cropped-8aaea49fc490a4adb9ceaccdc3c7b3b87fb7d88bc4aee5b8bdaec29dbbb5c29bb9cdbbcac4ac88c6c7cd62b2c7d382b58bd4c69dc291c6acb9a59493.jpgdi Andrea Inglese

[Presentiamo cinque testi tratti dall’ultimo libro di Andrea Inglese, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato (Italic Pequod, 2013), uscito da poco. Il libro è diviso in due sezioni, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, in versi, e Le circostanze della frase, in prosa].

9.

Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato,

Ti ho mentito, non sono mai stato
a Buenos Aires.

Non sopporterei, per altro,
una città dove qualcuno ha sofferto a lungo, inutilmente,
per un amore, continuando a sperare, ad elaborare
una storia parallela, favorevole a sé, come un calmante,
impegnandosi nei dettagli, come un letterato professionista,
e forse la letteratura nasce così, tutta la finzione che inonda il mondo
è nata per riparare l’angoscia d’amore, e parare
lo strazio di quell’appuntamento concesso
dopo lunghe suppliche
e che sarà annientato,
perché anche camminando in lungo e in largo,
anche tenendo gli occhi fissi agli edifici,
anche sorseggiando come un agonizzante
una tazza di tè,
la persona non viene, non è venuta, non verrà,
non è possibile udirne la voce,
non è possibile riconoscerne il soprabito,
non è possibile niente.

Si è rimasti chiusi dentro una persona,
come sepolti vivi, e non se ne esce,
si pensa ad ogni congegno, si immaginano
piani, furberie, nefandezze, colpi di forza,
interi romanzi, con tanto di sapere specialistico,
tavole e stime, descrizione degli strumenti
e dei meccanismi, un’autoformazione
straordinaria, e vana,
che può durare anni. Un sapere vario,
multidisciplinare,
che non sposta di un millimetro
una pietruzza da terra.

* * *

14.

Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato

se io e te lo volessimo,
pur con le nostre forze, da soli, ma assieme,
veramente assieme
potremmo aprire:

_______________– dico sul serio –

sai bene cosa ci stia attorno
che riguarda me, in modo persecutorio,
quasi ogni giorno, ma anche te,
la tua sottomissione, certo dipinta
da prudenza istituzionale, da coerenza,
magari con dottrina.

E invece basterebbe poco, anche contando
sulle nostre sole forze, un luogo adatto
lo si troverebbe facilmente (soffitto alto,
muri da ridipingere) e anche,
se servissero, le apparecchiature,
apriremo a tutti, ma in modo imprevisto,
saltando le presentazioni, gli annunci,
la raccolta preliminare dei fedeli, e dei fondi,
anche perché

senza alcuna dottrina

potremmo avere tutti i fondi

quasi senza forze, così soli, così assieme,

potremmo avere margini di manovra talmente ampi

ma senza l’ostinazione, quella nostalgia,
o la faccia triste nella nuvola dei dettagli.

_________________A meno ancora una volta
di voler seguire il piano, di stare tu,
aggrappata al documento, al rigo,
incapace di far altro
che annuire, e seguire come al cinema
le cose come vanno
(tutta chiusa, tu, e tutti gli altri,
in quel treno d’immagini).

* * *

Da Le circostanze della frase

NON STA SUCCEDENDO PIÙ NIENTE, non succede niente, non è mai successo niente, da miliardi di anni non succede, nella mia testa assolutamente niente, non potrà mai succedere, che sia dentro o fuori la mia testa, che sia sulla mia testa, come corona di polline, nube, monito immane, oppure intorno, sotto la mia testa, tra i piedi, come rametto, addome di vespa, tappo graffiato, neppure sotto i piedi succede niente, ancora niente, negli ossari, nella falde, nel buio minerale, per un sacco di tempo non succederà niente, niente di cui si possa dire è successo, è successa una cosa, una stupidissima cosa, un b, un b piccolo, anche la metà, anche niente, per errore, fosse pure per errore non succederà mai, nei giornali, ogni giorno, lo ammettono, dentro e fuori le righe, nei laboratori lo confermano, nel mezzo del massacro, se ti chini su quello, proprio riverso, affumicato in faccia, a cui stia per cavare il cuore, lui pure te lo sibila, nonostante la nostra professionale distruzione, dice, neanche sotto le bombe, nelle macerie, accade molto più di niente.

