro, senza affrontare i temi vitali della globalizzazione e di come la nostra nazione deve porsi rispetto ad essa.
In conclusione, vorrei aggiungere che se davvero io avessi ragione, se cioè ogni tentativo di risolvere la crisi con misure come quelle che lei elenca nel suo ultimo intervento, fosse vano, insistere su questa strada non significa fare un tentativo che poi possiamo corregegre, no, finiamo di distruggere il nostro sistema produttivo per finire poi ineluttabilmente preda della globalizzazione. Così, se qualcuno mi propone di essere ragionevole, io rispondo che la ragionevolezza impone di valutare con una certa sicurezza le ipotesi avanzate, ragionevole non significa accettare di fare piccoli passi, significa decidere quali siano i passi giusti se quelli piccoli o eventualmente quelli grandi.
Cara Signora Caprara,
certo, ha ragione; il realismo e la modestia servono anzitutto a chi li prescrive agli altri, quindi accetto volentieri il suo consiglio.
La mia obiezione al discorso della signora Boldrini non dipende da un giudizio negativo sulla sua persona, che certo sarà degnissima.
Il problema è che la signora Boldrini NON sta lì, cioè sul seggio di Presidente della Camera, per “difendere gli ultimi”.
Difendere gli ultimi è una bella cosa, ma la Presidente della Camera sta lì per garantire l’ordinato svolgimento dell’attività parlamentare dello Stato italiano. E lo Stato italiano non esiste per “difendere gli ultimi”, esiste (poco, attualmente) per difendere la sopravvivenza e gli interessi della nazione Italia e degli italiani, sopravvivenza e interessi che possono benissimo confliggere, a volte, con la “difesa degli ultimi” (non meglio qualificati).
Se vuole “difendere gli ultimi”, la signora Boldrini può continuare a fare la portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati, farsi suora missionaria o papessa, anche passare alla lotta armata contro l’ingiustizia sociale: fare la Presidente della Camera dei Deputati, no.
Se non rammento male, lei insegna. Se il primo giorno di scuola lei tiene un discorso di insediamento nel quale proclama di stare in cattedra per “difendere gli ultimi” lei enuncia una buona intenzione che non c’entra niente con il suo ruolo e il suo dovere. In cattedra lei ci sta per insegnare la sua disciplina: la difesa degli ultimi la può fare, ma fuori dall’orario di lavoro.
Lo stesso vale, a maggior ragione, per chi rivesta la terza carica dello Stato.
Caro Piras,
replico a un punto solo della sua risposta, questo che ritengo decisivo:
“Le nazioni più deboli possono opporsi alla forza delle più grandi (sono d’accordo, le potenze più grandi usano il capitalismo secondo i loro interessi) costituendosi in regimi regionali sovranazionali, che possano essere all’altezza del potere delle grandi potenze. I piccoli stati nazionali, da soli, non possono più nulla.”
In linea di principio, sono più che d’accordo con lei. Sarebbe bello, anzi bellissimo, che l’Europa diventasse uno Stato (federale o confederale, a suo piacere) e riuscisse a giocare un ruolo da protagonista nella politica mondiale. Se ritenessi possibile che dalla presente Unione europea si sviluppasse una Europa-potenza, sarei disposto a mandar giù quasi tutto, compreso il drenaggio di risorse dai paesi deboli ai paesi forti, Germania in testa.
Non lo ritengo possibile. Perchè?
Perchè l’attuale forma della UE è figlia di uno scambio politico fra Germania e USA: nell’area europea, alla Germania mano libera economica, agli USA mano libera nelle decisioni politiche e militari. Se torna con la memoria a quanto avvenne al tempo delle guerre balcaniche seguite alla disintegrazione della Jugoslavia, innescate dalla Germania (e dal Vaticano) e finalizzate dagli USA, capisce meglio quel che intendo.
In sintesi: nella presente forma, uscita dalla sconfitta della linea De Gaulle- Adenauer e dalla vittoria della linea Monnet, la UE è uno strumento di neutralizzazione politica dell’Europa, a vantaggio della potenza egemone che conserva, e se le cose non cambiano radicalmente continuerà a conservare, il suo dominio militare e politico sul territorio europeo, e a impedire la conquista dell’autonomia politica non solo all’Europa, ma alle singole potenze europee.
Ritengo insomma che in questa UE, lo scambio che viene proposto dalla Germania alle nazioni mediterranee sia: disgregazione politica + indebolimento economico in cambio di zero indipendenza, zero sovranità, zero autonomia dell’Europa.
Dunque non ci sto; e penso che se per l’Europa c’è una speranza di conquistare l’autonomia e l’indipendenza politica, è quella di riprendere la strada indicata da De Gaulle ed Adenauer, di trattati fra nazioni sovrane, che procedendo nella medesima direzione progressivamente si affrancano dal dominio USA (come iniziò a fare De Gaulle uscendo dalla NATO, nella quale il fervente europeista Sarkozy ha fatto rientrare la Francia).
Per chiudere. La dinamica di spoliazione, indebolimento strutturale, differenziale di competitività crescente ottenuta con l’introduzione di una nuova moneta, si è verificata anche in Italia tra Nord federatore/conquistatore e Sud federato/conquistato, al momento dell’unificazione nazionale. E’ una dinamica che è costata una guerra civile (la “guerra al brigantaggio”), e milioni di emigrati, all’interno e all’estero, nei decenni seguenti.
Ma è una costante storica: il federatore che costruisce una nazione inglobando entità politiche più piccole non lo fa mai gratis et amore Dei.
Nel caso italiano, però, in cambio dell’impoverimento e della subordinazione del Sud al Nord, lo Stato unitario diede qualcosa a tutti: diede l’indipendenza politica e militare, diede la libertà dall’occupazione straniera, e diede l’unità nazionale, all’interno della quale poi si provvide, benchè con molto ritardo, a vasti trasferimenti di ricchezza dal Nord al Sud.
Non è possibile che per l’Europa di oggi, la Germania rivesta il ruolo che centocinquant’anni fa il Piemonte svolse nei confronti dell’Italia.
Anzitutto, perchè il Piemonte non ospitava basi militari austriache, mentre la Germania ospita le basi militari americane; e da questo semplice fatto discende che mentre il Piemonte potè e dovette assumersi la responsabilità politica dell’unificazione italiana, rischiando la pelle dei suoi soldati e il trono del suo re, la Germania si può (e si deve) assumere una responsabilità politica e un rischio pari a zero, e però ci disintegra egualmente la sovranità politica e la base industriale.
C’è una popolare battuta, molto volgare ma molto espressiva, che descrive chi si comporta così. Non la cito, ma certo le è venuta in mente.
Ascoltando il discorso terzomondista della Presidentessa della Camera, che promuove l’apertura delle frontiere italiane ai derelitti del pianeta (forse non si è accorta di non essere più all’inutile commissariato dei rifugiati dell’inutile ONU) mi sono venute in mente le parole di Luporini – Gaber, Il potere dei più buoni:
…
Penso ad un popolo multirazziale
ad uno stato molto solidale
che stanzi fondi in abbondanza
perché il mio motto è l’accoglienza
penso al disagio degli albanesi
dei marocchini, dei senegalesi
bisogna dare appartamenti
ai clandestini e anche ai parenti
e per gli zingari degli albergoni
coi frigobar e le televisioni.
…
Penso al recupero dei criminali
delle puttane e dei transessuali
penso ai giovani emarginati
al tempo libero dei carcerati
penso alle nuove povertà
che danno molta visibilità
penso che è bello sentirsi buoni
usando i soldi degli italiani.
Buffagni, davvero ha sentito ” la sen. Finocchiaro, candidabile alla seconda carica dello Stato, incitare alla costituzione di ronde di vigilantes contro il pericolo fascistoide dei grillini? ” Non la facevo così intuitiva. Io avevo ascoltato un altro discorso, quando disse che qualsiasi risultato elettorale, in democrazia, va accettato, compreso quello che desse la vittoria al M5S (manco per niente: la Consulta avrebbe il dovere di invalidare la vittoria di un partito che non rispetta i dettati della Costituzione). Comunque inutile parlarne, il MovimentoSocialeItaliano5St(amp)elle si appresta a dividersi in due, per formare un gruppo di RESPONSABILI sostenitori del governo (Bersani o simile). I diarchi Grillo e Casaleggio, in quel caso, come già annunciato, si ritireranno dalla politica (‘un si perde nulla!), e venderanno il marchio a qualche magna(te)… Ci sta, però, che la costituzione di ronde di vigilantes si renda necessaria lo stesso, per parare l’ondata ALBA DORATA (predetta (prodotta?) anche dal ragionier Giuseppe Piero Grillo).
PS: Piras scuse accettate, nessun problema (a meno che ora non si metta a dire che miliziano è un’offesa … perché uno che milita, a Fiorenza gli è miliziano). Cordialità.
Caro Massino,
mentre era in corso la direzione Pd, lavoricchiavo e ogni tanto buttavo l’occhio sullo streaming. Ho sentito anche questa della Finocchiaro (espressa un po’ meno brutalmente, certo).
