Un Perec troppo facile

di Pierluigi Pellini   [Questo pezzo è uscito su Alias]   Bipartito fin dal titolo, il libro che Georges Perec ha pubblicato nel 1975 dopo una lunga e tormentata gestazione, W o il ricordo d’infanzia (torna in questi giorni in libreria per Einaudi: nuova traduzione di Maurizia Balmelli, prefazione di

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Il centenario di Roland Barthes, ovvero della vita dello scrittore dopo la morte dell’intellettuale

di Guido Mattia Gallerani [Guido Mattia Gallerani ha una borsa di post-dottorato al CNRS e all’ENS di Parigi. Ha pubblicato Roland Barthes e la tentazione del romanzo (Morellini, 2013). Questo suo articolo costituisce un ampliamento di quello apparso sull’«Indice dei libri del mese» nel numero di luglio-agosto 2015] Se incalzati dall’appuntamento che

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Perec, Svevo e la memoria

di Maria Anna Mariani «All’epoca mi nutrivo di Svevo», scrive Perec in Sono nato (Je suis né), una sottile autobiografia pubblicata nel 1990, che così si intitola perché la sua trama è infittita dall’anafora «sono nato». Sono nato il 7.3.36. Quante decine, quante centinaia di volte ho scritto questa frase?

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Perec e i luoghi

di Carlo Mazza Galanti Georges Perec è stato senza dubbio uno dei più imprevedibili “poligrafi” del secolo passato: dal racconto sociologico a quello allegorico, dalla metaromanzo al poliziesco, dal lipogramma al cruciverba, non ci sono luoghi della scrittura che l’autore della Vita, istruzioni per l’uso non abbia esplorato, o desiderato

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