di Giovanni Palmieri

 

Il romanzo breve di Giorgio Mascitelli Fischi per fiaschi (Derive Approdi, Bologna 2024) che oggi segnaliamo con ottima nota appartiene ad una concezione della letteratura che non è attualmente dominante ma che, a parer mio, è l’unica destinata a sopravvivere nel tempo.

   La scrittura narrativa di questo autore – di cui ricordiamo i precedenti romanzi Nel silenzio delle merci (1996), L’arte della capriola (1999) e Piove sempre sul bagnato (2008) oltre alle raccolte di racconti intitolate Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo (2017) – tende infatti a mantenere un’assoluta interdipendenza tra il piano formale e quello tematico. L’invenzione narrativa ha perciò un’importanza costante ma sempre ordinata se non subordinata a quelle invarianti di scrittura che costituiscono lo stile proprio di Mascitelli.

 

   Pertanto la configurazione linguistica dei suoi testi non è un semplice mezzo (più o meno adeguato) per un fine rappresentativo, ma tende a coincidere con la rappresentazione stessa. Ciò ovviamente comporta una precisa collocazione nel sistema letterario (ammesso che esista ancora) e la creazione di una scrittura individuale (idiolettica) del tutto sottratta all’automatismo della comunicazione linguistica ordinaria; sottratta cioè all’apparente invisibilità del linguaggio che tutto fascia e avvolge come l’aria. Dunque Mascitelli riesce o comunque tende sempre ad estrinsecare il linguaggio come fatto artistico e la sua narrativa di conseguenza non risulta mai quel sottoprodotto cinematografico dell’esperienza che Proust stigmatizzava qualificando così certa narrativa.

Erede dei grandi macaronici, dei grandi espressionisti (Gadda in primis ma anche gli scapigliati Dossi, Faldella e Imbriani), il pastiche mascitelliano accoglie una pluralità sapientemente disomogenea di lessici e registri spesso in contrasto tra loro. Si va dagli stereotipi colloquiali ai lacerti delle lingue speciali, dalla lingua delle canzonette (in Fischi per fiaschi particolarmente evocata) a quella dei libretti d’opera, dal becerume dei gerghi giovanili di poco momento sino ad una massiccia feticizzazione della lingua letteraria. Va detto subito che questo vasto insieme di materiali verbali ha la funzione di esprimere sempre una divertente parodia e un’ironica critica del sistema sociale individuato nelle sue maschere linguistiche. Nel romanzo di cui stiamo parlando, ad esempio, non mancano “rating” per ogni cosa ed è presente anche un “coach per l’autostima” (p. 48).

 

   Fischi per fiaschi è articolato in diciotto capitoletti non numerati che in costante e precisa alteranza sono scritti in prima e in terza persona. Più precisamente: le voci che si alternano vedono come narratore in prima persona l’eroe (Gian John) e in terza un narratore onnisciente variamente “inattendibile”. Il gioco polifonico si amplia perché, in una maniera para-pirandelliana, il narratore in terza persona commenta e polemizza con il (suo) personaggio che, in qualche raro caso, risponde. Si tratta di differenti interpretazioni esistenziali e socio-politiche.

   Ci sono però due eccezioni a questa struttura dove le voci narrative non appartengono né all’eroe né al narratore onnisciente. Bachtin parlerebbe in questo caso di “voci altrui”: nel terzo capitolo (pp.13-15) – che ha come titolo Dal draft [“schizzo”] informativo dell’H. R.[“Risorse umane”] teamleader Passoni al Ceo e al Board tutto –  la voce narrativa è ovviamente quella di Passoni. Mi limito a segnalare che in questo capitoletto la parodia dei testi aziendali a circolazione interna è estremamente efficace anche perché è calibrata nel senso di un pastiche linguistico che oscilla, ma senza esagerazioni, tra corrività colloquiali e tecnicismi anglofoni.

 

L’undicesimo capitoletto (pp. 58-61) porta il titolo programmatico di Dall’unica pagina di cui consta il diario intimo di Coppelia (la moglie dell’eroe) e dunque qui il narratore in prima persona è Coppelia (il cui nome hoffmanniano avrà certo un significato).

   Segnalo infine, ma senza farlo rientrare nelle eccezioni alla struttura narrativa, il diciassettesimo capitoletto (pp. 88-90) che, in una sorta di pseudo-conclusione, è intitolato Comunicazione ufficiale del narratore.

La vicenda narrata nel romanzo, ambientato ai nostri giorni, mette in scena Gian John Ricchieri, impiegato tecnico d’una azienda di servizi informatici, la cui armatura caratteriale risulta da subito essere quella classica dell’ossessivo-compulsivo.

