di Francesco Scarabicchi
[E’ appena uscito per Einaudi Il prato bianco di Francesco Scarabicchi, pubblicato in origine dalle Edizioni L’Obliquo di Brescia nel 1997. Ne presento alcuni testi tratti dalle prime sezioni e l’ultima, intitolata Partita e composta di nove brevi frammenti].
Porto in salvo dal freddo le parole,
curo l’ombra dell’erba, la coltivo
alla luce notturna delle aiuole,
custodisco la casa dove vivo,
dico piano il tuo nome, lo conservo
per l’inverno che viene, come un lume.
*
Dalla costa
Dopo cessato il vento,
il mare è calmo
(luci rare, lontane,
dalla costa).
*
Nel fondo
Il poco più di notte
che si attarda
sul manto delle more
non tradisce
quel che di te non dici,
gli anni muti
scivolati nel fondo,
in lontananza.
*
Non somigliarmi
a Chiara
Non somigliarmi,
non avere, con me, niente in comune,
lascia che sia, ogni volta,
l’imprecisa dolcezza di un saluto
a condurre i tuoi passi
e quel tremore trepido che guarda
il niente per cui è dato accompagnarsi.
Settimo preludio
Tu sola sei venuta
a quel suo stanco
passo di notte bianco,
a quella estrema luce
d’altra sponda
di chi piano allontana
sé dal nome
e anche se chiamato
non risponde.
*
Partita
In alto, coloro
che vagano
restano
inudibili.
Paul Celan
I.
Oltre il regno dei morti,
oltre quei monti,
lungo l’argine stretto
dei passanti,
cos’è mai che consola
il sonno che ti vince
e che mi affianca
per tanta spesa vana
offerta al niente?
2.
Essere d’ogni tempo
alla sua soglia,
luce a marzo, d’inverno,
nel cammino
che cancella il pudore
delle impronte.
3.
Rimane quel congedo
ad ora incerta,
ciascuno col suo sogno
ed i suoi panni
per vie diverse ed altre,
sotto i lumi che mai
vedranno accesi,
quando l’ombra si volta
e vieta il viso
al futuro che siamo
e che non sanno.
4.
La virtù dell’amore
non ha nome.
Ultima sulle scale
è lei che guarda
all’annuncio di giugno,
a questa tarda
verità della fiamma
che non muore.
5.
C’è, nel luogo che lasci,
quando parti,
una tranquilla
carità di sguardi.
6.
Credere ancora agli anni,
conservarli
nel mattino che inonda
i tuoi capelli
in cui arde l’età
che non ritorna.
7.
Questa luce che tocca
ottobre e il mondo
calma scomparirà
da sé in silenzio
nella sera del tempo
e questa nebbia
bianca sulla città
lascerà intatto
tutto il vuoto dell’epoca,
il ritratto di ogni cosa che, ferma,
a voce spenta,
niente saprà di noi
come l’odore
della notte di vento
e pioggia dura
che sui nome e le case
cade invano.
8.
A stento si dilegua,
con tutta la fatica
che le costa,
debole come un male,
l’ostilità dell’ombra.
9.
Lascia
nel poco chiaro
giorngo che si arrende
le voci di gennaio,
in un oblio di neve
e vetri opachi
dove ogni mese è inverno,
freddo come chi trema
nell’attesa
adesso che è lontano
il male della morte
con loro che non sanno
più il mio nome.
[Immagine: Foto di Luigi Ghirri].
Grande libro. Contento che una piccola casa editrice ci abbia messo solo 19 anni a seguire le orme di un editore esemplare. Io ho l’edizione del ’97: ci sono molte varianti?
Quando pubblicai per le Edizioni L’Obliquo il mio primo libro, chiesi (ed ebbi) in regalo proprio un libro di Scarabicchi: «Il viale d’inverno»… Complimenti per la nuova edizione del «prato»!