* * *

NON CI PENSO PER ORA ALLA FINE DEL MONDO, non ne parlerò adesso, non subito, che comunque avverrà, anzi avviene, ma remotissima, con schianti violenti su certi fondali, o il millimetro, quel millimetro di più o di meno, d’acqua, uranio, o ghiaccio, anidride, o qualsiasi cosa, che cambia tutto, azzera infallibilmente il bosco, polverizza il sistema nervoso, annienta occhi, ali, larve, o come il godimento della luce, se venisse meno il godimento della luce, di quando entra di traverso, a ondate ininterrotte, la mattina, anche dalla finestra quadrata e piccola del bagno, se mancasse quella reazione animale, o semplicemente di foglia, quel transito vegetale al calore, ma non ci penso, per ora, all’epidemia, alla glottide che gonfia, al perimetro che smaglia dell’iride, guardo i tuoi piedi nudi, in cucina, con enorme meraviglia, mentre fissano e placano il pavimento, mentre tengono divaricato lo spazio, ancora percorribile, per qualche attimo, prima dei nuovi, ultimi crolli.

* * *

TUTTI I SOLDI CHE POTREMMO GUADAGNARE, se ci organizziamo bene, ma sinceri stavolta, tra noi per primi, anzi allo specchio, ognuno a turno, in bagno, si guardi in faccia, lo dica, lo giuri, tutto l’impegno per quei soldi, quei tanti, aumentandoli ogni giorno, soldi, solo soldi, non parliamo d’altro, che possiamo d’ora in poi fare, lasciandoci qualche minuto appena, o di più, per cominciare, poi nessun, è fatale, ripensamento, rigidi, senza indulgenza, per noi prima di tutto, e vale per ognuno isolatamente preso, che lo inventi il modo suo, e sia perfetto, o possibilmente collettivo, una macchina, implacabile, tranciando come lame, con calcoli, anche se poi, a ben vedere, è già tardi, tutti i soldi che prima, pensandoci a tempo, dico non mesi ma anni, avremmo potuto fare, e tanti, se solo, bastava dirlo, non da grandi, ma subito, se lo avessero chiarito immediatamente, lasciandoci il tempo, neonati, per formare l’intendimento, ma chiaro e tondo, andate e guadagnate, non pensate, per carità, ad altro, anche perché non c’è nulla, non c’è altro, questa era una cosa, una almeno, che detta subito sarebbe stata chiara, da tutti noi, anche individualmente presi, capìta, non ora, che spreco.

[Immagine: Thomas Demand, Copisteria (gm)].

 

4 thoughts on “Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato

  1. Davvero folgorante la prima, mi ha commosso alle lacrime, come un tiro aggiustato. Capita molto raramente, grazie.

  2. Curioso. Ho letto queste poesie e queste prose ieri e ne ho riletto qualche stralcio oggi. Ieri cercavo di fissare in un giudizio mentale le impressioni avute e la prima cosa cui ho pensato è che mi piaceva questo procedere per slittamenti, accumuli, questo girare volutamente intorno al punto, e mi è venuto in mente proprio “il tiro aggiustato” montaliano. Leggerlo oggi nel giudizio assolutamente indipendente dal mio di un’altra commentatrice, al di là della sorpresa e della concidenza, forse non è senza significato.

  3. Grazie per l’ospitalità offertami da Le parole e le cose. E grazie a Francesca e Daniele.

  4. Ho letto il libro; è davvero significativo e insieme molto bello; mi ha colpito molto. Non so se in questi casi si fanno le congratulazioni, ma queste mie parole sono tali.
    Adelelmo Ruggieri

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