a cura di Laura Pugno

 

In questa nuova rubrica per LPLC, un autore o un’autrice ci consegna le sue quattro parole chiave, un nome (comune o proprio), un verbo, un aggettivo e un avverbio, dal primo o dall’ultimo libro o dall’intero della sua opera.

 

Oggi risponde Mario Capello.

 

Nome: Fine

 

Ho iniziato il mio ultimo romanzo, Ospiti, dalla fine. Non nella scrittura, no, ma nella concezione. Il finale, infatti, o meglio, il modo in cui l’ultimo capitolo si innesta al resto della storia, è ispirato a L’educazione sentimentale di Flaubert. Volendo scrivere una sorta di Educazione sentimentale dei giorni nostri, sono andato alla fonte, ho copiato dal migliore.

In più il senso della fine, o di una fine, permea tutto il romanzo. Non è una storia, quella d’amore tratteggiata dal romanzo, destinata a durare. E su tutto aleggia, come un retro-pensiero, un sentimento diffuso, un timore nascosto – che affiora solo di quando in quando, nei discorsi o nelle riflessioni dei personaggi – della fine del mondo come lo conosciamo.

 

Verbo: Fumare

 

Fumano, i miei personaggi. In certi momenti, fumano molto. Era così anche in L’appartamento (Tunué 2015). Fumano – come me – per nascondere il disagio, darsi un tono, tenere le mani occupate, avere una scusa per eclissarsi qualche minuto dal mondo. Fumano – fumo – anche perché fumare – pessima abitudine – è figura dell’impermanenza, del mondo. Dell’effimero. E perché gli piace, ovvio, e sono – siamo – deboli.

 

Aggettivo: Minimale

 

Non è un aggettivo che si usi davvero tutti i giorni. Si usa nel design, in architettura e, parlando di scrittura. Rimanda, ovviamente, a una corrente letteraria americana dello scorso secolo. E, per me, ha a che fare non tanto con lo stile – sobrio o spartano – quanto, piuttosto, con uno sguardo umile sul mondo, con il saper raccontare “in modo serio la vita quotidiana delle persone comuni” che credo sia una frase di Franco Moretti e mi sembra ancora la definizione migliore di ciò che dovrebbe fare un romanzo.

 

Avverbio: Ellitticamente

 

Come mi piace scrivere, come mi piace leggere. Girando intorno, allundendo, riempiendo di vuoti il tutto pieno della pagina, bucando la trama del racconto. Più rifletto sull’ellissi, e più penso che sia lo strumento essenziale della scrittura: tutto ciò che leggiamo è ciò che affiora dall’ellissi per poi precipitare di nuovo in quella zuppa quantistica da cui tiriamo fuori le storie.

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