La Finocchiaro mi ha stupito non poco, ma mi ha stupito di più sentire Fassina che diceva la verità: cioè che bisogna ricontrattare i trattati Ue, perchè con l’euro, tra la Germania e i paesi periferici si è innescato una differenziale di competitività che rende i paesi forti sempre più forti e i paesi deboli sempre più deboli, insomma ci disastra. Il rapporto tra le affermazioni di Fassina e la linea passata, presente e futura del PD resta un enigma; ma forse l’intervento aveva uno scopo terapeutico: se ogni tanto non smetti di raccontare delle storie agli altri e a te stesso, sbrocchi.
Sento poi che il M5S le dà parecchio fastidio. Comunque, se va come dice lei il problema Grillo sarà risolto.
Dubito fortemente che grazie a Bersani (o a Berlusconi) sarà risolto il problema Italia, ma non si può avere tutto.
La concentrazione di dementi nei ministri finanziari e nei primi ministri dell’Unione Europea è altissima.
La decisione di salvare Cipro (un pigmeo nell’economia europea) con una confisca del 10% in media sui depositi sui conti correnti è confortante perchè finalmente si può avere la certezza che, nelle loro mani, l’economia reale crollerà.
Grazie alle ricette economiche dell’Europa e grazie alle illuminate politiche di chi ci governerà (Fassina / Vendola / Grillo / D’Alema) si è realizzato il sogno di ogni investitore: sapere la direzione futura dei mercati e scommettere su tale direzione (è come giocare la schedina il lunedì, sapendo già i risultati delle partite).
Cari amici de Le Parole e le cose ho avuto la rivelazione mistica del sommo vero: i mercati andranno a catafascio. Invito pertanto tutti voi, che vivete (oltre che di letteratura e di poesia) anche di vil denaro ad investire tutti i Vostri averi sul crollo dell’economia europea e, in specie, dell’economia italiana. altrettanto: investite sul crollo dei mercati italiani (FTSEMIB40) e mi ringrazierete (mandatemi un fiore per ogni 1000 euro guadagnato).
Forza Grillo e Forza Bersani e Forza Bruxelles
Mirna
Cara Signora Filippini,
io purtroppo ho il sospetto che i ministri tedeschi non siano affatto dementi. Hanno deciso di spolpare l’osso UE, e poi di buttarlo via (uscire loro dall’euro).
Novità da Eurodisneyland il carnevale è finito, e si tolgono le maschere. Nonostante il parere contrario del Governatore della Banca Centrale di Cipro, la BCE applica il blocco monetario a Cipro.
Per il diritto internazionale, il blocco economico è un atto di guerra. A dichiarare guerra a Cipro è stato Mario Draghi, un funzionario designato, non eletto, politicamente irresponsabile, che spero un giorno si trovi a rispondere del suo operato davanti a un tribunale, internazionale o come che sia.
Questa decisione tirannica, illegale e politicamente criminale avrà gravi ripercussioni, e se il Parlamento cipriota si piega, può provocare una epidemia di violenza, a Cipro (dove la tradizione di guerriglia è ancora viva) e altrove, anzitutto in Grecia.
“Più Europa?”
Buffagni, vuol solo dire che non gli danno più quattrini a ufo. E’ così sbagliato? Ne è sicuro? E’ questa la tirannia, non dare soldi all’infinito a chi si amministra male? Lei come farebbe coi suoi figli, se spendessero il triplo di quello che la famiglia si può permettere?
Caro Massino,
lei proprio non riesce a capire che la UE non è una famiglia, Mario Draghi non è il papà, e i ciprioti non sono i figli.
La Unione Europea non è uno stato sovrano, e se la BCE, organismo privo di legittimazione politica, impone il blocco delle transazioni interbancarie di uno degli stati membri con gli altri paesi dell’eurozona commette un atto non solo illegittimo, ma anche illegale (perché in teoria, la BCE per statuto prende decisioni all’unanimità, e stavolta il Governatore della Banca Centrale di Cipro ha votato contro).
Ripeto: la UE non, ribadisco NON è uno Stato sovrano e queste cose NON, ripeto NON le può fare senza violare il diritto internazionale e la sovranità degli Stati che la compongono.
Questa decisione di Draghi e di chi gli sta dietro, cioè i tedeschi, può far scorrere il sangue. Se il parlamento cipriota si piega, non è detto che i cittadini di Cipro la prendano bene: le segnalo che a Cipro c’è un mitra in ogni casa, e i ricordi della resistenza contro gli inglesi (campagna terroristica iniziata nel 1955, e vittoriosa) sono ancora freschi.
In Grecia, che cosa pensa che stia succedendo? I dirigenti di Alba Dorata staranno accelerando i preparativi per colpire (con le armi) tutti i bersagli UE.
