Cent’anni fa nasceva Vittorio Sereni (1913-1983). Per ricordarlo proponiamo il video di un’intervista che Sereni rilasciò negli anni Settanta a Giorgio Albertazzi, tratta dal sito di Rai Scuola, e due delle sue poesie più belle, Il muro e Ancora sulla strada di Zenna. Nel febbraio scorso, in occasione del trentesimo anniversario della morte di Sereni, avevamo pubblicato un saggio di Guido Mazzoni che potete leggere qui.
Il muro
Sono
quasi in sogno a Luino
lungo il muro dei morti.
Qua i nostri volti ardevano nell’ombra
nella luce rosa che sulle nove di sera
piovevano gli alberi a giugno?
Certo chi muore… ma questi che vivono
invece: giocano in notturna, sei
contro sei, quelli di Porto
e delle Verbanesi nuova gioventù.
Io da loro distolto
sento l’animazione delle foglie
e in questa farsi strada la bufera.
Scagliano polvere e fronde scagliano ira
quelli di là dal muro –
e tra essi il più caro.
………………………………..“Papà – faccio per difendermi
puerilmente – papà…”.
Non c’è molto da opporgli, il tuffo
di carità il soprassalto in me quando leggo
di fioriture in pieno inverno sulle alture
che lo cerchiano là nel suo gelo al fondo,
se gli porto notizie delle sue cose
se le sento tarlarsi (la duplice
la subdola fedeltà delle cose:
capaci di resister oltre una vita d’uomo
e poi si sfaldano trasognandoci anni o momenti dopo)
su qualche mensola
in Via Scarlatti 27 a Milano.
.
Dice che è carità pelosa, di presagio
del mio prossimo ghiaccio, me lo dice come in gloria
rasserenandosi rasserenandomi
mentre riapro gli occhi e lui si ritira ridendo
– e ancora folleggiano quei ragazzi animosi contro bufera e notte –
lo dice con polvere e foglie da tutto il muro
che una sera d’estate è una sera d’estate
e adesso avrà più senso
il canto degli ubriachi dalla parte di Creva.
*
Ancora sulla strada di Zenna
Perché quelle piante turbate m’inteneriscono?
Forse perché ridicono che il verde si rinnova
a ogni primavera, ma non rifiorisce la gioia?
Ma non è questa volta un mio lamento
e non è primavera, è un’estate,
l’estate dei miei anni.
Sotto i miei occhi portata dalla corsa
la costa va formandosi immutata
da sempre e non la muta il mio rumore
né, più fondo, quel repentino vento che la turba
e alla prossima svolta, forse, finirà.
E io potrò per ciò che muta disperarmi
portare attorno il capo bruciante di dolore…
ma l’opaca trafila delle cose
che là dietro indovino: la carrucola nel pozzo,
la spola della teleferica nei boschi,
i minimi atti, i poveri
strumenti umani avvinti alla catena
della necessità, la lenza
buttata a vuoto nei secoli,
le scarse vite che all’occhio di chi torna
e trova che nulla nulla è veramente mutato
si ripetono identiche,
quelle agitate braccia che presto ricadranno,
quelle inutilmente fresche mani
che si tendono a me e il privilegio
del moto mi rinfacciano…
Dunque pietà per le turbate piante
evocate per poco nella spirale del vento
che presto da me arretreranno via via
salutando salutando.
Ed ecco già è mutato il mio rumore
s’impunta per un attimo e poi si sfrena
fuori da sonni enormi
e un altro paesaggio gira e passa.
(da Gli strumenti umani, 1965).
[Immagine: Via Scarlatti, Milano (gm)].
Questa registrazione, che è andata in onda su Radio3 Wikiradio il 24 luglio, contiene brani di un’altra intervista a Sereni. Buon ascolto e un saluto. Franco Buffoni
… ecco la registrazione:
grazie per l’articolo, le poesie e il video…