di Teresa Ciabatti
[Esce oggi, di Teresa Ciabatti, Il mio paradiso è deserto, pubblicato dall’editore Rizzoli che ringraziamo. Il romanzo racconta di una famiglia italiana ricchissima, di una ricchezza recente e moralmente dubbia. Se solo lo volesse, Attilio Bonifazi, detto L’ottavo re di Roma, potrebbe far cadere il governo. Il suo regno è l’immondizia, grazie alla quale è diventato l’uomo più potente del Lazio. Un uomo temuto e rispettato da tutti, tranne che da sua figlia: Marta, ventidue anni, cento chili, tre anni che non esce di casa, sei anni che non si guarda allo specchio. Marta rabbiosa e disperata, che le tenta tutte per ribellarsi al padre. Ma lui non si piega, Attilio Bonifazi è un combattente, uno che non molla, anche quando tutto pare precipitare. Abbandonare il business dei rifiuti come consiglia il figlio maggiore Pietro neolaureato a Oxford? Non se ne parla nemmeno. Il gassificatore è stato chiuso perché avvelena l’aria di Roma? Riaprirà. Marta investe un ragazzo e rischia di finire in carcere? Non ci andrà, c’è sempre una soluzione o una scorciatoia per risolvere le situazioni. Eppure non sempre le cose sono come sembrano e la verità può affiorare nel modo più inaspettato. Ne proponiamo qui il primo capitolo].
Parte prima
La figlia – Marta Bonifazi
Davanti a quelle persone che la guardavano in silenzio coi volti privi di espressione delle immagini tombali, si domandò come fosse possibile che quella gente stupida e ipocrita, quegli individui superficiali e arroganti fossero i suoi genitori.
Marta Bonifazi non se ne capacitava.
“Forse non hai capito, rischiamo di rimanere bloccati po-”
“Tu non ti muovi di qui” disse il padre.
“Se chiudono le strade”
“Le previsioni danno pochi millimetri.”
“Perché non capite – ripeté lei, con voce flebile – c’è in gioco la mia vita.”
Era una battaglia persa: nemmeno per un istante quei due riuscivano a mettersi nei suoi panni, non a venirle incontro, per carità, non chiedeva tanto, ma almeno a considerare le sue esigenze, a rispettare il momento che lei tanto aveva aspettato, quello che le avrebbe cambiato la vita.
Sconsolata, si girò e senza dire una parola si avviò alle scale, mentre come un’eco le arrivava la voce della madre: “Oh Roxy piccolo mio, porta qui il maialino.”
Vaffanculo a sua madre, a suo padre, vaffanculo alla casa in campagna in quel paesino nel culo del mondo. Vaffanculo alla mania di passare la domenica in famiglia, vaffanculo alla neve che ricopriva il giardino, dal portico coi divani di vimini attraversando il prato fino alla fila di querce, scendendo le scalette di pietra su cui Roxy cane inciampava, per arrivare giù, dove un tempo c’era l’orto dei frati, perché quello era un ex convento di Cappuccini. Tutto bianco di neve, tranne la piscina termale, una distesa di acqua da cui si alzavano nuvole di vapore.
Glielo faceva vedere lei ora, si ripromise Marta inginocchiata a terra ad allungare una mano sotto il letto, la interrompeva lei tutta quella felicità.
“Buttati” riecheggiò una voce dal giardino.
Dalla finestra, vide suo fratello prendere la rincorsa e tuffarsi di testa dal trampolino, e Melania accovacciata sul bordo allungare un piede in acqua, ma soprattutto vide Lorenzo galleggiare con la testa fuori e un sorriso ebete. Perché era là sotto con loro? Per quale motivo stringeva alleanza col nemico?
Eccolo il nemico riemergere tra i vapori. “E’ fantastico” gridò suo fratello.
La temperatura di trentanove gradi.
“Forza – gridò ancora – è un brodo.”
“Sì, buttati” fece Lorenzo.
E mentre Pietro spariva sott’acqua per rispuntare poco dopo dall’altro lato, lei si pentiva di aver invitato Lorenzo.
“Oddio – Melania si portò una mano al cuore trovandosi Pietro davanti – mi hai fatto prendere un colpo.”
“E dài” la tirò lui per una gamba.
“Smettila, lo sai che ho la pressione bassa.”
In piedi nella parte bassa della piscina, le braccia alzate al cielo, Pietro roteò su se stesso. “Ma non vedi che spettacolo? Non lo vedi che fuori è inverno?”
“Embè?”
“Per il mondo intero è inverno, tranne che per noi.”
Quando Marta vide Melania togliersi l’accappatoio, quando la vide indugiare in bikini, e poi lentamente immergersi in piscina, immaginò quello che stava pensando il padre.
Lo vedeva, spalle dritte, impettito nell’abbigliamento sportivo, guardare davanti a sé. E davanti a sé c’era solo quella ragazza magra, i capelli castani a coprirle metà schiena, il seno strizzato nel costume, il sedere alto e sodo, quella ragazza bellissima. Marta sapeva cosa stava pensando lui: che se solo avesse voluto, se solo avesse fatto un piccolo cenno, un’alzata di sopracciglia, un mezzo sorriso, sarebbe stata sua.
Fu in quel momento che suonò il citofono interno, Lourdes dalla cucina. Che suonasse pure, che si troncasse il dito, tanto lei non rispondeva.
Aprì la finestra, giusto uno spiraglio: erano tutti così felici, anche sua madre che comparve in giardino, golf leggero, e si avvicinò al padre poggiandogli una mano sulla spalla e lui sorrise continuando a guardare dritto davanti a sé, ai suoi possedimenti, e Roxy, l’amatissimo Roxy, che correva sulla neve, e Pietro, in acqua con Melania sulle spalle, e Lorenzo, il suo Lorenzo, che usciva dalla piscina, emergendo tra i vapori. L’inferno. Era esattamente così che Marta s’immaginava l’inferno: una cortina di fumo da cui sbucavano le facce della sua famiglia.
Il dito pronto a scattare, l’occhio nel mirino, puntò alla testa che tanto odiava, ma esitò, e perse l’attimo, il bersaglio si mosse, costringendola a spostarsi, ad arretrare di un passo, fin quando fu di nuovo nella sua traiettoria, e allora sparò.
[Immagine: Rineke Dijkstra, Ruth Drawing Picasso, Tate Liverpool (2009), particolare (gm)].
Per il mondo intero è inverno, tranne che per noi.
sbaglio, o è una citazione da ingeborg bachmann ?
Abbandonare il business dei rifiuti come consigli il figlio maggiore Pietro neolaureato a Oxford?
‘consiglia’
anche nel testo la punteggiatura è da rivedere.
sono triste per Rizzoli e per l’editoria in generale.
Lacosa più bella di questo libro è la copertina!!! Non conoscevo “l’autrice” ma mi sono ritrovata di fronte a parecchi problemi: a) scrittura sciatta, a tratti sgrammaticata (brrrrrrrrrr!!!!); b) vuoto comunicativo; c) sconclusionato! d) zeppo di luoghi comuni. “L’autrice” ha malamente messo insieme il Thomas Mann di “Morte a Venezia”, la psicoanalisi da serie TV, lo scardinamento temporale di sveviana memoria, il disagio vissuto dalla “jeunesse doré”, per farne un libro illeggibile. Tempo buttato via. Peccato aver avuto notizia di questo libro dal vostro serissimo blog letterario…
E dire che anche Walter Siti, che stimo molto, ha consigliato questo libro nella sua pagina Facebook… Forse che anch’egli abbia ceduto alla tentazione di partecipare al solito dramma della fanciulla in sovrappeso, in una ben nota simbologia di adipe-vuoto-anaffettività forzata (“La vita interiore” di Moravia, per citarne solo uno)? Urgono domande più serie su cosa valga ancora la pena analizzare, oltre che saper ben scrivere.
dubito sia stato siti in persona a consigliarla, per quanto ne so la sua pagina fb gliel’hanno fatta e gliela gestiscono altri.
a parte questo, come romanzo mi pare nella stessa orbita di “Resistere non serve a niente”, sarà per quello …