Per quel che mi riguarda, l’aspetto davvero importante è questo.
Se poi vuole sapere come mai la cattiva sciupona Cipro si è tanto indebitata, si può leggere questo “romanzo di centro e di periferia”:
http://goofynomics.blogspot.it/2012/11/il-romanzo-di-centro-e-di-periferia.html
Buffagni, secondo me sta dicendo cose senza senso, e mi passa di un colpo dal reazionario andante al sovversivo spinto. Mi scusi se glielo dico francamente, ma sa che non le mando a dire.
Caro Massino,
non mi offendo per così poco.
Visto che i reazionari e i sovversivi lei non li ascolta, le ripeto quel che ho detto con le parole di Georges Ugeux, un finanziere che insegna regolamentazione finanziaria e bancaria europea alla Facoltà di Diritto della Columbia University. Sono parole pubblicate su “Le Monde”. Sia l’autore, sia il quotidiano che lo ospita, sono autorevolissime voci del centrosinistra proatlantico, sostenitori e promotori sin dall’inizio dell’UE e di tutte le sue meraviglie. Forse, ascoltando le stesse cose dette da fonte diversa, un senso ce lo troverà.
“La question que pose la violation du caractère sacro-saint et juridiquement contraignant de la garantie des dépôts imposée depuis 2010 par la loi européenne est grave. Je me permets ici de troquer mon tablier de financier contre ma toque de juriste pour regarder de plus près le caractère légal ou illégal des décisions du sommet européen de la semaine dernière concernant Chypre.[1]
[…]
La Banque Centrale Européenne se mue en policier de la Commission
Sans aucun pouvoir reconnu pour ce faire, et dans des circonstances qui ne sont pas prévues dans la législation de la BCE, Mario Draghi a mis en place un système visant à forcer Chypre à accepter les conditions imposées par les Chefs d’Etat et de Gouvernement. Techniquement, il s’agit de couper l’accès des banques cypriotes aux fonds d’urgence.
Le Figaro est explicite : après avoir «pris acte» du rejet du plan d’aide par Nicosie, la BCE a sorti son arme de dissuasion massive: le blocus monétaire. Elle a prévenu qu’elle n’alimenterait plus les banques chypriotes en liquidités, tant que le plan de sauvetage UE-FMI ne serait pas accepté. «Les liquidités d’urgence de la BCE ne sont disponibles que pour les banques solvables, or les banques chypriotes ne sont pas solvables tant qu’elle ne seront pas recapitalisées rapidement», a indiqué Jorg Asmussen, le membre allemand du directoire de la BCE.[5] Qu’a fait la BCE pour BNP Paribas et d’autres banques en difficultés ? Nous notons bien que les liquidités d’urgence ne seront désormais plus disponibles en cas …d’urgence.
C’est purement et simplement du chantage et cela provoque un sentiment de perte d’indépendance de la BCE. De surcroit, la décision de taxer les dépôts chypriotes vient de torpiller toute tentative de système de garantie mutuelle prévue par l’Union bancaire européenne. On ne voit comment un tel système européen pourrait avoir la moindre crédibilité.”
http://finance.blog.lemonde.fr/2013/03/20/chypre-leurope-est-elle-dans-lillegalite/#_ftn1
Guardi Buffagni, non so cosa fa lei, ma io ci vivo in mezzo agli esperti internazionali di banche e finanza. Le ripeto che l’intervento di prima è de lira nte.
…e già che ci siamo, le segnalo, caro Massino, che qualche dubbio è venuto addirittura all’Europarlamento! Pensi un po’! A Martin Schulz, l’eroe dell’antiberlusconismo! A Daniel Cohn-Bendit, l’eroe dei diritti umani!
“The European Parliament has heavily criticized eurozone officials, accusing them of a lack of transparency over their decision to enforce a deposit tax in Cyprus.
“We regret the lack of transparency and democratic accountability in the original solution proposed by the Commission, IMF and the ECB for Cyprus,” said European Parliament President Martin Schulz on behalf of the majority of political group leaders in the European Parliament Conference of Presidents – EPP Joseph Daul, S&D Hannes Swoboda, ALDE Guy Verhofstadt, Greens/EFA Rebecca Harms and Daniel Cohn-Bendit, ECR Martin Callanan.
“Eurozone finance ministers also must take responsibility for this original solution for the Cyprus banking sector. The proposed solution was taken behind closed doors in the early hours of the morning without proper reflection on the consequences for ordinary people. Yet the ‘blame-game’ on whose proposal this was only serves to undermine confidence in the EU.”
http://www.ekathimerini.com/4dcgi/_w_articles_wsite1_1_21/03/2013_489135
Va bè, Massino. Ciao, mi stia bene.