a cura di Laura Pugno
In questa nuova rubrica per LPLC, un autore o un’autrice ci consegna le sue quattro parole chiave, un nome (comune o proprio), un verbo, un aggettivo e un avverbio, dal primo o dall’ultimo libro o dall’intero della sua opera.
Oggi risponde Francesca Scotti.
Nome: Utsuroi
In giapponese vuol dire “cambiamento” – ma il suo significato è molto più ricco e complesso. Ho scelto un termine che non appartiene alla mia lingua madre perché da oltre dodici anni il Giappone è il mio paese d’adozione e le sue parole sono entrate a far parte del mio lessico. Utsuroi è il cambiamento graduale e inevitabile delle stagioni, della luce durante il giorno e, perché no, dei sentimenti. Nel mio romanzo Nessuno conosce Sayuki i personaggi si trasformano sotto gli occhi del lettore, si ampliano e si ritraggono come le ombre; inseguono verità e risposte definitive per scoprire che anch’esse sono sempre in movimento. Il Giappone mi ha insegnato a osservare il mutamento, placido o repentino, e ad apprezzare la bellezza dell’inafferrabile.
Verbo: Diradare
Ho scelto questo verbo pensando al lavoro sulla scrittura: il mio desiderio è quello di avere uno stile essenziale, lieve e preciso – la pagina è un campo con le nuove piantine che hanno bisogno di spazio per poter crescere. Inoltre, lavorare sul testo in sottrazione consente anche al non detto di affiorare, offrendo a chi legge uno spazio per le proprie emozioni e visioni. E poi, così come il sole che dirada la nebbia, lo sguardo che torna sul testo può portare a una sorta di rivelazione: permette ai personaggi di definirsi, allo stile di emergere e alla storia di mostrare qualcosa di inatteso.
Aggettivo: Liminale
Sulla soglia spesso ci si ferma, si esita, quasi sempre per la necessità di compiere una scelta: attraversarla o tornare sui propri passi? Mi piace cercare il confine che separa un regno dall’altro e lì accompagnare i miei personaggi, metterli in equilibrio e poi far perdere loro questo equilibrio affinché ne trovino uno nuovo. Nello spazio liminale per me risiede l’incertezza, la metamorfosi, la possibilità: è lì che i miei protagonisti crescono oppure ritornano bambini – e sempre vedranno i loro contorni dissolversi prima che si ridefiniscano. Talvolta sono i personaggi stessi a incarnare questo spazio, come Sayuki, la protagonista del mio nuovo romanzo, una giovane donna giapponese che ha scelto di affidare parte del suo mistero al mondo dei fiori. Sayuki sembra a tratti reale e a tratti immaginaria, e cambia a seconda dello sguardo di chi la osserva. Vorrei che anche chi legge si ritrovasse sulla soglia, sospeso tra ambiguità e comprensione.
Avverbio: Ora
Ora è l’istante in cui mi trovo. L’ho scelto perché spero di riuscire a stare sempre più nel “qui e ora”, senza rivivere, senza anticipare. Ma l’ho scelto anche perché ora mi guida nelle storie che voglio raccontare: cogliere l’attimo, guardare i personaggi nel loro presente, aiutarli ad abitare quella dimensione senza rimuginare su ciò che è stato e senza tentare di anticipare il futuro. I personaggi di Nessuno conosce Sayuki si trovano d’un tratto costretti a ripensare al passato, agli errori. Questo li spaventa, li angoscia, convinti di doversi identificare per sempre con quel passato, con quell’errore. Ma non è così. Ora è pieno di nuove possibilità.