 

Principale sintomo dei problemi psichici di Gian John è quello di fischiettare in continuazione in privato e in pubblico vari motivetti canori. Il che ovviamente provoca negli altri disturbo, imbarazzo e disagio. Dal Draft informativo prima citato, possiamo leggere:

 

…passo ora a esaminare la situazione di Gian Ricchieri, del centro informatico: di tutti i casi che impegnano il ns. team in queste delicate ore che presiedono alla determinazione del nuovo organigramma o meglio alla definizione della squadra ristretta che dovrà non solo condividere la mission aziendale, ma anche ridefinirla in progress, appare quello di più delicata decifrazione. Se in un profilo aziendale gli items [“elementi”] non sono tutto, ricordando quanto diceva Frankie nella riunione di venerdì scorso, è pur vero che rappresentano qualcosa nella nostra narrazione aziendale. Ora quali sono gli items strategici nella nostra narrazione? Sono quelli nei quali Ricchieri eccelle?

[…]

[Gian John] fischia inconsultamente, senza motivo, spezzando l’ordine logico. Lo speaker di gruppo e alcuni colleghi lo fanno passibile di tendenze psicotiche, per altri è solo un modo di scaricare lo stress. (p. 13)

 

Ricordo che il fischiare (o cantare) compulsivamente è una precisa patologia neurologica che Oliver Sacks ha descritto nel suo Musicofilia. Racconti sulla musica e il cervello (Adelphi, Milano 2008, p. 356-357).

Sempre per mera curiosità, segnalo anche il racconto di Mark Twain intitolato A Literary Nightmare (1876), poi ripubblicato col titolo Punch, Brothers, Punch! in cui, a mo’ di virus, un motivetto si attacca nel cervello del protagonista costringendolo a canticchiare in continuazione sino a quando scopre che può liberarsi del suo demone semplicemente trasferendolo ad un’altra persona.

 

Ma torniamo al nostro romanzo il cui titolo è ben esplicitato a p. 70 dove il narratore onnisciente ci spiega che Gian John era “ermeticamente chiuso nel suo mondo di fischi con i quali cercava di nascondere i fiaschi che la realtà gli proponeva incessantemente”.

Un bel giorno la ditta in cui il nostro eroe lavora gli impone una sperimentazione basata sull’indossare un determinato bracciale che ha lo scopo di memorizzare i suoi movimenti lavorativi. Si tratta di un’automazione robotica che proviene (il tema è di stretta attualità) dal mondo dell’Intelligenza Artificiale e ha l’evidente scopo di sostituire in prospettiva, con grande vantaggio economico, il lavoratore con una macchina. Resta da capire – come osserva giustamente il protagonista – con quali soldi i lavoratori disoccupati potranno poi comprare le merci prodotte dai robot dell’Intelligenza Artificiale (pp. 81-82).

 

   Per Gian John questo ultimo fattore di stress non determina una chiara presa di coscienza del fenomeno e dei modi in cui limitare i danni, peraltro inevitabili, come invece accade al rappresentante della RSU dell’azienda, ma determina il desiderio sempre più forte di sabotaggio luddista. Così un certo giorno Gian John spacca il bracciale e i computer ad esso collegati in un terribile invasamento distruttivo prima di essere fisicamente fermato dal personale della sicurezza.

Il diciottesimo e ultimo capitolo rappresenta la conclusione logica di tutto il romanzo e dunque non lo racconteremo lasciandolo invece scoprire al lettore.

 

Da ultimo mi preme dire come si rida spesso in Fischi per fiaschi ma si rida sempre all’interno di una forma artistica. Il che è come dire che il riso e l’ironia di questo testo nascono dal linguaggio e dentro a un pensiero che è sempre un pensiero critico. Un pensiero che non si sente come una parte del tutto, come l’acqua nel bicchiere, ma che si manifesta come ciò che si apre al nostro mondo come sua autocoscienza.

1 thought on “Su “Fischi per fiaschi” di Giorgio Mascitelli

  1. Interessante. Non conoscevo Mascitelli, vado subito a leggerlo. Segnalo che anche Marco Marsullo ha scritto un racconto esilarante su un tic mentale, il cui titolo è esemplificativo: “Ho Magalli in testa ma non riesco a dirlo”. Marsullo meriterebbe una maggiore attenzione, perché possiede un talento naturale per la narrativa. Due romanzi su tutti: “Due come loro”, “L’ audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle Miserabili Monache”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *